Il Regno della Quantità e i Segni dei Tempi
36. La pseudo-iniziazione
Quando diamo la qualifica di «satanica» all’azione
antitradizionale i cui diversi aspetti stiamo studiando qui, dev’essere fuori
questione che questo è del tutto indipendente dall’idea più particolare che
ognuno potrà farsi di ciò che è chiamato «Satana», in conformità con vedute
teologiche o d’altro tipo, poiché è chiaro che le «personificazioni» non hanno
importanza dal nostro punto di vista e non debbono minimamente intervenire in
queste considerazioni.
Quel che bisogna prendere in esame è, da un lato, lo spirito di negazione e di sovversione in cui «Satana» si risolve metafisicamente, quali che siano le forme specifiche che egli può rivestire per manifestarsi in questo o quell’altro campo, e, d’altro lato, quel che propriamente lo rappresenta e per così dire lo «incarna» nel mondo terrestre in cui consideriamo la sua azione: intendiamo riferirci specificamente a quella che abbiamo chiamato «contro-iniziazione».
Quel che bisogna prendere in esame è, da un lato, lo spirito di negazione e di sovversione in cui «Satana» si risolve metafisicamente, quali che siano le forme specifiche che egli può rivestire per manifestarsi in questo o quell’altro campo, e, d’altro lato, quel che propriamente lo rappresenta e per così dire lo «incarna» nel mondo terrestre in cui consideriamo la sua azione: intendiamo riferirci specificamente a quella che abbiamo chiamato «contro-iniziazione».
Si osservi che diciamo
«contro-iniziazione» e
non «pseudo-iniziazione» che è qualcosa di molto diverso. In effetti non si
deve confondere il contraffattore con la contraffazione, di cui la
«pseudo-iniziazione»,
quale esiste oggi in numerose organizzazioni, la maggior parte delle quali si
ricollegano a qualche forma di «neospiritualismo», non è in definitiva se non
uno dei molteplici esempi, allo stesso titolo di quelli già da noi constatati
in ordini diversi, anche se essa, come contraffazione dell’iniziazione,
presenta forse una importanza ancor maggiore che non la contraffazione di
qualsiasi altra cosa. La «pseudo-iniziazione» è realmente uno dei prodotti
dello stato di disordine e di confusione provocato, all’epoca moderna,
dall’azione «satanica» che ha il suo punto di partenza cosciente nella
«contro-iniziazione»; essa può anche essere, in maniera incosciente, uno
strumento di quest’ultima, ma, in fondo, ciò è ugualmente vero, all’uno o
all’altro livello, per tutte le altre contraffazioni, nel senso che tutte
quante sono altrettanti mezzi ausiliari alla realizzazione dello stesso piano
di sovversione, cosicché ciascuno svolge esattamente la funzione più o meno
importante che in questo insieme gli è assegnata, il che, del resto, rappresenta
ancora una specie di contraffazione dell’ordine e dell’armonia stessi contro i
quali, appunto, tutto questo piano è diretto.
La «contro-iniziazione», invece, non è certo una semplice
illusoria contraffazione, ma qualcosa di assolutamente reale nell’ordine che le
è proprio, come l’azione da essa effettivamente esercitata non fa che
dimostrare; quanto meno, è una contraffazione solo nel senso che imita
necessariamente l’iniziazione come un’ombra invertita, anche se la sua
intenzione vera non è quella di imitarla, bensì di opporlesi. Questa pretesa,
però, è vana per forza di cose, in quanto il campo metafisico e spirituale, che
è al di là di tutte le opposizioni, le è assolutamente interdetto; tutto ciò
che essa può fare è di ignorarlo o di negarlo, nell’assoluta impossibilità di
andare al di là del «mondo intermedio», cioè quel campo psichico che è
d’altronde, e per tutti i versi, il campo privilegiato dell’influenza di
Satana, tanto nell’ordine umano quanto nell’ordine cosmico;[1]
ma l’intenzione tuttavia esiste, con l’implicito partito preso di andare
proprio in senso opposto a quello dell’iniziazione. Quanto alla «pseudo-iniziazione», si tratta di una pura e
semplice parodia: si può dire cioè che non è niente in se stessa, che è priva
di ogni realtà profonda, oppure, se si vuole, che il suo valore intrinseco, non
essendo positivo come quello dell’iniziazione e neppure negativo come quello
della «contro-iniziazione», è semplicemente nullo; tuttavia, se essa non si
riduce ad un gioco più o meno inoffensivo, come in queste condizioni si
potrebbe essere tentati di credere, ciò dipende da quanto abbiamo spiegato a
grandi linee del vero carattere delle contraffazioni e della funzione cui esse
sono destinate; per di più, nel caso specifico, bisogna aggiungere che i riti,
in virtù della loro natura «sacra» nel più rigoroso senso della parola, sono
cose che non si possono mai simulare impunemente. Inoltre, le contraffazioni
«pseudo-tradizionali», a cui si riferiscono tutte le già segnalate snaturazioni
dell’idea di tradizione, raggiungono qui la loro massima gravità, prima di
tutto perché si traducono in un’azione effettiva invece di rimanere allo stato
di più o meno vaghe concezioni, e secondariamente perché il loro attacco verte
sull’aspetto «interiore» della tradizione, su ciò che ne costituisce veramente
lo spirito, ossia sul campo esoterico e iniziatico.
