"…la dottrina è infallibile, è a causa del fatto che essa è un’espressione della verità, la quale, in se stessa, è assolutamente indipendente dagli individui che la ricevono e che la comprendono. La garanzia della dottrina risiede in definitiva nel suo carattere «non-umano»". René Guénon, Considerazioni sull’iniziazione, cap. "Sull’infallibilità tradizionale"

sabato 20 settembre 2014

René Guénon, Iniziazione e realizzazione spirituale - XXI - Veri e falsi istruttori spirituali

René Guénon
Iniziazione e realizzazione spirituale

XXI - Veri e falsi istruttori spirituali

Abbiamo spesso insistito sulla distinzione che è opportuno fare tra l’iniziazione propriamente detta, cioè il puro e semplice ricollegamento ad un’organizzazione iniziatica che implica essenzialmente la trasmissione di un’influenza spirituale, ed i mezzi che in seguito potranno esser messi in opera per contribuire a rendere effettiva un’iniziazione a tutta prima soltanto virtuale, mezzi la cui efficacia è naturalmente subordinata, in ogni caso, alla condizione indispensabile di un preventivo ricollegamento.
Questi mezzi, in quanto costituiscono l’aiuto portato dal di fuori al lavoro interiore da cui deve risultare lo sviluppo spirituale dell’essere (e che, è sottinteso, non possono minimamente ed in alcun modo supplire a questo stesso lavoro), possono essere definiti nel loro insieme mediante il termine istruzione iniziatica, prendendolo nella sua massima estensione e non limitandolo alla comunicazione di certi dati dottrinali, ma comprendendovi ugualmente tutto ciò che, ad un titolo qualsiasi, è tale da guidare l’iniziato nel lavoro che sta compiendo per giungere ad un qualunque grado di realizzazione spirituale.
La cosa più difficile, soprattutto alla nostra epoca, non è certo di ottenere un ricollegamento iniziatico, il che forse è talvolta fin troppo facile[1]; il difficile è trovare un istruttore veramente qualificato, cioè capace di svolgere la funzione di guida spirituale, nei modi da noi menzionati, applicando tutti i mezzi che convengono alle sue possibilità particolari, al di fuori delle quali è evidentemente impossibile, anche al più perfetto dei Maestri, ottenere alcun risultato effettivo. In mancanza di un tale istruttore, come abbiamo già spiegato in precedenza, l’iniziazione, pur essendo in se stessa sicuramente valevole dal momento che l’influenza spirituale sia stata realmente trasmessa mediante un rito appropriato[2], resterebbe sempre soltanto virtuale salvo in casi rari ed eccezionali. Quel che aumenta ancor più la difficoltà, è che coloro che pretendono di essere guide spirituali senza avere alcuna qualificazione per svolgere questa funzione, non sono mai stati tanto numerosi come ai giorni nostri; e il pericolo che ne deriva è tanto più grande quanto, di fatto, questa gente presenta in generale facoltà psichiche molto potenti e più o meno anormali, il che non solo non prova niente dal punto di vista dello sviluppo spirituale, anzi abitualmente è piuttosto un indice sfavorevole, ma per di più è suscettibile di creare illusioni, e di imporle a tutti quelli che non sono abbastanza accorti da saper fare di conseguenza le necessarie distinzioni. Non si starà dunque mai abbastanza in guardia contro questi falsi istruttori, che altro non possono se non fuorviare quelli che si lasciano sedurre, i quali dovranno ritenersi fortunati se non succederà loro niente di peggio che perder del tempo; che poi siano dei semplici ciarlatani, come attualmente ce ne sono anche troppi, o che siano essi stessi illusi ancor prima di illudere gli altri, ciò non modifica assolutamente le conseguenze e anzi, in un certo senso, quelli che sono più o meno completamente sinceri (perché anche qui possono esserci diverse gradazioni) sono forse ancor più pericolosi per la loro stessa incoscienza. Si aggiunga, ammesso che ce ne sia bisogno, che la confusione tra psichico e spirituale, disgraziatamente così diffusa fra i nostri contemporanei come in tante occasioni abbiamo denunciato, contribuisce largamente a rendere possibili i peggiori equivoci a questo proposito; se in più si tiene presente l’attrattiva dei supposti «poteri», e il gusto ai «fenomeni» più o meno straordinari che vi si associano quasi inevitabilmente, si avrà nella fattispecie una spiegazione abbastanza completa del successo di certi falsi istruttori.
