Denys Roman: René Guénon e la Loggia «La Grande Triade» - (Nota Introduttiva)
Lo scritto di Denys Roman che presentiamo ai nostri lettori di lingua italiana non avrebbe mai dovuto essere scritto, se nel 1971 non fosse apparso il libro di J. Corneloup, Je ne sais qu’épeler! 1 , il cui capitolo IV, «“La Grande Triade” e l’opera di René Guénon», interamente dedicato a tale soggetto, è stato poi ampiamente utilizzato da Allec Mellor nel suo Dictionnaire de la Franc-Maçonnerie et des Francs-Maçons, autore del quale sono risapute la scarsa capacità di penetrazione e l’acredine sia verso l’opera di René Guénon sia nei confronti di tutto quanto partecipa dello spirito tradizionale in generale.
Mellor, che indubbiamente fu tra i più accaniti oppositori di Guénon nell’ambiente massonico, giunse perfino a introdurre delle annotazioni avverse a quest’ultimo in una versione francese dei «Quaderni» della loggia d’istruzione del rito Emulation di cui era riuscito a guadagnare la presidenza. I lettori potranno farsi un’idea di questo grottesco personaggio, altezzoso e trabocchevole di un’erudizione esibita con ostentata sufficienza, traendo profitto dall’esame proposto da Franco Peregrino 2 .
A voler fare un raffronto, la posizione di J. Corneloup si rivela tutto sommato differente: quanto meno, gli si può riconoscere una certa «onestà», del tutto aliena al Mellor: benché ugualmente intriso di razionalismo, Corneloup non manifestava alcuna avversione, ma piuttosto una favorevole curiosità, verso ciò che rappresentava – ai suoi occhi, naturalmente – l’opera di R. Guénon nel suo insieme e, di conseguenza, anche verso la Loggia «La Grande Triade». Purtroppo, tale curiosità era pesantemente condizionata dalla sua concezione dei fini della Libera Muratorìa e degli esiti del lavoro collettivo in Loggia, che egli assimilava a una chimera occultistica sempre rinascente: gli «egregori»…
È dunque a circa vent’anni dagli avvenimenti che videro la consacrazione e l’avvio dei Lavori di questa Loggia, che D. Roman credé opportuno – non senza esitazioni – di dover rettificare certe inesattezze, o interpretazioni fallaci, e completare alcune omissioni che caratterizzavano il libro di J. Corneloup 3 . Non senza esitazioni – abbiamo sottolineato – e i motivi risultano facilmente comprensibili: si trattava, per un massone come D. Roman 4 , di menzionare con il massimo della discrezione e del tatto possibili – i massoni lo capiranno bene – vicissitudini e situazioni dolorose, che avevano lasciato una traccia indelebile nella memoria di coloro i quali ne erano stati testimoni o attori.
Ricordare le origini dei Lavori de «La Grande Triade» imponeva una scelta difficile, volta a evitare tanto una visione catastrofica dei fatti quanto un supposto tentativo di riabilitazione, ciò che non avrebbe costituito, nell’uno e nell’altro caso, una presentazione rispondente alla realtà. Ma allora, quale fu tale realtà? Fra coloro che, come J. Corneloup, avevano considerato fallimentare quella iniziativa, alcuni non avevano mancato di attribuirne la responsabilità a R. Guénon, che ne era stato l’«ispiratore» riconosciuto e dichiarato. Per D. Roman si trattava dunque di procedere, per quanto potesse consentirlo un’esposizione destinata al «pubblico», nel formulare alcune mises au point giudicate indispensabili, tenendo conto comunque degli aspetti positivi. Noi ci permettiamo di aggiungere solo qualche informazione, affinché ciascuno possa – almeno, è quanto auspichiamo – meglio intendere questo avvenimento, conosciuto poco e male.
Per comprendere anzitutto la ragion d’essere della fondazione della Loggia «La Grande Triade», è fondamentale ravvisare l’importanza che l’opera di R. Guénon – e segnatamente il suo corpus massonico – aveva assunto, per alcuni dei Massoni fondatori, nella prospettiva di una restaurazione dello spirito tradizionale in seno all’Ordine stesso. La serie di articoli di Guénon sull’iniziazione, pubblicati (o in corso di pubblicazione) nelle riviste «Le Voile d’Isis» ed «Études Traditionnelles», e il suo ultimo libro pubblicato – con l’autore ancora in vita –, La Grande Triade 5 (allora fresco di stampa), essenzialmente consacrato alla via massonica, avevano destato l’attenzione dei Massoni, e di quelli francesi in particolare. Si decise allora, di comune accordo, d’ispirare i Lavori di una Loggia a quell’opera senza equivalenti in Occidente, per applicare l’essenziale del suo contenuto dottrinale all’Arte Reale.
In questo quadro, c’è un punto sul quale desideriamo insistere: la natura dei Lavori massonici svolti nella Loggia «La Grande Triade». Secondo D.Roman, il quale aveva elaborato (con il favore dello stesso Guénon) un rituale di spirito tradizionale destinato proprio a tale Loggia, i Lavori consistono essenzialmente nella pratica rituale e in ciò egli condivideva il parere di R. Guénon: solo l’esecuzione del rituale consente un lavoro collettivo ordinato secondo l’Arte della costruzione, in quanto opera un «legame» tra i partecipanti che li avvicina, così, all’Unità da riconquistare; veicolo essenziale e insostituibile della dottrina e del metodo massonici, il rituale assicura la completa e intera «operatività», poiché esso è il «luogo» ove si sviluppano le possibilità dell’essere.
