"…la dottrina è infallibile, è a causa del fatto che essa è un’espressione della verità, la quale, in se stessa, è assolutamente indipendente dagli individui che la ricevono e che la comprendono. La garanzia della dottrina risiede in definitiva nel suo carattere «non-umano»". René Guénon, Considerazioni sull’iniziazione, cap. "Sull’infallibilità tradizionale"

sabato 21 gennaio 2017

'Abd Al-Qâdir al-Jazâ'irî, La temporaneità e la creazione continua della scienza divina (Mawqîf 123)

'Abd Al-Qâdir al-Jazâ'irî
La temporaneità e la creazione continua della scienza divina

Dio ha detto:

“Dio conosce perfettamente quelli che dicono la verità e conosce i mentitori”[1].
“Vi proviamo per conoscere quelli tra voi che lottano e quelli che sono costanti”.[2]
“…alfine di sapere qual è quello dei due gruppi che aveva calcolato meglio”[3]…
Molte le citazioni che indicano la temporaneità della scienza e la sua creazione continua.
Sappi che per comprendere questo, è necessario un certo sviluppo. Diremo dunque che il Reale nell’Ipseità della Sua Essenza è la non-manifestazione assoluta. E se si considera l’Essenza pura, non si possono portare giudizi su essa né descriverla né attribuirle qualche nome comune o proprio quale sia, ecc…, perché questo comporterebbe una determinazione. E, d’altra parte, tutto ciò che concepiamo si riduce ad una scienza dove interviene la molteplicità di colui che sa, di quel che è saputo e dell’atto di sapere. Le relazioni divine e creaturali, prima della concezione del legame della scienza alla Sua Essenza, sono consumate e assorbite dall’Essenza; esse non si distinguono né dall’Essenza né da una “parte” dell’Essenza, perché questa è l’esigenza dell’unità reale. E mentre l’Essenza inclina alla manifestazione e alla determinazione, secondo un’inclinazione che è il cuore della stessa e niente effetto a causa dell’interferenza di un attributo la cui scienza, che è il cuore stesso dell’Essenza, è legata all’Essenza, questa scienza essendo la prima determinazione e la discesa della non-manifestazione assoluta, in quel momento le realtà divine e creaturali si distinguono come il dettaglio in rapporto all’insieme. Ecco perché diciamo senza alcuna riserva che la scienza del Reale a questo livello della presenza è globale. Poiché allora le realtà conosciute sono un insieme solo. È così che questa determinazione è chiamata unità molteplice e che la scienza che si applica ad essa si chiama scienza globale. Se si dice che la scienza legata a questa presenza, intendo alla presenza dell’unità, è una scienza dettagliata, questo sarebbe necessariamente una menzogna. Tuttavia, la scienza non può essere qualificata né come dettagliata né come globale, dato che queste due qualità sono delle conseguenze necessarie della quantità e dei suoi accidenti. Questa scienza di sé globale, che è il cuore dell’Essenza, diventa dunque scienza dell’Essenza. E quando essa si consuma incorporandosi nell’Essenza, essa è tra le realtà conosciute, come lo specchio nel quale si riflette ciò che gli è di fronte. “A Dio si applicano le comparazioni più elevate”[4].
Questa scienza e questa determinazione si chiamano soffio del Misericordioso e non-manifestazione della scienza. Essa si collega a ciò che è infinito. Perché essa è il cuore stesso dell’Essenza che è infinita e essa segue ciò che è conosciuto logicamente e non cronologicamente; perché l’Essenza, in quanto conosciuta approfitta di se stessa come conoscente. Non vi è là né eccesso di linguaggio, come dice l’Imâm al-Haramayn,[5] né l’esaltazione di un legame intrinseco tra conoscente e conosciuto, come dice Fakhr al-Dîn al-Râzî,[6] ma soltanto posteriorità (anteriorità) logica e non cronologica sul piano dell’Essenza. Può essere che Râzî abbia voluto esprimere questo con l’idea dell’avvenimento. Di fronte allo specchio della scienza e dell’Essenza, si trova il non-essere, perché non vi è nient’altro di fronte all’Esistenza che il non-essere. Così appariva nello specchio della scienza sul fondo del non-essere. Dunque il non-essere diviene grazie a ciò che lo fa apparire come un secondo specchio. E questo secondo specchio non-essenziale della scienza si chiama presenza della nuvola e manifestazione della scienza. Vi sono molti altri nomi. Questa scienza non è legata a quel che è infinito, perché il suo legame con le conoscenze è in essa come la loro propria esistenza, l’esistenza delle essenze individuali. Ora, tutto ciò che rientra nell’esistenza è finito. Le conoscenze dipendono da questa scienza, poiché esse ne sono l’espressione e l’ombra. La scienza dipende dalle conoscenze in quanto stabilite sul non-essere; ma le conoscenze dipendono dalla scienza, in quanto esse hanno un’esistenza individuale, senza che vi sia moltiplicazione della scienza o avvento di un legame tra conoscente e conosciuto.