Vi è tuttavia una caratteristica grazie alla quale molti di costoro, se non tutti, possono essere riconosciuti abbastanza facilmente; e, benché si tratti in definitiva di una conseguenza diretta e necessaria di tutto quanto abbiamo costantemente spiegato a proposito dell’iniziazione, non crediamo inutile, di fronte agli interrogativi che negli ultimi tempi ci sono stati posti riguardo a diversi personaggi più o meno sospetti, precisarla in modo ancora più esplicito. Chiunque si presenti come istruttore spirituale senza essere ricollegato ad una forma tradizionale determinata, o senza conformarsi alle regole da questa stabilite, non può avere veramente la qualità che si attribuisce; può essere, a seconda dei casi, un volgare impostore o un «illuso» che ignora le reali condizioni dell’iniziazione; e in quest’ultimo caso, ancora più che nel primo, c’è da temere che sia troppo spesso, in definitiva, niente più che uno strumento al servizio di qualcosa che egli stesso forse non sospetta neppure. Altrettanto possiamo dire (e, questa caratteristica si confonde del resto necessariamente in una certa misura con la precedente) di chiunque abbia la pretesa di dispensare indiscriminatamente un insegnamento di natura inziatica ai primi venuti, ivi compresi dei semplici profani, trascurando la necessità, come condizione prima della sua efficacia, del ricollegamento ad un’organizzazione regolare, nonché di chiunque proceda secondo metodi non conformi a quelli di qualsiasi iniziazione tradizionalmente riconosciuta. Se si sapessero applicare queste poche indicazioni, e ad esse ci si attenesse sempre strettamente, i promotori di «pseudo-iniziazioni», di qualsiasi forma rivestite, si troverebbero quasi immediatamente smascherati[3]; resterebbe soltanto più il pericolo derivante da rappresentanti di iniziazioni deviate, quantunque reali, le quali hanno cessato d’esser nella linea dell’ortodossia tradizionale; ma questo caso è certamente molto meno diffuso, almeno nel mondo occidentale, e di conseguenza è evidentemente molto meno urgente preoccuparsene nelle attuali circostanze. In ogni caso possiamo limitarci a dire che, in generale, gli «istruttori» ricollegati a tali iniziazioni hanno l’abitudine, in comune con gli altri da noi segnalati, di manifestare i loro «poteri» psichici a qualsiasi proposito e senza alcuna valida ragione (perché non possiamo ritenere tale quella di attirare e conservar discepoli mediante questo mezzo, il che ordinariamente è lo scopo a cui mirano), e di accordare la preminenza ad uno sviluppo eccessivo e più o meno disordinato delle possibilità di quest’ordine, cosa che va sempre a detrimento di ogni vero sviluppo spirituale.
D’altra parte, per quanto riguarda i veri istruttori spirituali, il contrasto ch’essi presentano con i falsi istruttori sotto i diversi rapporti da noi indicati, permette, se non di riconoscerli con estrema sicurezza (nel senso che queste condizioni pur essendo necessarie possono peraltro non esser sufficienti), almeno di aiutare grandemente a farlo; ma qui si rende necessaria un’altra osservazione per eliminare qualche idea falsa. Contrariamente a quanto molta gente sembra pensare, per essere adatti a svolgere questa funzione entro certi limiti, non è sempre necessario esser giunti ad una realizzazione spirituale completa; dovrebbe essere evidente infatti, che ci vuole molto meno di tanto per essere capaci a guidare validamente un discepolo ai primi stadi della sua carriera iniziatica. È fuori questione che quando questi avrà raggiunto il punto oltre il quale non può più condurlo, l’istruttore che si trova in queste condizioni, se è un istruttore veramente degno di questo nome, non esiterà minimamente a fargli sapere che ormai non può più far niente per lui, e lo indirizzerà allora, affinché il suo lavoro sia seguito nelle condizioni più favorevoli, sia al suo stesso Maestro, se ciò è possibile, sia a qualche altro istruttore ch’egli riconosce più completamente qualificato che non se stesso; e quando è così, non v’è in definitiva niente di stupefacente o di anormale a che il discepolo possa finalmente superare il livello spirituale del suo primo istruttore, il quale d’altronde, se è veramente quel che dev’essere, non potrà che felicitarsi d’aver contribuito da parte sua, per piccola che possa essere questa parte, a condurlo a tale risultato. Gelosia e rivalità individuali non possono in effetti trovare posto alcuno nel vero dominio iniziatico, mentre invece, al contrario, ne hanno uno assai grande nel modo d’agire dei falsi istruttori; e sono unicamente costoro a dover essere denunciati e combattuti, ogni qualvolta le circostanze lo esigono, non soltanto dai Maestri spirituali autentici, ma anche da tutti quelli che, a qualunque livello, hanno coscienza di cos’è realmente l’iniziazione.



