"…la dottrina è infallibile, è a causa del fatto che essa è un’espressione della verità, la quale, in se stessa, è assolutamente indipendente dagli individui che la ricevono e che la comprendono. La garanzia della dottrina risiede in definitiva nel suo carattere «non-umano»". René Guénon, Considerazioni sull’iniziazione, cap. "Sull’infallibilità tradizionale"

sabato 4 febbraio 2017

Hokyo Zanmai, Il samadhi dello specchio prezioso

Hokyo Zanmai
Il samadhi dello specchio prezioso

1. I Buddha e i patriarchi, tutti trasmisero

direttamente la verità fondamentale:
conservatela intatta; adesso è con voi, ciò basta.


2. Sul piatto d’argento fiocca la neve bianca;

il niveo airone nella luce della luna si nasconde.
Coppie vicine eppure non sovrapposte;
mescolandole insieme possiamo differenziare.


3. La mente suprema a parole non può essere espressa,

eppure, ad ogni vostro bisogno essa risponde.
Schiavi delle parole, avanzando, nel baratro cadete,
se ve ne allontanate, però, siete in un vicolo cieco.
E’ come un’enorme palla di fuoco: mai
avvicinarsi troppo, nemmeno tenersi via.


4. Parole troppo brillanti rischiano di abbagliare:

di notte c’è chiarore, all’alba non c’è luce.

5. Ciò vale per gli esseri tutti, con ciò ci liberiamo

da sofferenza. Anche se non prodotta dall’ingegno,
è verità che trova strada nelle parole dei maestri.
E’ come quando guardi nello specchio prezioso,
vedendo insieme ombra e sostanza; esso è te, tu non sei lui.
E’ come per i neonati, che, pur avendo i cinque sensi,
non possono andare e neanche ritornare,
non possono alzare e neanche lasciar andare;
posseggono parole che non possono usare.
Tutto sommato, non afferri niente, non servono le parole.


6. Sei bastoncini ammucchiati, continuamente

stanno in mutua relazione: il centro e gli estremi.
Presi a tre, ritornano alla configurazione originale
dopo i cinque mutamenti:
come cinque sono i sapori dell’erba "chi"
come cinque sono i rami dello scettro adamantino.


7. L’essenza assoluta mantiene per sua natura

molteplici fenomeni in delicato equilibrio.

8. Quando lo studente chiede, il maestro

si fa incontro con la risposta;
per portarlo alla verità finale egli
sta usando i mezzi opportuni.
La verità finale desiderano i ricercatori,
i mezzi abili il maestro sta offrendo:
preso nella miscela giusta, ciò è buono.


9. Evita solo l’attaccamento, ciò è sufficiente.

La verità suprema è naturale e non si attacca
all’illusione, neppure all’illuminazione.


10. Con calma, si mostra chiaramente quando

son mature le condizioni tutte.
Quando è piccola, infinitesima diventa,
quando è grande, trascende lo spazio e le dimensioni:
anche un solo fremito può danneggiare il ritmo.


11. Si parla adesso dell’improvviso e del graduale

e si separano perciò le sette, creando pratiche,
dottrine, che diventano, in seguito, conformismi
che accettiamo nella condotta religiosa.
Anche penetrando queste pratiche, queste dottrine,
facendo poi fluire coscienza illusoria nell’eterna
verità, nessun progresso avremmo conseguito.


12. Se appariamo fuori tutti calmi

ma dentro rimaniamo disturbati,
siamo come il cavallo in pastoie,
siamo come il topo intrappolato.


13. Provando pena per questo stato,

i saggi d’una volta diffusero l’insegnamento.
essendo le menti degli studenti
sviate dalle illusioni,
i veri saggi lo adeguarono a loro,
usando mezzi così estremi da arrivar
persino a chiamare il nero bianco.


14. Abbandonare il pensiero illusorio

ti porterà soddisfazioni;
se instradarti vuoi nell’antica via
osserva gli esempi di una volta.


15. Per compiere l’ultimo passo

verso la vera illuminazione,
un precedente Buddha si addestrò
per dieci lunghi kalpa
fissando l’albero della bodhi.
Così ristretta, la libertà originaria è
come una tigre con le orecchie lacerate,
come un cavallo zoppicante.


16. Il saggio dirà allo studente

il quale si sente umile e inferiore,
che sulla sua testa brilla
un diadema ingioiellato e il suo corpo è avvolto
da ricche tuniche, i piedi morbidamente appoggiati.
E, se lo studente, sentendo ciò, prova stupore o dubbio,
il saggio lo assicura che anche fra i gatti o fra
le mucche bianche ci sono specie perfette come sono.


17. Il leggendario arciere Yi colpiva

a cento metri il bersaglio, essendo abile assai;
ma, far scontrare due frecce in aria,
va al di là di ogni abilità da uomo ordinario.


18. Nella suprema attività della non-mente

guarda: l’uomo di legno canta,
la fanciulla di pietra danza!
Tutto ciò è ben lontano dalla comune
coscienza, non si esprime con il pensiero.


