"…la dottrina è infallibile, è a causa del fatto che essa è un’espressione della verità, la quale, in se stessa, è assolutamente indipendente dagli individui che la ricevono e che la comprendono. La garanzia della dottrina risiede in definitiva nel suo carattere «non-umano»". René Guénon, Considerazioni sull’iniziazione, cap. "Sull’infallibilità tradizionale"

mercoledì 14 gennaio 2015

René Guénon, Il Regno della Quantità e i Segni dei Tempi - 34. I misfatti della psicanalisi

René Guénon
Il Regno della Quantità e i Segni dei Tempi

34. I misfatti della psicanalisi 

Se dalla filosofia passiamo alla psicologia, vediamo che le stesse tendenze si presentano, nelle scuole più recenti, con un aspetto assai più pericoloso, perché, invece di tradursi in semplici assunti teorici, esse vi trovano applicazioni pratiche di carattere molto inquietante.
Di questi nuovi metodi, secondo noi, i più «rappresentativi» sono quelli conosciuti sotto la denominazione generica di «psicanalisi». È importante rilevare che, per una strana incoerenza, questa manipolazione di elementi appartenenti incontestabilmente all’ordine sottile si accompagna sempre, presso molti psicologi, ad un atteggiamento materialistico, senza dubbio dovuto al genere di educazione ricevuta ed anche alla loro ignoranza della vera natura degli elementi da essi messi in gioco.[1] 
Una delle caratteristiche più singolari della scienza moderna non è forse quella di non sapere mai esattamente con cosa ha realmente a che fare, anche quando si tratta semplicemente di forze dell’ambito corporeo? D’altronde, a fianco delle teorie e dei metodi più recenti, coesiste pur sempre una certa «psicologia da laboratorio», conclusione di un processo di limitazione e di materializzazione – di cui la psicologia «filosofico-letteraria» dell’insegnamento universitario ha rappresentato la fase meno avanzata –, e che ora è soltanto una specie di ramo accessorio della fisiologia; ed è a questa «psicologia da laboratorio» che si applica quanto abbiamo precedentemente detto a proposito dei tentativi fatti per ridurre la stessa psicologia ad una scienza quantitativa.
Non è una semplice questione di vocabolario il fatto, assai significativo, che la psicologia attuale prenda sempre in considerazione solo il «subconscio» e non il «superconscio», il quale dovrebbe esserne logicamente il correlativo. Senza dubbio il «subconscio» è un termine che indica un’estensione che si operi unicamente dal basso, cioè da quel lato che, sia nell’essere umano sia nell’ambiente cosmico, corrisponde alle «fenditure» attraverso le quali penetrano le influenze più «malefiche» del mondo sottile, anzi, potremmo dire, quelle aventi un carattere veramente e letteralmente «infernale».[2] Certi psicologi hanno adottato come sinonimo o equivalente di «subconscio» il termine «inconscio», il quale, preso alla lettera, sembrerebbe riferirsi a un livello ancora inferiore, benché, a dire il vero, corrisponda meno esattamente alla realtà; se ciò di cui si tratta fosse veramente «inconscio», non vediamo proprio come sarebbe possibile parlarne, soprattutto in termini psicologici. D’altronde, in virtù di che cosa, se non di un semplice pregiudizio materialistico o meccanicistico, occorrerebbe ammettere che esista veramente qualcosa d’inconscio? Degna di nota è ancora la strana illusione per cui gli psicologi giungono a considerare certi stati tanto più «profondi» quanto più sono semplicemente inferiori; non è forse questo un indizio della tendenza ad andare nel senso inverso a quello della spiritualità, la quale sola può esser detta veramente profonda, perché essa sola è inerente al principio ed al centro stesso dell’essere? D’altra parte, poiché il campo della psicologia non si estende verso l’alto, il «superconscio» le rimane completamente estraneo e del tutto precluso; e quando le accade di venire in contatto con qualcosa di elevato, essa pretende puramente e semplicemente di annetterlo, assimilandolo al «subconscio»: tale è, quasi sempre, la natura delle sue presunte spiegazioni concernenti la religione, il misticismo, ed anche certi aspetti delle dottrine orientali come lo Yoga; e, in questa confusione del superiore con l’inferiore, c’è già qualcosa che può essere propriamente interpretato come una vera sovversione.
Notiamo pure che, con i suoi richiami al «subconscio», la psicologia, come del resto la «nuova filosofia», tende sempre più a raggiungere le posizioni della «metapsichica»;[3] nella stessa misura si avvicina inevitabilmente, forse senza volerlo (almeno da parte di quegli psicologi che nonostante tutto intendono rimanere materialisti), allo spiritismo o ad altre cose del genere, le quali tutte, in definitiva, si fondano sui medesimi oscuri elementi dello psichismo inferiore. Se queste cose, dall’origine e dal carattere più che sospetti, appaiono come movimenti «precursori» ed alleati dell’attuale psicologia, e se questa è giunta, sia pure per un cammino obliquo, ma proprio per ciò più comodo di quella della «metapsichica», la quale in certi ambienti è ancora posta in discussione, ad introdurre gli elementi in questione nel campo della scienza «ufficiale», si è costretti a pensare che la vera funzione di questa psicologia, nelle attuali condizioni del mondo, sia stata proprio quella di concorrere attivamente alla seconda fase dell’azione antitradizionale. A questo proposito, la pretesa della psicologia ordinaria, prima segnalata, di annettere, facendole entrare a forza nel «subconscio», certe cose che per la loro stessa natura le sfuggono completamente, non può spiegarsi, fermo restando il suo carattere nettamente sovversivo, che con quello che potremmo chiamare il lato infantile di tale funzione, giacché simili spiegazioni, come le spiegazioni «sociologiche» di queste stesse cose, sono, in fondo, di un’ingenuità «semplicistica» sconfinante talvolta nella pura stupidità. Ma ciò è incomparabilmente meno grave, quanto alle conseguenze effettive, di quel lato veramente «satanico» che dobbiamo ora puntualizzare per quanto concerne la nuova psicologia.
