René Guénon
Considerazioni sull'Iniziazione
XLIV - Sulla gerarchia iniziatica
Ciò a cui abbiamo accennato alla fine del capitolo precedente, in merito alla gerarchia iniziatica, necessita di essere ulteriormente precisato in alcuni suoi aspetti, giacché, sia sotto tale riguardo sia sotto non pochi altri, troppo frequenti sono le confusioni che si producono, e non soltanto nel mondo puramente profano ‑ cosa che in fondo non farebbe stupire ‑ ma persino fra coloro che per una ragione o per un’altra dovrebbero normalmente essere maggiormente istruiti sull’argomento.
Sembra d’altronde che ogni idea di gerarchia, anche fuori della sfera iniziatica, nella nostra epoca sia particolarmente obnubilata, e sia una di quelle contro le quali più in particolare si accaniscono le negazioni dello spirito moderno, il che ‑ a dire il vero ‑ è perfettamente consonante con il carattere essenzialmente antitradizionale di quest’ultimo, carattere di cui, in fondo, l’«egualitarismo» in tutte le sue forme rappresenta semplicemente uno degli aspetti. Pur tenendo conto di tutto ciò è nondimeno strano, e quasi incredibile, per chi non sia privo di ogni facoltà di riflessione, vedere tale «egualitarismo» apertamente accettato, e persino proclamato con insistenza, da membri di organizzazioni iniziatiche le quali, per quanto possano essere impoverite o addirittura deviate sotto più di un punto di vista, conservano tuttavia necessariamente sempre una certa costituzione gerarchica, in mancanza della quale non potrebbero sostenersi in alcun modo[1].
È evidentemente una cosa paradossale, e financo contraddittoria, che non può essere spiegata se non attribuendone la causa all’estremo disordine che attualmente regna dappertutto; e del resto, senza un tale disordine le concezioni profane non avrebbero mai potuto invadere ‑ come hanno fatto ‑ un campo che per definizione stessa deve essere loro rigorosamente inibito, e sul quale in condizioni normali esse non possono esercitare assolutamente nessuna influenza. Di più non occorre che diciamo ora, anche perché è ben chiaro che non è a coloro che negano per partito preso qualsiasi gerarchia che possiamo pensare di rivolgerci; quel che volevamo soprattutto dire è che, quando le cose siano giunte a un tal punto, non sorprende che quest’idea sia talvolta più o meno mal capita da coloro stessi che ancora l’ammettono, e che capiti loro di prendere abbaglio sulle differenti applicazioni che è il caso di farne.
Qualsiasi organizzazione iniziatica è di per se stessa essenzialmente gerarchica, al punto che si potrebbe vedere in questo uno dei suoi caratteri fondamentali, quand’anche, ovviamente, tale carattere non le sia esclusivamente proprio, giacché esso esiste anche nelle organizzazioni tradizionali «esteriori», intendiamo dire quelle che appartengono all’ambito exoterico; e può darsi che esso esista addirittura ancora, in un certo senso (inteso che anche in tutte le deviazioni ci sono dei gradi), financo in organizzazioni profane, purché esse siano costituite, nel loro campo, secondo regole normali, per lo meno nella misura in cui tali regole sono compatibili con lo stesso punto di vista profano[2]. A ogni buon conto la gerarchia iniziatica ha qualcosa di speciale che la distingue da tutte le altre: è questo il fatto che essa è essenzialmente formata da gradi di «conoscenza», con tutto quel che implica la parola quando sia compresa nel suo vero senso (e quando essa sia intesa nella pienezza di quest’ultimo, allora si tratta in realtà di conoscenza effettiva), giacché è in questo che consistono precisamente i gradi stessi dell’iniziazione, e nessun altro tipo di considerazione potrebbe intervenire in argomento. Qualcuno ha rappresentato tali gradi con una serie di cinte concentriche che debbono venir superate successivamente, immagine che è esattissima, giacché è in effetti a un «centro» che si tratta di avvicinarsi sempre più, per raggiungerlo alla fine all’ultimo grado; altri hanno paragonato anche la gerarchia iniziatica a una piramide i cui gradini vanno restringendosi a mano a mano che ci si innalza dalla base verso la sommità, in modo da arrivare qui nuovamente a un unico punto che ha la stessa funzione del centro nella figura precedente; qualunque sia il simbolismo adottato al proposito, si tratta sempre precisamente di quella gerarchia di gradi a cui intendevamo riferirci quando parlavamo delle distinzioni successive che si effettuano all’interno dell’élite.
