"…la dottrina è infallibile, è a causa del fatto che essa è un’espressione della verità, la quale, in se stessa, è assolutamente indipendente dagli individui che la ricevono e che la comprendono. La garanzia della dottrina risiede in definitiva nel suo carattere «non-umano»". René Guénon, Considerazioni sull’iniziazione, cap. "Sull’infallibilità tradizionale"

lunedì 2 aprile 2018

Muhammad Ibn Fazlallâh El-Hindi, Epistola sulla manifestazione del Profeta intitolata “Il Dono”

Muhammad Ibn Fazlallâh El-Hindi
Epistola sulla manifestazione del Profeta intitolata “Il Dono”* 

Questo testo di carattere elementare e didattico non contiene indicazioni sulla personalità dell’autore, che mi è noto solo per questo breve trattato, inedito e poco conosciuto nello stesso Oriente. Il solo manoscritto che ho potuto trovare si presenta in uno stato abbastanza mediocre. Ho scelto quest’opera fra centinaia dello stesso genere perché, per l’esoterismo, essa è un po’ l’equivalente di ciò che l’Ummul-barâhîn, o “Piccolo Senussiyah”, è per la dottrina exoterica. 
’Abdul Hadî

I
Nel nome di Allâh, il Clemente, il Misericordioso

Sappiate fratelli – che Allâh vi renda felici – che il “Vero Dio” è l’Esistenza; che l’Esistenza non ha forme né limiti; che ciononostante è in forme discernibili che Essa appare nel mondo e si manifesta in tutta la sua gloria. Essa è immutabile e mai ha cessato d’essere senza forma e senza limiti. «Egli è quale è sempre stato». L’Esistenza è unica, ma i suoi modi di apparire sono diversi ed innumerevoli. Essa è la “realtà intima” (e misteriosa) di tutti gli esseri. «Allâh è la luce dei Cieli e della Terra», «Tutto scomparirà eccetto il Suo volto», «Allâh era e nulla era con lui» 1. Tutte le cose, anche un atomo, partecipano della natura dell’Esistenza, ma essa non deve essere considerata come l’effettuarsi di qualcosa, o un risultato, poiché questi due concetti sono “idee secondarie”, e si confondono nel materiale. L’Esistenza, nel senso sublime di questa parola, non sta ad indicare la realtà tangibile delle cose. Allâh è ben al di sopra d’una simile concezione. Per Esistenza noi intendiamo la realtà superlativa che esiste di per se stessa e per la quale esistono tutti gli esseri, e che non può essere che unica 2.
Nessuno può scoprire ciò che è in fondo l’Esistenza. Né l’intelligenza, né l’immaginazione o i sensi possono fornire questa conoscenza. Tutte queste facoltà sono state create; tutti i metodi d’indagine e di sistematizzazione del pensiero sono invenzioni umane. In effetti, tutto quanto è sottoposto al dominio del Tempo non può dare la comprensione di ciò che è al di fuori del Tempo. Allâh, la Sua “Quiddità”, i Suoi “Attributi”, si situano nell’intemporale. Chiunque pensi di poter conoscere Allâh così come si procede per le cose create, non fa che perdere il suo tempo.
L’Esistenza è organizzata nelle seguenti “Serie”:
L’Inassegnabile, o l’Assoluto senza forma e senza qualificazione e fuori da qualsiasi attributo. Non ci si deve immaginare che l’Esistenza, a questo grado, sia definita in modo costante ed essenziale, per il fatto che è assoluta e priva d’ogni attribuzione. Bisogna aver ben chiaro che Essa è, a questo “livello”, esente da ogni condizione limitativa quanto a caratteristiche o epiteti, che è santificata dall’emendazione da ogni legame intelligibile, e che Essa è indefinibile ad un punto tale che la sua stessa indefinibilità non costituisce una definizione della Sua vera natura. L’“Unità pura” è il nome di questo “grado”. Essa è la “quintessenza” del “Vero Dio”. Al di fuori di questo non v’è nessun “grado”; tutti gli altri gli sono inferiori.
La prima assegnazione, è la coscienza sintetica che Allâh ha della Sua “Quiddità”, dei Suoi “Attributi” e di tutti gli esseri creati, senza che sussista qualcosa di veramente differenziato. Questo “grado” si chiama il “Preminente”, o “La Verità di Mohammad”.
La seconda assegnazione, è la coscienza che Allâh ha della Sua “Quiddità”, dei Suoi “Attributi” e di tutti gli esseri creati, ma in un modo particolareggiato ed analitico, accertante le differenze tra le cose. Questo “grado” si chiama “L’Identità”, o “La Verità dell’Uomo” 3.
Questi tre “gradi” sono eterni, senza inizio né fine. La loro successione non è temporale, ma mentale e speculativa 4.
Gli Spiriti, cioè le creature astratte e semplici, che si manifestano nelle loro essenze prime.
Il mondo delle forme prime, il quale comprende le creature composte ma sottili, che è impossibile frazionare, dividere o fondere (poiché cesserebbero di essere quel che sono).
Il mondo dei corpi, vale a dire le cose grossolane che si possono frazionare o dividere (senza che la loro natura cambi sostanzialmente).
Il “grado” universale, che comprende tutti gli altri “gradi”, cioè il corporeo, i due “gradi” luminosi, l’“Identità” e il “Preminente”. Esso è l’uomo. Il primo di questi sette “piani” è quello del “Non-Manifestato”; gli altri sei comprendono l’intera manifestazione, o l’“Espansione”. Quando l’uomo, nel settimo (ed ultimo) “grado”, si esalta verso il sublime, quando sorgono in lui gli altri (cinque) “piani”, egli è “L’uomo universale”. Quest’esaltazione, che corrisponde anche ad un massimo di ampiezza, ha raggiunto il suo apogèo nel nostro Profeta 5 – su di Lui il Saluto di Allâh e la Pace – il quale suggella la catena dell’ispirazione profetica.