Questo carattere «satanico» appare nettamente ed in modo del tutto particolare nelle interpretazioni psicanalitiche del simbolismo, o di quanto, a torto o a ragione, viene considerato tale; è una restrizione necessaria perché, su questo punto come su tanti altri, vi sarebbero molte distinzioni da fare e numerose confusioni da dissipare: ad esempio, tanto per prendere un caso tipico, un sogno nel quale si esprime una ispirazione «sopraumana» è veramente simbolico, mentre un sogno ordinario non lo è affatto, e ciò a prescindere dalle apparenze esteriori. Naturalmente gli psicologi delle scuole anteriori avevano anch’essi sovente tentato di spiegare a modo loro il simbolismo, e di ricondurlo alla misura delle proprie concezioni; nel caso di un effettivo simbolismo, queste spiegazioni di ordine puramente umano, come sempre avviene quando sono in gioco cose di carattere tradizionale, disconoscono ciò che costituisce l’essenziale; nel caso, invece, di cose semplicemente umane, si tratta evidentemente di un falso simbolismo, ma il fatto stesso di designarlo con questo nome comporta pur sempre lo stesso errore circa la natura del vero simbolismo. Ciò vale anche per le concezioni degli psicanalisti, con la differenza che allora non si è più soltanto di fronte a qualcosa di umano, ma inoltre, in gran parte, di «infraumano»; si è dunque qui alla presenza non più di un semplice abbassamento, ma di una sovversione totale; ed ogni sovversione, anche se ha la sua causa immediata nell’incomprensione e nell’ignoranza (le quali sono quanto di meglio si presta ad essere sfruttato per un tal uso), è pur sempre, in se stesso, essenzialmente qualcosa di «satanico». Del resto, il carattere generalmente ignobile e ripugnante delle interpretazioni psicanalitiche costituisce, a questo proposito, un «marchio» che non lascia dubbi. Particolarmente significativo è il fatto che, come abbiamo rilevato altrove,[4] questo «marchio» si ritrovi proprio in certe manifestazioni dello spiritismo; ed occorrerebbe una forte dose di buona volontà, se non addirittura una completa cecità, per non vedervi nient’altro che una semplice «coincidenza». Gli psicanalisti, non meno degli spiritisti, possono essere, nella maggioranza dei casi, del tutto inconsapevoli di quel che sta sotto a tutto ciò: sia gli uni sia gli altri appaiono egualmente «diretti» da una volontà sovvertitrice che utilizza, in entrambi i casi, elementi dello stesso ordine per non dire identici; e questa volontà è comunque sempre ben cosciente negli esseri in cui si incarna, e corrisponde ad intenzioni senza dubbio molto diverse da quelle che suppongono coloro che sono solamente gli strumenti incoscienti della loro azione.
In queste condizioni, è più che evidente come l’utilizzazione principale della psicanalisi, ossia la sua applicazione a scopo terapeutico, non possa che essere estremamente pericolosa sia per chi vi si sottopone, sia per chi la esercita, poiché con queste cose non si viene a contatto impunemente. Senza nessuna esagerazione, possiamo dire che si tratta di uno degli speciali mezzi impiegati per accrescere il più possibile lo squilibrio del mondo moderno e condurlo verso la dissoluzione finale.[5] Coloro che praticano questi metodi di terapia sono invece persuasi – e noi non dubitiamo della loro sincerità – della validità dei loro risultati; sennonché è proprio grazie a questa illusione che si rende possibile la diffusione di tali metodi, ed è così che si può cogliere tutta la differenza esistente tra le intenzioni di questi «praticoni» e la volontà che presiede all’opera di cui essi sono i ciechi collaboratori. In realtà la psicanalisi non può avere se non l’effetto di portare alla superficie, rendendolo chiaramente cosciente, tutto il contenuto di quei «bassifondi» dell’essere che costituiscono ciò che viene chiamato propriamente il «subconscio»; inoltre, questo essere è già, per ipotesi, psichicamente debole, poiché, se fosse altrimenti, non proverebbe certo il bisogno di ricorrere ad una terapia di tal sorta, ed è quindi ancor più incapace di resistere ad una simile «sovversione», sicché rischia di affondare irrimediabilmente nel caos delle forze tenebrose imprudentemente scatenate; e se riuscisse nonostante tutto a sfuggirvi, ne conserverà tuttavia, per tutta la vita, un’impronta che sarà per lui una «macchia» incancellabile.
