Ibn Tufayl
Hayy ibn Yaqzan (Il Vivente figlio del Vigilante)
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In società
In società
Narrano che su un'isola
vicina a quella in cui era nato Hayy ibn Yaqzan, secondo una delle due versioni
sul modo in cui avvenne la sua origine, si era trasferita una comunità
religiosa esente da errore, istruita da alcuni profeti precedenti, Dio, li
benedica.
Era una comunità che esprimeva tutte le verità di fede tramite simboli stabiliti, che consentivano di immaginare quelle cose e consolidavano le loro rappresentazioni nelle anime, come è d'uso nel discorso rivolto alla grande massa. Quella comunità continuò a diffondersi in quell'isola, e prese vigore e splendore finché il suo re entrò a farne parte e vi aderì insieme con il suo popolo. Vivevano in quell'isola due giovani di buona cultura e interessati al bene, uno dei quali si chiamava Asâl e l'altro Salâmân. Aderirono a quella comunità e consentirono ad essa con la migliore disposizione, presero su di sé come un dovere tutte le sue leggi e la perseveranza in tutte le opere che essa raccomandava, ed erano compagni in questo. Di quando in quando si dedicavano allo studio di ciò che quella legge enunciava a proposito di Dio e dei Suoi angeli, della vita futura, della ricompensa e della punizione. Asâl era più portato ad immergersi nell'esoterico, più valido nello scoprire i significati spirituali, e più desideroso di far ricorso all'interpretazione simbolica [del testo sacro]. Salâmân, il suo compagno, era più valido nel conservare il senso letterale, più portato ad allontanarsi dall'interpretazione simbolica, più alieno dall'azione individuale e dalla contemplazione. Ma entrambi erano diligenti e scrupolosi nelle opere esteriori, nell'esame di Coscienza e nella lotta contro le passioni. Ora, in quella legge si trovavano espressioni che inducevano alla solitudine e alla vita appartata, e indicavano che il conseguimento e la salvezza erano in esse; e altre espressioni che inducevano alla compagnia e all'adesione alla vita comunitaria. Asâl fu per la ricerca della solitudine e scelse quella parte dell'insegnamento che la consigliava, secondo le sue inclinazioni naturali che lo portavano a perseverare nella meditazione, ad essere assiduo nell'interpretazione simbolica e ad immergersi nei significati. Si aspettava dalla solitudine la maggior parte di ciò che avrebbe conseguito. Salâmân, invece, fu per l'adesione alla vita comunitaria e scelse quella parte dell'insegnamento che la consigliava, secondo le sue inclinazioni naturali che lo portavano ad astenersi dalla meditazione e dall'azione individuale. A suo parere l'adesione alla vita comunitaria allontanava il bisbiglio del tentatore, disperdeva i pensieri che erano di ostacolo e proteggeva dalle suggestioni diaboliche. Fu il loro differire, a questo proposito la causa della loro separazione. Asâl aveva sentito parlare dell'isola su cui si è detto che si era originato Hayy ibn Yaqzan. Ne conosceva la fertilità, le risorse, il clima equilibrato: di certo il vivere su di essa in solitudine avrebbe fatto al caso suo. Decise di andarci e di isolarsi dagli uomini per il resto della sua vita. Raccolse le sue ricchezze; con una parte di esse noleggiò un'imbarcazione che lo portasse a quell'isola, divise il resto tra i poveri, si congedò dal suo compagno Salâmân, e prese la via del mare. I marinai lo portarono a quell'isola, lo deposero sulla sua spiaggia e se ne partirono. Asâl rimase su quell'isola a servire Dio - Egli è potente ed eccelso -, ad esaltarLo, ad adorarLo, a meditare sui Suoi nomi più belli e sulle Sue nobili qualità, e non cessava il suo pensiero né si turbava la sua meditazione. Se aveva bisogno di cibo, prendeva, dei frutti di quell'isola e degli animali che cacciava, quel tanto che bastava a placare la sua fame.
Rimase in quello stato per un certo tempo, ed era nella felicità più completa e nella gioia più grande, poiché si intratteneva con il suo Signore. Ogni giorno sperimentava i Suoi favori e i Suoi doni, e come gli rendesse facile provvedersi del necessario e del cibo, e tutto questo confermava la sua certezza e lo rallegrava.
In quel periodo Hayy ibn Yaqzan era completamente assorbito nella sua condizione sublime. Non abbandonava la sua caverna che una volta ogni sette giorni per prendere il cibo che gli capitava di trovare. Per questo Asâl in un primo tempo non lo incontrò, ma anzi si aggirava per i lati di quell'isola e si spostava in lungo e in largo senza vedere nessuno né osservare tracce. La sua gioia si faceva più grande e la sua anima si rallegrava, poiché aveva deciso di giungere all'estremo nella ricerca della vita appartata e della solitudine: finché accadde un giorno che Hayy ibn Yaqzan uscisse per andare in cerca di cibo mentre Asâl sopraggiungeva da quella parte. E ognuno dei due posò lo sguardo sull'altro. Quanto ad Asâl, non dubitò che [Hayy ibn Yaqzan] fosse un eremita che era giunto a quell'isola per cercarvi l'isolamento dagli uomini, come egli stesso vi era giunto. Temette che gli si facesse incontro e che tentasse di fare conoscenza; questo infatti sarebbe stato causa della corruzione del suo stato e un ostacolo tra lui e ciò a cui aspirava. Quanto a Hayy ibn Yaqzan, non capì che cosa [Asâl] fosse, poiché vide che non aveva l'aspetto di uno degli animali che aveva visto prima di allora: aveva su di sé una veste nera di pelo e di lana, e pensò che quello fosse il suo abito naturale. Rimase a meravigliarsene a lungo. Poi Asâl si volse fuggendo da lui per timore che lo distogliesse dal suo stato, e Hayy ibn Yaqzan seguì le sue orme, perché era nella sua inclinazione ricercare la verità delle cose. Quando lo vide farsi più veloce nella fuga, gli tenne dietro a distanza, finché Asâl pensò che si era distolto da lui e che era ormai lontano da quel luogo. Allora Asâl incominciò a pregare, a recitare, a supplicare, a piangere, a implorare, a compiere slanci d'amore, finché tutto ciò lo distolse da ogni cosa. Hayy ibn Yaqzan prese ad avvicinarglisi a poco a poco, mentre Asâl non si accorgeva di lui, finché gli fu vicino tanto da sentire la sua recitazione e il suo lodare Dio, e da vedere la sua sottomissione e il suo pianto. Ascoltò una bella voce e suoni articolati che non aveva mai ascoltato da nessun animale, osservò le sue forme e i suoi