Si deve capir bene che tali gradi possono essere indefinitamente molteplici, come gli stati ai quali corrispondono e che necessariamente implicano nella loro realizzazione, giacché è ben veramente di stati differenti ‑ o per lo meno di modalità diverse di uno stato, fintantoché non siano ancora state superate le possibilità individuali umane ‑ che è questione quando la conoscenza sia effettiva e non più semplicemente teorica. Di conseguenza, come già abbiamo indicato in precedenza, i gradi che esistono in qualsiasi organizzazione iniziatica non rappresenteranno mai se non una sorta di classificazione più o meno generale, necessariamente «schematica» qui come in ogni cosa, e in definitiva limitata alla considerazione distinta di talune tappe principali o più nettamente caratterizzate. Secondo il particolare punto di vista dal quale ci si porrà per determinare una simile classificazione, i gradi così distinti di fatto potranno naturalmente essere più o meno numerosi[3], senza che con ciò occorra vedere in queste differenze di numero una contraddizione o una qualunque incompatibilità, giacché in fondo una questione del genere non coinvolge nessun principio dottrinale e dipende semplicemente dal metodi più particolari che possono essere propri di ciascuna organizzazione iniziatica, quand’anche fosse all’interno di una medesima forma tradizionale, e a maggior ragione quando si passi da una di tali forme a un’altra.
A dire il vero, in questa materia può esserci una sola distinzione perfettamente netta, ed è quella tra i «piccoli misteri» e i «grandi misteri», vale a dire, come abbiamo spiegato, tra quel che rispettivamente si riferisce allo stato umano e agli stati superiori dell’essere; tutto il resto non rappresenta, nell’ambito dell’uno e degli altri, se non suddivisioni che possono essere più o meno insistite per ragioni d’ordine contingente.
Da un altro punto di vista, occorre ben comprendere ‑ anche ‑ che la ripartizione dei membri di una organizzazione iniziatica nei suoi diversi gradi è in certo qual modo soltanto «simbolica» nei confronti della gerarchia reale, perché l’iniziazione, a un qualsiasi grado, può in molti casi essere esclusivamente virtuale (e in questo caso non può naturalmente trattarsi che di gradi di conoscenza teorica, o per lo meno è questo che essi dovrebbero sempre essere normalmente). Se l’iniziazione fosse sempre effettiva, o lo diventasse obbligatoriamente prima che l’individuo potesse avere accesso a un grado superiore, le due gerarchie coinciderebbero completamente; ma anche se la cosa è perfettamente concepibile in linea di principio, bisogna riconoscere che di fatto essa non è facilmente realizzabile, e ancor meno lo è, in certe organizzazioni, in quanto queste hanno subito un processo di degenerazione più o meno accentuato e in quanto accettano troppo facilmente ‑ e questo a tutti i gradi ‑ membri che per la più gran parte sono sfortunatamente assai poco atti a ottenere qualcosa di più di una semplice iniziazione virtuale. Tuttavia, anche se si tratta di difetti che sono in una certa misura inevitabili, essi non toccano affatto la nozione vera e propria della gerarchia iniziatica, la quale resta totalmente indipendente da tutte le circostanze di questo genere; uno stato di fatto, per quanto deprecabile possa essere, non può nulla contro un principio e non è assolutamente in grado di influire su di esso; e la distinzione che abbiamo appena indicato risolve naturalmente l’obiezione che si potrebbe affacciare alla mente di coloro che abbiano avuto l’occasione di constatare, nelle organizzazioni iniziatiche di cui possono avere qualche conoscenza, la presenza, financo nei gradi superiori, per non dire addirittura alla sommità stessa della gerarchia apparente, di individualità alle quali qualsiasi iniziazione effettiva non fa che troppo manifestamente difetto.
