René Guénon
Autorità spirituale e Potere temporale
Indice
Prefazione
I Autorità e gerarchia
II Funzioni del sacerdozio e della regalità
III Conoscenza e azione
IV Natura rispettiva dei Brâhmani e degli Ksatriya
V Dipendenza della regalità nei confronti del sacerdozio
VI La rivolta degli Ksatriya
VII Le usurpazioni della regalità e le loro conseguenze
VIII Paradiso terrestre e Paradiso celeste
IX La legge immutabile
Prefazione
Nei nostri scritti non abbiamo l’abitudine di riferirci
all’attualità immediata, perché la nostra attenzione è costantemente rivolta al
principi i quali, si potrebbe dire, sono di un’attualità permanente, ponendosi
fuori del tempo; e anche quando ci accade di uscire dalla sfera della
metafisica pura per esaminarne talune applicazioni, facciamo sì che le
applicazioni conservino una portata generale.
Così ci comporteremo anche in questa occasione; tuttavia dobbiamo ammettere che le considerazioni che esporremo in questo studio presentano inoltre un certo interesse più particolare nel presente momento, a motivo delle discussioni che negli ultimi tempi sono sorte sul problema dei rapporti tra religione e politica, problema che è soltanto una forma particolare assunta, in condizioni determinate, da quello più generale delle relazioni tra la sfera dello spirito e la sfera temporale. Sarebbe tuttavia un errore credere che le nostre considerazioni ci siano state dettate in modo più o meno diretto dalla situazione accidentale alla quale abbiamo alluso, o che sia nostra intenzione ricollegarvele decisamente, giacché ciò equivarrebbe ad accordare un’importanza esagerata a cose che hanno invece soltanto un carattere episodico e non possono perciò esercitare alcuna influenza su concezioni la cui origine e natura sono in realtà di ordine totalmente diverso.
Così ci comporteremo anche in questa occasione; tuttavia dobbiamo ammettere che le considerazioni che esporremo in questo studio presentano inoltre un certo interesse più particolare nel presente momento, a motivo delle discussioni che negli ultimi tempi sono sorte sul problema dei rapporti tra religione e politica, problema che è soltanto una forma particolare assunta, in condizioni determinate, da quello più generale delle relazioni tra la sfera dello spirito e la sfera temporale. Sarebbe tuttavia un errore credere che le nostre considerazioni ci siano state dettate in modo più o meno diretto dalla situazione accidentale alla quale abbiamo alluso, o che sia nostra intenzione ricollegarvele decisamente, giacché ciò equivarrebbe ad accordare un’importanza esagerata a cose che hanno invece soltanto un carattere episodico e non possono perciò esercitare alcuna influenza su concezioni la cui origine e natura sono in realtà di ordine totalmente diverso.
Poiché è nostra abitudine cercare di chiarire in anticipo
tutti i malintesi che riusciamo a prevedere, desideriamo evitare innanzi tutto,
nel modo più netto ed esplicito possibile, questa interpretazione falsa che
taluni potrebbero dare al nostro pensiero, sia per passione politica o
religiosa, o per idee preconcette, sia invece anche soltanto per incomprensione
del punto di vista dal quale ci poniamo. Tutto quanto diremo in questo lavoro
lo avremmo detto anche, ed esattamente nello stesso modo, se i fatti che oggi
attirano l’attenzione generale sui problemi dei rapporti tra la sfera dello
spirito e la sfera del temporale non si fossero verificati; le circostanze
attuali ci hanno soltanto dimostrato, in modo più chiaro che mai, che era
necessario e opportuno parlarne; sono state, se si vuole, l’occasione che ci ha
spinto a esporre ora alcune verità invece di molte altre che ci ripromettiamo
ugualmente di formulare se non ce ne mancherà il tempo, ma che non ci appaiono
suscettibili di un’applicazione altrettanto immediata; questa è la sola
funzione che le circostanze hanno avuto nei nostri confronti.