lineamenti e vide che aveva il suo stesso aspetto. E gli apparve chiaro che la veste che era su di lui non era una pelle naturale, ma era solo un vestito che aveva adottato, come egli stesso aveva adottato il suo. Quando vide la bellezza del suo sottomettersi, del suo implorare e del suo piangere, non dubitò che fosse una delle essenze che conoscevano il Vero; si interessò a lui e volle sapere che cosa provasse e quale fosse la ragione del suo pianto e della sua implorazione. Continuò ad avvicinarglisi, finché Asâl si accorse di lui e fuggì a gran velocità, ma Hayy ibn Yaqzan lo insegui altrettanto velocemente, finché lo raggiunse, grazie al vigore e alla capacità che Dio gli aveva concesso nell'intelletto e nel corpo, gli si attaccò e lo afferrò in modo che non potesse allontanarsi. Quando Asâl lo guardò - era vestito di pellicce di animali, i suoi capelli si erano allungati fino a coprire gran parte del suo corpo, e aveva visto la sua velocità nel giungere e la sua forza nell'afferrare - ne fu molto spaventato e si mise a cercare di farselo amico e a pregarlo con un discorso che Hayy ibn Yaqzan non comprendeva né sapeva che cosa fosse, anche se distingueva in esso le buone disposizioni e l'inquietudine. Gli si rivolse affabilmente con suoni che aveva imparato da alcuni animali, gli mise la mano sulla testa, gli accarezzò i fianchi, lo blandi, gli manifestò la gioia e la contentezza, finché l'agitazione di Asâl si placò e comprese che non voleva fargli male. In precedenza, nel suo amore per la scienza dell'interpretazione simbolica, aveva imparato la maggior parte delle lingue, ed era esperto in esse: si mise dunque a parlare a Hayy ibn Yaqzan e a chiedergli informazioni [su di lui] in tutte le lingue che conosceva, e si sforzava di farsi capire da lui, ma non ci riusciva. Hayy ibn Yaqzan, in tutto questo tempo, restava ammirato di ciò che udiva; ma non capiva che cosa fosse, capiva solo che gli manifestava la gioia e la buona disposizione. Ognuno dei due si meravigliava di ciò che l'altro faceva. Asâl aveva una rimanenza di provviste che aveva portato con sé dall'isola abitata. Le avvicinò a Hayy ibn Yaqzan, ma quello non sapeva che cosa fossero perché non le aveva mai viste prima di allora. Asâl ne mangiò e gli fece cenno di mangiare. Hayy ibn Yaqzan pensò alle condizioni che si era imposto nell'assumere il cibo, e non sapendo l'origine di quelle cose che gli stavano davanti, che cosa fossero, e se gli fosse lecito cibarsene oppure no, si astenne dal mangiare Ma Asâl continuò a pregarlo e a cercare di fare amicizia. Hayy ibn Yaqzan lo aveva ormai preso in simpatia, e, temendo che se si fosse ostinato nel contrariarlo lo avrebbe rattristato, si arrischiò a prendere quelle provviste e ne mangiò. Ma quando le gustò e le trovò buone, gli sembrò un male l'essere venuto meno ai suoi impegni a proposito del cibo: volle quindi allontanarsi da Asâl e volgersi alla sua attività di cercar di tornare al suo nobile stato. Ma non gli riuscì di giungere in fretta alla contemplazione. Decise allora di rimanere con Asâl nel mondo sensibile affinché, conosciuta la verità su di lui, non gli rimanesse alcuna curiosità nei suoi confronti e potesse volgersi al suo stato senza che alcuna distrazione lo distogliesse. Ricercò dunque la compagnia di Asâl. Dal canto suo Asâl, quando vide che non parlava, si ritenne al sicuro da insidie alla sua devozione e si ripromise di insegnargli il linguaggio e la scienza della fede. Facendo questo, avrebbe ottenuto una ricompensa più grande e sarebbe stato più vicino a Dio. Asâl decise di insegnargli in primo luogo il linguaggio: gli diceva i nomi delle cose indicandole a gesti, poi glieli chiedeva ripetutamente e lo faceva parlare, e quello li diceva aiutandosi con il gesto, finché gli insegnò tutti i nomi e lo fece progredire a poco a poco: incominciò così a parlare in brevissimo tempo. Asâl prese a domandargli di lui, e da dove era venuto in quell'isola; Hayy gli spiegò che non sapeva egli stesso la sua origine, che non aveva né padre né madre oltre una gazzella che lo aveva allevto. E gli disse tutto di sé, come si era elevato nella conoscenza, finché era giunto alla fine al grado del conseguimento. Quando Asâl sentì da lui la descrizione di quelle verità e delle essenze separate dal mondo sensibile che conoscevano l'Essenza del Vero Egli è potente ed eccelso -, quando gli descrisse l'Essenza del Vero altissimo ed eccelso con le Sue più belle qualità, e gli descrisse come poteva le delizie di coloro che giungevano a Dio, e il dolore di coloro che ne erano velati che gli contemplava nel conseguimento, Asâl non dubitò che tutte le cose che erano dette nella sua legge a proposito di Dio - Egli è potente ed eccelso -, dei Suoi angeli e dei Suoi libri e dei Suoi profeti, dell'ultimo giorno, del Suo paradiso e del Suo inferno, era raffigurazioni di queste cose che contemplava Hayy ibn Yaqzan. Allora si dischiuse la vista del suo cuore, si accese il fuoco della sua mente, furono concordanti per lui ciò che comprendeva e ciò che credeva per tradizione, si avvicinarono a lui le vie dell'interpretazione simbolica, e non rimase alcun problema sulle leggi che non gli apparisse chiaro, né dubbio che non si risolvesse, né oscurità che non si chiarisse. Divenne uno di quelli che sanno comprendere. Da allora guardò Hayy ibn Yaqzan con ammirazione e rispetto, e fu vero ai suoi occhi che egli era uno degli amici di Dio "che non hanno timore né si affliggono". Si impose di servirlo e di imitarlo, e di seguire i suoi cenni in quei passi della legge che aveva appreso nella sua comunità che gli parevano in contraddizione. Hayy ibn Yaqzan si mise a chiedergli informazioni su di lui e sulle sue vicende, e Asâl prese a descrivergli la sua isola e il suo mondo e come erano vissuti prima che giungesse loro la comunità religiosa e come vivevano dopo che essa era giunta. Gli descrisse tutto ciò che era detto nella legge a proposito del mondo divino, del Paradiso, dell'Inferno, del risveglio e della resurrezione, del raduno e del rendiconto, della bilancia e del ponte. Hayy ibn Yaqzan comprese tutto questo, non ci vide niente di diverso da ciò che contemplava nel suo stato sublime e comprese che colui che aveva descritto ed enunciato quelle cose era veritiero nella sua descrizione, sincero nelle sue parole, inviato dal suo