"…la dottrina è infallibile, è a causa del fatto che essa è un’espressione della verità, la quale, in se stessa, è assolutamente indipendente dagli individui che la ricevono e che la comprendono. La garanzia della dottrina risiede in definitiva nel suo carattere «non-umano»". René Guénon, Considerazioni sull’iniziazione, cap. "Sull’infallibilità tradizionale"

martedì 7 maggio 2019

Detti e fatti dei Padri del deserto V/VI- Dell'Umiltà

Detti e fatti dei Padri del deserto

Dell'Umiltà

Un fratello interrogò un anziano: «Che devo fare, poiché la vanagloria mi attanaglia?». L'anziano gli rispose: «Hai ragione, perché sei tu che hai fatto il cielo e la terra» Il fratello, toccato dalla compunzione, disse: «Perdonami, non ho fatto nulla»
Un fratello domandò all'abate Poemen se era meglio vivere in disparte o con il prossimo. Il vecchio rispose: «Colui che biasima sempre e solo se stesso può vivere in qualsiasi luogo. Ma se glorifica se stesso, allora non reggerà in nessun luogo».
Un anziano disse: «Non colui che denigra se stesso è umile, ma colui che riceve con gioia le ingiurie, gli affronti e le critiche del prossimo».
L'abate Pastor disse: «L'uomo deve respirare incessantemente l'umiltà e il timor di Dio, come il soffio che inala ed espelle attraverso le narici».
L'arcivescovo Teofilo si recò un giorno al Monte di Nitria e l'abate del Monte gli venne incontro. «Abba», gli chiese l'arcivescovo, «che hai trovato di più vantaggioso in questa via?». L'anziano rispose: «Accusarmi e riprendermi senza tregua». «Non vi è in effetti, altra via», replicò l'arcivescovo.
L'abate Antonio disse all'abate Pastor: «La grande opera dell'uomo è di gettare la colpa su se stesso dinanzi a Dio e attendersi la tentazione sino all'ultimo soffio della sua vita».
Un fratello interrogo' l'abate Sisoe: «Vedo, esaminandomi, che il ricordo di Dio non mi lascia mai». L'anziano gli disse: «Non è una gran cosa che la tua anima sia con Dio. Sarebbe grande se tu ti accorgessi che sei inferiore a tutte le creature. Questo pensiero unito al lavoro corporale: ecco ciò che corregge e conduce all'umiltà».
Un anziano diceva: «Se noi ci applichiamo all'umiltà, non avremo bisogno del castigo. Molti mali ci vengono causa l'orgoglio. Difatti, se l'angelo di Satana è stato dato all'Apostolo per castigarlo, per paura che egli si sollevi, a maggior ragione, a noi che viviamo nell'orgoglio, è Satana stesso che sarà dato, per farci calpestare sino a che ci umiliamo».
L'abate Antonio scrutava la profondità dei giudizi di Dio; e domandò: «Signore perchè alcuni muoiono dopo breve vita, mentre altri giungono all'estrema vecchiezza? Perché alcuni mancano di tutto, e altri abbondano di ogni bene? Perchè i malvagi sono ricchi, e i buoni schiacciati dalla povertà?». Una voce gli rispose: «Antonio, occupati di te stesso: questi sono i giudizi di Dio e non ti è utile capirli L'abate Evagrio disse: «Il principio della salvezza è condannare se stessi».
L'abate Mosè disse al fratello Zaccaria: «Dimmi che cosa devo fare». A queste parole, l'altro si gettò ai suoi piedi dicendo: «Padre proprio tu mi interroghi?». L'anziano riprese: «Credi, Zaccaria, figlio mio, ho visto lo Spirito Santo discendere su di te; per questo sono costretto a interrogarti». Si tolse allora Zaccaria il cappuccio, lo mise sotto i piedi, e calpestandolo disse: «Se non si è così calpestati non si può essere monaci».
Una volta l'abate Teodoro mangiava con i fratelli. Prendevano le coppe con rispetto e senza nulla dire, neanche il consueto «Perdonatemi». Allora l'abate 'Teodoro disse: «I monaci hanno perduto il loro titolo di nobiltà (eugenia): la parola "Perdonatemi».
L'abate Pastor ha detto: «Prosternarsi davanti a Dio, non darsi alcuna importanza, mandare a spasso la propria volontà: ecco gli attrezzi con i quali l'anima può lavorare».
L'abate Pastor ha detto: «Non darti importanza ma legati a colui che si comporta bene».
