"…la dottrina è infallibile, è a causa del fatto che essa è un’espressione della verità, la quale, in se stessa, è assolutamente indipendente dagli individui che la ricevono e che la comprendono. La garanzia della dottrina risiede in definitiva nel suo carattere «non-umano»". René Guénon, Considerazioni sull’iniziazione, cap. "Sull’infallibilità tradizionale"

martedì 10 aprile 2018

Guénon René, Considerazioni sull'Iniziazione - XLII - Trasmutazione e trasformazione

René Guénon
Considerazioni sull'Iniziazione

XLII - Trasmutazione e trasformazione

Un’altra questione che si riferisce anch’essa direttamente all’ermetismo è quella della «longevità», «longevità» che è stata considerata una delle caratteristiche dei veri Rosa-Croce, e di cui del resto si parla, le sotto l’una o sotto l’altra forma, in tutte le tradizioni; tale «longevità», il cui ottenimento è generalmente inteso come uno degli scopi dell’alchimia, ed è compreso nel compimento stesso della «Grande Opera»[1], ha diversi significati che occorre aver ben cura di distinguere l’uno dall’altro, perché in realtà si situano a livelli molto diversi fra le possibilità dell’essere.

Il senso più immediato, il quale è però, a dire il vero, lungi dall’essere il più importante, è evidentemente quello di un prolungamento della vita corporea; e per comprenderne la possibilità, è opportuno rifarsi all’insegnamento secondo il quale la durata della vita umana è andata riducendosi progressivamente nel corso delle diverse fasi del ciclo percorso dalla presente umanità terrestre dalle sue origini fino all’epoca attuale[2]. Se si considera il processo iniziatico, nella parte di esso che si riferisce ai «piccoli misteri», in quanto tale da far risalire in certo qual modo all’uomo il corso di questo ciclo ‑ come già abbiamo indicato ‑, così da portarlo, di grado in grado, dallo stato presente fino allo «stato primordiale», esso deve con ciò stesso fargli acquisire, a ogni tappa, tutte le possibilità dello stato corrispondente, ivi compresa la possibilità di una vita più lunga di quella dell’uomo comune attuale. Che tale possibilità sia o no effettivamente realizzata, è questa un’altra questione; e di fatto si dice che colui che è veramente diventato capace di prolungare la propria vita in questo modo, generalmente se ne astiene, a meno di non avere, per far ciò, ragioni molto speciali, giacché la cosa per lui non ha più nessun reale interesse (alla stregua delle trasmutazioni metalliche e altri effetti dello stesso genere per colui che è in grado di realizzarli, il che si riferisce tutto sommato allo stesso ordine di possibilità); anzi, egli può soltanto avere interesse nel non lasciarsi attardare in tappe che, come questa, sono solo preliminari e molto lontane dal vero fine, giacché la messa in opera di simili risultati secondari e contingenti non può, a tutti i gradi, se non distogliere dall’essenziale.
D’altronde, e ciò può contribuire ulteriormente a ricondurre la possibilità in questione alla sua giusta importanza, è anche detto, in diverse tradizioni, che la durata della vita corporea non può in nessun caso oltrepassare un massimo di mille anni; poca importanza ha il fatto che questo numero abbia da essere inteso alla lettera o debba invece avere un valore simbolico, giacché ciò che conta è che tale durata è in ogni caso limitata, e che di conseguenza la ricerca di una supposta «immortalità corporea» non può che essere perfettamente illusoria[3]. Il motivo di una simile limitazione, in fondo, è abbastanza facilmente comprensibile: poiché qualsiasi vita umana costituisce in sé un ciclo analogo a quello dell’umanità presa nel suo insieme, per ogni essere il tempo in qualche modo si «contrae» a mano a mano che egli esaurisce le possibilità dello stato corporeo[4]; dovrà perciò necessariamente giungere un momento in cui tale tempo sarà per così dire ridotto a un punto, e allora l’essere non troverà più, letteralmente, nessuna durata in cui gli sia possibile vivere, sicché non vi sarà più altra via, per lui, se non di passare a un altro stato, soggetto a condizioni differenti da quelle dell’esistenza corporea, quand’anche tale stato non sia ancora, in realtà, se non qualcuna delle modalità extra-corporee dell’ambito individuale umano.
Questo ci porta a considerare gli altri significati della «longevità», i quali si riferiscono di fatto a possibilità diverse da quelle dello stato corporeo; ma per ben comprendere come stiano esattamente le cose, occorre prima di tutto precisare chiaramente la differenza che esiste tra la «trasmutazione» e la «trasformazione». Noi assumiamo sempre la parola «trasformazione» nella sua accezione rigorosamente etimologica, che è quella di «passaggio di là dalla forma»; di conseguenza, l’essere non potrà dirsi «trasformato» se non è effettivamente passato a uno stato sovraindividuale (giacché qualsiasi stato individuale, qualunque esso sia, è per ciò stesso formale); si tratta perciò di qualcosa la cui realizzazione appartiene essenzialmente all’ambito dei «grandi misteri». Per quanto riguarda lo stesso corpo, la sua «trasformazione» non può essere che la sua trasposizione in modo principiale; in altri termini, quello che può chiamarsi il corpo «trasformato» è propriamente la possibilità corporea affrancata dalle condizioni limitative a cui è soggetta per quanto si riferisce alla sua esistenza in modo individuale (condizioni che del resto non hanno, come ogni limitazione, se non un carattere puramente negativo) e si ritrova necessariamente, al suo livello e allo stesso titolo di tutte le altre possibilità, nella realizzazione totale dell’essere[5]. È evidente che si tratta di qualcosa che oltrepassa ogni possibile concezione della «longevità», giacché quest’ultima, per sua stessa definizione, implica necessariamente una durata, e di conseguenza non può andare, pur nell’estensione maggiore di cui sia capace, di là dalla «perpetuità» o dall’indefinità ciclica, mentre, al contrario, ciò di cui stiamo trattando, appartenendo all’ordine principiale, ha con ciò stesso i caratteri dell’eternità, che ne è uno degli attributi essenziali; con la «trasformazione» siamo perciò di là da qualsiasi durata, e non più in una durata di qualche tipo, per quanto indefinitamente prolungata la si possa supporre.
