René Guénon
Il Regno della Quantità e i Segni dei Tempi
39. La grande parodia o la spiritualità alla rovescia
La costituzione della «contro-tradizione» ed il suo
apparente momentaneo trionfo, come può rendersi conto senza difficoltà chi ha
seguito sin qui le nostre considerazioni, saranno propriamente il regno di
quella che abbiamo chiamato «spiritualità alla rovescia»: si tratterà
naturalmente solo di una parodia della spiritualità, o meglio di una sua
imitazione in senso inverso, di modo che avrà tutta l’apparenza d’essere
l’opposto di tale spiritualità. Se abbiamo parlato di apparenza e non di realtà,
è perché, quali che siano le sue pretese, nessuna simmetria od equivalenza è
possibile in un campo del genere.
Su questo punto è doveroso insistere perché molti, lasciandosi ingannare dalle apparenze, credono nell’esistenza di due principi opposti che si contendono la supremazia del mondo: è una concezione erronea, analoga in fondo a quella comunemente attribuita a torto o a ragione ai Manichei, e che, in linguaggio teologico, mette Satana allo stesso livello di Dio; vi è senza dubbio attualmente una quantità di gente la quale, in questo senso, è «manichea» senza sospettarlo, subisce cioè gli effetti di una «suggestione» delle più perniciose.
Su questo punto è doveroso insistere perché molti, lasciandosi ingannare dalle apparenze, credono nell’esistenza di due principi opposti che si contendono la supremazia del mondo: è una concezione erronea, analoga in fondo a quella comunemente attribuita a torto o a ragione ai Manichei, e che, in linguaggio teologico, mette Satana allo stesso livello di Dio; vi è senza dubbio attualmente una quantità di gente la quale, in questo senso, è «manichea» senza sospettarlo, subisce cioè gli effetti di una «suggestione» delle più perniciose.
Questa concezione, infatti, equivale
all’affermazione di una dualità principiale radicalmente irriducibile, o, in
altri termini, alla negazione dell’Unità suprema che è al di là di tutte le
opposizioni e di tutti gli antagonismi; che una negazione del genere sia
appannaggio degli aderenti alla «contro-iniziazione» non c’è da stupirsi ed
essa può perfino essere sincera, per gente a cui il campo metafisico sia
ermeticamente chiuso; ancor più evidente è la necessità che essi hanno di
diffondere e di imporre questa concezione, poiché è soltanto così che possono
riuscire a farsi passare per ciò che non sono e non possono essere realmente, e
cioè per i rappresentanti di qualcosa che potrebbe esser messo in parallelo con
la spiritualità ed anche finalmente avere la meglio su di essa.
Questa «spiritualità alla rovescia», per la verità, è dunque
solo una falsa spiritualità, falsa all’estremo limite del concepibile; ma si
può parlare anche di falsa spiritualità tutte le volte che, per esempio, lo
psichico viene scambiato per lo spirituale, anche senza andare necessariamente
fino a questa sovversione totale; perciò l’espressione «spiritualità alla
rovescia» è quella che meglio serve a definirla, a condizione naturalmente di
spiegare con precisione in che modo va intesa. Ecco cos’è in realtà il
«rinnovamento spirituale» di cui taluni, talvolta molto inconsapevolmente,
annunciano con insistenza il prossimo avvento, o anche la «nuova era» in cui si
tenta con tutti i mezzi di introdurre l’umanità attuale,[1]
e che la condizione d’«attesa» generale, creata mediante la diffusione delle
predizioni di cui abbiamo parlato, può contribuire effettivamente ad
affrettare. L’attrazione per il «fenomeno», già da noi segnalata come uno dei
fattori determinanti la confusione tra psichico e spirituale, può ugualmente
svolgere a questo proposito una funzione molto importante, poiché è per tramite
suo che la maggior parte degli uomini verranno conquistati e ingannati al tempo
della «contro-tradizione», in quanto è detto che i «falsi profeti» che
sorgeranno allora «faranno grandi prodigi e cose stupefacenti fino a sedurre,
se fosse possibile, gli stessi eletti».[2]
È soprattutto sotto questo rapporto che le manifestazioni della «metapsichica»
e delle diverse forme del «neospiritualismo» possono apparire già come una
specie di «prefigurazione» di quanto dovrà verificarsi in seguito, benché ne
diano solo una pallida idea; in fondo saranno sempre in gioco le stesse forze
sottili inferiori, ma che a quel momento verranno messe in azione con una
potenza incomparabilmente maggiore; e quando si vede come la gente sia sempre
disposta ad accordare ad occhi chiusi la più completa fiducia a tutte le
divagazioni di un semplice «medium», soltanto perché convalidate da «fenomeni»,
come stupirsi se la seduzione dovrà essere pressoché generale? È per questa
ragione che non si ripeterà mai abbastanza come i «fenomeni», in se stessi, non
provino assolutamente niente quanto alla verità di una dottrina o d’un
qualsiasi insegnamento, e come sia proprio questo il campo per eccellenza della
«grande illusione», ove tutto ciò che appare a certa gente come segno di
«spiritualità» può sempre essere simulato e contraffatto dal gioco delle forze
inferiori in questione; questo è anche forse il solo caso in cui l’imitazione
possa essere veramente perfetta, perché sono esattamente gli stessi «fenomeni»,
intesi nel loro significato specifico di apparenze esteriori, che si producono
in entrambi i casi: la differenza risiede esclusivamente nella natura delle
cause che rispettivamente intervengono in essi; e poiché la gran maggioranza
degli uomini è necessariamente incapace di determinare queste cause, la miglior
cosa da farsi è in definitiva di non attribuire la benché minima importanza a
tutto ciò che è «fenomeno», anzi di vedervi piuttosto a priori un segno
sfavorevole; ma come farlo capire alla mentalità «sperimentale» dei nostri
contemporanei, mentalità la quale, dopo esser stata manipolata dal punto di
vista «scientistico» dell’«antitradizione», diventa finalmente uno dei fattori
che possono contribuire nel modo più efficace al successo della «contro-tradizione»?