Signore. Credette in lui, riconobbe la su sincerità e attestò la sua missione. Si mise poi a interrogarlo sulle prescrizioni divine e sulle pratiche religiose che questo inviato aveva enunciato. Asâl gli descrisse la preghiera canonica, l'elemosina, il digiuno, il pellegrinaggio e altre simili pratiche esteriori. [Hayy] accettò queste prescrizioni, vi si sottomise e si impegnò ad osservarle, consentendo alle disposizioni di colui che, a suo parere, era, sincero nel suo dire. Restavano tuttavia due cose di cui era sorpreso e di cui non sapeva riconoscere la saggezza. La prima di esse era: perché questo inviato nella maggior parte della sua descrizione del mondo divino aveva dato agli uomini soltanto dei simboli, astenendosi dal rivelare, al punto che gli uomini si erano venuti a trovare nel grande errore di attribuire un corpo a Dio ed avevano attribuito all'Essenza del Vero cose di cui Egli era privo ed esente? E perché si era comportato allo stesso modo nel descrivere la ricompensa e la punizione? La seconda cosa era: perché si era limitato a queste prescrizioni e a queste pratiche religiose e aveva legittimato il possesso delle ricchezze e l'abbondare nel cibarsi, al punto che gli uomini si dedicavano alle cose vane e si allontanavano dal Vero? La sua opinione era infatti che nessuno dovesse mangiare se non ciò che gli era indispensabile [per sopravvivere]. Quanto alle ricchezze, non conosceva il significato di questo termine, e vedendo le disposizioni di legge che riguardavano le ricchezze, come l'elemosina e ciò che da essa derivava, le vendite, l'interesse, le pene e le sanzioni, si meravigliava di tutto ciò e lo considerava troppo lungo. E diceva: "Se gli uomini comprendessero come stanno le cose, si allontanerebbero da queste vanità, andrebbero incontro al Vero e troverebbero assurdo tutto ciò. E nessuno potrebbe disporre individualmente di una ricchezza il cui possesso rende soggetti all'elemosina: di cui la sottrazione furtiva espone al taglio delle mani, la sottrazione manifesta alla perdita della vita". Cadeva in questo errore perché pensava che tutti gli uomini fossero dotati di qualità eccellenti, di menti perspicaci e di anime risolute, e non sapeva fino a che punto potevano arrivare la loro stupidità e la loro imperfezione, la perversione del loro giudizio e la debolezza della loro volontà: essi erano infatti "come le bestie, ed anzi più smarriti nel cammino"[1].
Facendosi più grande la sua compassione per gli uomini e poiché sperava di aiutarli a raggiungere la salvezza, gli venne l'intenzione di andare da loro per chiarire e manifestare loro la verità. Ne discusse con il suo compagno Asâl e gli domandò se potesse trovare un espediente per raggiungerli. Asâl gli fece osservare che gli sarebbero stati contrari, per l'imperfezione della loro indole e per il loro allontanamento da Dio. Ma non gli riusciva di comprendere questo, e rimaneva nel suo cuore l'attaccamento a quel suo desiderio. Dal canto suo, Asâl desiderava che Dio guidasse per sua mano [di Hayy] alcuni studiosi di sua conoscenza che erano più vicini degli altri alla salvezza. Assecondò dunque il suo disegno, e decisero di stare sulla riva del mare e di non allontanarsene né di notte né di giorno: forse Dio avrebbe fatto si che potessero attraversare il mare. Si attennero a questo e supplicarono Dio Altissimo con la preghiera di guidarli nella loro impresa. E per opera di Dio potente ed eccelso - avvenne che nel mare una nave deviasse dalla sua rotta e che i venti e l'urto delle onde la spingessero sulla spiaggia. Quando si avvicinò alla terra ferma, il suo equipaggio vide i due uomini sulla riva. Si avvicinarono. Asâl parlò loro e chiese se potessero portarli con loro. Acconsentirono e li fecero salire sulla nave, e Dio mandò loro un venticello leggero che portò la nave in un tempo brevissimo all'isola che desideravano raggiungere. Vi sbarcarono, entrarono in città, e i compagni di Asâl si raccolsero intorno a lui. Narrò loro le vicende di Hayy ibn Yaqzan: lo circondarono di una grande attenzione, mostrarono rispetto per la sua esperienza, gli si strinsero intorno, lo ammirarono e lo riverirono. Asâl lo informò che quegli uomini erano più vicini di tutti gli altri alla comprensione e all'intelligenza e che se non fosse riuscito ad insegnare loro, tanto meno sarebbe riuscito ad insegnare alla grande massa.
Era capo e signore di quell'isola Salâmân, il compagno di Asâl che sosteneva l'adesione alla vita comunitaria e condannava la vita in solitudine. Hayy ibn Yaqzan si mise ad istruirli svelando loro i segreti della saggezza. Ma come si elevò un poco dal senso letterale e prese a descrivere qualche altra cosa che sembrava contraria a ciò che essi comprendevano, presero ad allontanarsi da lui, le loro anime respingevano ciò che egli esponeva e lo disprezzavano nei, loro cuori, anche se apparentemente gli manifestavano il consenso perché era uno straniero e per riguardo al loro compagno Asâl. Hayy ibn Yaqzan continuò a mostrarsi gentile con loro notte e giorno e a mostrare loro il Vero in privato e in pubblico, ma questo non faceva che accrescere il loro allontanamento e la loro avversione, poiché amavano il Bene e desideravano il Vero, ma per l'imperfezione della loro indole non ricercavano il Vero secondo la Sua via, non Lo coglievano dove era veramente, non Lo richiedevano alla Sua porta, ma volevano conoscerLo solo attraverso la via delle autorità. Vista l'insensibilità della loro accoglienza, rinunciò a far loto del bene e smise di sperare nel loro miglioramento. Considerando in seguito le varie categorie di uomini, vide che quelli di ogni categoria, contenti di ciò che avevano[2], prendevano per Dio il loro capriccio[3], erano asserviti alle loro passioni, si consumavano per accumulare i beni di questo mondo e si occupavano solo di accrescerli, finché visitavano la tomba[4]. Non giovavano loro le esortazioni, né agivano su di loro le buone parole, e la discussione non serviva che ad accrescere la loro ostinazione. Quanto alla saggezza, non vi era modo per essi di giungervi, né potevano trarne piacere: infatti l'ignoranza li aveva sommersi, i beni che essi si procuravano si erano impadroniti dei loro cuori[5], e Dio aveva sigillato i loro cuori, le loro orecchie e i loro occhi con un velo, e grande sarebbe stata la loro punizione[6].