Per contro, la «trasmutazione» è propriamente soltanto un cambiamento di stato, all’interno dell’ambito formale comprendente tutto l’insieme degli stati individuali, o anche, ancor più semplicemente, un cambiamento di modalità, all’interno dell’ambito individuale umano, caso che è del resto il solo da considerare di fatto[6]; con tale «trasmutazione» ritorniamo perciò ai «piccoli misteri», ai quali corrispondono in effetti le possibilità di ordine extracorporeo la cui realizzazione può essere compresa nel termine «longevità», quantunque in un senso diverso da quello che abbiamo considerato all’inizio e che non andava di là dall’ordine corporeo propriamente inteso. Anche qui ci sono da fare altre distinzioni, secondo che si tratti di estensioni qualsivogliano dell’individualità umana o della sua perfezione nello «stato primordiale»; e, per cominciare dalle possibilità di ordine meno elevato, diremo subito che è concepibile che, in taluni casi e mediante determinati procedimenti particolari che fanno parte in modo proprio dell’ermetismo o di quel che a esso corrisponde in altre tradizioni (inteso che ciò di cui stiamo trattando è in particolare conosciuto nelle tradizioni indù ed estremo-orientale), gli stessi elementi che costituiscono il corpo possano essere «trasmutati» e «sottilizzati» in modo da essere trasferiti in una modalità extra-corporea, nella quale l’essere potrà da allora in poi esistere in condizioni meno ristrettamente limitate di quelle dell’ambito corporeo, in particolare sotto il profilo della durata. In un caso simile, l’essere scomparirà a un certo momento senza lasciare dietro di sé nessuna traccia del proprio corpo; in circostanze particolari egli potrà del resto ricomparire temporaneamente nel mondo corporeo, a motivo delle «interferenze» che esistono tra quest’ultimo e le altre modalità dello stato umano; si possono in questo modo spiegare molti dei fatti che i moderni si affrettano naturalmente a trattare di «leggende», ma nei quali c’è tuttavia qualche realtà[7]. Non bisogna però vedere in tali fatti nulla di «trascendente» nel senso proprio di questa parola, dal momento che si tratta ancora, per ciò che li concerne, di semplici possibilità umane, la cui realizzazione, del resto, può avere interesse soltanto per un essere che essa rende capace di svolgere qualche «missione» speciale; fuori di questo caso, si tratterebbe in fondo solo di una «digressione» nel corso del processo iniziatico, e di un arresto più o meno prolungato sulla via che deve normalmente condurre alla realizzazione della restaurazione dello «stato primordiale».
È precisamente delle possibilità di tale «stato primordiale» che ora ci resta ancora da parlare: poiché l’essere che è pervenuto a esso è già virtualmente «liberato», come abbiamo detto prima, si può affermare che con ciò stesso esso è anche virtualmente «trasformato»; è però da intendere bene che la sua «trasformazione» non può essere effettiva, dal momento che esso non è ancora uscito dallo stato umano, del quale ha unicamente realizzato integralmente la perfezione; sennonché le possibilità che esso ha in tal modo acquisito riflettono e «prefigurano» in certo qual modo quelle dell’essere veramente «trasformato», dal momento che è al centro dello stato umano che di fatto si riflettono direttamente gli stati superiori. L’essere che è «situato» in tale punto occupa una posizione realmente «centrale» nei confronti di tutte le condizioni dello stato umano, per modo che, pur senza che ne sia andato al di là, le domina tuttavia in certo qual modo, invece di essere all’opposto dominato da esse com’è il caso dell’uomo comune; e questo è in particolare vero per ciò che riguarda tanto la condizione temporale quanto la condizione spaziale[8]. Da qui egli potrà perciò, se lo vuole (ed è d’altronde ben certo che, considerando il grado spirituale che ha raggiunto, non lo vorrà mai senza qualche ragione profonda), trasportarsi in un qualsiasi momento del tempo o in un qualunque luogo dello spazio[9]; per quanto straordinaria possa sembrare una simile possibilità, essa è tuttavia una semplice, immediata conseguenza della reintegrazione nel centro dello stato umano; e se questo stato di perfezione umana è quello dei veri Rosa-Croce, si può da ciò capire cosa sia in realtà la «longevità» che è loro attribuita, la quale è anche qualcosa di più di quel che tale parola sembra a prima vista comportare, giacché essa è propriamente il riflesso, nell’ambito umano, di quella che è l’eternità principiale vera e propria. Questa possibilità può del resto non manifestarsi in alcun modo all’esterno nel corso ordinario delle cose; sennonché l’essere che l’ha acquisita la possiede ormai in modo permanente e immutabile, e nulla potrebbe fargliela perdere; gli basta ritrarsi dal mondo esterno e rientrare in se stesso, ogni volta che lo ritiene opportuno. per ritrovare sempre, al centro del proprio essere, la vera «fonte d’immortalità».