L'abate Olimpo di Scete era schiavo. Scendeva ogni anno ad Alessandria a portare il suo guadagno ai padroni. Questi gli venivano incontro per salutarlo, ma l'anziano metteva dell'acqua in una bacinella e la presentava per lavar loro i piedi. «No, Padre, non darti pena!», gli dicevano i suoi padroni. «So di essere vostro schiavo», rispondeva, «e vi ringrazio di lasciarmi libero di servire Dio. In cambio, vi laverò i piedi, e voi riceverete ciò che ho guadagnato» G1i altri insistevano, e poiché non volevano cedere, Olimpo diceva loro: «Credetemi: se non volete prendere il mio danaro, rimango qui a servirvi». Allora i padroni, pieni di deferenza, gli lasciavano fare quello che voleva; e alla sua partenza lo riaccompagnavano con onore e gli donavano il necessario perché distribuisse in vece loro delle elemosine. Tutto questo lo rese celebre a Scete.
L'abate Pastor disse: «Un fratello domandò all'abate Alonio che cosa fosse il disprezzo di sé. L'anziano rispose: "Consiste nell'abbassarsi al di sotto degli animali, e sapere che essi non saranno condannati»
L'abate Pastor ha detto: «L'umiltà è la terra che il Signore ha richiesto per compiere il sacrificio».
Un anziano disse: «Da qualunque prova tu sia colto, non incriminare se non te solo, dicendo: "M'è accaduto per mia colpa, causa i miei peccati"».
Un giorno alcune persone se ne andarono in Tebaide a visitare un anziano. Portavano con loro un uomo tormentato dal demonio, affinché l'anziano lo guarisse. Dopo essersi fatto a lungo pregare l'anziano disse al demonio: «Esci da questa creatura di Dio!». Il demonio rispose: «Me ne vado, ma voglio farti una domanda: "Dimmi: chi sono i capri e chi gli agnelli?"». L'anziano gli rispose: «I capri, sono io; quanto agli agnelli, lo sa Iddio». A queste parole il demonio urlò: «Mi ritiro a causa della tua umiltà!». E subito se ne andò.
Un fratello domandò a un anziano: «Indicami una sola cosa da custodire, perché io ne viva!». L'anziano gli disse: "Se puoi essere ingiuriato e sopportarlo, è una gran cosa, che supera tutte le virtù».
Un anziano ha detto: «La terra sulla quale il Signore ha comandato di lavorare è l'umiltà»
Un anziano ha detto: «Sei giunto a serbare il silenzio? Non credere, tuttavia, di aver compiuto un atto di virtù. Di' piuttosto: «Sono indegno di parlare"».
Un anziano ha detto: «Se il mugnaio non copre gli occhi dell'animale che gira la macina, questi si volterà e mangerà il frutto del suo lavoro. Così, per una disposizione divina, noi abbiamo ricevuto un velo che ci impedisce di vedere il bene che facciamo, di beatificare noi stessi e di perdere così la nostra ricompensa. E' anche per questo che di tanto in tanto siamo abbandonati ai pensieri impuri e non vediamo più che questi; ci condanniamo così ai nostri stessi occhi, e questi pensieri sono per noi un velo che copre il poco bene che facciamo. In effetti, quando l'uomo si accusa, non perde la sua ricompensa».
Un fratello disse a un anziano: «Se un fratello mi rivolge parole profane, mi permetti tu, Abba, di dirgli di non farlo?».
L'anziano gli disse: «No». E il fratello disse: «Perché?». L'anziano disse: «Poiché neppur noi siamo capaci di osservare questo, e c'è da temere che, dicendo al prossimo di non farlo, siamo trovati noi in procinto di farlo». Il fratello disse: «Che si deve dunque fare?». L'anziano gli disse: «Se sappiamo tacere, l'esempio basta al prossimo".
Fu domandato a un anziano: «Che cosa è l'umiltà?». Egli disse: «Che, se tuo fratello pecca contro di te, tu lo perdoni prima che egli ti testimoni il suo pentimento».
Un fratello era assalito da molto tempo dal demone dell'impurità e malgrado molti sforzi non riusciva a sbarazzarsene. Una volta, mentre era alla Sinassi, si sentì come d'abitudine tormentato dalla passione; decise dunque di trionfare sulla macchinazione del demonio e di chiedere ai fratelli di pregare per lui affinché fosse liberato. E, sprezzando ogni vergogna, si mise nudo davanti a tutti i fratelli e mostrò l'azione di Satana: «Pregate per me, padri e fratelli miei», disse, «perché sono quattordici anni che sono così combattuto»; e subito il combattimento si allontanò da lui, grazie all'umiltà che aveva mostrato. Uno dei padri ha detto: «I Padri entravano nell'interiore attraverso l'austerità, e noi, se possiamo, entriamo nel bene attraverso l'umiltà».
