Detti e fatti
dei Padri del deserto
Dell'Umiltà
Un fratello interrogò un anziano: «Che devo fare, poiché la vanagloria mi attanaglia?». L'anziano gli rispose: «Hai ragione, perché sei tu che hai fatto il cielo e la terra» Il fratello, toccato dalla compunzione, disse: «Perdonami, non ho fatto nulla»
Dell'Umiltà
Un fratello interrogò un anziano: «Che devo fare, poiché la vanagloria mi attanaglia?». L'anziano gli rispose: «Hai ragione, perché sei tu che hai fatto il cielo e la terra» Il fratello, toccato dalla compunzione, disse: «Perdonami, non ho fatto nulla»
Un fratello domandò all'abate
Poemen se era meglio vivere in disparte o con il prossimo. Il vecchio rispose: «Colui
che biasima sempre e solo se stesso può vivere in qualsiasi luogo. Ma se
glorifica se stesso, allora non reggerà in nessun luogo».
Un anziano disse: «Non colui che denigra se stesso è umile,
ma colui che riceve con gioia le ingiurie, gli affronti e le critiche del
prossimo».
L'abate Pastor disse: «L'uomo deve respirare incessantemente
l'umiltà e il timor di Dio, come il soffio che inala ed espelle attraverso le
narici».
L'arcivescovo Teofilo si recò un giorno al Monte di Nitria e
l'abate del Monte gli venne incontro. «Abba», gli chiese l'arcivescovo, «che
hai trovato di più vantaggioso in questa via?». L'anziano rispose: «Accusarmi e
riprendermi senza tregua». «Non vi è in effetti, altra via», replicò
l'arcivescovo.
L'abate Antonio disse all'abate Pastor: «La grande opera
dell'uomo è di gettare la colpa su se stesso dinanzi a Dio e attendersi la
tentazione sino all'ultimo soffio della sua vita».
Un fratello interrogo' l'abate Sisoe: «Vedo, esaminandomi,
che il ricordo di Dio non mi lascia mai». L'anziano gli disse: «Non è una gran
cosa che la tua anima sia con Dio. Sarebbe grande se tu ti accorgessi che sei
inferiore a tutte le creature. Questo pensiero unito al lavoro corporale: ecco
ciò che corregge e conduce all'umiltà».
Un anziano diceva: «Se noi ci applichiamo all'umiltà, non
avremo bisogno del castigo. Molti mali ci vengono causa l'orgoglio. Difatti, se
l'angelo di Satana è stato dato all'Apostolo per castigarlo, per paura che egli
si sollevi, a maggior ragione, a noi che viviamo nell'orgoglio, è Satana stesso
che sarà dato, per farci calpestare sino a che ci umiliamo».
L'abate Antonio scrutava la profondità dei giudizi di Dio; e
domandò: «Signore perchè alcuni muoiono dopo breve vita, mentre altri giungono
all'estrema vecchiezza? Perché alcuni mancano di tutto, e altri abbondano di
ogni bene? Perchè i malvagi sono ricchi, e i buoni schiacciati dalla povertà?».
Una voce gli rispose: «Antonio, occupati di te stesso: questi sono i giudizi di
Dio e non ti è utile capirli L'abate Evagrio disse: «Il principio della
salvezza è condannare se stessi».
L'abate Mosè disse al fratello Zaccaria: «Dimmi che cosa
devo fare». A queste parole, l'altro si gettò ai suoi piedi dicendo: «Padre
proprio tu mi interroghi?». L'anziano riprese: «Credi, Zaccaria, figlio mio, ho
visto lo Spirito Santo discendere su di te; per questo sono costretto a
interrogarti». Si tolse allora Zaccaria il cappuccio, lo mise sotto i piedi, e
calpestandolo disse: «Se non si è così calpestati non si può essere monaci».
Una volta l'abate Teodoro mangiava con i fratelli.
Prendevano le coppe con rispetto e senza nulla dire, neanche il consueto
«Perdonatemi». Allora l'abate 'Teodoro disse: «I monaci hanno perduto il loro
titolo di nobiltà (eugenia): la parola "Perdonatemi».
L'abate Pastor ha detto: «Prosternarsi davanti a Dio, non darsi
alcuna importanza, mandare a spasso la propria volontà: ecco gli attrezzi con i
quali l'anima può lavorare».
L'abate Pastor ha detto: «Non darti importanza ma legati a
colui che si comporta bene».