[1] La «pietra filosofale» è nel medesimo tempo, sotto altri aspetti, l’«elisir di lunga vita» e la «medicina universale».
[2] Cfr. Il Regno della Quantità e i Segni dei Tempi, cap. XXIII.
[3] Abbiamo conosciuto personalmente scuole che si dicevano esoteriche, le quali si proponevano di fatto come fine l’ottenimento dell’immortalità corporea; occorre dire che si trattava in realtà di scuole pseudo-iniziatiche, il cui caso era inoltre complicato dalla presenza di elementi dal carattere piuttosto sospetto.
[4] Si constata del resto correntemente che, a mano a mano che l’uomo invecchia, gli anni sembrano per lui trascorrere sempre più rapidamente, ciò che equivale a dire che la durata che essi hanno realmente per lui va sempre maggiormente diminuendo.
[5] Si tratta del significato superiore della «resurrezione» e del «corpo glorioso», anche se tali termini possono inoltre essere talvolta usati a indicare qualcosa che di fatto si situa soltanto nei prolungamenti dello stato umano, ma che corrisponde in qualche modo, in esso, a queste realtà d’ordine principiale ed è come un loro riflesso; è questo soprattutto il caso di certe possibilità inerenti allo «stato primordiale» come quelle di cui diremo più avanti.
[6] In effetti la considerazione del passaggio ad altri stati individuali non presenta nessun interesse perché la perfezione dello stesso stato umano permette di accedere direttamente agli stati sovraindividuali, come abbiamo spiegato in precedenza.
[7] Sembra in effetti che questo sia, in particolare, il caso di certi Siddha dell’India, i quali, a giudicare dalle descrizioni che si danno del loro «luogo di soggiorno», in realtà vivono su «un’altra terra», vale a dire su uno dei dwîpa che compaiono in modo successivo all’esterno nei differenti Manvantara; nei periodi in cui passano allo stato «non-sensibile», costoro si mantengono nei prolungamenti extra-corporei dell’ambito umano.
[8] Sul simbolismo del «mezzo dei tempi» e sui rapporti che sotto tal profilo esistono tra i due punti di vista temporale e spaziale, si veda L’Ésoterisme de Dante, pp. 78-87.
[9] Tale possibilità, per quel che riguarda lo spazio, è quella che viene denominata con il termine «ubiquità»; essa è un riflesso dell’«onnipresenza» principiale, così come la possibilità corrispondente per ciò che riguarda il tempo è un riflesso dell’eternità e dell’assoluta simultaneità implicata essenzialmente in quest’ultima.


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