"…la dottrina è infallibile, è a causa del fatto che essa è un’espressione della verità, la quale, in se stessa, è assolutamente indipendente dagli individui che la ricevono e che la comprendono. La garanzia della dottrina risiede in definitiva nel suo carattere «non-umano»". René Guénon, Considerazioni sull’iniziazione, cap. "Sull’infallibilità tradizionale"

domenica 6 luglio 2014

Muhyiddin Ibn ‘Arabî, 7/8 - Sulla fame

Muhyiddin Ibn ‘Arabî
7/8 - Sulla fame[1] 

Il Nome divino «il Ricco»[2] è un attributo negativo tramite il quale si nega il bisogno che Dio avrebbe del mondo: colui che ha bisogno di una cosa non può, per definizione stessa, essere autosufficiente nella sua relazione con questa. Per te, la «sufficienza» si realizza unicamente tramite le cause seconde (asbab) considerate in quanto relazioni particolari (nisab). Ogni relazione che sopprime per te il suo contrario ti regola; si può dire tuttavia che questa ti rende «sufficiente»?
Per saperlo, considera ciò che questa ti conferisce veramente: se, grazie a questa, tu puoi fare a meno di tutt’altra attribuzione particolare, la risposta sarà positiva; essa sarà negativa in caso contrario. Prendi l’esempio della sazietà (shab’): non puoi dire che puoi «fare a meno» della fame grazie a questa perché, secondo la sua realtà vera, la fame ti conferisce una certa purità, di delicatezza e di grazia, la presa di coscienza del tuo stato di servitù e della tua dipendenza[3]; da quel momento, tu la ricercherai e non potrai farne a meno.
Se la sazietà ti conferisse ciò che ti dà la fame, tu potresti fare a meno di quest’ultima che non è richiesta per se stessa ma unicamente per i vantaggi che procura e che abbiamo appena enumerato; se questi si ritrovassero nel suo contrario, non avremmo più bisogno della fame. Per contro, la fame naturale (at-tab’) può toglierceli e anzi allontanarcene. Ecco perché l’Inviato di Allâh* chiese rifugio (presso Allâh) contro la fame e disse di questa: «Che detestabile compagno!». Perché, se è vero che la fame può conferire tutto ciò che abbiamo enumerato in precedenza, non è certo, invece, che la dipendenza di cui essa è la causa si attualizzi nei confronti di Allâh: essa può anche ben attualizzarsi nei confronti di un «altro».
Per questa ragione, l’Inviato di Allâh* ha detto di questa: “Quale detestabile compagno!”. 
Almeno per la maggior parte degli uomini, perché i Maestri della Via iniziatica dicono da parte loro: «Se la fame fosse venduta al mercato, l’aspirante dovrebbe comprarla!». Quindi, se si considerasse la cosa dalla stessa angolazione del Profeta* egli metterebbe questa parola tra i sofismi delle Genti della Via. Del resto, è ciò che ha fatto Abu ar-Rahman as-Sulami[4] che ha consacrato delle pagine intere ai sofismi dei Sufi, ed è ciò che anche noi faremmo.
Bisogna dunque tener conto della definizione della fame e dell’estensione che si dà a questo termine, distinguere la fame concreta (muhaqqaq) e la fame in quanto immagine (mutakhayyal). La «richiesta di rifugio» profetica si applica unicamente alla prima, che conduce l’uomo a disobbedire alla Legge o a fare torto a se stesso se provocata deliberatamente. Questo spiega che l’Inviato di Allâh* non ha tollerato la fame che costretto e forzato; lo stesso, i Sapienti per Allâh, presso cui l’equilibrio (‘adl) è una qualità essenziale.

 8[5]  
Ho fame. Non digiuno. La mia anima in verità mi combatte per ottenere la ricompensa collegata al digiuno.  
Che svanisca questa ricompensa derisoria, e allora ci verrà detto non solo del digiuno obbligatorio, ma anche della veglia!  
Il servitore rimane servitore di Allâh fintanto che non nasconde nella sua anima un bersaglio alla portata di un lanciatore di frecce (râmin)[6] 

 

Da: Charles-André Gilis,  Ibn 'Arabi, Textes sur le jeûne, Al-Bouraq , 1996



[1]Al-Futûhât al-Mekkiyah, capitolo 292 - [Tradotto dall’arabo da Abd ar-Razzâq Yahyâ (Charles-André Gilis) in Textes sur le jeûne - ndr]. 
[2]Al-Ghani; letteralmente: «Colui che basta a se stesso». 
[3]  L’idea essenziale di questo testo è che l’«indipendenza» e l’«autosufficienza» del servitore sono sempre relative. 
[4]Cf. Tabaqat as-Sufiyya. 
[5]Al-Futûhât al-Mekkiyah, capitolo 71, vol. 9, pag. 306 dell’ediz. O. Yahya - [Tradotto dall’arabo da Abd ar-Razzâq Yahyâ (Charles-André Gilis) in Textes sur le jeûne - ndr]. 
[6]  L’aspetto negativo della fame si riferisce qui alla ricerca di una ricompensa che sarebbe altra che Allâh Stesso, vale a dire di ogni «bersaglio» che resterebbe alla portata di un lanciatore di frecce. Il digiuno è una teofania essenziale; esso esprime la Servitù assoluta (‘ubuda) che è, sul piano iniziatico, la negazione di qualsiasi «altro che Allâh».

Nessun commento:

Posta un commento