Il «neospiritualismo», e la «pseudo-iniziazione» che ne
deriva, sono come una parziale «prefigurazione» della «contro-tradizione» anche
da un altro punto di vista: intendiamo riferirci alla già segnalata
utilizzazione di elementi autenticamente tradizionali in origine, ma deviati
dal loro vero significato e posti in certo qual modo al servizio dell’errore:
questa deviazione è in definitiva l’incamminarsi verso il capovolgimento
completo che dovrà caratterizzare la «contro-tradizione» (e di cui del resto
abbiamo visto un esempio significativo nel rovesciamento intenzionale dei
simboli), anche se nella «contro-tradizione» non sarà soltanto questione di
elementi frammentari e dispersi; nell’intenzione dei suoi autori infatti, essa
dovrà dare l’illusione di qualcosa di simile o addirittura di equivalente a ciò
che costituisce l’integralità di una tradizione vera, con tutte le applicazioni
che le sono proprie nei vari campi. È da notare, a questo proposito, come la
«contro-iniziazione», pur inventando e diffondendo per i suoi fini tutte le idee
moderne caratteristiche dell’«antitradizione» negativa, sia perfettamente
cosciente della falsità di tali idee, e sappia evidentemente anche troppo bene
a cosa attenersi; ma ciò sta appunto ad indicare come, nella sua intenzione,
questa sia soltanto una fase transitoria e preliminare, in quanto una simile
organizzazione di menzogna cosciente non può come tale essere il vero ed unico
scopo che essa si propone; tutto ciò è destinato solo a preparare la successiva
venuta di qualcos’altro, che a sua volta dovrà apparire come un risultato più
«positivo», e che sarà precisamente la «contro-tradizione». È per questa
ragione che, in particolare nelle diverse produzioni di cui è indubbia
l’origine o l’ispirazione «contro-iniziatica», si vede già delinearsi l’idea di
un’organizzazione che sarebbe come la contropartita, e appunto perciò la
contraffazione, d’una concezione tradizionale come quella del «Sacro Impero»,
organizzazione che dovrà essere l’espressione della «contro-tradizione»
nell’ordine sociale; ed è anche per questa ragione che l’Anticristo, secondo la
terminologia della tradizione indù, potrà esser denominato Chakravartî alla rovescia.[3]
Il regno della «contro-tradizione», in effetti, è, molto
esattamente, ciò che è designato come il «regno dell’Anticristo»: questi,
qualunque idea si possa averne, è comunque colui che concentrerà e sintetizzerà
in se stesso, in vista di tale opera finale, tutte le potenze della
«contro-iniziazione», sia che lo si concepisca come un individuo, sia come una
collettività; in un certo senso potrebbe essere ad un tempo l’uno e l’altra, in
quanto dovrà esistere una collettività che rappresenti l’«esteriorizzazione»
della organizzazione «contro-iniziatica» vera e propria venuta finalmente alla
luce del giorno, e dovrà esistere altresì un personaggio, posto a capo di
quella collettività, che sia l’espressione più completa e come l’«incarnazione»
stessa di quel che essa rappresenterà, non foss’altro che a titolo di
«supporto» di tutte quelle influenze malefiche le quali, dopo essersi concentrate
in lui, dovranno da lui essere proiettate nel mondo.[4]
Evidentemente sarà un «impostore» (significato del termine daggiâl con cui viene abitualmente denominato in arabo), poiché il
suo regno non sarà nient’altro che la «grande parodia» per eccellenza,
l’imitazione caricaturale e «satanica»
di tutto ciò che è veramente tradizionale e spirituale; e tuttavia la sua
costituzione sarà tale, se così si può dire, da essergli veramente impossibile
non svolgere tale funzione. Certamente non sarà più il «regno della quantità»
che era soltanto il culmine della «antitradizione»; al contrario, col pretesto
di una falsa «restaurazione
spirituale», sarà una specie di reintroduzione della qualità in tutte le cose,
ma di una qualità presa al rovescio del suo valore legittimo e normale.[5]
Dopo l’«ugualitarismo» dei nostri giorni ci sarà di nuovo una gerarchia
visibilmente affermata, ma una gerarchia invertita, ossia una
«contro-gerarchia», il cui vertice sarà occupato dall’essere che, in realtà,
sarà più vicino di chiunque altro a toccare il fondo degli «abissi infernali».
