"…la dottrina è infallibile, è a causa del fatto che essa è un’espressione della verità, la quale, in se stessa, è assolutamente indipendente dagli individui che la ricevono e che la comprendono. La garanzia della dottrina risiede in definitiva nel suo carattere «non-umano»". René Guénon, Considerazioni sull’iniziazione, cap. "Sull’infallibilità tradizionale"

giovedì 5 ottobre 2017

René Guénon, Autorità spirituale e Potere temporale - Prefazione

René Guénon
Autorità spirituale e Potere temporale

Indice
Prefazione
I Autorità e gerarchia
II Funzioni del sacerdozio e della regalità
III Conoscenza e azione
IV Natura rispettiva dei Brâhmani e degli Ksatriya
V Dipendenza della regalità nei confronti del sacerdozio
VI La rivolta degli Ksatriya
VII Le usurpazioni della regalità e le loro conseguenze
VIII Paradiso terrestre e Paradiso celeste
IX La legge immutabile

Prefazione

Nei nostri scritti non abbiamo l’abitudine di riferirci all’attualità immediata, perché la nostra attenzione è costantemente rivolta al principi i quali, si potrebbe dire, sono di un’attualità permanente, ponendosi fuori del tempo; e anche quando ci accade di uscire dalla sfera della metafisica pura per esaminarne talune applicazioni, facciamo sì che le applicazioni conservino una portata generale.
Così ci comporteremo anche in questa occasione; tuttavia dobbiamo ammettere che le considerazioni che esporremo in questo studio presentano inoltre un certo interesse più particolare nel presente momento, a motivo delle discussioni che negli ultimi tempi sono sorte sul problema dei rapporti tra religione e politica, problema che è soltanto una forma particolare assunta, in condizioni determinate, da quello più generale delle relazioni tra la sfera dello spirito e la sfera temporale. Sarebbe tuttavia un errore credere che le nostre considerazioni ci siano state dettate in modo più o meno diretto dalla situazione accidentale alla quale abbiamo alluso, o che sia nostra intenzione ricollegarvele decisamente, giacché ciò equivarrebbe ad accordare un’importanza esagerata a cose che hanno invece soltanto un carattere episodico e non possono perciò esercitare alcuna influenza su concezioni la cui origine e natura sono in realtà di ordine totalmente diverso.

