Titus
Burckhardt
Introduzione
alle dottrine esoteriche dell’Islam
I - La
Realizzazione Spirituale
La Meditazione
La meditazione (at-tafakkur) è un complemento
indispensabile del rito perché valorizza la libera iniziativa del pensiero;
tuttavia, i suoi limiti sono quelli del mentale stesso; senza l'elemento onteologico
del rito, essa non può passare dal modo separativo (al-farq) della coscienza individuale alla sintesi (al-jam')
della conoscenza non-formale.
Essa si fonda, nell'Islam, sui versetti
coranici rivolti a «coloro che sono dotati di intendimento» e che raccomandano
di meditare i «segni» (i simboli) della natura, ed anche su due detti del
Profeta: «Un'ora [un momento] di meditazione vale più delle opere buone
compiute dalle due specie di esseri pensanti [gli uomini ed i geni, jinnah]», e «Non meditate sull'Essenza,
ma sulle Qualità di Dio e sulla Sua Grazia».
La meditazione procede
normalmente secondo un movimento circolare: muove da un'idea essenziale, di cui
svilupperà le diverse applicazioni per reintegrarle infine nella verità
iniziale, che acquisisce cosi, per la coscienza riflessa, un'attualità piu
immediata e piu ricca. Si tratta del contrario di una ricerca filosofica,
poiché questa considera la verità come una cosa che non sarebbe contenuta nello
spirito conoscente in modo essenziale ed a
priori. Il moto fondamentale del pensiero è quello rappresentato dalla
meditazione, e ogni filosofia che ne disconosca la legge, sbaglia il proprio procedimento:
la verità che essa sembra trovare in virtù degli argomenti, è già implicita nel
suo punto di partenza, a meno che non scopra, al termine di un lungo itinerario
mentale, la rifrazione mentale di un elemento passionale, di una preoccupazione
individuale o collettiva.
Il pensiero individualistico
implica sempre un punto cieco, giacché non conosce la propria essenza
intellettuale. Neanche la meditazione coglie direttamente l'Essenza, ma la
presuppone; è un'«ignoranza saggia» mentre l'argomentazione filosofica derivata
dall'individualismo mentale è un «sapere ignorante». Quando la filosofia indaga
la natura della conoscenza, si muove inevitabilmente in un circolo vizioso:
quando separa il soggetto dalla sfera oggettiva e riconosce al primo soltanto
una realtà del tutto relativa, nel senso della «soggettività» individuale,
dimentica che i suoi giudizi dipendono dalla realtà del soggetto e dalla
veridicità che esso può avere; d'altra parte, quando afferma che ogni
percezione ha solo valore «soggettivo», dunque relativo ed incerto, dimentica
che questa medesima· asserzione aspira all'oggettività. Per il pensiero non
esiste soluzione a tale dilemma; questo perché il mentale, che è soltanto una
particella dell'universo o una delle modalità dell'esistenza, non può né
contenere l'universo, né definire la sua posizione rispetto al tutto; se però
tenta di farlo, vuoi dire che c'è in esso una scintilla dell'Intelletto, che
contiene e penetra veramente ogni cosa.
L'hadîth sulla meditazione che abbiamo citato per secondo, significa
che l'Essenza non può mai diventare l'oggetto del pensiero, che è distintivo
per natura, mentre l'Essenza è una. Invece, la meditazione coglie in un certo
modo le Qualità divine, senza tuttavia «gustarle» direttamente, il che sarebbe
già della sfera della pura intuizione.
La sfera peculiare della meditazione è la discriminazione tra il reale e
l'irreale, e l'oggetto per eccellenza di tale discriminazione è l'«Io». La
discriminazione propria della meditazione non raggiunge direttamente la radice
dell'individuazione soggettiva, ma ne coglie gli aspetti estrinseci, che
rappresentano altrettante sproporzioni tra un'affermazione quasi assoluta,
implicita nell'ego, e la natura effimera e frammentaria della natura umana
individuale. Occorre comprendere che non è questa natura individuale come tale
a formare l'illusione egocentrica; il «velo» (al-hijab) da strappare consiste unicamente nell'attribuire alla
natura individuale un carattere autonomo e a priori che spetta soltanto
all'Essenza[1].
[1] Il fatto che il saggio perfetto sia consapevole della propria natura individuale
non significa che ne sia vittima e quindi non gli impedisce di oltrepassare
l'illusione.
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