II

I nomi dei “gradi” divini non devono essere usati per designare i “gradi” del mondo o della creazione, così come non si detono impiegare i nomi dei “gradi” del mondo per designare il divino.
L’Esistenza possiede due “universalità”: quella della “Quiddità” e quella dei nomi. Secondo la prima, Allâh si manifesta a Se stesso, da Se stesso, in Se stesso, senza nessuna relazione con qualsiasi fenomeno o entità che non sia Lui stesso. Questa universalità implica la “sufficienza assoluta”, la “persestessità”. Allâh contempla in Se stesso tutte le cose, divine o accidentali, le loro leggi, rapporti e destini. La sua speculazione cosmoramica è d’una prospettiva perfetta, poiché tutto è compreso nelle viscere della Sua “Quiddità”, nella Sua “Unità armoniosa”, così come la palma si trova nel seme del dattero, o (ancor meglio) come tutti i numeri si trovano nel numero “uno”. Essa si chiama la “Sufficienza assoluta”, poiché la meditazione di Allâh, la Sua visione interiore di tutto l’Universo, avrebbe potuto bastare (al Suo amore creatore) senza che Egli avesse bisogno di esteriorizzare il mondo in modo particolareggiato (per potersi conoscere) 6. In effetti, Egli non è stato costretto a produrre il Cosmo, poiché, trovandosi Tutto in Lui e tutto dipendendo dalla Sua “Unità armoniosa”, Egli può vedere ogni cosa in Se stesso nella meditazione di Se stesso. A questo livello, la meditazione è una visione del tutto interiore e misteriosa, puramente “teorica” (se così oso esprimermi). Essa percepisce il particolare nell’insieme, la pluralità nell’unità, la palma con tutti i suoi rami nel seme d’un dattero.
L’Universalità dei nomi consiste in ciò, che Allâh Si rivela a Se stesso da Se stesso, contemplando la Sua “Quiddità” nelle “assegnazioni” esteriori, vale a dire nel mondo. La sua meditazione sinottica abbraccia tutte le sostanze (dei diversi mondi) d’uno sguardo “operativo” che tutto vivifica, e dà a ogni cosa una vita individuale e una natura concreta. La si potrebbe paragonare alla visione dell’insieme nel particolare, dell’unità della pluralità, del seme nell’albero. L’Universalità dei nomi corrisponde alla creazione del mondo materiale. Essendo il suo carattere realizzatore ed espansivo (e potrei dire addirittura “pratico”), essa trova la sua nozione integrale soltanto con la manifestazione particolareggiata, precisa e concreta dell’Universo. L’Esistenza non deve essere considerata come un abbassarsi verso una cosa creata, o come una incarnazione nella medesima, poiché una discesa verso una cosa, così come una trasmutazione in essa, suppongono logicamente due Esistenze, delle quali una discende verso l’altra per identificarsi con essa. Ma l’Esistenza è unica. La pluralità dei Suoi “Attributi”, constatata dal “gusto intuitivo” e dal sentimento degli iniziati come il culto (simbolico, rituale o caritatevole), le obbligazioni imposte dalla Legge, la felicità e il dolore, ecc., si riferiscono tutti alle “assegnazioni”. L’Esistenza, al livello del suo primo “grado”, quello Assoluto, è completamente affrancata da tutto ciò.
L’Esistenza comprende tutti gli esseri, così come, ad esempio, l’obbligazione comprende tutti gli obbligati, o la cosa qualificata tutti i suoi attributi. Tra l’Esistenza e gli esseri non vi è un rapporto come quello esistente tra un contenente e il contenuto, o tra un tutto e le sue parti, Allâh è ben superiore a una simile supposizione.
L’Esistenza, in quanto pura astrazione (nondimeno iper-reale), circola nelle “Quiddità” degli esseri e costituisce la loro “sostanza intima”, così come queste stesse “Quiddità”, prima dell’“espansione”, costituivano la Sua “Sostanza intima”. Gli attributi perfetti, universali e assoluti dell’Esistenza, circolano negli attributi degli esseri, e costituiscono la “Sostanza intima” di questi stessi attributi, così come gli attributi degli esseri, prima dell’“espansione”, risiedevano negli attributi perfetti e universali dell’Esistenza, e costituivano la “Sostanza intima” di questi.
Il mondo non è che un insieme di accidenti effimeri, mentre l’Esistenza è sempre davanti agli occhi di colui che ne ha la conoscenza.
Il mondo presenta tre aspetti di sviluppo:
La prima assegnazione: a questo livello il mondo porta il nome di “Volontà primitiva”;
La seconda assegnazione: il mondo è identificabile sotto la designazione di “Sostanze fisse»;
L’assegnazione esteriore: il mondo viene allora denominato “Le sostanze esteriori”.
Le “Sostanze fisse” corrispondono a ciò che viene chiamato “Il Profumo dell’Esistenza”. Il mondo sensibile ci fa scorgere le loro Leggi e il loro venire ad effetto. È l’Esistenza di una cosa che, anzitutto, si percepisce 7: grazie ad Essa si comprende la cosa stessa; Essa è rispetto alle cose quel che è la luce per i colori e le forme. Ma, siccome l’“espansione” è continua e violenta, la comprensione degli esseri tramite l’Esistenza è privilegio esclusivo dell’élite.

III

Ci si avvicina ad Allâh con due specie di opere: le obbligatorie e le supererogatorie. Queste ultime consistono nella cancellazione (graduale) degli attributi (egoistici e separativi) dell’uomo, affinché compaiano in lui gli “Attributi” divini. Allora egli vive e muore, ascolta e vede, con tutto il suo organismo, e non più esclusivamente con le orecchie e con gli occhi. Egli possiede l’audizione lontana, la seconda vista, ecc. È così che bisogna intendere l’“Estinzione” degli attributi dell’uomo negli “Attributi” di Allâh. Essa è il frutto delle opere supererogatorie.
L’avvicinamento ad Allâh mediante le opere obbligatorie, cioè quelle prescritte dalla Legge, consiste nello spingere il proprio disinteresse nei confronti di tutte le cose, compresa la propria persona, fino all’indifferenza di un morto, in modo da vedere in ogni cosa il “Vero Dio» 8. Questa è l’“Estinzione” dell’uomo (di se stesso, della propria “quiddità”) in Allâh. Essa è il frutto delle opere prescritte dalla Legge.