Quest’essere, anche se apparirà sotto forma di un
personaggio determinato, sarà in realtà più un simbolo che un individuo, sarà
cioè come la sintesi stessa di tutto il simbolismo invertito in uso presso la
«contro-iniziazione», simbolismo che troverà in lui la sua massima espressione
proprio perché in questa funzione non avrà né predecessori né successori; per
poter esprimere il falso ad un livello così estremo, egli dovrà essere, per
così dire, completamente «falsato»
da tutti i punti di vista, cioè come l’incarnazione stessa della falsità.[6]
Proprio per ciò, nonché per la suddetta estrema opposizione al vero in tutti i
suoi aspetti, l’Anticristo può assumere i simboli stessi del Messia, beninteso
in senso radicalmente opposto;[7]
la predominanza attribuita in tali simboli all’aspetto «malefico», o, più esattamente, la sostituzione di esso a
quello «benefico», per
sovversione del doppio significato di tali simboli, costituisce appunto il suo
marchio caratteristico. Parimenti potrà e dovrà esserci una strana
rassomiglianza tra le designazioni del Messia (Al-Masîh in arabo) e quelle dell’Anticristo (Al-Masîkh);[8]
ma queste ultime altro non sono se non una deformazione delle prime, così come
difforme viene rappresentato lo stesso Anticristo in tutte le descrizioni più o
meno simboliche che se ne danno, cosa anche questa assai significativa. Tali
descrizioni, in effetti, insistono soprattutto sulle dissimmetrie corporee, il
che implica che esse siano il marchio visibile della natura stessa dell’essere
cui vengono attribuite, ed effettivamente simili dissimmetrie sono sempre segni
di qualche squilibrio interiore; è del resto per questa ragione che tali
deformità rappresentano delle «squalificazioni»
dal punto di vista iniziatico, così come è facilmente immaginabile che possano
essere «qualificazioni»
in senso contrario, cioè nei confronti della «contro-iniziazione». In effetti,
dal momento che quest’ultima ha una meta opposta a quella dell’iniziazione, è
evidente che il suo cammino procede nel senso di un accrescimento dello
squilibrio degli esseri, e il termine ultimo di tale squilibrio è la
dissoluzione o la «disintegrazione» di cui abbiamo parlato; l’Anticristo deve
evidentemente essere il più vicino possibile a questa «disintegrazione», sicché
la sua individualità, mentre da un lato sarà sviluppata in modo mostruoso, si
può dire però già quasi annichilita, tanto da realizzare l’inverso della
cancellazione dell’«io» di fronte al «Sé», o, in altri termini, da realizzare
la confusione nel «caos» invece della fusione nell’Unità principiale; e questo
stato, raffigurato dalle stesse difformità e sproporzioni della sua forma
corporea, è veramente al limite inferiore delle possibilità del nostro stato
individuale, per cui il vertice della «contro-gerarchia» è proprio il posto che
gli conviene in quel «mondo rovesciato» che sarà il suo. Del resto, anche dal
punto di vista prettamente simbolico, e in quanto rappresentante della
«contro-iniziazione», l’Anticristo non è meno necessariamente difforme: questa
in effetti, come dicevamo poco fa, non può essere che una caricatura della
tradizione, e chi dice caricatura è come dicesse difformità; se così non fosse
non ci sarebbe proprio nessun mezzo esteriore per distinguere la «contro-tradizione»
dalla tradizione vera, e bisogna pure, affinché almeno gli «eletti» non siano
sedotti, che essa porti in se stessa il «marchio del demonio». Per di più, dato
che il falso è necessariamente anche «artificiale», la «contro-tradizione» non
potrà mancare, nonostante tutto, di avere quel carattere «meccanico» che è
presente in tutte le produzioni del mondo moderno: essa ne sarà anzi l’ultimo
prodotto; ancor più esattamente, vi sarà in essa qualcosa di paragonabile
all’automatismo di quei «cadaveri psichici» cui abbiamo accennato in
precedenza, e del resto, come questi, essa sarà costituita soltanto di
«residui» animati artificialmente e momentaneamente, il che spiega la sua
assoluta precarietà; quest’ammasso di «residui», per così dire galvanizzato da
una volontà «infernale», può certamente dare l’idea più esatta di qualcosa che
sia arrivato ai confini stessi della dissoluzione.