19. Il cortigiano serve il suo signore

e il fanciullo ubbidisce al padre.
Senza obbedienza non c’è pietà filiale,
senza servizio non c’è consiglio.


20. Tali azioni, tali lavori non vistosi,

sembrano stupidi e non affascinanti
ma quelli che praticano così la Legge
per l’eternità saranno, in tutti i mondi,
chiamati signori dei signori.


(a cura di Theodor Entai Rosenberg e Teresa Maddi)

Note
Le presenti note non hanno l’intenzione di fornire una spiegazione esaustiva del testo ma solo di fornire precisazioni per vocaboli o riferimenti culturali che possono risultare poco noti e di offrire ulteriori spunti di riflessione. La lettura personale dovrà creare in ciascuno nuovi stimoli, lampi d’"illuminazione".
2. Nelle immagini sono rappresentati due fenomeni. Il bianco rappresenta i fenomeni, l’oscuro il vuoto. Così percepiamo il vuoto solo attraverso i fenomeni, lo possiamo afferrare solo tramite questo tipo di confronto.
3. Usando le parole spesso si cade nel dualismo ("baratro"), nella separazione fra me e il mondo. Ma non usare l’intelligenza significa cadere nell’ignoranza ("vicolo cieco"), nell’indifferenza, nella mente inerte, ottusa, che non distingue. La mente risvegliata è una mente sveglia che distingue e non si lascia ingannare.
4. Non lasciatevi sviare da parole che precisano troppo. L’essenza non è il massimo di chiarezza ma il massimo equilibrio fra luce e buio. (Vedi anche punto 11).
5. "Ciò": l’inesprimibile che posso solo indicare. Quando il nostro intelletto è sincero, semplicemente non può esprimere. Non è influenzato da categorie, come non lo è un neonato: quando queste categorie si formano egli comincerà a vedere ciò che gli è stato insegnato di vedere.
6. I princìpi fondamentali della logica Soto si chiamano Go I (Go: cinque; I: princìpi) e vengono rappresentati basandosi sugli esagrammi degli I King, presi a tre. (Vedi appendice, sotto Tung-shan).

L’erba "chi" è una pianta che, nelle sue varie parti, possiede i cinque sapori: dolce, salato, piccante, agro, amaro. Differenti gusti si equilibrano per formare un’assenza di sapore. Infine, il vajra ("scettro adamantino") realizza la sintesi delle saggezze espresse nelle metafore precedenti. Lo si può vedere nella mano sinistra di alcune rappresentazioni di Buddha o di divinità tibetane; i lama la tengono in mano durante le cerimonie. Simbolizza lo spirito della condizione risvegliata che tronca tutte le illusioni: nei tempi antichi era difatti un’arma.
8. L’essenza stessa dello zen consiste nel non utilizzo, da parte del Maestro, di un metodo prefissato d’insegnamento, di un serie di pratiche consolidate per guidare l’allievo. I mezzi abili (upaya) sono spesso mezzi estremi (vedi punto 13) che il Maestro adatta alle varie circostanze per indirizzare la mente dell’allievo. A volte, addirittura, poichè la logica e il linguaggio si rivelano insufficienti per cogliere o spiegare la realtà, è meglio ricorrere ai gesti e all’azione, come faceva Lin-chi (Rinzai). Gli espedienti cui più comunemente ricorreva sono l’urlo e il bastone. I colpi e gli urli servivano a scuotere il discepolo, a spingerlo a superare i limiti del linguaggio verbale.
9. L’illuminato è colui che ha equilibrato la mente, non che ha scoperto qualcosa. Il Buddha è la mente di tutti i giorni, non una mente speciale.
11. Parole troppo taglienti, definitorie, creano categorie: è così che nella storia si sono formate le sette (religiose, politiche, filosofiche). Nell’ambito del Ch’an, nella prima metà dell’VIII secolo si determinarono due correnti: la scuola del Nord e la scuola del Sud: vedi appendice sotto Ch’an.
15. Diventare un Buddha che ripete il tipo di illuminazione del Buddha non interessa: imitando non si ottiene la propria mente. Sulla scia del taoismo: curare la mente naturale.
17. L’illuminazione non è una cosa da scoprire, un qualcosa di statico, ma una scintilla che sprizza, una potenzialità che viene realizzata.Non esiste un punto fisso come la montagna: le due frecce si incontrano in modo eccezionale.

E’ l’essenza che si incontra con i fenomeni, è l’incontro fra due menti nella trasmissione, è il Maestro che si incontra con i discepoli.
19/20. E’ la verità di tutti i giorni quella cui si arriva con la mente di tutti i giorni, la mente naturale, la mente taoista.

Le azioni banali, di ubbidienza alla legge di tutti i giorni sembrano stupide, non particolari, non vistose, ma sono proprio esse che realizzano l’armonia, il tao.



(a cura di Teresa Maddi)

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