IV

Vi sono molte specie di “Identità suprema”, cioè dell’Unità dell’Esistenza. Alcuni sanno teoricamente che Allâh è nella natura. Altri ne hanno la visione offerta dai propri cuori, nei loro stati d’esaltazione emotiva. Questi ultimi sono superiori ai primi, perché essi sono più vicini alle origini. Altri ancora vedono Allâh nella natura e la natura in Allâh, senza che l’una visione eclissi l’altra. Costoro sono ancora più elevati, ancor più primordiali degli appartenenti agli altri gruppi; il loro rango è quello dei Profeti e dei “Poli spirituali”, e dei loro rispettivi discepoli. È impossibile che colui che non adempie il proprio dovere verso la Legge e la Via possa raggiungere il secondo “grado”, e ancor più il terzo, che è il più elevato.

V

Gli esseri, rispetto all’Esistenza, costituiscono la “Sostanza intima” del “Vero Dio”, differendo da Lui rispetto all’assegnazione. Da un punto di vista relativo, la differenza tra Allâh e la natura esiste; ma, dal punto di vista assoluto, l’insieme di tutti gli esseri è il “Vero Dio”. Consideriamo, ad esempio, una goccia d’acqua, un’onda, e della neve. In fondo non sono che acqua, ma, volendo specificare, queste tre cose differiscono. Un altro esempio: il miraggio nel deserto, che appare come acqua, pur non essendo che vuoto.
Le prove coraniche (e profetiche) in favore dell’“Identità suprema” sono numerose. Fra quelle coraniche, possiamo citare le seguenti: «Allâh possiede l’Oriente e l’Occidente. Ovunque vi volgiate, vi trovate di fronte a Lui» – «Noi (Allâh) siamo più vicini a lui (l’uomo) della sua stessa vena giugulare» – «Noi (il Profeta) siamo più vicini a Lui di quanto voi lo siate, ma voi questo non vedete» – «Coloro che fanno un patto con te lo fanno con Allâh. La Sua mano è sopra di loro» – «Egli è il primo e l’ultimo, l’apparente e il nascosto; Egli conosce ogni cosa» – «... e in voi stessi; non ve ne accorgete?» – «Quando i miei adoratori ti pongono domande su di Me, dì loro che Io gli sono accanto» – «Quando lanci la freccia, non sei tu che la scocchi, ma Allâh» – «Allâh circonda ogni cosa».
Venendo a quelle appartenenti alla tradizione profetica, riporteremo le seguenti: «La sentenza più vera tramandataci dagli Arabi dell’Antichità è questa esclamazione di Labid: Non è forse vero che tutto è vanità al di fuori di Allâh?» – «Quando si compiono le prosternazioni rituali, si parla con il proprio Signore, perché il Signore di ognuno di voi si trova tra voi e la Qibla» – «Allâh ha detto: Il mio adoratore non cessa di avvicinarsi a Me con le opere supererogatorie fintanto che Io l’ami; e quando Io l’amo, Io divento l’orecchio con il quale sente, l’occhio con cui vede, la mano con cui afferra, e il piede con cui cammina» – «Allâh ha detto: Oh uomo! Ero ammalato e tu non mi visitasti. Avevo fame, e non mi desti da mangiare». Tirmidhi riferisce un’altra tradizione: «Per Colui nelle cui mani è la vita di Mohammad, se voi faceste scendere una corda nel punto più basso del mondo inferiore, vi trovereste (ancora) Allâh».
Quanto alle massime di iniziati che si riferiscono all’“Identità suprema”, esse sono talmente numerose che è superfluo citarle. Chiunque voglia conoscerle non ha che da aprire una delle classiche raccolte di vite di Wâlî.

