Muhammad Al-‘Arabi
ad-Darqâwî
Lettere di un maestro Sufi
Lettera 7
Sappiate
- Iddio vi sia misericordioso - che il faqir
(il
povero, sottinteso al-faqiru ila-llah:
“Il povero verso Dio”,
secondo l’espressione coranica: “O uomini, voi siete i
poveri
verso Dio, e Dio, Lui, è il Ricco, il Glorioso” n.d.r.),
quando
sostituisce al ricordo di tutte le cose il ricordo (dhikr) di Dio,
rende la sua servitù pura, e chi serve Dio in modo
puro e onesto,
è santo, e la maledizione di Dio sia su chi mente.
Ricordatevi
dunque unicamente di Dio, appartenete solo a Lui; difatti se
tu
appartieni a Dio, Dio ti apparterrà, e beato chi appartiene a Dio,
per cui
Dio gli appartiene! Basti, per dimostrare l’eccellenza
del ricordo (dhikr) di Dio, citare la sua parola:
“Ricordatevi di Me
e Io mi ricorderò di voi” (Cor., II, 152) e quella del
Profeta - lo
benedica Iddio e gli doni la pace - riferita da parte del suo
Signore:
(Parola divina (hadith qudsi) rivolta al Profeta al di fuori
del
Corano e quindi non inclusa in questo; simili rivelazioni concernono
più
particolarmente la vita contemplativa. n.d.r.) “Io sono il compagno
di chi
m’invoca”.
Il mio maestro - sia Dio pago di lui - mi diceva: “Sono lieto di
quel che
sento dire contro di te”. Parimenti al-’Arabi ad-Darqawi è lieto di
quel che sente dire contro di voi, di quel che uccide il vostro egoismo
e
vivifica i vostri cuori, non certo del contrario, giacché soltanto
il
negligente, l’ignorante, colui la cui intelligenza è offuscata e la
cui
coscienza è ottenebrata s’occupa di quello che vivifica l’ego (nafs) (An-nafs
è l’anima. In contrapposizione al cuore (al-qalb),
significa l’anima
egocentrica e passionale; unita a un pronome possessivo la
medesima
parola è tradotta: «io stesso», e così via. An-nafs come anima passionale e sede
dell’ego (in sanscrito
ahankara) si contrappone al cuore, in quanto questo è
l’organo di ar-rûh, lo Spirito. E’ possibile paragonare
il cuore all’apertura
più stretta d’una clessidra o all’istmo (barzakh) tra due
oceani, l’uno salato
e l’altro dolce (Cor., XXV, 53 e LV, 19-20) che
raffigurano gli ambiti della
esperienza temporale e della pura contemplazione.
Si dice anche che il cuore
è l’oggetto d’una lite tra suo padre, lo Spirito, e
sua madre, l’anima passionale:
se prevale la madre, il cuore s’indurirà, e se
predomina il padre, il cuore diverrà
luminoso come lui. n.d.r.) e uccide il
cuore. L’uomo ha infatti un solo cuore: non
appena si volge da un lato,
s’allontana dall’altro, poiché “Dio non ha posto per due cuori nelle viscere
dell’uomo” (Cor., XXXIII, 4), secondo la sentenza di Dio - lode a Lui. Il
venerabile maestro Ibn ‘Atai-Llah - Iddio sia pago di lui - ha detto nello
stesso senso: “Volgersi verso Dio, significa allontanarsi dalla creatura, e
volgersi verso la creatura, significa allontanarsi da Dio”.
Uno dei nostri
fratelli mi disse: “Non sono nulla”; gli risposi: “Non dire: “Non sono nulla”,
e nemmeno “Sono qualcosa”. Non dire: “Ho bisogno di questo”, e nemmeno: “Non ho
bisogno di nulla”, ma dì: “Allâh!” e vedrai meraviglie”.
Un altro mi chiese:
“Come posso guarire l’anima (an-nafs)?”.
Risposi: “Dimenticala e non pensarci; difatti non si ricorda di Dio chi non
dimentica la sua anima (o chi non dimentica se stesso)”. Voi non potete dunque
credere che sia l’esistenza del mondo a farci dimenticare il nostro Signore; è
l’esistenza di noi stessi, del nostro ego, a farcelo dimenticare. Niente altro
ci vela Iddio eccetto il fatto d’occuparci, non dell’esistenza in sé, ma dei
nostri desideri.
Se potessimo scordare la nostra esistenza, troveremmo Colui
che è all’origine di ogni esistenza, e vedremmo in pari tempo che noi non
esistiamo affatto. Come potete credere che l’uomo possa perdere la coscienza
del mondo senza perdere quella dell’ego? Ciò non accadrà mai.
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