"…la dottrina è infallibile, è a causa del fatto che essa è un’espressione della verità, la quale, in se stessa, è assolutamente indipendente dagli individui che la ricevono e che la comprendono. La garanzia della dottrina risiede in definitiva nel suo carattere «non-umano»". René Guénon, Considerazioni sull’iniziazione, cap. "Sull’infallibilità tradizionale"

venerdì 11 marzo 2016

Pietro Mancuso, Ramana Maharshi. Un saggio dell’età dell’oro - IV - La Sacra Montagna

Pietro Mancuso
Ramana Maharshi. Un saggio dell’età dell’oro

La Sacra Montagna
«Quanti sono quelli che come me si sono rovinati pensando che questa montagna fosse il supremo? O uomini che, disgustati da questa vita di intensa miseria, cercate un mezzo per abbandonare il corpo, sulla terra c’è una droga rara che, senza ucciderlo veramente annienterà chiunque La tenga in gran conto. Sappiate che essa non è altri che Arunachala! (Opere p. 62 Undici versi)».
Occorre dire qualcosa di Arunachala.
I Purana della corrente Shivaita narrano di una disputa sorta fra Brahma dalle quattro-faccie e Vishnu dalle quattro braccia.
Entrambi credevano di essere il più grande e la lotta per dimostrare la propria supremazia era stata portata fino a mettere l'universo in pericolo di distruzione. Allora Shiva intervenne per la salvezza dell'universo. Shiva si manifestò come una enorme colonna di fuoco tra i due dei in lotta.
I due dei molto si meravigliarono alla vista di questa colonna di fuoco trascendente i confini dell'universo . Si accordarono che chi di loro avrebbe scoperto la sua fine sarebbe stato il più grande. Vishnu prese la forma del verro Varaha e iniziò a scavare giù, attraverso i mondi inferiori. Brahma prese la forma di un cigno e si involò in alto per trovare la sommità. Benché Vishnu discese fino al quarto mondo inferiore non poté trovare la fine, tornato indietro, riconobbe la sconfitta. Anche Brahma non riuscì a raggiungere la sommità, ma, durante il volo raccolse un fiore caduto dal paradiso e, portandolo indietro con lui, affermò di aver raggiunto la sommità e di averlo trovato là.
In questo mito Siva, il Distruttore, è il Sé o l'illuminazione, distruttore dell'illusione di una esistenza individuata separata; Vishnu, il Preservatore, è il senso dell'io, preservatore dell'esistenza apparentemente individuata, unendo insieme tutti i suoi momenti in un'entità apparente. Scava dentro stesso, cerca invano, per la verità, di Essere. Brahma, il Creatore, è la mente quale assume falsamente la funzione creativa, vola in alto, in alto in idee e teorie, riceve persino un'intuizione scesa dal paradiso e erroneamente crede che sia Illuminato.
Apparendo a loro, il Shiva benedice Vishnu per la sua verità e devozione, ma, maledice Brahma, dicendo che, per questa offesa, nessun tempio dovrà essere a lui dedicato. E in verità, fino a oggi i templi sono stati dedicati a Siva e Vishnu ma non a Brahma. In quei tempi Brahma aveva una quinta testa sorgente sopra le quattro facce con quale è ora dipinto, ma Siva nella sua rabbia la recise.
La quinta testa di Brahma è la quintessenza oltre i quattro elementi, il centro sopra le direzioni dello spazio, la conoscenza pura sopra la conoscenza terrena della mente e dei sensi. E' l'equivalente del terzo occhio di Siva, la conoscenza unitaria oltre la dualità. Il suo essere recisa è l'equivalente della caduta dell'uomo nella tradizione cristiana: l’uomo o la mente, privato dell'intuizione diretta del paradiso è ridotto al mondo degli opposti, il mondo del bene e del male ed il conflitto tra loro.
Allora, si dice, Vishnu intervenne con una preghiera al Signore, ricorda a Lui che Brahma è il Dio dei quattro Veda, a cui le sue quattro facce corrispondono, e che i Veda non sono mero significato ma il suono primitivo, di base, da cui l'universo è creato ed è tenuto in essere, e, se il Dio dei Veda è distrutto, l'universo si sbriciolerebbe in rovina. Sambhu rispose che Brahma restava ancora il Dio dei Veda e che in qualunque luogo, i Veda fossero salmodiati, quello sarebbe stato il suo tempio.
Allora i due dei hanno pregato Sankara di ritrarre il Suo splendore e di lasciare che la colonna di fuoco assumesse l'aria di una inerte collina, in modo che il mondo potesse essere da lui benedetto e non distrutto. Misericordiosamente, udite le loro preghiere, il Signore ritrasse in lui lo splendore e rimasè nella forma di una collina col nome di ARUNACHALA, coloro che vengono o girano intorno a lui, nel loro cuore sono benedetti in questa vita ed, ultimatala, raggiungono la Liberazione. Ogni anno, alla festa di Kartikai, una lanterna di ghee, donata dai devoti, viene accesa sulla sommità di Arunachala in ricordo della sua vera natura di colonna di fuoco (cfr La Via della Montagna Vol. 1 - LUGLIO 1964 - No. 3 La Mitologia di Arunachala Di T. K. S).
In un colloquio Ramana disse:
«D.:Ho letto i Cinque Inni. Trovo che gli inni sono indirizzati ad Arunachala. Ma voi diete un non-dualista, perciò, come potete rivolgervi a Dio come a un Essere separato?
B.: Il devoto, Dio e gli inni sono tutti il Sé.
D.: Ma voi vi rivolgete a Dio. Voi specificate questo Monte Arunachala come Dio.
R.: Voi potete identificare il Sé con il corpo; perché il devoto non dovrebbe identificare il Sé con Arunachala?
D.: Se Arunachala è il Sé, perché sceglierlo in particolarefra tanti altri monti? Dio è ovunque. Perché Lo specificate come Arunachala?
R.: Cosa vi ha attirato da Allahabad in questo luogo?Che cosa ha atirato tutta questa gente qua intorno?
D.: Sri Bhagavan.
R.: Che cosa mi ha attirato qui? Arunachala. Il Potere non può essere negato. Arunachala è dentro e non fuori. Il Sé è Arunachala.
Ramana nutriva una vera e propria venerazione per La montagna sacra di Arunachala e nutriva una inflessibile certezza, non suffragata da nessuna evidenza fisica, che Arunachala fosse un axis mundi e che dall’altra parte della terra al suo opposto dovesse esserci una montagna che avesse la stessa sacralità della sua amatissima montagna. Neanche l’edidenza cartografica che mostrava come l’opposto di Aruna cadesse al largo delle coste del Perù lo fecero recedere da questa sua convinzione. Diceva che avrebbe potuto esserci una isola non segnata dalle carte o una montagna sottomarina. Qualcuno recentemente ha porposto, sulla considerazione che la terra non è una sfera perfetta che l’opposito di cui parlava Ramana fosse in realtà Machu Picchu. (The Maharshi Arunachala the spiritual Axis of the wordl marzo aprile 2003).

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