Un altro punto che è importante è il seguente: un’organizzazione iniziatica comporta non soltanto una gerarchia di gradi, ma altresì una gerarchia di funzioni, e queste sono due cose che sono completamente distinte e che occorre aver molta cura di non confondere mai, perché la funzione di cui qualcuno può essere investito, qualunque ne sia il livello, non gli conferisce un nuovo grado e non modifica per nulla quello che già possiede. La funzione non ha, per così dire, che un carattere «accidentale» nei confronti del grado: l’esercizio di una determinata funzione può richiedere il possesso di questo o di quel grado, ma non è mai necessariamente collegata a tale grado, per quanto elevato questo possa essere; e, inoltre, la funzione può essere solo temporanea, può prender fine per svariate ragioni, mentre il grado costituisce sempre un’acquisizione permanente, ottenuta una volta per tutte, e che non potrà mai andar perduta in nessuna maniera, si tratti di iniziazione effettiva o anche semplicemente di iniziazione virtuale.
Questo ‑ lo rileviamo nuovamente ‑ termina di precisare il significato reale che è d’uopo attribuire a talune qualificazioni secondarie a cui abbiamo accennato in precedenza: oltre alle qualificazioni richieste per l’iniziazione vera e propria, possono esserci in sovrappiù altre qualificazioni più particolari che sono richieste soltanto per coprire questa o quella funzione in un’organizzazione iniziatica. In effetti, l’attitudine a ricevere l’iniziazione, anche fino al grado più elevato, non implica necessariamente l’attitudine a esercitare una qualsiasi funzione, foss’anche la più semplice di tutte; sennonché, in ogni caso, quella che è veramente essenziale è l’iniziazione in sé con i suoi gradi, poiché è essa a influire in una maniera effettiva sullo stato reale dell’essere, mentre la funzione non è assolutamente in grado di modificarlo o di aggiungere checchessia ad esso.
La gerarchia iniziatica veramente essenziale, perciò, è quella dei gradi, ed è d’altronde essa che è, di fatto, in qualche modo l’impronta particolare della costituzione delle organizzazioni iniziatiche; dal momento che in ogni iniziazione è propriamente di «conoscenza» che si tratta, è estremamente evidente che il fatto di essere investiti di una funzione, sotto questo profilo non ha nessuna importanza, anche soltanto per quel che riguarda la semplice conoscenza teorica, e a maggior ragione per quel che riguarda la conoscenza effettiva; esso può dare, ad esempio, la facoltà di trasmettere l’iniziazione ad altri, o anche quella di dirigere determinati lavori, ma non quella di accedere a uno stato più elevato. Non può esserci nessun grado o stato spirituale che sia superiore a quello dell’«adepto»; che coloro che vi sono pervenuti esercitino per sovrammercato determinate funzioni ‑ di insegnamento o d’altro tipo ‑, o che non ne esercitino nessuna, sotto questo profilo non fa assolutamente nessuna differenza; e quel che è vero sotto questo rapporto per il grado supremo lo è ugualmente, a tutti i livelli della gerarchia, per ciascuno dei gradi inferiori[4]. Di conseguenza, quando si parla della gerarchia iniziatica senza precisare oltre, è chiaro che si deve intendere che si tratta sempre della gerarchia dei gradi; è la gerarchia dei gradi, e solo essa, che ‑ come dicevamo prima ‑ definisce le «elezioni» successive che vanno gradualmente dal semplice ricollegamento iniziatico fino all’identificazione con il «centro», e non soltanto ‑ al termine di «piccoli misteri» ‑ con il centro dell’individualità umana, ma pure ‑ al termine dei «grandi misteri» ‑ con il centro stesso dell’essere totale, vale a dire, in altre parole, fino alla realizzazione dell’«Identità Suprema».
XLIV - Sulla gerarchia iniziatica
Ciò a cui abbiamo accennato alla fine del capitolo precedente, in merito alla gerarchia iniziatica, necessita di essere ulteriormente precisato in alcuni suoi aspetti, giacché, sia sotto tale riguardo sia sotto non pochi altri, troppo frequenti sono le confusioni che si producono, e non soltanto nel mondo puramente profano ‑ cosa che in fondo non farebbe stupire ‑ ma persino fra coloro che per una ragione o per un’altra dovrebbero normalmente essere maggiormente istruiti sull’argomento.