L'abate Olimpo di Scete era schiavo. Scendeva ogni anno ad
Alessandria a portare il suo guadagno ai padroni. Questi gli venivano incontro
per salutarlo, ma l'anziano metteva dell'acqua in una bacinella e la presentava
per lavar loro i piedi. «No, Padre, non darti pena!», gli dicevano i suoi
padroni. «So di essere vostro schiavo», rispondeva, «e vi ringrazio di
lasciarmi libero di servire Dio. In cambio, vi laverò i piedi, e voi riceverete
ciò che ho guadagnato» G1i altri insistevano, e poiché non volevano cedere,
Olimpo diceva loro: «Credetemi: se non volete prendere il mio danaro, rimango
qui a servirvi». Allora i padroni, pieni di deferenza, gli lasciavano fare
quello che voleva; e alla sua partenza lo riaccompagnavano con onore e gli donavano
il necessario perché distribuisse in vece loro delle elemosine. Tutto questo lo
rese celebre a Scete.
L'abate Pastor disse: «Un fratello domandò all'abate Alonio
che cosa fosse il disprezzo di sé. L'anziano rispose: "Consiste nell'abbassarsi
al di sotto degli animali, e sapere che essi non saranno condannati»
L'abate Pastor ha detto: «L'umiltà è la terra che il Signore
ha richiesto per compiere il sacrificio».
Un anziano disse: «Da qualunque prova tu sia colto, non
incriminare se non te solo, dicendo: "M'è accaduto per mia colpa, causa i
miei peccati"».
Un giorno alcune persone se ne andarono in Tebaide a
visitare un anziano. Portavano con loro un uomo tormentato dal demonio,
affinché l'anziano lo guarisse. Dopo essersi fatto a lungo pregare l'anziano
disse al demonio: «Esci da questa creatura di Dio!». Il demonio rispose: «Me ne
vado, ma voglio farti una domanda: "Dimmi: chi sono i capri e chi gli
agnelli?"». L'anziano gli rispose: «I capri, sono io; quanto agli agnelli,
lo sa Iddio». A queste parole il demonio urlò: «Mi ritiro a causa della tua
umiltà!». E subito se ne andò.
Un fratello domandò a un anziano: «Indicami una sola cosa da
custodire, perché io ne viva!». L'anziano gli disse: "Se puoi essere
ingiuriato e sopportarlo, è una gran cosa, che supera tutte le virtù».
Un anziano ha detto: «La terra sulla quale il Signore ha
comandato di lavorare è l'umiltà»
Un anziano ha detto: «Sei giunto a serbare il silenzio? Non
credere, tuttavia, di aver compiuto un atto di virtù. Di' piuttosto: «Sono
indegno di parlare"».
Un anziano ha detto: «Se il mugnaio non copre gli occhi
dell'animale che gira la macina, questi si volterà e mangerà il frutto del suo
lavoro. Così, per una disposizione divina, noi abbiamo ricevuto un velo che ci
impedisce di vedere il bene che facciamo, di beatificare noi stessi e di
perdere così la nostra ricompensa. E' anche per questo che di tanto in tanto
siamo abbandonati ai pensieri impuri e non vediamo più che questi; ci
condanniamo così ai nostri stessi occhi, e questi pensieri sono per noi un velo
che copre il poco bene che facciamo. In effetti, quando l'uomo si accusa, non
perde la sua ricompensa».
Un fratello disse a un anziano: «Se un fratello mi rivolge
parole profane, mi permetti tu, Abba, di dirgli di non farlo?».
L'anziano gli disse: «No». E il fratello disse: «Perché?».
L'anziano disse: «Poiché neppur noi siamo capaci di osservare questo, e c'è da
temere che, dicendo al prossimo di non farlo, siamo trovati noi in procinto di
farlo». Il fratello disse: «Che si deve dunque fare?». L'anziano gli disse: «Se
sappiamo tacere, l'esempio basta al prossimo".
Fu domandato a un anziano: «Che cosa è l'umiltà?». Egli
disse: «Che, se tuo fratello pecca contro di te, tu lo perdoni prima che egli
ti testimoni il suo pentimento».
Un fratello era assalito da molto tempo dal demone
dell'impurità e malgrado molti sforzi non riusciva a sbarazzarsene. Una volta,
mentre era alla Sinassi, si sentì come d'abitudine tormentato dalla passione;
decise dunque di trionfare sulla macchinazione del demonio e di chiedere ai
fratelli di pregare per lui affinché fosse liberato. E, sprezzando ogni
vergogna, si mise nudo davanti a tutti i fratelli e mostrò l'azione di Satana:
«Pregate per me, padri e fratelli miei», disse, «perché sono quattordici anni
che sono così combattuto»; e subito il combattimento si allontanò da lui,
grazie all'umiltà che aveva mostrato. Uno dei padri ha detto: «I Padri
entravano nell'interiore attraverso l'austerità, e noi, se possiamo, entriamo
nel bene attraverso l'umiltà».