Quando vide che le cortine della punizione li avevano circondati e che veli tenebrosi li avevano avvolti, e che essi tutti tranne pochi non si attaccavano, nella loro comunità religiosa, che a questo mondo, che gettavano dietro le spalle le sue pratiche, per leggere e semplici che fossero, e le vendevano a basso prezzo, e che li distoglievano dalla menzione del nome di Dio altissimo il commercio e la vendita, e non temevano un giorno in cui i loro cuori e i loro occhi si sarebbero trasformati[7], gli fu manifesto e seppe con assoluta certezza che non era possibile parlare loro chiaramente, che era assurdo pretendere che facessero qualcosa oltre questo livello, che gli uomini per la maggior parte utilizzavano la legge solo in ciò che riguardava la vita di questo mondo, per avere il giusto sostentamento senza che nessuno facesse offesa a ciò che possedevano, e che di essi non avrebbero ottenuto la felicità ultima se non pochi e rari individui, e cioè "coloro che si curavano della vita eterna, facevano sforzi per ottenerla, ed erano credenti"[8]. Quanto a quelli che prevaricavano e perseguivano la vita di questo mondo, l'Inferno sarebbe stato la loro dimora[9]. Quale sofferenza è più penosa, quale miseria è più grande di quella di colui che, se tu esamini le sue azioni da quando si sveglia dal sonno a quando vi fa ritorno, non ne trovi nessuna che non sia volta a cercare di raggiungere il massimo grado in queste cose sensibili e vili: radunare una ricchezza, procurarsi un piacere, soddisfare una passione o sfogare una collera, conseguire un onore, vantarsi per aver compiuto una pratica religiosa o compierla per salvare la propria, testa; tutte queste cose sono "tenebre su tenebre in un mare profondo" e "di voi non è chi non vi giunga; c'è da parte del tuo Signore una sentenza stabilita"[10].
Quando comprese le disposizioni degli uomini, che essi per la maggior parte erano come gli animali privi di ragione, riconobbe che ogni saggezza, guida e assistenza era in ciò che i profeti avevano detto e la legge menzionava, e che non era possibile nient'altro né aggiungervi niente, che c'erano uomini per tutte le azioni e che ognuno era facilitato a compiere ciò per cui era stato creato. "Questa è la consuetudine di Dio, su coloro che esistettero da prima, e non trovi alla consuetudine di Dio un mutamento"[11]. Si recò allora da Salâmân e dai suoi compagni, si scusò con loro di ciò che aveva detto e lo ritrattò davanti a loro; li informò che si era convinto delle loro opinioni e che si era orientato nella loro direzione; raccomandò loro che, conformi ai loro doveri, rispettassero le leggi e le pratiche esteriori che non approfondissero troppo lo studio su ciò che non li interessava, che accettassero con fede i passaggi oscuri [del testo sacro] e si sottomettessero ad essi, che si tenessero lontani dalle eresie e dagli atteggiamenti eterodossi, che imitassero le prime generazioni dei credenti e abbandonassero le innovazioni. Raccomandò loro che evitassero la dimenticanza della legge e l'attaccamento a questo mondo, comuni alla grande massa dei fedeli, e li mise in guardia contro questi errori con i suoi ammonimenti più calorosi.
Era una comunità che esprimeva tutte le verità di fede tramite simboli stabiliti, che consentivano di immaginare quelle cose e consolidavano le loro rappresentazioni nelle anime, come è d'uso nel discorso rivolto alla grande massa. Quella comunità continuò a diffondersi in quell'isola, e prese vigore e splendore finché il suo re entrò a farne parte e vi aderì insieme con il suo popolo. Vivevano in quell'isola due giovani di buona cultura e interessati al bene, uno dei quali si chiamava Asâl e l'altro Salâmân. Aderirono a quella comunità e consentirono ad essa con la migliore disposizione, presero su di sé come un dovere tutte le sue leggi e la perseveranza in tutte le opere che essa raccomandava, ed erano compagni in questo. Di quando in quando si dedicavano allo studio di ciò che quella legge enunciava a proposito di Dio e dei Suoi angeli, della vita futura, della ricompensa e della punizione. Asâl era più portato ad immergersi nell'esoterico, più valido nello scoprire i significati spirituali, e più desideroso di far ricorso all'interpretazione simbolica [del testo sacro]. Salâmân, il suo compagno, era più valido nel conservare il senso letterale, più portato ad allontanarsi dall'interpretazione simbolica, più alieno dall'azione individuale e dalla contemplazione. Ma entrambi erano diligenti e scrupolosi nelle opere esteriori, nell'esame di Coscienza e nella lotta contro le passioni. Ora, in quella legge si trovavano espressioni che inducevano alla solitudine e alla vita appartata, e indicavano che il conseguimento e la salvezza erano in esse; e altre espressioni che inducevano alla compagnia e all'adesione alla vita comunitaria. Asâl fu per la ricerca della solitudine e scelse quella parte dell'insegnamento che la consigliava, secondo le sue inclinazioni naturali che lo portavano a perseverare nella meditazione, ad essere assiduo nell'interpretazione simbolica e ad immergersi nei significati. Si aspettava dalla solitudine la maggior parte di ciò che avrebbe conseguito. Salâmân, invece, fu per l'adesione alla vita comunitaria e scelse quella parte dell'insegnamento che la consigliava, secondo le sue inclinazioni naturali che lo portavano ad astenersi dalla meditazione e dall'azione individuale. A suo parere l'adesione alla vita comunitaria allontanava il bisbiglio del tentatore, disperdeva i pensieri che erano di ostacolo e proteggeva dalle suggestioni diaboliche. Fu il loro differire, a questo proposito la causa della loro separazione. Asâl aveva sentito parlare dell'isola su cui si è detto che si era originato Hayy ibn Yaqzan. Ne conosceva la fertilità, le risorse, il clima equilibrato: di certo il vivere su di essa in solitudine avrebbe fatto al caso suo. Decise di andarci e di isolarsi dagli uomini per il resto della sua vita. Raccolse le sue ricchezze; con una parte di esse noleggiò un'imbarcazione che lo portasse a quell'isola, divise il resto tra i poveri, si congedò dal suo compagno Salâmân, e prese la via del mare. I marinai lo portarono a quell'isola, lo deposero sulla sua spiaggia e se ne partirono. Asâl rimase su quell'isola a servire Dio - Egli è potente ed eccelso -, ad esaltarLo, ad adorarLo, a meditare sui Suoi nomi più belli e sulle Sue nobili qualità, e non cessava il suo pensiero né si turbava la sua meditazione. Se aveva bisogno di cibo, prendeva, dei frutti di quell'isola e degli animali che cacciava, quel tanto che bastava a placare la sua fame.