VI

Tu che cerchi la Verità! Se vuoi arrivare ad Allâh, devi incominciare con l’imitare il Profeta nelle parole e nelle azioni, secondo la lettera e secondo lo spirito. Quindi praticherai il “rispetto” e l’“Identità suprema”. È questo il significato dell’espressione «la buona parola esonerata dall’abluzione rituale», dalla preferenza d’ora e dalle altre formalità. Tuttavia, se la “buona parola” si accompagna alla purità canonica e simbolica, essa è tanto più meritoria. Non preoccuparti dunque delle condizioni esteriori nelle quali incominci o finisci la “meditazione”. Non fermarti al significato letterale della formula, ma considera soprattutto quel che essa significa in ogni circostanza: (poco importa) che tu sia sdraiato o in piedi, a tappeto oppure passeggiando, immobile o in movimento, bevendo o mangiando, ecc. Il “rispetto” si pratica con la cancellazione del «senso temporale dell’io», il quale consiste nel nutrire nel proprio intimo un altro (interesse) che non sia il “Vero Dio” o il “Diritto di Allâh”. La negazione espressa nella prima parte del “credo” dalle parole Lâ ilâha ( = non vi è Dio) non concerne dunque che l’“io temporale”. È così che si deve intendere Lâ ilâha. Dopo, viene l’affermazione del “Vero Dio” in se stessi. Questo è il vero senso di illallâh ( = se non Allâh), che è la seconda parte della “buona parola”.
Se mi domandi: «Visto che l’Esistenza è unica e che al di fuori di Essa nulla è; cos’è dunque che neghi, e cos’è quel che affermi?» io ti posso rispondere: «Si nega la superstizione della “disparità” e della “bi-esistenza”, cioè il voler attribuire un’esistenza assoluta alle cose create». Una simile credenza è frutto di superstizione ed è vana; la si deve rigettare per poter affermare il “Vero Dio” nell’intimo della propria coscienza.
Tu che cerchi la Verità! Se, per la Grazia, l’emozione divina prevale in te, riuscirai a respingere la superstizione dell’“io temporale”, poiché tu sei la testimonianza del “Vero Dio”.
Che Allâh ci accordi uno stato spirituale così elevato, per la protezione del Profeta – su di Lui il Saluto di Allâh e la Pace!