Un anziano che abitava in Egitto diceva sempre: «Non c'è
strada più breve che quella dell'umiltà».
L'abate Sisoe ha detto: «Colui che lavora e pensa aver fatto
qualche cosa, riceve quaggiù la sua ricompensa».
Disse un anziano: «L'umiltà non è uno dei piatti del
festino, ma il condimento che insaporisce tutti i piatti».
Ho udito riferire di un anziano che diceva: «A chi possiede
l'umiltà di spirito, è data una corona sulla propria dimora e un coperchio
sulla propria marmitta».
L'abate Poemen ha detto: «L'anima non è umiliata in niente
se tu non le razioni il pane, cioè se tu non la riduci a nutrirsi solamente del
necessario».
Si raccontava di un anziano che viveva nell'esicasmo nelle
parti basse del paese e che aveva al suo servizio un laico cristiano. Accadde
che il figlio di costui si ammalò. Il padre supplicò per molto tempo l'anziano
d'andare a pregare per suo figlio e l'anziano partì con lui. Correndo avanti,
il laico entrò nella sua casa e gridò: «Venite incontro all'anacoreta». Quando
l'anziano li vide venire da lontano con le fiaccole, gli venne l'idea di
togliersi i vestiti, di tuffarsi nel fiume e di mettersi a lavarli restando nudo.
Quando il suo servitore lo vide, pieno di vergogna disse alla gente: «Andatevene,
perché l'anziano ha perduto il senno». Poi andò da lui e gli domandò: «Abba,
perché hai fatto questo? Tutti dicono: "L'anziano ha il diavolo in
corpo"». L'altro rispose: «Ecco precisamente quello che volevo».
Un vescovo d'una certa città cadde nella fornicazione per
opera del demonio. Un giorno in cui cui si riuniva in chiesa e nessuno era a
conoscenza del suo peccato, egli lo confessò davanti a tutto il popolo e disse:
«Ho peccato». Poi depose il suo pallio sull'altare e disse: «Non posso più
essere il vostro vescovo». Tutti piansero e gridarono: «Che questo peccato
ricada su di noi, ma conserva l'episcopato». Egli rispose: «Voi volete che
conservi l'episcopato, fate dunque ciò che vi dico». Fece chiudere le porte
della chiesa, poi si distese faccia a terra davanti a una porta laterale e
disse: «Colui che passerà senza calpestarmi con i piedi non partecipera' a Dio».
Fecero come lui chiedeva, e quando l'ultimo fu uscito, una voce venne dal cielo
e disse: «Per la sua grande umiltà, gli ho rimesso il suo peccato».
L'abate Giovanni, discepolo dell'abate Giacomo, disse: «Mio
fratello Macario mi ha detto, mentre moriva: "Due cose che ho fatto in
questo mondo mi tormentano: ho comprato una stuoia per un fratello e ne ho
preteso su due piedi il prezzo, e tessendo ho fatto due paia di tovaglioli che
ho lasciato inferiori alla misura, perché mancava un po' di filo"».
Un fratello interrogò uno dei padri su un pensiero blasfemo:
«Abba, la mia anima è oppressa da un pensiero blasfemo, abbi pietà di me e
dimmi da dove esso mi viene e ciò che devo fare». L'anziano rispose: «Questo
pensiero ci viene perché noi sparliamo, disprezziamo e critichiamo; esso è
soprattutto una conseguenza dell'orgoglio, della volontà propria, della
negligenza nella preghiera, della collera e del furore, tutte cose che sono,
precisamente, i segni dell'orgoglio. Difatti l'orgoglio ci fa entrare nelle
passioni che ho enumerato, e da esse nasce il pensiero blasfemo. E se questo
pensiero indugia nell'anima, il demone della blasfemia
lo consegna al demone dell'impurità. Sovente lo conduce sino allo smarrimento
dei sensi, e se l'uomo non li ritrova è perduto»
Si domandò ad abba Elia: «Con che
cosa saremo salvati in questi tempi?». Egli rispose: «Ci salveremo per il fatto
di non aver stima di noi stessi».
Tratto da Detti e fatti dei Padri del deserto, Rusconi Libri
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