Sembra d’altronde che ogni idea di gerarchia, anche fuori della sfera iniziatica, nella nostra epoca sia particolarmente obnubilata, e sia una di quelle contro le quali più in particolare si accaniscono le negazioni dello spirito moderno, il che ‑ a dire il vero ‑ è perfettamente consonante con il carattere essenzialmente antitradizionale di quest’ultimo, carattere di cui, in fondo, l’«egualitarismo» in tutte le sue forme rappresenta semplicemente uno degli aspetti. Pur tenendo conto di tutto ciò è nondimeno strano, e quasi incredibile, per chi non sia privo di ogni facoltà di riflessione, vedere tale «egualitarismo» apertamente accettato, e persino proclamato con insistenza, da membri di organizzazioni iniziatiche le quali, per quanto possano essere impoverite o addirittura deviate sotto più di un punto di vista, conservano tuttavia necessariamente sempre una certa costituzione gerarchica, in mancanza della quale non potrebbero sostenersi in alcun modo[1].
È evidentemente una cosa paradossale, e financo contraddittoria, che non può essere spiegata se non attribuendone la causa all’estremo disordine che attualmente regna dappertutto; e del resto, senza un tale disordine le concezioni profane non avrebbero mai potuto invadere ‑ come hanno fatto ‑ un campo che per definizione stessa deve essere loro rigorosamente inibito, e sul quale in condizioni normali esse non possono esercitare assolutamente nessuna influenza. Di più non occorre che diciamo ora, anche perché è ben chiaro che non è a coloro che negano per partito preso qualsiasi gerarchia che possiamo pensare di rivolgerci; quel che volevamo soprattutto dire è che, quando le cose siano giunte a un tal punto, non sorprende che quest’idea sia talvolta più o meno mal capita da coloro stessi che ancora l’ammettono, e che capiti loro di prendere abbaglio sulle differenti applicazioni che è il caso di farne.
Qualsiasi organizzazione iniziatica è di per se stessa essenzialmente gerarchica, al punto che si potrebbe vedere in questo uno dei suoi caratteri fondamentali, quand’anche, ovviamente, tale carattere non le sia esclusivamente proprio, giacché esso esiste anche nelle organizzazioni tradizionali «esteriori», intendiamo dire quelle che appartengono all’ambito exoterico; e può darsi che esso esista addirittura ancora, in un certo senso (inteso che anche in tutte le deviazioni ci sono dei gradi), financo in organizzazioni profane, purché esse siano costituite, nel loro campo, secondo regole normali, per lo meno nella misura in cui tali regole sono compatibili con lo stesso punto di vista profano[2]. A ogni buon conto la gerarchia iniziatica ha qualcosa di speciale che la distingue da tutte le altre: è questo il fatto che essa è essenzialmente formata da gradi di «conoscenza», con tutto quel che implica la parola quando sia compresa nel suo vero senso (e quando essa sia intesa nella pienezza di quest’ultimo, allora si tratta in realtà di conoscenza effettiva), giacché è in questo che consistono precisamente i gradi stessi dell’iniziazione, e nessun altro tipo di considerazione potrebbe intervenire in argomento. Qualcuno ha rappresentato tali gradi con una serie di cinte concentriche che debbono venir superate successivamente, immagine che è esattissima, giacché è in effetti a un «centro» che si tratta di avvicinarsi sempre più, per raggiungerlo alla fine all’ultimo grado; altri hanno paragonato anche la gerarchia iniziatica a una piramide i cui gradini vanno restringendosi a mano a mano che ci si innalza dalla base verso la sommità, in modo da arrivare qui nuovamente a un unico punto che ha la stessa funzione del centro nella figura precedente; qualunque sia il simbolismo adottato al proposito, si tratta sempre precisamente di quella gerarchia di gradi a cui intendevamo riferirci quando parlavamo delle distinzioni successive che si effettuano all’interno dell’élite.