* La traduzione dall’arabo, la breve introduzione e le note di questo testo dell’esoterismo islamico, sono opera di John Gustaf Agelii, che nell’Islâm assunse il nome di ’Abdul-Hâdî: con questo nome egli firmò la traduzione, pubblicata per la prima volta nei fascicoli di dicembre 1910 e gennaio 1911 della rivista francese La Gnose (altre notizie su questo scrittore si trovano nel N. 7 della Rivista di Studi Tradizionali). (P.N.)
1 La-Sciay ( = non-cosa), niente, il nulla. Sciay ( = cosa) deriva da Scia’a = volere. Alcuni dicono: El-lâ-Sciay ( = la non-cosa), considerando così il vuoto primordiale come un’entità.
2 Il superlativo è sempre unico. Due superlativi sono inconcepibili. Il plurale grammaticale dei superlativi li considera ciascuno come unico nel suo genere.
3 È anche chiamato “La Verità di Adamo”. Dal punto di vista esoterico, Mohammad viene prima di Adamo; storicamente, dopo. La dottrina segreta del Sufismo arabo non è contraria né alla Legge né al buon senso.
4 Cfr. Il Convito, Il Cairo, luglio-agosto 1907, pag. 97: «... Quando si legge nei testi sacri che Iddio fosse prima tal cosa e poscia tal altra, non bisogna immaginarsi che Iddio fosse costretto nella prigione del tempo o della causalità, poi questa è una concezione grossolana e ufficiale di Dio. Nella successione ed ordine delle cose messe così nella storia, bisogna vedere il loro grado di intimità con l’Assoluto, e il numero più o meno grande degli intermediari per mezzo dei quali voi comunicate con Dio». (In italiano nel testo)
5 Si tratta della soluzione delle antitesi umane, quali le seguenti:
Esaltazione ´ Ampiezza
Altezza ´ Larghezza
Interno ´ Esterno
Convergenza ´ Divergenza
Insieme ´ Particolari
Sintesi ´ Analisi
Teoria ´ Pratica
Lo Spirito ´ La lettera
Cristianesimo ´ Giudaismo
Ascetismo ´ Vita comunitaria
Aristocrazia ´ Democrazia
Fede ´ Legge
Esoterismo ´ Exoterismo
Solitudine ´ Universalità
Solitudine con il Creatore ´ Universalità con le creature
Ecc., Ecc. …
6 Vi è un insegnamento tradizionale nel quale è formulata tutta la cosmogonia: «Allâh disse: Io ero un tesoro nascosto; desiderai conoscere, e creai il mondo». Che questo insegnamento sia autentico o no, poco importa, poiché la sintesi che contiene è molto bella. Il “Tesoro nascosto” si riferisce all’Inassegnabile. La Creazione, “Espansione” o “Assegnazione”, è la scoperta di questo tesoro. Il legame tra l’“Assegnato” e l’“Inassegnato” si trova nella seconda parte. La parola araba che indica l’elemento conoscenza si può leggere in diversi modi, e tutti corretti. Le diverse letture si riferiscono ai vari gradi delle assegnazioni. Dio creò «qualche cosa diversa da Lui», per usare un’espressione exoterica, onde essere conosciuto da altri che Se stesso, vale a dire esteriormente.
7 Si confronti, a questo proposito, la nota (1) al testo di Shankarâchârya, a pag. 37 di questo numero. (Nota di P. N.)