Nelle discussioni a cui ci riferiamo, soprattutto ci ha
colpito il fatto che né l’una né l’altra parte si era preoccupata di situare i
problemi sul loro vero terreno, di distinguere cioè l’essenziale
dall’accidentale, i principi necessari dalle circostanze contingenti; occorre
dire che la cosa non ci ha sorpreso, perché vi abbiamo visto semplicemente un
nuovo esempio, dopo tanti altri, della confusione che oggi regna in ogni campo
e che noi, per i motivi espressi in opere precedenti[1],
consideriamo tipica del mondo moderno. Tuttavia non possiamo trattenerci dal
deplorare che la confusione si estenda anche ai rappresentanti di un’autorità
spirituale autentica: essi sembrano perdere di vista quella che dovrebbe
costituire la loro vera forza, cioè la trascendenza della dottrina in nome
della quale sono qualificati a parlare. Si sarebbe dovuto distinguere prima di
tutto la questione di principio dalla questione di opportunità: sulla prima non
ha senso discutere, giacché appartiene a una sfera che non può soggiacere ai
procedimenti essenzialmente «profani» della discussione; quanto alla seconda,
la quale d’altronde era di carattere meramente politico, e si potrebbe quasi
dire diplomatico, essa è in ogni caso molto secondaria e, rigorosamente
parlando, non deve avere alcuna influenza sulla questione di principio; di
conseguenza, sarebbe stato preferibile non dare all’avversario neppure la
possibilità di sollevarla, anche se si fosse trattato di semplici apparenze;
per quel che ci riguarda, aggiungeremo che essa non ci interessa minimamente.
Quanto a noi, intendiamo situarci esclusivamente nel campo
dei principi; così potremo permetterci di restare completamente al di fuori di
ogni discussione, di ogni polemica, diatriba di scuola o di partito, in cui non
vogliamo essere invischiati né da lontano né da vicino, a nessun titolo e in
nessuna misura. Poiché siamo assolutamente indipendenti da tutto quel che non
sia la verità pura e disinteressata, e siamo decisi a rimanerlo, ci proponiamo
semplicemente di dire come stanno le cose senza la minima preoccupazione di
piacere o dispiacere a chicchessia; non ci attendiamo niente né dagli uni né
dagli altri, non speriamo neppure che coloro che potrebbero trarre vantaggio
dalle idee che formuleremo ce ne siano grati in qualche modo, e del resto
questo ci importa pochissimo. Avvertiamo soltanto, ancora una volta, che non
siamo disposti a lasciarci rinchiudere in nessuno degli schemi abituali, e che
sarebbe vano tentare di applicarci una qualunque «etichetta», giacché, fra
tutte quelle che sono diffuse nel mondo occidentale, non ve n’è alcuna, in
realtà, che si adatti a noi; alcune insinuazioni, provenienti del resto in modo
simultaneo dalle direzioni più opposte, ci hanno dimostrato ancora di recente
che è opportuno ripetere una dichiarazione di questo genere, affinché le
persone di buona fede sappiano come regolarsi e non siano indotte ad
attribuirci intenzioni incompatibili con il nostro vero atteggiamento e con
quel punto di vista puramente dottrinale che è il nostro.
Grazie alla natura stessa di questo punto di vista,
svincolato da ogni contingenza, possiamo esaminare i fatti attuali con la
totale imparzialità con cui li esamineremmo se fossero avvenimenti appartenenti
a un passato lontano, avvenimenti di cui parleremo soprattutto quando dovremo
citare esempi storici per chiarire la nostra esposizione. È inteso che
attribuiamo al nostro scritto, come spiegavamo all’inizio, una portata del
tutto generale, la quale supera tutte le forme particolari che, secondo i tempi
e i luoghi, possono assumere il potere temporale e persino l’autorità
spirituale; ed è necessario che precisiamo, in particolare e senza tardare
ulteriormente, che quest’ultima non ha per noi obbligatoriamente la forma
religiosa, al contrario di ciò che comunemente si immagina in Occidente.
Lasciamo a ciascuno la possibilità di ricavare da queste considerazioni
l’applicazione che gli sembrerà più adatta a questo o quel caso particolare,
che volutamente ci asteniamo dall’esaminare in modo diretto; affinché tale
applicazione sia legittima e valida, è sufficiente che sia fatta in uno spirito
conforme al principi da cui ogni cosa dipende, spirito che noi chiamiamo
tradizionale nel senso proprio del termine, e del quale disgraziatamente tutte
le tendenze specificamente moderne sono l’antitesi o la negazione.