In rapporto alla conoscenza globale dell’Essenza, (si può dire che) l’Essenza è secondo un primo punto di vista, ciò che conosce, secondo un secondo punto di vista, ciò che è conosciuto e, secondo un terzo punto di vista, la scienza stessa. Essa è quella che conosce, per il fatto che lo svelamento è per essa e non per chiunque altro che le venga aggiunto. Essa è ciò che è conosciuto, perché malgrado la consumazione in essa delle realtà, essa si svela alla loro essenza. Essa è la scienza stessa, perché lo svelamento si produce grazie ad essa sola, senza il concorso ulteriore di checchessia. Si sa che la realtà di ogni cosa, ossia quel che conviene conoscere, è una relazione cognitiva nella scienza del Reale, del fatto che la Sua scienza è il cuore stesso della Sua Essenza. Dunque la Sua Essenza Gli dà la scienza delle Sue proprie conoscenze che sono il cuore stesso della Sua Essenza al grado della determinazione e della prima scienza. Conseguentemente, la scienza che Egli ha della Sua Essenza è il cuore stesso di quella che Egli ha delle Sue conoscenze a partire dal mondo. Allora, la Sua scienza della Sua propria Essenza non è diversa da quella che Egli ha del mondo, poiché non vi è altro da Lui. Se diciamo che il conosciuto dipende dalla scienza a questo grado, ciò avrà evidentemente per conseguenza necessaria la precedenza gerarchica della scienza sull’Essenza.
Se si dice che il Reale tragga le Sue conoscenze dell’Esistenza, è giusto, perché tutte le Sue conoscenze sono delle cose della Sua Essenza e una relazione della Sua Essenza. E se si dice che il Reale tragga le Sue conoscenze dal non-essere, è del pari giusto, perché prima della concezione del legame della scienza all’Essenza, esse erano non-esistenti nella scienza e l’essenza particolare. Ed è ad esse che si applica la determinazione nella scienza e nell’essenza particolare, nel senso che sono predisposte affinché si manifestino in loro in numerose forme. L’imâm dei conoscitori di Dio e nostro modello, Muhyî al-Dîn[7] ha detto: “Le conoscenze del Reale Gli procurano la scienza a partire da loro stesse”. Il grande conoscitore di Dio ‘Abd Allâh al-Karîm al-Jîlî[8] ha formulato un’obiezione contro questa opinione, precisando: “Quando l’imâm Muhyî al-Dîn ha visto il Reale, ha giudicato le conoscenze in funzione di quel che necessariamente richiedevano da loro stesse e ha pensato che la scienza del Reale derivava dalle esigenze delle conoscenze. Ma non ha tenuto conto del fatto che esse non esigono se non ciò che Egli conosce di esse in modo fondamentale, globale e essenziale, prima della loro creazione e della loro entrata nell’esistenza. Esse non sono determinate nella scienza divina che per questo grazie a cui Egli le conosce e non da quanto richiesto dalla loro essenza. In seguito, le essenze delle conoscenze esigono in loro stesse delle cose che sono il cuore di ciò grazie a cui Egli le conosce d’acchito, allorché, in seguito, Egli le giudica in funzione di quel che esse richiedono, non avendole dapprima giudicate che in funzione di ciò grazie a cui Egli le conosce”.
Non è bene che io imiti la negligenza dei grandi maestri. Se tu sei, che rifletti, di coloro che conoscono il Reale, tu conosci inevitabilmente le Sue genti. Se tu sei un imitatore servile, il mio proposito non è per te. In realtà, non vi sono differenze tra i due maestri per colui che sa.
Mentre scrivevo questo Mawqîf, Dio mi ha lanciato la Sua Parola, allorché ero tra la veglia e il sonno: “Perché non credono? Perché non si prosternano quando si recita il Corano?”[9]. Mi fu ispirato da essere spinto a riprendere chiunque non credeva nella parola dell’imâm Muhyî al-Dîn; perché la sua parola viene da Dio, come dice nelle Illuminazioni: “Non ho scritto che sotto l’effetto di una ispirazione spirituale in un cuore creato”, ecc… Bisogna dunque seguire la sua parola e sottomettersi umilmente alle sue conoscenze, perché egli è l’erede perfetto.

Mawqîf 123

[1] Corano 29, 3
[2] Corano 47, 31. Questi due primi versetti sono commentati anche in Mawqîf 100.
[3] Corano 18, 12
[4] Corano 16, 60
[5] Vedere Mawqîf 14, nota 4.
[6] Râzî parla di questo legame, per esempio, nel commentario del Corano 2, 106 (t. 3, pagg. 252, 1. 6-26).
[7] Ossia Ibn ‘Arabî.
[8] Vedere Mawqîf 145, nota 5. 
[9] Corano 84, 20-21

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