Rimase in quello stato per un certo tempo, ed era nella felicità più completa e nella gioia più grande, poiché si intratteneva con il suo Signore. Ogni giorno sperimentava i Suoi favori e i Suoi doni, e come gli rendesse facile provvedersi del necessario e del cibo, e tutto questo confermava la sua certezza e lo rallegrava.
In quel periodo Hayy ibn Yaqzan era completamente assorbito nella sua condizione sublime. Non abbandonava la sua caverna che una volta ogni sette giorni per prendere il cibo che gli capitava di trovare. Per questo Asâl in un primo tempo non lo incontrò, ma anzi si aggirava per i lati di quell'isola e si spostava in lungo e in largo senza vedere nessuno né osservare tracce. La sua gioia si faceva più grande e la sua anima si rallegrava, poiché aveva deciso di giungere all'estremo nella ricerca della vita appartata e della solitudine: finché accadde un giorno che Hayy ibn Yaqzan uscisse per andare in cerca di cibo mentre Asâl sopraggiungeva da quella parte. E ognuno dei due posò lo sguardo sull'altro. Quanto ad Asâl, non dubitò che [Hayy ibn Yaqzan] fosse un eremita che era giunto a quell'isola per cercarvi l'isolamento dagli uomini, come egli stesso vi era giunto. Temette che gli si facesse incontro e che tentasse di fare conoscenza; questo infatti sarebbe stato causa della corruzione del suo stato e un ostacolo tra lui e ciò a cui aspirava. Quanto a Hayy ibn Yaqzan, non capì che cosa [Asâl] fosse, poiché vide che non aveva l'aspetto di uno degli animali che aveva visto prima di allora: aveva su di sé una veste nera di pelo e di lana, e pensò che quello fosse il suo abito naturale. Rimase a meravigliarsene a lungo. Poi Asâl si volse fuggendo da lui per timore che lo distogliesse dal suo stato, e Hayy ibn Yaqzan seguì le sue orme, perché era nella sua inclinazione ricercare la verità delle cose. Quando lo vide farsi più veloce nella fuga, gli tenne dietro a distanza, finché Asâl pensò che si era distolto da lui e che era ormai lontano da quel luogo. Allora Asâl incominciò a pregare, a recitare, a supplicare, a piangere, a implorare, a compiere slanci d'amore, finché tutto ciò lo distolse da ogni cosa. Hayy ibn Yaqzan prese ad avvicinarglisi a poco a poco, mentre Asâl non si accorgeva di lui, finché gli fu vicino tanto da sentire la sua recitazione e il suo lodare Dio, e da vedere la sua sottomissione e il suo pianto. Ascoltò una bella voce e suoni articolati che non aveva mai ascoltato da nessun animale, osservò le sue forme e i suoi lineamenti e vide che aveva il suo stesso aspetto. E gli apparve chiaro che la veste che era su di lui non era una pelle naturale, ma era solo un vestito che aveva adottato, come egli stesso aveva adottato il suo. Quando vide la bellezza del suo sottomettersi, del suo implorare e del suo piangere, non dubitò che fosse una delle essenze che conoscevano il Vero; si interessò a lui e volle sapere che cosa provasse e quale fosse la ragione del suo pianto e della sua implorazione. Continuò ad avvicinarglisi, finché Asâl si accorse di lui e fuggì a gran velocità, ma Hayy ibn Yaqzan lo insegui altrettanto velocemente, finché lo raggiunse, grazie al vigore e alla capacità che Dio gli aveva concesso nell'intelletto e nel corpo, gli si attaccò e lo afferrò in modo che non potesse allontanarsi. Quando Asâl lo guardò - era vestito di pellicce di animali, i suoi capelli si erano allungati fino a coprire gran parte del suo corpo, e aveva visto la sua velocità nel giungere e la sua forza nell'afferrare - ne fu molto spaventato e si mise a cercare di farselo amico e a pregarlo con un discorso che Hayy ibn Yaqzan non comprendeva né sapeva che cosa fosse, anche se distingueva in esso le buone disposizioni e l'inquietudine. Gli si rivolse affabilmente con suoni che aveva imparato da alcuni animali, gli mise la mano sulla testa, gli accarezzò i fianchi, lo blandi, gli manifestò la gioia e la contentezza, finché l'agitazione di Asâl si placò e comprese che non voleva fargli male. In precedenza, nel suo amore per la scienza dell'interpretazione simbolica, aveva imparato la maggior parte delle lingue, ed era esperto in esse: si mise dunque a parlare a Hayy ibn Yaqzan e a chiedergli informazioni [su di lui] in tutte le lingue che conosceva, e si sforzava di farsi capire da lui, ma non ci riusciva. Hayy ibn Yaqzan, in tutto questo tempo, restava ammirato di ciò che udiva; ma non capiva che cosa fosse, capiva solo che gli manifestava la gioia e la buona disposizione. Ognuno dei due si meravigliava di ciò che l'altro faceva. Asâl aveva una rimanenza di provviste che aveva portato con sé dall'isola abitata. Le avvicinò a Hayy ibn Yaqzan, ma quello non sapeva che cosa fossero perché non le aveva mai viste prima di allora. Asâl ne mangiò e gli fece cenno di mangiare. Hayy ibn Yaqzan pensò alle condizioni che si era imposto nell'assumere il cibo, e non sapendo l'origine di quelle cose che gli stavano davanti, che cosa fossero, e se gli fosse lecito cibarsene oppure no, si astenne dal mangiare Ma Asâl continuò a pregarlo e a cercare di fare amicizia. Hayy ibn Yaqzan lo aveva ormai preso in simpatia, e, temendo che se si fosse ostinato nel contrariarlo lo avrebbe rattristato, si arrischiò a prendere quelle provviste e ne mangiò. Ma quando le gustò e le trovò buone, gli sembrò un male l'essere venuto meno ai suoi impegni a proposito del cibo: volle quindi allontanarsi da Asâl e volgersi alla sua attività di cercar di tornare al suo nobile stato. Ma non gli riuscì di giungere in fretta alla contemplazione. Decise allora di rimanere con Asâl nel mondo sensibile affinché, conosciuta la verità su di lui, non