Veramente rimarchevoli sono gli sforzi che la
«contro-iniziazione» dedica all’introduzione dei propri agenti nelle
organizzazioni «pseudo-iniziatiche»; costoro le «ispirano» all’insaputa dei
loro membri ordinari e, spesso, anche dei loro capi apparenti, i quali ultimi
sono, come gli altri, altrettanto all’oscuro della causa di cui sono al
servizio; in effetti però, bisogna dire che un’analoga introduzione avviene ovunque
sia possibile, in tutti i «movimenti» più esteriori del mondo contemporaneo,
politici o di altro genere, e, come dicevamo prima, perfino nelle
organizzazioni autenticamente iniziatiche o religiose, dove lo spirito
tradizionale si è tuttavia ormai troppo affievolito perché essi siano ancora capaci
di resistere a questa insidiosa penetrazione. Tuttavia, a parte quest’ultimo
caso che permette di esercitare nel modo più diretto possibile un’azione
dissolvente, le organizzazioni «pseudo-iniziatiche»
sono senza dubbio quelle che attirano maggiormente l’attenzione della
«contro-iniziazione» e ne fanno l’oggetto dei suoi sforzi più notevoli, proprio
perché l’opera che essa si propone, ed in cui in definitiva si riassume tutto
il suo modo d’essere, è innanzitutto antitradizionale. È del resto molto
probabilmente questa la ragione dell’esistenza di innumerevoli legami tra le
manifestazioni «pseudo-iniziatiche» e tutte le specie di altre cose che a prima
vista sembrerebbero non dover avere con esse il minimo rapporto, ma che, tutte,
sono rappresentative dello spirito moderno in qualcuno dei suoi aspetti più
spiccati;[2]
perché, se così non fosse, gli «pseudo-iniziati» svolgerebbero costantemente in
tutto ciò una funzione così importante? Si può affermare che, fra gli strumenti
ed i mezzi d’ogni genere messi in azione a questo scopo, la
«pseudo-iniziazione» deve logicamente, per la sua stessa natura, occupare il
primo rango; è fuori questione che essa non è altro che un ingranaggio, ma un
ingranaggio che può comandarne molti altri e sul quale questi altri vengono in
qualche modo ad ingranarsi ricevendone il proprio impulso. E così la
contraffazione continua: la «pseudo-iniziazione» imita in questo modo la
funzione di motore invisibile la quale, di norma, appartiene in proprio
all’iniziazione. Ma attenzione: l’iniziazione rappresenta veramente e
legittimamente lo spirito, animatore principale di tutte le cose, mentre
invece, per quanto riguarda la «pseudo-iniziazione», lo spirito è evidentemente
assente. Ne risulta, come conseguenza immediata, che l’azione così esercitata,
invece di essere realmente «organica», ha necessariamente un carattere
puramente «meccanico», il che del resto giustifica pienamente il paragone degli
ingranaggi da noi adoperato; non è forse appunto questo carattere che, come
abbiamo visto, si ritrova nella maniera più sorprendente dappertutto nel mondo
attuale, mondo dove la macchina invade sempre più tutto quanto, dove lo stesso
essere umano, durante tutta la sua attività, è ridotto a somigliare il più possibile
ad un automa dal momento che ogni spiritualità gli è stata sottratta? Ma è
appunto qui che risalta evidente tutta l’inferiorità delle produzioni
artificiali, anche se un’abilità «satanica» ha presieduto alla loro
elaborazione; si possono fabbricare delle macchine, ma non degli esseri
viventi, perché, ancora una volta, è lo spirito che manca e mancherà sempre.