Si deve capir bene che tali gradi possono essere indefinitamente molteplici, come gli stati ai quali corrispondono e che necessariamente implicano nella loro realizzazione, giacché è ben veramente di stati differenti ‑ o per lo meno di modalità diverse di uno stato, fintantoché non siano ancora state superate le possibilità individuali umane ‑ che è questione quando la conoscenza sia effettiva e non più semplicemente teorica. Di conseguenza, come già abbiamo indicato in precedenza, i gradi che esistono in qualsiasi organizzazione iniziatica non rappresenteranno mai se non una sorta di classificazione più o meno generale, necessariamente «schematica» qui come in ogni cosa, e in definitiva limitata alla considerazione distinta di talune tappe principali o più nettamente caratterizzate. Secondo il particolare punto di vista dal quale ci si porrà per determinare una simile classificazione, i gradi così distinti di fatto potranno naturalmente essere più o meno numerosi[3], senza che con ciò occorra vedere in queste differenze di numero una contraddizione o una qualunque incompatibilità, giacché in fondo una questione del genere non coinvolge nessun principio dottrinale e dipende semplicemente dal metodi più particolari che possono essere propri di ciascuna organizzazione iniziatica, quand’anche fosse all’interno di una medesima forma tradizionale, e a maggior ragione quando si passi da una di tali forme a un’altra.
A dire il vero, in questa materia può esserci una sola distinzione perfettamente netta, ed è quella tra i «piccoli misteri» e i «grandi misteri», vale a dire, come abbiamo spiegato, tra quel che rispettivamente si riferisce allo stato umano e agli stati superiori dell’essere; tutto il resto non rappresenta, nell’ambito dell’uno e degli altri, se non suddivisioni che possono essere più o meno insistite per ragioni d’ordine contingente.
Da un altro punto di vista, occorre ben comprendere ‑ anche ‑ che la ripartizione dei membri di una organizzazione iniziatica nei suoi diversi gradi è in certo qual modo soltanto «simbolica» nei confronti della gerarchia reale, perché l’iniziazione, a un qualsiasi grado, può in molti casi essere esclusivamente virtuale (e in questo caso non può naturalmente trattarsi che di gradi di conoscenza teorica, o per lo meno è questo che essi dovrebbero sempre essere normalmente). Se l’iniziazione fosse sempre effettiva, o lo diventasse obbligatoriamente prima che l’individuo potesse avere accesso a un grado superiore, le due gerarchie coinciderebbero completamente; ma anche se la cosa è perfettamente concepibile in linea di principio, bisogna riconoscere che di fatto essa non è facilmente realizzabile, e ancor meno lo è, in certe organizzazioni, in quanto queste hanno subito un processo di degenerazione più o meno accentuato e in quanto accettano troppo facilmente ‑ e questo a tutti i gradi ‑ membri che per la più gran parte sono sfortunatamente assai poco atti a ottenere qualcosa di più di una semplice iniziazione virtuale. Tuttavia, anche se si tratta di difetti che sono in una certa misura inevitabili, essi non toccano affatto la nozione vera e propria della gerarchia iniziatica, la quale resta totalmente indipendente da tutte le circostanze di questo genere; uno stato di fatto, per quanto deprecabile possa essere, non può nulla contro un principio e non è assolutamente in grado di influire su di esso; e la distinzione che abbiamo appena indicato risolve naturalmente l’obiezione che si potrebbe affacciare alla mente di coloro che abbiano avuto l’occasione di constatare, nelle organizzazioni iniziatiche di cui possono avere qualche conoscenza, la presenza, financo nei gradi superiori, per non dire addirittura alla sommità stessa della gerarchia apparente, di individualità alle quali qualsiasi iniziazione effettiva non fa che troppo manifestamente difetto.
Un altro punto che è importante è il seguente: un’organizzazione iniziatica comporta non soltanto una gerarchia di gradi, ma altresì una gerarchia di funzioni, e queste sono due cose che sono completamente distinte e che occorre aver molta cura di non confondere mai, perché la funzione di cui qualcuno può essere investito, qualunque ne sia il livello, non gli conferisce un nuovo grado e non modifica per nulla quello che già possiede. La funzione non ha, per così dire, che un carattere «accidentale» nei confronti del grado: l’esercizio di una determinata funzione può richiedere il possesso di questo o di quel grado, ma non è mai necessariamente collegata a tale grado, per quanto elevato questo possa essere; e, inoltre, la funzione può essere solo temporanea, può prender fine per svariate ragioni, mentre il grado costituisce sempre un’acquisizione permanente, ottenuta una volta per tutte, e che non potrà mai andar perduta in nessuna maniera, si tratti di iniziazione effettiva o anche semplicemente di iniziazione virtuale.