In quest’opera esamineremo precisamente un altro degli
aspetti della deviazione moderna, e sotto questo profilo lo studio attuale
completerà quanto abbiamo già spiegato negli scritti citati poco fa. Del resto,
sarà facile constatare che gli errori che si sono prodotti nel corso degli
ultimi secoli sul problema dei rapporti tra lo spirituale e il temporale sono
lungi dall’avere carattere di novità; ma le loro manifestazioni anteriori
avevano avuto soltanto conseguenze limitate, mentre oggi gli stessi errori si
sono in qualche modo incorporati nella mentalità comune fino a diventare parte
integrante di un modo di pensare e di essere che si estende sempre di più.
Questo fatto è particolarmente grave e inquietante; e, se non interverrà a
breve scadenza un «raddrizzamento», si può prevedere che il mondo moderno sarà
trascinato in qualche catastrofe, verso la quale sembra diretto a una velocità
sempre maggiore. Avendo esposto altrove le considerazioni che possono
giustificare questa affermazione[2], non
le ripeteremo; aggiungeremo soltanto questo: se nelle presenti circostanze c’è
ancora qualche speranza di salvezza per il mondo occidentale, pare che essa
debba consistere, almeno in parte, nel mantenimento della sola autorità
tradizionale che ancora vi sopravvive; ma è necessario che l’autorità abbia
piena coscienza di se stessa per essere in grado di fornire un fondamento
effettivo per tali sforzi che, altrimenti, corrono il rischio di rimanere
dispersi e non coordinati. Questo, per lo meno, è uno dei mezzi più immediati
che possono essere presi in considerazione per una restaurazione dello spirito
tradizionale; indubbiamente, ve ne sono altri, qualora il primo venisse a
mancare; ma poiché la restaurazione, che è anche l’unico rimedio al disordine
attuale, è il fine essenziale che ci proponiamo costantemente quando, uscendo
dalla metafisica pura, passiamo a considerare la situazione contingente, è
facile capire come non possiamo trascurare nessuna delle possibilità che si
offrono per raggiungerla, anche se tali possibilità sembrano avere per il
momento soltanto poche probabilità di realizzazione. Le nostre vere intenzioni
sono queste, e queste soltanto; tutte le altre che ci potrebbero essere
attribuite sono assolutamente inesistenti; e se poi qualcuno sostenesse che le
riflessioni che seguiranno ci sono state suggerite da influenze esteriori di
qualsivoglia natura, gli opponiamo in anticipo la smentita più formale.
Dopo tali precisazioni, che consideriamo per esperienza una
precauzione non inutile, crediamo di poterci dispensare, da ora in avanti, da
ogni allusione diretta all’attualità, affinché sia ancora più percepibile e
incontestabile il carattere rigorosamente dottrinale che vogliamo conservare a
tutti i nostri scritti. Indubbiamente, le passioni politiche o religiose non ne
saranno soddisfatte, ma di questo non potremo se non rallegrarci, giacché il
nostro compito non è di fornire argomenti a tali discussioni, che ci appaiono
del tutto vane, se non addirittura miserevoli, bensì di rammentare i principi,
il cui oblio è in fondo l’unica vera causa di tutte queste discussioni.
Ripetiamo che è la nostra stessa indipendenza a permetterci questa messa a
punto in spirito di assoluta imparzialità, senza concessioni o compromessi di
sorta. D’altronde, essa ci vieta anche qualsiasi funzione che non sia quella
che abbiamo or ora definito; si può infatti mantenere un’assoluta indipendenza
soltanto se non si abbandona la sfera dell’intellettualità pura, sfera che del
resto è quella dei principi essenziali e immutabili e dalla quale deriva più o
meno direttamente tutto il resto. Da essa deve necessariamente cominciare il
raddrizzamento di cui parlavamo poco fa: se si prescinde dal ricollegamento ai
principi, non si possono ottenere se non risultati meramente esteriori,
instabili e illusori; sennonché anche questa non è che una delle forme di
quell’affermazione della supremazia dello spirituale sul temporale che
costituirà l’argomento del presente studio.
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