Immaginiamo l’obiezione che, a questo punto, alcuni potrebbero formulare invocando una similitudine con quella «discesa agli Inferi» che s’incontra nelle fasi preliminari del processo iniziatico. Una tale assimilazione è completamente falsa, perché nei due casi i fini non hanno nulla in comune, ed anche le condizioni dei rispettivi «soggetti» sono alquanto diverse. Si può quindi parlare solamente di una specie di parodia profana, che sarebbe già di per se stessa sufficiente a conferire a tutto ciò un carattere di «contraffazione» piuttosto inquietante. La verità è che questa pretesa «discesa agli Inferi», non seguita da nessuna «risalita», è semplicemente una «caduta nel pantano», per adoperare un’espressione simbolica di certi Misteri dell’antichità. È noto infatti che lungo la strada che conduceva ad Eleusi s’incontrava ad un certo punto questo «pantano»: coloro che vi cadevano erano i profani che pretendevano di accedere all’iniziazione senza possedere le necessarie qualificazioni e che erano dunque vittime della loro imprudenza. Aggiungiamo solamente che «pantani» del genere esistono veramente, sia nell’ordine macrocosmico sia in quello microcosmico. Ciò è in diretta relazione con la questione delle «tenebre esteriori»[6] e, a questo proposito, si potrebbero citare alcuni testi evangelici il cui senso concorda esattamente con quanto abbiamo indicato. Nella «discesa agli Inferi» l’essere esaurisce definitivamente certe possibilità inferiori per potersi quindi elevare agli stati superiori; mentre nella «caduta nel pantano», queste possibilità inferiori penetrano in lui per dominarlo ed infine sommergerlo completamente.
Anche qui abbiamo parlato di «contraffazione»; questa impressione è comprovata da altre constatazioni, come quella della snaturazione del simbolismo, già innanzi segnalata, snaturazione che tende del resto ad estendersi a tutto quanto contiene essenzialmente elementi «sopraumani», come lo dimostra l’atteggiamento assunto nei confronti della religione[7] ed anche delle dottrine di ordine metafisico ed iniziatico, come lo Yoga, le quali pure non sfuggono a questo nuovo genere di interpretazione, sicché certuni sono giunti ad assimilare i metodi di «realizzazione» spirituale propri di tali dottrine con i metodi terapeutici della psicanalisi. Ci troviamo così di fronte a qualcosa di ancor peggiore di quelle altre grossolane deformazioni tanto frequenti in Occidente, come quella secondo cui i metodi dello Yoga sarebbero una specie di «cultura fisica» o di terapia d’ordine semplicemente fisiologico: queste deformazioni, a motivo della loro stessa grossolanità, sono infatti meno pericolose di quelle che si presentano sotto parvenze più sottili. Non soltanto perché queste ultime rischiano di sedurre persone sulle quali le deformazioni grossolane non avrebbero alcun effetto, ma anche per un’altra ragione di portata più generale, e cioè che le concezioni materialistiche, come abbiamo già visto, sono meno pericolose di quelle che si fondano sullo psichismo inferiore. Beninteso, il fine puramente spirituale, che costituisce l’essenza dello Yoga ed in difetto del quale l’impiego stesso di tale termine è soltanto una derisione, è in entrambi i casi completamente misconosciuto. Lo Yoga non è una terapia psichica più di quanto sia una terapia fisica, ed i suoi metodi non sono in alcun modo una cura per malati o per squilibrati, ma sono destinati esclusivamente a persone che, per poter realizzare quello sviluppo spirituale che è la loro unica ragion d’essere, devono già essere, per naturale disposizione, il più perfettamente equilibrati possibile; si tratta cioè di condizioni che, com’è facile comprendere, rientrano strettamente nella questione delle qualificazioni iniziatiche.[8]
Ma c’è un altro punto, concernente la «contraffazione», che è forse ancor più importante di tutto quanto abbiamo sinora menzionato: è l’obbligo, imposto a chiunque intenda praticare professionalmente la psicanalisi, di essere egli stesso previamente «psicanalizzato». Ne consegue innanzitutto che la persona la quale ha subito questa operazione non può più essere quella di prima: come dicevamo in precedenza, essa ne riceve un’impronta incancellabile, proprio come nel caso dell’iniziazione, ma in qualche modo in senso inverso, poiché, invece di uno sviluppo spirituale, si avrà uno sviluppo dello psichismo inferiore. Inoltre, il suddetto obbligo costituisce una evidente imitazione della trasmissione iniziatica: ma, a motivo della diversità della natura delle influenze messe in atto, e dovendosi pur sempre constatare un risultato effettivo, per cui non si può parlare di una sorta di simulacro senza alcuna portata, questa trasmissione si presta meglio ad un paragone con quella che si pratica nel campo della magia, o più precisamente in quello della stregoneria. Del resto, la stessa origine di tale trasmissione presenta un punto assai oscuro: dal momento che è evidentemente impossibile dare ad altri ciò che già non si possiede, ed essendo l’invenzione della psicanalisi del tutto recente, donde mai i primi psicanalisti hanno ricevuto i «poteri» che trasmettono ai loro discepoli, e da chi essi stessi hanno potuto essere per primi «psicanalizzati»? Una tale domanda, che ci pare alquanto logica, almeno per chi sia capace di riflettere, è probabilmente molto indiscreta, ed è ben difficile che qualcuno arrivi a darle una risposta soddisfacente; ma, a dire il vero, anche in mancanza di essa, si può riconoscere in questa trasmissione psichica un altro «marchio» veramente sinistro per gli accostamenti che essa suggerisce: la psicanalisi presenta infatti, sotto questo aspetto, una rassomiglianza piuttosto terrificante con certi «sacramenti del diavolo»!