Abbiamo parlato di «motore invisibile», e, a parte la
volontà d’imitazione che ulteriormente si evidenzia a questo proposito, vi è in
questa specie d’«invisibilità», per relativa che sia, un incontestabile
vantaggio della «pseudo-iniziazione», nello svolgere la suddetta funzione, su
ogni altra cosa di carattere più «pubblico». Non che le organizzazioni
«pseudo-iniziatiche» pongano in genere una grande attenzione a dissimulare la
loro esistenza: ce ne sono che arrivano addirittura a fare un’aperta propaganda
del tutto incompatibile con le loro pretese esoteriche; ma, ciò nonostante,
esse sono ancora quanto c’è di meno appariscente, e quanto di meglio si presta
all’esercizio di un’azione «discreta», per cui sono quelle con le quali la
«contro-iniziazione» può entrare più direttamente in contatto, senza tema che
il suo intervento rischi d’essere smascherato, tanto più che, in questi
ambienti, è sempre facile trovare qualche mezzo per parare le conseguenze di
un’indiscrezione o di un’imprudenza. Bisogna dire anche che gran parte del
pubblico, pur essendo più o meno al corrente dell’esistenza di organizzazioni
«pseudo-iniziatiche», non è abbastanza informato su cosa esse siano, ed è poco
propenso ad annettervi importanza non vedendo in esse che semplici
«eccentricità» prive di seria portata; e tale indifferenza, sia pure
involontariamente, è anch’essa al servizio di quegli stessi disegni, con non
minore efficacia del segreto più rigoroso.
Abbiamo cercato di far capire il più esattamente possibile
la funzione reale, anche se inconsapevole, della «pseudo-iniziazione», e la
vera natura dei suoi rapporti con la «contro-iniziazione»; bisognerebbe ancora
aggiungere che quest’ultima, almeno in certi casi, può trovarvi un posto di
osservazione e di selezione per il proprio reclutamento, ma non è questo il
luogo adatto per insistere su tale argomento. Non si può fornire altro che
un’idea molto approssimativa sulla molteplicità e complessità incredibili delle
ramificazioni effettivamente esistenti fra tutte queste cose, e di cui solo uno
studio diretto e dettagliato potrebbe permettere di rendersi conto; ma è
sottinteso che qui è soltanto il «principio», se così si può dire, ad
interessarci. E non è tutto: finora abbiamo visto, insomma, perché l’idea
tradizionale è contraffatta dalla «pseudo-iniziazione»; resta da vedere con
maggior precisione in che modo lo è, acciocché queste considerazioni non diano
l’impressione di restare limitate ad un ordine troppo esclusivamente «teorico».
Uno dei mezzi più semplici che le organizzazioni
«pseudo-iniziatiche» hanno a disposizione per fabbricare una falsa tradizione
ad uso dei loro aderenti, è certamente il «sincretismo», il quale consiste nel
riunire bene o male elementi presi a prestito un po’ dappertutto, nel
giustapporli in qualche modo «dall’esterno», senza alcuna comprensione reale di
quel che essi rappresentano veramente nelle diverse tradizioni a cui
specificamente appartengono. Ma poiché occorre dare a questa accozzaglia più o
meno informe una certa apparenza di unità, allo scopo di poterla presentare
come una «dottrina», si cercherà di
raggruppare quegli elementi intorno a certe «idee direttrici», le quali a loro
volta, ben lungi dall’avere un’origine tradizionale, saranno in generale
concezioni del tutto profane e moderne, cioè prettamente antitradizionali;
l’idea di «evoluzione», come abbiamo fatto notare parlando del
«neospiritualismo», svolge a questo riguardo una funzione preponderante. È
chiaro che le cose ne vengono di conseguenza singolarmente aggravate: in queste
condizioni, non si tratta più della semplice costituzione di una specie di
«mosaico» di relitti tradizionali, il quale in definitiva potrebbe essere solo
un gioco vano, ma praticamente inoffensivo; si tratta invece di qualcosa che
tende a «snaturare», o meglio, «deviare» gli elementi presi a prestito, perché
con questi metodi si sarà indotti ad attribuir loro, in accordo con l’«idea
direttrice», un significato così alterato da essere in diretto contrasto con
quello tradizionale. È fuori questione, del resto, che coloro i quali agiscono
così possono benissimo non esserne nettamente coscienti, in quanto la mentalità
moderna, che è loro propria, può rendere completamente ciechi al riguardo; in
tutto ciò occorre per prima cosa far posto alla pura e semplice incomprensione
causata da tale mentalità, e in seguito, o meglio ancora soprattutto, alle
«suggestioni» di cui questi «pseudo-iniziati» sono le prime vittime prima di
contribuire per conto loro ad inculcarle in altri; ma tale incoscienza non
modifica per nulla il risultato, né minimamente attenua il pericolo di questo
genere di cose, le quali non sono per ciò meno adatte, sia pure «a posteriori»,
ai fini che la «contro-iniziazione» si propone. È anche possibile il caso di
agenti di quest’ultima, i quali, attraverso un intervento più o meno diretto,
abbiano potuto provocare o ispirare la formazione di simili
«pseudo-tradizioni»; senza dubbio se ne potrebbero trovare degli esempi, ma ciò
non significa che anche allora tali agenti coscienti siano stati i creatori
apparenti e noti delle forme «pseudo-iniziatiche» in questione, poiché è
evidente che la prudenza impone loro di dissimularsi sempre, il più possibile, dietro
semplici strumenti inconsapevoli.