Presa alla lettera, questa specifica considerazione di Roman può essere interpretata come il frutto di una visione «ritualistica», contrassegnata da un esclusivismo piuttosto marcato. In realtà, tutta l’opera di questo autore conferma l’importanza accordata all’insegnamento iniziatico, particolarmente come approfondimento intellettuale e meditazione sui simboli, insegnamento considerato come imprescindibile strumento di lavoro; naturalmente, tutto ciò presupponendo uno sforzo personale senza il quale l’intero percorso di una via iniziatica sarebbe vano, poiché anche la pratica del rituale richiede un’attitudine sempre eminentemente attiva.
Ma nella Loggia «La Grande Triade», come mai troppo di rado avviene in ogni ambito, le questioni individuali ebbero il sopravvento sui princìpi e, perlomeno in alcuni, al fervore e alla determinazione si sostituirono la curiosità suscitata dai Lavori della Loggia e gli interessi particolaristici: e così la restaurazione dello spirito tradizionale in seno alla Massoneria, auspicata da Guénon, non sarebbe stata realizzata, perlomeno non in quel momento, non in quel particolare contesto. Roman e i componenti della Loggia a lui più vicini – fra i quali erano annoverati numerosi corrispondenti di R. Guénon – si dispersero 6 . E nel racconto di Roman su «La Grande Triade» sembra proprio di percepire l’entusiasmo e, a un tempo, la grande speranza disattesa del suo autore.
Più avanti, lo stesso ci avrebbe chiarito una questione che aveva destato il nostro interesse: nella versione originale della terza parte del suo scritto 7 , D. Roman annunciava la pubblicazione di un seguito, che poi non ebbe luogo, come testimonia la versione definitiva, posta a conclusione del IX capitolo del suo libro René Guénon et les Destins de la Franc-Maçonnerie 8 . Egli ci confidò: «cosa dire di M. Cl…, cosa dire sull’iniziativa di cercare in Svizzera la “Parola perduta” sapendo che io ne ho contrastato la realizzazione, come accennare pubblicamente al putiferio provocato dall’espulsione di R… e alle sue vere ragioni, eccetera?»
In definitiva, la debolezza delle argomentazioni di J. Corneloup a proposito di un’esperienza come la fondazione della Loggia «La Grande Triade», lascia percepire l’abisso che separa da un lato l’approccio razionalista e l’investigazione «critica», limitati per la loro stessa natura alle apparenze esteriori, e dall’altro la correttezza e la profondità di comprensione, condotte in conformità ai princìpi tradizionali.
Prima di cedere la parola a Denys Roman, non possiamo esimerci dal formulare qui, anticipatamente, una domanda che i nostri lettori certamente non mancheranno di porsi: questa iniziativa – la prima in Francia, nella storia della Massoneria – si è dunque rivelata inutile? Per quanto ci riguarda, le parole con le quali si esprimeva R. Guénon, a conclusione di La crisi del Mondo moderno, ci spronano a considerare ben altre possibilità: «Coloro che siano tentati a desistere di fronte allo scoramento, devono pensare che nulla di quanto è compiuto in tale ordine potrà mai essere perduto, che il disordine, l’errore e l’oscurità non possono imporsi se non in apparenza e temporaneamente, che tutti gli squilibri parziali e transitori devono concorrere necessariamente al grande equilibrio totale, e che niente riuscirà a prevalere, infine, contro la potenza della verità. La loro divisa dev’essere quella adottata altre volte da certe organizzazioni iniziatiche dell’Occidente: Vincit omnia Veritas».
Tratto da: La Lettera G N°9 - 2008
Tratto da: La Lettera G N°9 - 2008
- Éditions Jean Vitiano, Parigi. ↩
- Cfr. l’articolo «Quale “storia deludente”? Uno slalom tra speranze fallaci e giudizi avventati», sempre in questo numero di «La Lettera G». ↩
- Qualche considerazione preliminare, sullo stesso argomento, era già stata inserita da J. Corneloup in un suo libro precedente, Schibboleth (Éditions Jean Vitiano, Parigi 1965). ↩
- Oltretutto, «La Grande Triade» era la sua Loggia Madre: D. Roman era stato uno dei primi tre «bussanti» iniziati in questa nuova Officina. ↩
- È importante sottolineare la «coincidenza» della pubblicazione di quest’opera e di Considerazioni sull’iniziazione, nel 1946, e la creazione, nell’anno successivo, della Loggia che portava precisamente il titolo distintivo di «La Grande Triade». ↩
- In realtà tale «dispersione» fu soltanto apparente in quanto, ancor prima della morte di Guénon, venne costituita una Loggia indipendente avente uno scopo «operativo» (e altre iniziative ne seguirono). Peraltro, in rapporto con ciò cui stiamo alludendo, ci sarebbe molto da dire su un preteso prolungamento «guénoniano» francese, attualmente conosciuto con il nome «F. S.». Tra le varie anomalie riscontrabili in quest’ultima iniziativa, segnaliamo l’esplicito riferimento a R. Guénon e ad altre individualità conosciute… nel preambolo del rituale in uso. Va da sé che si tratta di una deliberata intromissione di elementi di carattere individuale in uno strumento di lavoro iniziatico. Quanto al carattere «particolare» che contraddistingue tale rituale, esso si spinge verso derive misticheggianti. Malgrado le pretese, verrebbe da chiedersi: siamo realmente in ambito iniziatico? ↩
- Le tre parti furono pubblicate separatamente sulla rivista «ÉtudesTraditionnelles» n. 427 (settembre-ottobre1971), n. 428 (novembre-dicembre 1971) e n. 435 (gennaio-febbraio 1973). ↩
- Éditions de l’Œuvre, Parigi 1982; Éditions Traditionnelles, Parigi 1995. ↩
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