gli rimanesse alcuna curiosità nei suoi confronti e potesse volgersi al suo stato senza che alcuna distrazione lo distogliesse. Ricercò dunque la compagnia di Asâl. Dal canto suo Asâl, quando vide che non parlava, si ritenne al sicuro da insidie alla sua devozione e si ripromise di insegnargli il linguaggio e la scienza della fede. Facendo questo, avrebbe ottenuto una ricompensa più grande e sarebbe stato più vicino a Dio. Asâl decise di insegnargli in primo luogo il linguaggio: gli diceva i nomi delle cose indicandole a gesti, poi glieli chiedeva ripetutamente e lo faceva parlare, e quello li diceva aiutandosi con il gesto, finché gli insegnò tutti i nomi e lo fece progredire a poco a poco: incominciò così a parlare in brevissimo tempo. Asâl prese a domandargli di lui, e da dove era venuto in quell'isola; Hayy gli spiegò che non sapeva egli stesso la sua origine, che non aveva né padre né madre oltre una gazzella che lo aveva allevto. E gli disse tutto di sé, come si era elevato nella conoscenza, finché era giunto alla fine al grado del conseguimento. Quando Asâl sentì da lui la descrizione di quelle verità e delle essenze separate dal mondo sensibile che conoscevano l'Essenza del Vero Egli è potente ed eccelso -, quando gli descrisse l'Essenza del Vero altissimo ed eccelso con le Sue più belle qualità, e gli descrisse come poteva le delizie di coloro che giungevano a Dio, e il dolore di coloro che ne erano velati che gli contemplava nel conseguimento, Asâl non dubitò che tutte le cose che erano dette nella sua legge a proposito di Dio - Egli è potente ed eccelso -, dei Suoi angeli e dei Suoi libri e dei Suoi profeti, dell'ultimo giorno, del Suo paradiso e del Suo inferno, era raffigurazioni di queste cose che contemplava Hayy ibn Yaqzan. Allora si dischiuse la vista del suo cuore, si accese il fuoco della sua mente, furono concordanti per lui ciò che comprendeva e ciò che credeva per tradizione, si avvicinarono a lui le vie dell'interpretazione simbolica, e non rimase alcun problema sulle leggi che non gli apparisse chiaro, né dubbio che non si risolvesse, né oscurità che non si chiarisse. Divenne uno di quelli che sanno comprendere. Da allora guardò Hayy ibn Yaqzan con ammirazione e rispetto, e fu vero ai suoi occhi che egli era uno degli amici di Dio "che non hanno timore né si affliggono". Si impose di servirlo e di imitarlo, e di seguire i suoi cenni in quei passi della legge che aveva appreso nella sua comunità che gli parevano in contraddizione. Hayy ibn Yaqzan si mise a chiedergli informazioni su di lui e sulle sue vicende, e Asâl prese a descrivergli la sua isola e il suo mondo e come erano vissuti prima che giungesse loro la comunità religiosa e come vivevano dopo che essa era giunta. Gli descrisse tutto ciò che era detto nella legge a proposito del mondo divino, del Paradiso, dell'Inferno, del risveglio e della resurrezione, del raduno e del rendiconto, della bilancia e del ponte. Hayy ibn Yaqzan comprese tutto questo, non ci vide niente di diverso da ciò che contemplava nel suo stato sublime e comprese che colui che aveva descritto ed enunciato quelle cose era veritiero nella sua descrizione, sincero nelle sue parole, inviato dal suo Signore. Credette in lui, riconobbe la su sincerità e attestò la sua missione. Si mise poi a interrogarlo sulle prescrizioni divine e sulle pratiche religiose che questo inviato aveva enunciato. Asâl gli descrisse la preghiera canonica, l'elemosina, il digiuno, il pellegrinaggio e altre simili pratiche esteriori. [Hayy] accettò queste prescrizioni, vi si sottomise e si impegnò ad osservarle, consentendo alle disposizioni di colui che, a suo parere, era, sincero nel suo dire. Restavano tuttavia due cose di cui era sorpreso e di cui non sapeva riconoscere la saggezza. La prima di esse era: perché questo inviato nella maggior parte della sua descrizione del mondo divino aveva dato agli uomini soltanto dei simboli, astenendosi dal rivelare, al punto che gli uomini si erano venuti a trovare nel grande errore di attribuire un corpo a Dio ed avevano attribuito all'Essenza del Vero cose di cui Egli era privo ed esente? E perché si era comportato allo stesso modo nel descrivere la ricompensa e la punizione? La seconda cosa era: perché si era limitato a queste prescrizioni e a queste pratiche religiose e aveva legittimato il possesso delle ricchezze e l'abbondare nel cibarsi, al punto che gli uomini si dedicavano alle cose vane e si allontanavano dal Vero? La sua opinione era infatti che nessuno dovesse mangiare se non ciò che gli era indispensabile [per sopravvivere]. Quanto alle ricchezze, non conosceva il significato di questo termine, e vedendo le disposizioni di legge che riguardavano le ricchezze, come l'elemosina e ciò che da essa derivava, le vendite, l'interesse, le pene e le sanzioni, si meravigliava di tutto ciò e lo considerava troppo lungo. E diceva: "Se gli uomini comprendessero come stanno le cose, si allontanerebbero da queste vanità, andrebbero incontro al Vero e troverebbero assurdo tutto ciò. E nessuno potrebbe disporre individualmente di una ricchezza il cui possesso rende soggetti all'elemosina: di cui la sottrazione furtiva espone al taglio delle mani, la sottrazione manifesta alla perdita della vita". Cadeva in questo errore perché pensava che tutti gli uomini fossero dotati di qualità eccellenti, di menti perspicaci e di anime risolute, e non sapeva fino a che punto potevano arrivare la loro stupidità e la loro imperfezione, la perversione del loro giudizio e la debolezza della loro volontà: essi erano infatti "come le bestie, ed anzi più smarriti nel cammino"[1].