Quando parliamo d’incoscienza, la intendiamo soprattutto nel
senso che chi elabora nel modo suddetto una «pseudo-tradizione» è in genere del
tutto ignorante dei fini a cui essa in realtà serve; più difficile è ammettere
che la sua buona fede, circa il carattere ed il valore di una simile
produzione, sia altrettanto completa; tuttavia, anche a questo proposito, è
possibile talora che in una certa misura costoro siano degli illusi, oppure che
vengano illusi come nel caso da noi menzionato per ultimo. Molto spesso bisogna
anche tener conto di certe «anomalie» d’ordine psichico che complicano ancora
le cose, e che, del resto, costituiscono un terreno favorevole a che le
influenze e le suggestioni di ogni genere possano esercitarsi con la massima
potenza; a questo proposito facciamo soltanto notare, senza insistervi oltre,
la funzione non trascurabile che «chiaroveggenti» ed altri «sensitivi» hanno
spesso svolto in tale ordine di cose. Però, nonostante tutto, esiste sempre un
punto in cui la soperchieria cosciente ed il ciarlatanismo diventano una specie
di necessità per i dirigenti di una organizzazione «pseudo-iniziatica»:
difatti, se qualcuno arriva ad accorgersi, cosa nemmeno troppo difficile, degli
elementi presi a prestito più o meno maldestramente dall’una o dall’altra
tradizione, come potrebbe riconoscerli senza vedersi di conseguenza obbligato a
confessare di non essere in realtà che un semplice profano? In casi simili
costoro, in generale, non esitano a rovesciare i rapporti, e a dichiarare
audacemente che è la loro propria «tradizione» a rappresentare la «fonte»
comune di tutte quelle che hanno depredato; e, anche se non arrivano a
convincere tutti quanti, trovano pur sempre degli ingenui pronti a crederli
sulla parola, in numero sufficiente a che la loro situazione di «capi scuola»,
cui generalmente tengono sopra ogni cosa, non rischi d’esser seriamente
compromessa, tanto più che essi badano abbastanza poco alla qualità dei loro
«discepoli» e che, conformemente alla mentalità moderna, ben più importante
sembra loro la quantità; cosa che del resto è sufficiente a dimostrare quanto
lontano essi siano dall’aver la più elementare nozione della reale essenza
dell’esoterismo e dell’iniziazione.
Non è nemmeno il caso di dire che tutto quanto stiamo
descrivendo non risponde soltanto a più o meno ipotetiche possibilità, bensì a
fatti reali e debitamente constatati; se dovessimo citarli tutti non
arriveremmo più alla fine, ed in fondo faremmo un’opera di scarsa utilità;
qualche esempio caratteristico può bastare. Così, è in virtù del succitato
procedimento «sincretistico» che ha visto la luce la pretesa «tradizione
orientale» dei Teosofisti, la quale di orientale ha soltanto una terminologia
mal compresa e mal applicata; e poiché il mondo è sempre «diviso contro se
stesso», secondo le parole del Vangelo, ecco gli occultisti francesi, per
spirito di opposizione e di concorrenza, fabbricare a loro volta una sedicente
«tradizione occidentale» dello stesso genere, molti elementi della quale,
specie quelli ricavati dalla Cabbala, difficilmente possono dirsi occidentali
sia per origine, sia per il modo in cui vengono interpretati. I primi
presentarono la loro «tradizione» come l’espressione stessa della «saggezza
antica»; i secondi, forse di pretese un po’ più modeste, cercarono soprattutto
di far passare il loro «sincretismo» per una «sintesi», abusando di
quest’ultimo termine come pochi al mondo. Se i primi si mostravano assai più
ambiziosi, è forse perché, di fatto, all’origine del loro «movimento» c’erano
influenze piuttosto enigmatiche, di cui essi stessi sarebbero stati senza
dubbio incapaci di determinare la vera natura; i secondi, invece, sapevano
anche troppo bene che dietro a loro non c’era nulla e che la loro opera era
frutto di poche individualità ridotte ai propri soli mezzi; infatti, se ciò
nonostante avvenne anche qui l’intrusione di «qualcosa» d’altro, si trattò
certamente di un fenomeno molto tardivo. Non è difficile applicare ai due casi,
considerati sotto questo rapporto, quanto abbiamo appena detto, dopodiché
possiamo lasciare a chiunque di trarne da solo le logiche conseguenze.