Un anziano che abitava in Egitto diceva sempre: «Non c'è strada più breve che quella dell'umiltà».
L'abate Sisoe ha detto: «Colui che lavora e pensa aver fatto qualche cosa, riceve quaggiù la sua ricompensa».
Disse un anziano: «L'umiltà non è uno dei piatti del festino, ma il condimento che insaporisce tutti i piatti».
Ho udito riferire di un anziano che diceva: «A chi possiede l'umiltà di spirito, è data una corona sulla propria dimora e un coperchio sulla propria marmitta».
L'abate Poemen ha detto: «L'anima non è umiliata in niente se tu non le razioni il pane, cioè se tu non la riduci a nutrirsi solamente del necessario».
Si raccontava di un anziano che viveva nell'esicasmo nelle parti basse del paese e che aveva al suo servizio un laico cristiano. Accadde che il figlio di costui si ammalò. Il padre supplicò per molto tempo l'anziano d'andare a pregare per suo figlio e l'anziano partì con lui. Correndo avanti, il laico entrò nella sua casa e gridò: «Venite incontro all'anacoreta». Quando l'anziano li vide venire da lontano con le fiaccole, gli venne l'idea di togliersi i vestiti, di tuffarsi nel fiume e di mettersi a lavarli restando nudo. Quando il suo servitore lo vide, pieno di vergogna disse alla gente: «Andatevene, perché l'anziano ha perduto il senno». Poi andò da lui e gli domandò: «Abba, perché hai fatto questo? Tutti dicono: "L'anziano ha il diavolo in corpo"». L'altro rispose: «Ecco precisamente quello che volevo».
Un vescovo d'una certa città cadde nella fornicazione per opera del demonio. Un giorno in cui cui si riuniva in chiesa e nessuno era a conoscenza del suo peccato, egli lo confessò davanti a tutto il popolo e disse: «Ho peccato». Poi depose il suo pallio sull'altare e disse: «Non posso più essere il vostro vescovo». Tutti piansero e gridarono: «Che questo peccato ricada su di noi, ma conserva l'episcopato». Egli rispose: «Voi volete che conservi l'episcopato, fate dunque ciò che vi dico». Fece chiudere le porte della chiesa, poi si distese faccia a terra davanti a una porta laterale e disse: «Colui che passerà senza calpestarmi con i piedi non partecipera' a Dio». Fecero come lui chiedeva, e quando l'ultimo fu uscito, una voce venne dal cielo e disse: «Per la sua grande umiltà, gli ho rimesso il suo peccato».
L'abate Giovanni, discepolo dell'abate Giacomo, disse: «Mio fratello Macario mi ha detto, mentre moriva: "Due cose che ho fatto in questo mondo mi tormentano: ho comprato una stuoia per un fratello e ne ho preteso su due piedi il prezzo, e tessendo ho fatto due paia di tovaglioli che ho lasciato inferiori alla misura, perché mancava un po' di filo"».
Un fratello interrogò uno dei padri su un pensiero blasfemo: «Abba, la mia anima è oppressa da un pensiero blasfemo, abbi pietà di me e dimmi da dove esso mi viene e ciò che devo fare». L'anziano rispose: «Questo pensiero ci viene perché noi sparliamo, disprezziamo e critichiamo; esso è soprattutto una conseguenza dell'orgoglio, della volontà propria, della negligenza nella preghiera, della collera e del furore, tutte cose che sono, precisamente, i segni dell'orgoglio. Difatti l'orgoglio ci fa entrare nelle passioni che ho enumerato, e da esse nasce il pensiero blasfemo. E se questo pensiero indugia nell'anima, il demone della blasfemia lo consegna al demone dell'impurità. Sovente lo conduce sino allo smarrimento dei sensi, e se l'uomo non li ritrova è perduto»
Si domandò ad abba Elia: «Con che cosa saremo salvati in questi tempi?». Egli rispose: «Ci salveremo per il fatto di non aver stima di noi stessi».

Tratto da Detti e fatti dei Padri del deserto, Rusconi Libri

Nessun commento:

Posta un commento