[1] Il caso dello stesso Freud, fondatore della psicanalisi, è tipico a questo riguardo: egli infatti non ha mai cessato di proclamarsi materialista. A questo proposito, ci viene spontanea una osservazione: il fatto che i principali rappresentanti delle nuove tendenze, come Einstein per la fisica, Bergson per la filosofia, Freud per la psicologia e molti altri di minore importanza siano quasi tutti di origine ebraica, non corrisponde forse esattamente all’aspetto «malefico» e dissolvente di quel nomadismo deviato che predomina inevitabilmente negli Ebrei staccati dalla loro tradizione? 
[2] Dobbiamo notare, a questo proposito, che Freud, all’inizio della sua Traumdeutung, ha posto la seguente epigrafe molto significativa: «Flectere si nequeo superos, Acheronta movebo» (Virgilio, Eneide, VII, 312). 
[3] Fu del resto lo «psichista» Myers ad inventare l’espressione subliminal consciousness, che per amore di brevità fu sostituita un po’ più tardi, nel linguaggio della psicologia, con la parola «subconscio». 
[4] Cfr. L’Erreur spirite, cit., parte II, cap. X. 
[5] Un altro di questi mezzi è l’impiego analogo della «radioestesia»: anche qui, in certi casi, entrano in gioco elementi psichici della stessa qualità, anche se si deve riconoscere che essi non presentano il carattere «repellente» tipico della psicanalisi. 
[6] Ciò in relazione con quanto abbiamo indicato a proposito del simbolismo della «Grande Muraglia» e della montagna Lokâloka. 
[7] Freud dedicò all’interpretazione psicanalitica della religione uno speciale libro, in cui le sue proprie concezioni si combinano con il «totemismo» della «scuola sociologica». 
[8] Su un tentativo di applicazione della teoria psicanalitica alla dottrina taoista, cfr. lo studio di André Préau, La Fleur d’or et le Taoisme sans Tao, che ne costituisce un’eccellente confutazione.

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