Riteniamo che non sia il caso di insistere oltre su tutte
queste cose; in fondo sarebbe di scarsa utilità la ricerca particolareggiata di
come sarà costituita la «contro-tradizione», e del resto le precedenti
indicazioni di carattere generale sarebbero già quasi sufficienti a chi
volesse, per conto proprio, applicarle a punti più specifici, cosa che non
rientra nei nostri propositi. Comunque sia, siamo giunti con ciò al termine
ultimo dell’azione antitradizionale che deve condurre questo mondo alla sua
fine; dopo il regno passeggero della «contro-tradizione» non può più esserci,
per arrivare all’ultimo momento del ciclo attuale, che il «raddrizzamento», il
quale, riportando istantaneamente tutte le cose al loro posto normale proprio
quando la sovversione sembrava completa, preparerà immediatamente l’«età
dell’oro» del futuro ciclo.
[1]
È incredibile fino a che punto l’espressione «nuova era» sia stata in questi
ultimi tempi diffusa e ripetuta in tutti gli ambienti, anche con significati
apparentemente molto diversi tra loro, ma tutti tendenti, in definitiva, a
stabilire la stessa persuasione nell’opinione pubblica.
[2]
Matteo, XXIV, 24.
[3]
Sul Chakravartî, o «monarca
universale», vedere L’Ésotérisme de Dante,
cit. p. 76 e Le Roi du Monde, cit.
pp. 17-18 (pp. 22-28 dell’ed. it.). Il Chakravartî
è letteralmente «colui che fa girare la ruota», il che implica che sia
posto al centro stesso di tutte le cose, mentre al contrario l’Anticristo sarà
l’essere più lontano da tale centro; egli pretenderà tuttavia di «far girare la
ruota» in senso inverso al movimento ciclico normale (cosa «prefigurata», del
resto inconsciamente, dall’idea moderna del «progresso»), quando invece, in
realtà, qualsiasi cambiamento nella rotazione è impossibile prima del
«rovesciamento dei poli», cioè prima di quel «raddrizzamento» che solo
l’intervento del decimo Avatàra potrà
operare; ma giust’appunto, se l’Anticristo viene designato così, è proprio
perché, a modo suo, egli parodierà la funzione stessa di quell’Avatâra finale, il quale nella
tradizione cristiana viene rappresentato come il «secondo avvento del Cristo».
[4]
Lo si può dunque considerare come il capo degli awliyâ esh-Shaytân, e, poiché sarà l’ultimo a svolgere tale
funzione, funzione che avrà in lui la sua più importante e manifesta
espressione nel mondo, si può dire, secondo la terminologia dell’esoterismo
islamico, che egli sarà come il loro «suggello» (khâtem); non è difficile immaginarsi fino a che punto potrà
effettivamente spingersi la parodia della tradizione in tutti i suoi aspetti.
[5]
La stessa moneta, o ciò che ne farà le veci, avrà di nuovo un carattere
qualitativo di questo tipo, in quanto è detto che «nessuno potrà comprare o
vendere se non avrà il carattere o il nome della Bestia, o il numero del suo
nome» (Apocalisse, XIII, 17); è
perciò implicito un uso effettivo dei simboli invertiti della
«contro-tradizione».
[6]
Vedasi anche qui l’antitesi del Cristo che afferma: «Io sono la Verità», o di
un walî come El-Hallâj che dice del
pari: «Anâ el-Haqq».
[7]
«Forse non si è fatto abbastanza caso all’analogia tra la vera e la falsa
dottrina; sant’Ippolito, nel suo opuscolo sull’Anticristo, ne dà un esempio
memorabile, benché non stupefacente per chi abbia studiato il simbolismo: il
Messia e l’Anticristo hanno entrambi il leone per emblema» (P. Vulliaud, La Kabbale juive, tomo II, p. 373). Dal
punto di vista cabbalistico, la ragione profonda di ciò risiede nelle
considerazioni inerenti alle due facce, luminosa e oscura, di Metatron; è per la stessa ragione che il
numero apocalittico 666, il «numero della Bestia», è anche un numero solare
(cfr. Le Roi du Monde, cit., pp.
29-30, pp. 35-36 dell’edizione italiana).
[8]
Vi è qui un doppio senso intraducibile: Masîkh
può essere preso come una deformazione di Masîh per semplice aggiunta di un punto alla lettera finale; ma in
pari tempo questo stesso termine vuol anche dire «difforme», cosa che esprime
appunto il carattere dell’Anticristo.
Nessun commento:
Posta un commento