È fuori questione che non ci fu mai qualcosa di autentico
che avesse il nome di «tradizione orientale» o di «tradizione occidentale»:
denominazioni del genere sono manifestamente troppo vaghe perché possano essere
applicate ad una forma tradizionale definita; infatti, a meno che si risalga
alla tradizione primordiale, fuori causa qui per ragioni facili da capire, a
parte il fatto di non essere questa né orientale né occidentale, ci sono e ci
furono sempre molteplici e diverse forme tradizionali, sia in Oriente che in
Occidente. Altri hanno creduto di far meglio e di ispirare più facilmente
fiducia appropriandosi del nome stesso di qualche tradizione realmente esistita
in un’epoca più o meno lontana, facendone l’etichetta per una costruzione
altrettanto eteroclita quanto le precedenti; in effetti, pur servendosi di ciò
che più o meno sono riusciti a sapere della tradizione su cui hanno gettato gli
occhi, essi sono obbligati a completare i pochi dati, sempre molto frammentari
e spesso in parte ipotetici, ricorrendo ad altri elementi presi a prestito
altrove, se non completamente immaginari. In ogni caso, appare evidente ad un
esame minimo lo spirito specificamente moderno che ha presieduto alla
elaborazione di tali produzioni e che invariabilmente si traduce nella presenza
di qualcuna di quelle stesse «idee direttrici» cui facevamo allusione prima;
non è quindi necessario spingere oltre le ricerche, né darsi la pena di
determinare esattamente e nei particolari la provenienza reale di tale o tal
altro elemento dell’insieme, perché questa constatazione basta da sola a
dimostrare, senza dubbi di sorta, che si è in presenza di una pura e semplice
contraffazione.
L’esemplificazione più probante che si possa fornire a
proposito di quest’ultimo caso è data dalle numerose organizzazioni che
all’epoca attuale vengono denominate «rosacruciane», e che, è implicito, non
mancano d’essere vicendevolmente in contraddizione nonché di combattersi più o
meno apertamente, pur pretendendo di rappresentare egualmente una sola ed unica
«tradizione». Di fatto, si può dare pienamente ragione ad ognuna di esse senza
eccezioni nella denuncia delle concorrenti come illegittime e fraudolente;
certo non ci fu mai tanta gente ad autodefinirsi «rosacruciana», o addirittura
«Rosacrace», come a partire dal momento in cui di autentici rosacruciani e
Rosacroce non ce ne furono più. È del resto assai poco pericoloso farsi passare
per la continuazione di una cosa interamente del passato, soprattutto quando le
smentite sono tanto meno temibili quanto più la cosa è avvolta nell’oscurità,
come nel caso specifico, in cui la fine è ancora meno nota dell’origine; chi
infatti, tra il pubblico profano, o anche tra gli «pseudo-iniziati», può sapere
cosa fu esattamente la tradizione che, durante un certo periodo, si qualifica
come rosacruciana? È opportuno aggiungere che le nostre osservazioni
concernenti l’usurpazione del nome di una organizzazione iniziatica non si
applicano ad un caso come quello della pretesa «Gran Loggia Bianca», della
quale, cosa assai curiosa, sempre più si parla un po’ da tutte le parti e non
solo da parte dei teosofisti; in effetti, questa denominazione non ha mai avuto
in nessun posto il benché minimo carattere autenticamente tradizionale, e, se
tale nome convenzionale può servire da «maschera» a qualcosa che possegga una
realtà qualsiasi, non è certamente nel campo iniziatico che in ogni caso
conviene ricercarlo.