8 Questa rinunzia a se stessi è chiamata talvolta Fanâ-edh-dhat, cioè l’estinzione della “quiddità” dell’uomo nella “quiddità” di Allâh. Essa è più completa della prima, Fanâ-es-Sifât, cioè «l’estinzione degli attributi dell’uomo negli attributi di Allâh». Può sembrare strano che l’obbedienza alla Legge possa produrre un risultato così brillante, ma non si deve dimenticare che la Legge alla quale si obbedisce non è quella degli uomini, ma quella di Allâh, la Shariyah. Si tratta però, soprattutto, di conformarsi al suo senso esoterico, che è una magnifica dottrina d’universalità e di ieratismo. Il suo senso exoterico non riguarda che i diritti degli uomini e degli animali; quello esoterico abbraccia tutto l’Universo. La sua spiegazione del Microcosmo è un capolavoro al livello della comprensione umana. Shariyah significa alla lettera “una grande strada nazionale”. Il suo oggetto è l’equilibrio di tutti i diritti e doveri delle creature, e anche la parte legittima di tutti gli egoismi particolari, sociali, familiari e naturali. Il rispetto dei diritti altrui, delle persone, delle bestie o delle cose altrui, non per timore degli uomini o dei dèmoni, ma per amor di Dio, dell’armonia universale e della responsabilità cosmica, costituisce lo spirito stesso dell’“Identità suprema” o dell’esoterismo arabo-musulmano.
Il diritto altrui, garantito dalla Shariyah, si chiama il “Diritto di Allâh” e, in pratica, questo diritto può casualmente essere chiamato “Allâh”, per un’abbreviazione di linguaggio che stimola i tiepidi. Questa credenza non conduce precisamente all’ascetismo, ma a una specie d’obiettività in virtù della quale ci si considera, dal punto di vista esteriore, come un semplice caso sociale o vitale. Oppure può succedere che si diventi noi stessi “il Diritto di Allâh” (Haqq Allâh), nel qual caso l’egoismo, limitato ed esteriore, prende la forma d’un obbligo religioso. Ciò spiega perché colui che muore difendendo i propri diritti personali, umani o sociali, è considerato un martire, cioè morto per la causa di Dio.
Poiché il “Diritto di Allâh”, di cui partecipano tutte le unità dell’Universo, può, con certe restrizioni, essere preso per il “Vero Dio”, cioè per Lui stesso, si comprenderà perché l’autore non ha voluto che l’“Inassegnabile” venisse limitato in modo assoluto ed essenziale dalla qualità di “astratto”.
Vedi Il Convito, NN. 3 e 4, pag. 101, nella serie dei miei articoli intitolati El-Akbariyyah: «... Se un Musulmano uomo dabbene dice: “Ogni cosa è Dio”, non bisogna prenderlo alla lettera, ma esaminare se per caso egli riguarda la parola Allâh come un puro tetragramma, o se nella sua espressione v’è un’ellissi e se la frase non sia incompleta: –  se v’è un’ellissi, la frase completa è “Ogni cosa è diritto di Dio...”». (In italiano nel testo)



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