Facendosi più grande la sua compassione per gli uomini e poiché sperava di aiutarli a raggiungere la salvezza, gli venne l'intenzione di andare da loro per chiarire e manifestare loro la verità. Ne discusse con il suo compagno Asâl e gli domandò se potesse trovare un espediente per raggiungerli. Asâl gli fece osservare che gli sarebbero stati contrari, per l'imperfezione della loro indole e per il loro allontanamento da Dio. Ma non gli riusciva di comprendere questo, e rimaneva nel suo cuore l'attaccamento a quel suo desiderio. Dal canto suo, Asâl desiderava che Dio guidasse per sua mano [di Hayy] alcuni studiosi di sua conoscenza che erano più vicini degli altri alla salvezza. Assecondò dunque il suo disegno, e decisero di stare sulla riva del mare e di non allontanarsene né di notte né di giorno: forse Dio avrebbe fatto si che potessero attraversare il mare. Si attennero a questo e supplicarono Dio Altissimo con la preghiera di guidarli nella loro impresa. E per opera di Dio potente ed eccelso - avvenne che nel mare una nave deviasse dalla sua rotta e che i venti e l'urto delle onde la spingessero sulla spiaggia. Quando si avvicinò alla terra ferma, il suo equipaggio vide i due uomini sulla riva. Si avvicinarono. Asâl parlò loro e chiese se potessero portarli con loro. Acconsentirono e li fecero salire sulla nave, e Dio mandò loro un venticello leggero che portò la nave in un tempo brevissimo all'isola che desideravano raggiungere. Vi sbarcarono, entrarono in città, e i compagni di Asâl si raccolsero intorno a lui. Narrò loro le vicende di Hayy ibn Yaqzan: lo circondarono di una grande attenzione, mostrarono rispetto per la sua esperienza, gli si strinsero intorno, lo ammirarono e lo riverirono. Asâl lo informò che quegli uomini erano più vicini di tutti gli altri alla comprensione e all'intelligenza e che se non fosse riuscito ad insegnare loro, tanto meno sarebbe riuscito ad insegnare alla grande massa.
Era capo e signore di quell'isola Salâmân, il compagno di Asâl che sosteneva l'adesione alla vita comunitaria e condannava la vita in solitudine. Hayy ibn Yaqzan si mise ad istruirli svelando loro i segreti della saggezza. Ma come si elevò un poco dal senso letterale e prese a descrivere qualche altra cosa che sembrava contraria a ciò che essi comprendevano, presero ad allontanarsi da lui, le loro anime respingevano ciò che egli esponeva e lo disprezzavano nei, loro cuori, anche se apparentemente gli manifestavano il consenso perché era uno straniero e per riguardo al loro compagno Asâl. Hayy ibn Yaqzan continuò a mostrarsi gentile con loro notte e giorno e a mostrare loro il Vero in privato e in pubblico, ma questo non faceva che accrescere il loro allontanamento e la loro avversione, poiché amavano il Bene e desideravano il Vero, ma per l'imperfezione della loro indole non ricercavano il Vero secondo la Sua via, non Lo coglievano dove era veramente, non Lo richiedevano alla Sua porta, ma volevano conoscerLo solo attraverso la via delle autorità. Vista l'insensibilità della loro accoglienza, rinunciò a far loto del bene e smise di sperare nel loro miglioramento. Considerando in seguito le varie categorie di uomini, vide che quelli di ogni categoria, contenti di ciò che avevano[2], prendevano per Dio il loro capriccio[3], erano asserviti alle loro passioni, si consumavano per accumulare i beni di questo mondo e si occupavano solo di accrescerli, finché visitavano la tomba[4]. Non giovavano loro le esortazioni, né agivano su di loro le buone parole, e la discussione non serviva che ad accrescere la loro ostinazione. Quanto alla saggezza, non vi era modo per essi di giungervi, né potevano trarne piacere: infatti l'ignoranza li aveva sommersi, i beni che essi si procuravano si erano impadroniti dei loro cuori[5], e Dio aveva sigillato i loro cuori, le loro orecchie e i loro occhi con un velo, e grande sarebbe stata la loro punizione[6].
Quando vide che le cortine della punizione li avevano circondati e che veli tenebrosi li avevano avvolti, e che essi tutti tranne pochi non si attaccavano, nella loro comunità religiosa, che a questo mondo, che gettavano dietro le spalle le sue pratiche, per leggere e semplici che fossero, e le vendevano a basso prezzo, e che li distoglievano dalla menzione del nome di Dio altissimo il commercio e la vendita, e non temevano un giorno in cui i loro cuori e i loro occhi si sarebbero trasformati[7], gli fu manifesto e seppe con assoluta certezza che non era possibile parlare loro chiaramente, che era assurdo pretendere che facessero qualcosa oltre questo livello, che gli uomini per la maggior parte utilizzavano la legge solo in ciò che riguardava la vita di questo mondo, per avere il giusto sostentamento senza che nessuno facesse offesa a ciò che possedevano, e che di essi non avrebbero ottenuto la felicità ultima se non pochi e rari individui, e cioè "coloro che si curavano della vita eterna, facevano sforzi per ottenerla, ed erano credenti"[8]. Quanto a quelli che prevaricavano e perseguivano la vita di questo mondo, l'Inferno sarebbe stato la loro dimora[9]. Quale sofferenza è più penosa, quale miseria è più grande di quella di colui che, se tu esamini le sue azioni da quando si sveglia dal sonno a quando vi fa ritorno, non ne trovi nessuna che non sia volta a cercare di raggiungere il massimo grado in queste cose sensibili e vili: radunare una ricchezza, procurarsi un piacere, soddisfare una passione o sfogare una collera, conseguire un onore, vantarsi per aver compiuto una pratica religiosa o compierla per salvare la propria, testa; tutte queste cose sono "tenebre su tenebre in un mare profondo" e "di voi non è chi non vi giunga; c'è da parte del tuo Signore una sentenza stabilita"[10].
Quando comprese le disposizioni degli uomini, che essi per la maggior parte erano come gli animali privi di ragione, riconobbe che ogni saggezza, guida e assistenza era in ciò che i profeti avevano detto e la legge menzionava, e che non era possibile nient'altro né aggiungervi niente, che c'erano uomini per tutte le azioni e che ognuno era facilitato a compiere ciò per cui era stato creato. "Questa è la consuetudine di Dio, su coloro che esistettero da prima, e non trovi alla consuetudine di Dio un mutamento"[11]. Si recò allora da Salâmân e dai suoi compagni, si scusò con loro di ciò che aveva detto e lo ritrattò davanti a loro; li informò che si era convinto delle loro opinioni e che si era orientato nella loro direzione; raccomandò loro che, conformi ai loro doveri, rispettassero le leggi e le pratiche esteriori che non approfondissero troppo lo studio su ciò che non li interessava, che accettassero con fede i passaggi oscuri [del testo sacro] e si sottomettessero ad essi, che si tenessero lontani dalle eresie e dagli atteggiamenti eterodossi, che imitassero le prime generazioni dei credenti e abbandonassero le innovazioni. Raccomandò loro che evitassero la dimenticanza della legge e l'attaccamento a questo mondo, comuni alla grande massa dei fedeli, e li mise in guardia contro questi errori con i suoi ammonimenti più calorosi.