Questo ‑ lo rileviamo nuovamente ‑ termina di precisare il significato reale che è d’uopo attribuire a talune qualificazioni secondarie a cui abbiamo accennato in precedenza: oltre alle qualificazioni richieste per l’iniziazione vera e propria, possono esserci in sovrappiù altre qualificazioni più particolari che sono richieste soltanto per coprire questa o quella funzione in un’organizzazione iniziatica. In effetti, l’attitudine a ricevere l’iniziazione, anche fino al grado più elevato, non implica necessariamente l’attitudine a esercitare una qualsiasi funzione, foss’anche la più semplice di tutte; sennonché, in ogni caso, quella che è veramente essenziale è l’iniziazione in sé con i suoi gradi, poiché è essa a influire in una maniera effettiva sullo stato reale dell’essere, mentre la funzione non è assolutamente in grado di modificarlo o di aggiungere checchessia ad esso.
La gerarchia iniziatica veramente essenziale, perciò, è quella dei gradi, ed è d’altronde essa che è, di fatto, in qualche modo l’impronta particolare della costituzione delle organizzazioni iniziatiche; dal momento che in ogni iniziazione è propriamente di «conoscenza» che si tratta, è estremamente evidente che il fatto di essere investiti di una funzione, sotto questo profilo non ha nessuna importanza, anche soltanto per quel che riguarda la semplice conoscenza teorica, e a maggior ragione per quel che riguarda la conoscenza effettiva; esso può dare, ad esempio, la facoltà di trasmettere l’iniziazione ad altri, o anche quella di dirigere determinati lavori, ma non quella di accedere a uno stato più elevato. Non può esserci nessun grado o stato spirituale che sia superiore a quello dell’«adepto»; che coloro che vi sono pervenuti esercitino per sovrammercato determinate funzioni ‑ di insegnamento o d’altro tipo ‑, o che non ne esercitino nessuna, sotto questo profilo non fa assolutamente nessuna differenza; e quel che è vero sotto questo rapporto per il grado supremo lo è ugualmente, a tutti i livelli della gerarchia, per ciascuno dei gradi inferiori[4]. Di conseguenza, quando si parla della gerarchia iniziatica senza precisare oltre, è chiaro che si deve intendere che si tratta sempre della gerarchia dei gradi; è la gerarchia dei gradi, e solo essa, che ‑ come dicevamo prima ‑ definisce le «elezioni» successive che vanno gradualmente dal semplice ricollegamento iniziatico fino all’identificazione con il «centro», e non soltanto ‑ al termine di «piccoli misteri» ‑ con il centro dell’individualità umana, ma pure ‑ al termine dei «grandi misteri» ‑ con il centro stesso dell’essere totale, vale a dire, in altre parole, fino alla realizzazione dell’«Identità Suprema».
[1] Tale costituzione gerarchica è stata di fatto alterata con l’introduzione di talune forme «parlamentari» tratte dalle istituzioni profane, ma ‑ nonostante tutto ‑ persiste nondimeno nell’organizzazione dei gradi sovrapposti.
[2] Quale
esempio di organizzazioni gerarchiche profane si può citare quello degli
eserciti moderni, il quale è forse quello che ancora rimane il più definito
nelle condizioni attuali, poiché le gerarchie amministrative questo nome in
realtà non lo meritano più sotto nessun riguardo.
[3] Abbiamo in precedenza accennato alle divisioni in tre e in sette gradi, ed è
evidente che nella diversità delle forme iniziatiche ne possono esistere ancora
molte altre.
[4] Ricorderemo che l’«adepto» è propriamente colui che ha ottenuto la pienezza
dell’iniziazione effettiva; talune scuole esoteriche fanno tuttavia una
distinzione tra quello che indicano col nome di «adepto minore» e quello che
indicano col nome di «adepto maggiore»; tali espressioni si devono capire
allora ‑ per lo meno nel loro significato originario ‑ a indicare quegli che ha
raggiunto la perfezione, rispettivamente, nel campo dei «piccoli misteri» e in
quello dei «grandi misteri».
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