[1] Con ciò vogliamo far allusione al fatto che certe organizzazioni sono diventate anche troppo «aperte», il che d’altronde è per esse una causa di degenerazione. 
[2] È opportuno ricordare qui che l’iniziatore, il quale agisca come «trasmettitore» dell’influenza inerente al rito, non è necessariamente adatto a svolgere la funzione d’istruttore; se le due funzioni sono normalmente riunite, là dove le istituzioni tradizionali non hanno subito alcun declino, esse sono ben lungi dall’esserlo sempre di fatto nelle condizioni attuali. 
[3] Naturalmente non bisogna dimenticare di contare del pari, nel novero delle «pseudo-iniziazioni», tutte quelle che, come abbiamo spiegato in altre occasioni, pretendono basarsi su forme tradizionali le quali attualmente non hanno più alcuna esistenza effettiva; ma queste, per lo meno, sono manifestamente riconoscibili a prima vista senza che occorra esaminare le cose da vicino, mentre per le altre non è detto che debba sempre essere così.

1 commento:

  1. [...] Arrivati a questo punto, ammetto e concedo che, se qualcuno ha ascoltato parole che gli sono note, può sapere che chi parla aveva in mente proprio le cose significate da queste parole. Ma ora bisogna chiedersi: viene anche a sapere se ha detto cose vere?

    I maestri sostengono di voler far apprendere e ricordare non certo i loro pensieri, ma piuttosto le discipline che pensano di trasmettere mediante il discorso. Nessuno infatti potrebbe essere così stolto nella propria curiosità da mandare a scuola suo figlio perché impari cosa pensa il maestro. Quando i maestri hanno spiegato per mezzo di parole tutte le discipline che sostengono di insegnare, comprese quelle concernenti la virtù e la sapienza, quelli che vengono definiti discepoli considerano in se stessi se le cose dette siano vere, volgendosi, nella misura della loro capacità, alla verità interiore. È questo il momento in cui imparano e, dopo aver scoperto interiormente che le cose ascoltate sono vere, lodano chi le ha dette loro, senza rendersi conto di lodarli non in quanto maestri, ma in quanto dotti, sempre che sappiano quanto dicono. Sbagliano gli uomini a chiamare «maestri» coloro che non sono tali, poiché nella maggior parte delle occasioni risultano simultanei il momento in cui si ascolta e quello in cui si apprende. Poiché imparano interiormente immediatamente dopo l'esposizione di chi parla, pensano di aver appreso esteriormente da colui che ha esposto le cose. Ma suIl'utilità globale delle parole che, se rifletti bene, non appare trascurabile, torneremo, se Dio vorrà, in un altro momento. Per ora ti ho raccomandato di non attribuire loro più importanza di quanta sia opportuna; in tal modo non ci limiteremo a credere ma cominceremo anche a capire la verità di quanto è stato scritto per insegnamento divino, e cioè che nessuno dobbiamo considerare nostro maestro in terra, poiché il solo maestro di tutti è in cielo. Che cosa significhi poi l'espressione «in cielo» lo insegnerà colui che, anche con segni esteriori, ricorrendo alla mediazione di uomini, ci spinge a imparare volgendoci a lui nell'interiorità. Amarlo e conoscerlo è la felicità che tutti dicono di cercare; pochi però sono quelli che gioiscono per averla trovata. Ma ora vorrei mi dicessi cosa pensi di tutto il mio discorso. Se infatti sai che quanto è stato detto è vero, interrogato sulle singole affermazioni avresti dovuto dire di conoscerle. Considera allora da chi le hai imparate; non certamente da me, dal momento che, se ti avessi rivolto domande, avresti saputo rispondere a tutto. Se invece non sai che quanto si è detto è vero, non te l'abbiamo insegnato né io né lui: non io, perché non sono assolutamente in grado di insegnare; non lui, perché tu non sei ancora in grado di imparare.

    AD: In verità, dall'avvertimento contenuto nelle tue parole, ho imparato che, per mezzo delle parole, l'uomo è soltanto spinto a imparare e che non ha molta importanza che attraverso il discorso si renda in qualche misura manifesto il pensiero di chi parla. Se poi si dicano cose vere, lo insegna solo colui che, parlando fuori di noi, ci ha ricordato di abitare nella nostra interiorità. Se egli mi aiuterà, lo amerò tanto più ardentemente quanto più farò progressi nell'apprendere. Nondimeno ti ringrazio moltissimo per questo tuo discorso svolto in modo continuo, soprattutto perché ha prevenuto e dissolto tutte le obiezioni che mi ero preparato. Non hai dimenticato alcuno dei problemi che mi sollevavano dubbi, su cui non mi abbia risposto quell'oracolo interiore, così come asserivano le tue parole.

    Agostino d'Ippona, De Magistro, 14 (traduzione dal latino di Massimo Parodi e Cristina Trovò)

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