Lui e il suo compagno Asâl
avevano infatti compreso che questa era l'unica via di cui avevano bisogno
questi uomini recalcitranti e incapaci, e che se si fossero innalzati da questa
via alle altezze del discernimento si sarebbe sconvolto ciò che essi avevano
acquisito e non sarebbe stato loro possibile raggiungere il grado dei beati:
avrebbero vacillato, sarebbero caduti e avrebbero fatto una misera fine. Se
invece avessero perseverato in ciò che facevano finché fosse venuta loro la
vera fede, avrebbero raggiunto la pace e sarebbero stati di coloro che stanno
alla destra. "Quanto a quelli che
saranno giunti prima, saranno quelli che sono giunti prima, e quelli più vicini
a Dio"[12].
Si congedarono da loro, se ne separarono e si preoccuparono di tornare alla
loro isola, finché Dio - Egli è potente ed eccelso - permise loro di farvi
ritorno. Hayy ibn Yaqzan cercò il suo stato sublime nel modo in cui lo aveva
cercato in precedenza, finché tornò ad esso. Asâl lo imitò, finché gli si
avvicinò quasi allo stesso livello. E servirono Dio su quell'isola fino alla
fine della loro vita.
Conclusione
Questo - Dio ci aiuti e ti assista con la Sua ispirazione - è la storia di Hayy ibn Yaqzan, di Asâl e di Salâmân; essa è composta in parte di un discorso che non si trova in un libro, né si ascolta nelle conversazioni abituali, ma è proprio di quella scienza celata che non accolgono se non quelli che conoscono Dio, e non ignorano se non quelli che Ne sono distratti.
Noi non abbiamo seguito in questo l'esempio delle prime generazioni musulmane nel custodirlo gelosamente e nell'esserne avari. Ci hanno incoraggiato a rivelare questo segreto e a squarciare il velo alcune false opinioni che sono apparse in questo nostro tempo nelle quali si sono distinti alcuni pseudo-filosofi, e le hanno rese note finché si sono diffuse nei vari paesi ed il loro danno si è generalizzato; abbiamo temuto che i deboli, che hanno rigettato la fede nell'imitazione dei profeti - Dio li benedica - e hanno ricercato la fede degli stolti e degli ignoranti, pensassero che erano quelle opinioni gli insegnamenti "incomunicabili" a persone non degne, e che con questo aumentasse il loro amore e il loro entusiasmo per esse. Abbiamo deciso dunque di far balenare loro qualcosa del segreto dei segreti, per indurli ad avvicinarsi al Vero e distoglierli da quella via. Sui segreti che abbiamo affidato a queste poche pagine abbiamo avuto cura tuttavia di lasciare un velo sottile ed un esile schermo, che si diraderà velocemente per chi è affine a quell'insegnamento, e si farà denso e fitto per chi non è degno di oltrepassarlo, in modo che non lo oltrepassi.
Io chiedo ai miei fratelli che presteranno attenzione a questi discorsi, che accolgano le mie scuse per le inesattezze e le approssimazioni cui sono andato incontro nell'esporre e nel dimostrare: ciò è accaduto solo perché ho scalato vette il cui estremo limite sfugge allo sguardo, e ho voluto accostare ad esse il discorso per risvegliare il desiderio e suscitare la brama di entrare nella Via. Chiedo a Dio indulgenza e perdono: ci conceda la purezza della Sua conoscenza, ed Egli è di certo generoso e nobile. E su di te, fratello che è un dovere aiutare, sia la pace, e la misericordia di Dio, e la Sua benedizione.
Conclusione
Questo - Dio ci aiuti e ti assista con la Sua ispirazione - è la storia di Hayy ibn Yaqzan, di Asâl e di Salâmân; essa è composta in parte di un discorso che non si trova in un libro, né si ascolta nelle conversazioni abituali, ma è proprio di quella scienza celata che non accolgono se non quelli che conoscono Dio, e non ignorano se non quelli che Ne sono distratti.
Noi non abbiamo seguito in questo l'esempio delle prime generazioni musulmane nel custodirlo gelosamente e nell'esserne avari. Ci hanno incoraggiato a rivelare questo segreto e a squarciare il velo alcune false opinioni che sono apparse in questo nostro tempo nelle quali si sono distinti alcuni pseudo-filosofi, e le hanno rese note finché si sono diffuse nei vari paesi ed il loro danno si è generalizzato; abbiamo temuto che i deboli, che hanno rigettato la fede nell'imitazione dei profeti - Dio li benedica - e hanno ricercato la fede degli stolti e degli ignoranti, pensassero che erano quelle opinioni gli insegnamenti "incomunicabili" a persone non degne, e che con questo aumentasse il loro amore e il loro entusiasmo per esse. Abbiamo deciso dunque di far balenare loro qualcosa del segreto dei segreti, per indurli ad avvicinarsi al Vero e distoglierli da quella via. Sui segreti che abbiamo affidato a queste poche pagine abbiamo avuto cura tuttavia di lasciare un velo sottile ed un esile schermo, che si diraderà velocemente per chi è affine a quell'insegnamento, e si farà denso e fitto per chi non è degno di oltrepassarlo, in modo che non lo oltrepassi.
Io chiedo ai miei fratelli che presteranno attenzione a questi discorsi, che accolgano le mie scuse per le inesattezze e le approssimazioni cui sono andato incontro nell'esporre e nel dimostrare: ciò è accaduto solo perché ho scalato vette il cui estremo limite sfugge allo sguardo, e ho voluto accostare ad esse il discorso per risvegliare il desiderio e suscitare la brama di entrare nella Via. Chiedo a Dio indulgenza e perdono: ci conceda la purezza della Sua conoscenza, ed Egli è di certo generoso e nobile. E su di te, fratello che è un dovere aiutare, sia la pace, e la misericordia di Dio, e la Sua benedizione.
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