Molto spesso è stato criticato il sistema usato da certuni
di relegare i «Maestri» ai quali si appoggiano in qualche regione praticamente
inaccessibile dell’Asia centrale o altrove; effettivamente si tratta di un
metodo assai facile per rendere inverificabili le loro asserzioni, e del resto
non è il solo, perché anche l’allontanamento nel tempo può svolgere a questo
proposito una funzione esattamente paragonabile a quella dell’allontanamento
nello spazio. Così altri non esitano a pretendere d’essere ricollegati a
qualche tradizione completamente scomparsa ed estinta da secoli, se non
addirittura da millenni; è vero che, a meno che essi non osino arrivare a dire
che quella tradizione si è perpetuata per tutto questo tempo in modo così
segreto e così ben nascosto da impedire a chiunque, se non a loro, di scoprirne
la minima traccia, ciò li priva dell’apprezzabile vantaggio di rivendicare
quella filiazione diretta e continua che nel caso specifico non avrebbe nemmeno
l’apparenza di verosimiglianza che può ancora avere quando si tratti di una
forma in definitiva recente come lo è la tradizione rosacruciana; questa
mancanza non sembra però avere ai loro occhi grande importanza, perché sono
talmente ignoranti delle vere condizioni dell’iniziazione da immaginare di buon
grado che un semplice ricollegamento «ideale» senza alcuna trasmissione
regolare possa far le veci di un ricollegamento effettivo. Inoltre è chiaro che
una tradizione si presterà tanto meglio alle più fantasiose «ricostituzioni»
quanta più sia completamente perduta e dimenticata, e quanto meno si sappia
come giudicare il significato reale delle vestigia che ne permangono, vestigia
alle quali si potrà pertanto far dire pressappoco tutto quel che si vorrà;
ognuno vi metterà naturalmente solo quanto si conforma alle sue idee; senza
dubbio, non si vedono altre ragioni, se non questa, per dar ragione del
particolare «sfruttamento» della tradizione egizia a tale proposito e per
spiegare perché tanti «pseudo-iniziati» di varie scuole le testimonino una
predilezione diversamente incomprensibile. Ad evitare qualsiasi falsa
applicazione di quel che abbiamo detto qui, teniamo a precisare che tali
osservazioni non riguardano minimamente i riferimenti all’Egitto o altre cose
di questo genere che talora si possono incontrare anche in certe organizzazioni
iniziatiche, e che però vi hanno esclusivamente il carattere di «leggende»
simboliche, senza pretese ad una sopravvalutazione inerente all’origine; noi
abbiamo di mira soltanto ciò che può farsi passare per una restaurazione,
valida come tale, di una tradizione o di una iniziazione non più esistente,
restaurazione che del resto, anche nell’impossibile ipotesi di essere esatta in
ogni punto e completa, non avrebbe altro interesse in se stessa se non quello
di una semplice curiosità archeologica.
Con ciò terminiamo queste considerazioni già estese, e
ampiamente sufficienti a far capire che cosa siano in linea generale tutte
quelle contraffazioni «pseudo-iniziatiche» dell’idea tradizionale, così
caratteristiche della nostra epoca: una mescolanza più o meno coerente (assai
meno che più) di elementi in parte presi a prestito e in parte inventati, il
tutto dominato dalle concezioni antitradizionali proprie dello spirito moderno,
e che di conseguenza non può che diffondere sempre più tali concezioni col
farle passare, per qualcuno, come tradizionali, tacendo dell’inganno manifesto
che consiste nel far passare per «iniziazione» ciò che in realtà ha un
carattere esclusivamente profano, per non dire «profanatore». Dopo di che, se
si facesse osservare, come una specie di circostanza attenuante, che in quel
contesto vi sono quasi sempre, nonostante tutto, alcuni elementi la cui
provenienza è realmente tradizionale, risponderemmo quanto segue: qualsiasi
imitazione, per farsi accettare, deve naturalmente assumere almeno qualcuna
delle sembianze di ciò che simula, ma è appunto questo che ne aumenta il
pericolo; la menzogna più abile e più funesta non è forse appunto quella che
mescola in modo inestricabile il vero con il falso, cercando così di far
servire quello al trionfo di questo?
[1]
Secondo la dottrina islamica è attraverso la nafs (l’anima) che lo Shaytân
ha presa sull’uomo, mentre il rûh (lo
spirito), la cui essenza è pura luce, è al di là dei suoi attacchi.
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