Pietro Mancuso
Ramana
Maharshi. Un
saggio dell’età dell’oro
La
Sacra Montagna
«Quanti sono quelli che come
me si sono rovinati pensando che questa montagna fosse il supremo? O uomini
che, disgustati da questa vita di intensa miseria,
cercate un mezzo per abbandonare il corpo, sulla terra c’è una droga rara che,
senza ucciderlo veramente annienterà chiunque La tenga in gran conto.
Sappiate che essa non è altri che Arunachala! (Opere p. 62 Undici versi)».
Occorre dire qualcosa di
Arunachala.
I Purana della corrente
Shivaita narrano di una disputa sorta fra Brahma dalle quattro-faccie e Vishnu
dalle quattro braccia.
Entrambi credevano di essere
il più grande e la lotta per dimostrare la propria supremazia era stata portata
fino a mettere l'universo in pericolo di distruzione. Allora Shiva intervenne
per la salvezza dell'universo. Shiva si manifestò come una enorme
colonna di fuoco tra i due dei in lotta.
I due dei molto si
meravigliarono alla vista di questa colonna di fuoco trascendente i confini
dell'universo . Si accordarono che chi di loro avrebbe
scoperto la sua fine sarebbe stato il più grande. Vishnu prese la forma del
verro Varaha e iniziò a scavare giù, attraverso i mondi inferiori. Brahma prese
la forma di un cigno e si involò in alto per trovare
la sommità. Benché Vishnu discese fino al quarto mondo
inferiore non poté trovare la fine, tornato indietro, riconobbe la sconfitta.
Anche Brahma non riuscì a raggiungere la sommità, ma, durante il volo raccolse
un fiore caduto dal paradiso e, portandolo indietro con lui, affermò di aver
raggiunto la sommità e di averlo trovato là.
In questo mito Siva, il
Distruttore, è il Sé o l'illuminazione, distruttore dell'illusione di una esistenza individuata separata; Vishnu, il Preservatore,
è il senso dell'io, preservatore dell'esistenza apparentemente individuata,
unendo insieme tutti i suoi momenti in un'entità apparente. Scava dentro sé stesso, cerca invano, per la verità, di Essere. Brahma,
il Creatore, è la mente quale assume falsamente la funzione creativa, vola in
alto, in alto in idee e teorie, riceve persino un'intuizione scesa dal paradiso
e erroneamente crede che sia Illuminato.
Apparendo a loro, il Shiva benedice Vishnu per la sua verità e devozione, ma,
maledice Brahma, dicendo che, per questa offesa, nessun tempio dovrà essere a
lui dedicato. E in verità, fino a oggi i templi sono stati dedicati a Siva e
Vishnu ma non a Brahma. In quei tempi Brahma aveva una quinta testa sorgente
sopra le quattro facce con quale è ora dipinto, ma
Siva nella sua rabbia la recise.
La quinta testa di Brahma è
la quintessenza oltre i quattro elementi, il centro sopra le direzioni dello
spazio, la conoscenza pura sopra la conoscenza terrena
della mente e dei sensi. E' l'equivalente del terzo occhio di Siva, la conoscenza
unitaria oltre la dualità. Il suo essere recisa è
l'equivalente della caduta dell'uomo nella tradizione cristiana: l’uomo o la
mente, privato dell'intuizione diretta del paradiso è ridotto al mondo degli
opposti, il mondo del bene e del male ed il conflitto tra loro.
Allora, si dice, Vishnu
intervenne con una preghiera al Signore, ricorda a Lui che Brahma è il Dio dei
quattro Veda, a cui le sue quattro facce
corrispondono, e che i Veda non sono mero significato ma il suono primitivo, di
base, da cui l'universo è creato ed è tenuto in essere, e, se il Dio dei Veda è
distrutto, l'universo si sbriciolerebbe in rovina. Sambhu rispose che Brahma
restava ancora il Dio dei Veda e che in qualunque luogo, i Veda fossero
salmodiati, quello sarebbe stato il suo tempio.
Allora i due dei hanno pregato Sankara di ritrarre il Suo splendore e di
lasciare che la colonna di fuoco assumesse l'aria di una inerte collina, in
modo che il mondo potesse essere da lui benedetto e non distrutto.
Misericordiosamente, udite le loro preghiere, il Signore ritrasse in lui lo
splendore e rimasè nella forma di una collina col nome di ARUNACHALA, coloro che vengono o girano intorno a lui, nel loro cuore
sono benedetti in questa vita ed, ultimatala, raggiungono la Liberazione. Ogni anno, alla festa di
Kartikai, una lanterna di ghee, donata dai devoti, viene
accesa sulla sommità di Arunachala in ricordo della sua vera natura di colonna
di fuoco (cfr La Via della Montagna Vol. 1 - LUGLIO 1964 - No. 3 La Mitologia
di Arunachala Di T. K. S).
In un colloquio Ramana disse:
«D.:Ho
letto i Cinque Inni. Trovo che gli inni sono
indirizzati ad Arunachala. Ma voi diete un
non-dualista, perciò, come potete rivolgervi a Dio come a un Essere separato?
B.: Il devoto, Dio e gli inni
sono tutti il Sé.
D.: Ma voi vi rivolgete a
Dio. Voi specificate questo Monte Arunachala come Dio.
R.: Voi potete identificare
il Sé con il corpo; perché il devoto non dovrebbe identificare il Sé con
Arunachala?
D.: Se Arunachala è il Sé,
perché sceglierlo in particolarefra tanti altri monti? Dio è ovunque. Perché Lo
specificate come Arunachala?
R.: Cosa vi ha attirato da
Allahabad in questo luogo?Che cosa ha atirato tutta questa gente qua intorno?
D.: Sri Bhagavan.
R.: Che cosa mi ha attirato
qui? Arunachala. Il Potere non può essere negato. Arunachala è dentro e non
fuori. Il Sé è Arunachala.
Ramana nutriva una vera e propria
venerazione per La montagna sacra di Arunachala e nutriva una
inflessibile certezza, non suffragata da nessuna evidenza fisica, che
Arunachala fosse un axis mundi e che dall’altra parte della terra al suo
opposto dovesse esserci una montagna che avesse la stessa sacralità della sua
amatissima montagna. Neanche l’edidenza cartografica che mostrava come
l’opposto di Aruna cadesse al largo delle coste del Perù lo fecero
recedere da questa sua convinzione. Diceva che avrebbe potuto esserci una isola non segnata dalle carte o una montagna
sottomarina. Qualcuno recentemente ha porposto, sulla considerazione che la
terra non è una sfera perfetta che l’opposito di cui parlava Ramana fosse in
realtà Machu Picchu. (The Maharshi Arunachala the
spiritual Axis of the wordl marzo aprile 2003).
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