Poiché è nostra abitudine cercare di chiarire in anticipo tutti i malintesi che riusciamo a prevedere, desideriamo evitare innanzi tutto, nel modo più netto ed esplicito possibile, questa interpretazione falsa che taluni potrebbero dare al nostro pensiero, sia per passione politica o religiosa, o per idee preconcette, sia invece anche soltanto per incomprensione del punto di vista dal quale ci poniamo. Tutto quanto diremo in questo lavoro lo avremmo detto anche, ed esattamente nello stesso modo, se i fatti che oggi attirano l’attenzione generale sui problemi dei rapporti tra la sfera dello spirito e la sfera del temporale non si fossero verificati; le circostanze attuali ci hanno soltanto dimostrato, in modo più chiaro che mai, che era necessario e opportuno parlarne; sono state, se si vuole, l’occasione che ci ha spinto a esporre ora alcune verità invece di molte altre che ci ripromettiamo ugualmente di formulare se non ce ne mancherà il tempo, ma che non ci appaiono suscettibili di un’applicazione altrettanto immediata; questa è la sola funzione che le circostanze hanno avuto nei nostri confronti.
Nelle discussioni a cui ci riferiamo, soprattutto ci ha colpito il fatto che né l’una né l’altra parte si era preoccupata di situare i problemi sul loro vero terreno, di distinguere cioè l’essenziale dall’accidentale, i principi necessari dalle circostanze contingenti; occorre dire che la cosa non ci ha sorpreso, perché vi abbiamo visto semplicemente un nuovo esempio, dopo tanti altri, della confusione che oggi regna in ogni campo e che noi, per i motivi espressi in opere precedenti[1], consideriamo tipica del mondo moderno. Tuttavia non possiamo trattenerci dal deplorare che la confusione si estenda anche ai rappresentanti di un’autorità spirituale autentica: essi sembrano perdere di vista quella che dovrebbe costituire la loro vera forza, cioè la trascendenza della dottrina in nome della quale sono qualificati a parlare. Si sarebbe dovuto distinguere prima di tutto la questione di principio dalla questione di opportunità: sulla prima non ha senso discutere, giacché appartiene a una sfera che non può soggiacere ai procedimenti essenzialmente «profani» della discussione; quanto alla seconda, la quale d’altronde era di carattere meramente politico, e si potrebbe quasi dire diplomatico, essa è in ogni caso molto secondaria e, rigorosamente parlando, non deve avere alcuna influenza sulla questione di principio; di conseguenza, sarebbe stato preferibile non dare all’avversario neppure la possibilità di sollevarla, anche se si fosse trattato di semplici apparenze; per quel che ci riguarda, aggiungeremo che essa non ci interessa minimamente.
Quanto a noi, intendiamo situarci esclusivamente nel campo dei principi; così potremo permetterci di restare completamente al di fuori di ogni discussione, di ogni polemica, diatriba di scuola o di partito, in cui non vogliamo essere invischiati né da lontano né da vicino, a nessun titolo e in nessuna misura. Poiché siamo assolutamente indipendenti da tutto quel che non sia la verità pura e disinteressata, e siamo decisi a rimanerlo, ci proponiamo semplicemente di dire come stanno le cose senza la minima preoccupazione di piacere o dispiacere a chicchessia; non ci attendiamo niente né dagli uni né dagli altri, non speriamo neppure che coloro che potrebbero trarre vantaggio dalle idee che formuleremo ce ne siano grati in qualche modo, e del resto questo ci importa pochissimo. Avvertiamo soltanto, ancora una volta, che non siamo disposti a lasciarci rinchiudere in nessuno degli schemi abituali, e che sarebbe vano tentare di applicarci una qualunque «etichetta», giacché, fra tutte quelle che sono diffuse nel mondo occidentale, non ve n’è alcuna, in realtà, che si adatti a noi; alcune insinuazioni, provenienti del resto in modo simultaneo dalle direzioni più opposte, ci hanno dimostrato ancora di recente che è opportuno ripetere una dichiarazione di questo genere, affinché le persone di buona fede sappiano come regolarsi e non siano indotte ad attribuirci intenzioni incompatibili con il nostro vero atteggiamento e con quel punto di vista puramente dottrinale che è il nostro.
Grazie alla natura stessa di questo punto di vista, svincolato da ogni contingenza, possiamo esaminare i fatti attuali con la totale imparzialità con cui li esamineremmo se fossero avvenimenti appartenenti a un passato lontano, avvenimenti di cui parleremo soprattutto quando dovremo citare esempi storici per chiarire la nostra esposizione. È inteso che attribuiamo al nostro scritto, come spiegavamo all’inizio, una portata del tutto generale, la quale supera tutte le forme particolari che, secondo i tempi e i luoghi, possono assumere il potere temporale e persino l’autorità spirituale; ed è necessario che precisiamo, in particolare e senza tardare ulteriormente, che quest’ultima non ha per noi obbligatoriamente la forma religiosa, al contrario di ciò che comunemente si immagina in Occidente. Lasciamo a ciascuno la possibilità di ricavare da queste considerazioni l’applicazione che gli sembrerà più adatta a questo o quel caso particolare, che volutamente ci asteniamo dall’esaminare in modo diretto; affinché tale applicazione sia legittima e valida, è sufficiente che sia fatta in uno spirito conforme al principi da cui ogni cosa dipende, spirito che noi chiamiamo tradizionale nel senso proprio del termine, e del quale disgraziatamente tutte le tendenze specificamente moderne sono l’antitesi o la negazione.
In quest’opera esamineremo precisamente un altro degli aspetti della deviazione moderna, e sotto questo profilo lo studio attuale completerà quanto abbiamo già spiegato negli scritti citati poco fa. Del resto, sarà facile constatare che gli errori che si sono prodotti nel corso degli ultimi secoli sul problema dei rapporti tra lo spirituale e il temporale sono lungi dall’avere carattere di novità; ma le loro manifestazioni anteriori avevano avuto soltanto conseguenze limitate, mentre oggi gli stessi errori si sono in qualche modo incorporati nella mentalità comune fino a diventare parte integrante di un modo di pensare e di essere che si estende sempre di più. Questo fatto è particolarmente grave e inquietante; e, se non interverrà a breve scadenza un «raddrizzamento», si può prevedere che il mondo moderno sarà trascinato in qualche catastrofe, verso la quale sembra diretto a una velocità sempre maggiore. Avendo esposto altrove le considerazioni che possono giustificare questa affermazione[2], non le ripeteremo; aggiungeremo soltanto questo: se nelle presenti circostanze c’è ancora qualche speranza di salvezza per il mondo occidentale, pare che essa debba consistere, almeno in parte, nel mantenimento della sola autorità tradizionale che ancora vi sopravvive; ma è necessario che l’autorità abbia piena coscienza di se stessa per essere in grado di fornire un fondamento effettivo per tali sforzi che, altrimenti, corrono il rischio di rimanere dispersi e non coordinati. Questo, per lo meno, è uno dei mezzi più immediati che possono essere presi in considerazione per una restaurazione dello spirito tradizionale; indubbiamente, ve ne sono altri, qualora il primo venisse a mancare; ma poiché la restaurazione, che è anche l’unico rimedio al disordine attuale, è il fine essenziale che ci proponiamo costantemente quando, uscendo dalla metafisica pura, passiamo a considerare la situazione contingente, è facile capire come non possiamo trascurare nessuna delle possibilità che si offrono per raggiungerla, anche se tali possibilità sembrano avere per il momento soltanto poche probabilità di realizzazione. Le nostre vere intenzioni sono queste, e queste soltanto; tutte le altre che ci potrebbero essere attribuite sono assolutamente inesistenti; e se poi qualcuno sostenesse che le riflessioni che seguiranno ci sono state suggerite da influenze esteriori di qualsivoglia natura, gli opponiamo in anticipo la smentita più formale.
Dopo tali precisazioni, che consideriamo per esperienza una precauzione non inutile, crediamo di poterci dispensare, da ora in avanti, da ogni allusione diretta all’attualità, affinché sia ancora più percepibile e incontestabile il carattere rigorosamente dottrinale che vogliamo conservare a tutti i nostri scritti. Indubbiamente, le passioni politiche o religiose non ne saranno soddisfatte, ma di questo non potremo se non rallegrarci, giacché il nostro compito non è di fornire argomenti a tali discussioni, che ci appaiono del tutto vane, se non addirittura miserevoli, bensì di rammentare i principi, il cui oblio è in fondo l’unica vera causa di tutte queste discussioni. Ripetiamo che è la nostra stessa indipendenza a permetterci questa messa a punto in spirito di assoluta imparzialità, senza concessioni o compromessi di sorta. D’altronde, essa ci vieta anche qualsiasi funzione che non sia quella che abbiamo or ora definito; si può infatti mantenere un’assoluta indipendenza soltanto se non si abbandona la sfera dell’intellettualità pura, sfera che del resto è quella dei principi essenziali e immutabili e dalla quale deriva più o meno direttamente tutto il resto. Da essa deve necessariamente cominciare il raddrizzamento di cui parlavamo poco fa: se si prescinde dal ricollegamento ai principi, non si possono ottenere se non risultati meramente esteriori, instabili e illusori; sennonché anche questa non è che una delle forme di quell’affermazione della supremazia dello spirituale sul temporale che costituirà l’argomento del presente studio.





[1] Oriente e Occidente, Milano, Luni Editrice, 1993 e La crisi del mondo moderno, Roma, Edizioni Mediterranee, 1972.
[2] La crisi del mondo moderno.

Nessun commento:

Posta un commento