Titus Burckhardt
Introduzione
alle dottrine esoteriche dell’Islam
II - Fondamenti dottrinali
L'Uomo
Universale
L'Atto divino, che è uno, ha un solo ed unico oggetto; secondo il «punto di vista» divino, la
creazione è una e si riassume in un unico prototipo ove si riflettono tutte le
Qualità o «relazioni» (nisab) divine
senza confusione né separazione: «In verità, Noi abbiamo computato ogni cosa in
un prototipo (imâm) evidente»
(Corano, XXXVI, 11).
Dal punto di vista della creazione, invece, l'Universo non può che essere multiplo, dato che è concepito come «altro da Dio» e che solo Dio è uno. Il prototipo unico (al-Unmûdhaj al-farîd) si differenzia dunque, dal punto di vista relativo, in polarizzazioni successive, come attivo e passivo, macrocosmo e microcosmo, specie e individuo, uomo e donna[1], l'uno e l'altro elemento di ognuna di queste opposizioni avendo ciascuna la propria perfezione; il macrocosmo, che manifesta Dio come «l'Esteriore» (az-Zâhir), è perfetto poiché include tutti gli esseri individuali ed esprime così la stabilità e la potenza divine: «Siete dunque una creazione piu forte del cielo che Egli edificò?...» (Corano, LXXIX, 26); il microcosmo, che corrisponde al Nome divino «L'Interiore» (al-Bâtin), è perfetto a motivo della sua natura centrale.
Dal punto di vista della creazione, invece, l'Universo non può che essere multiplo, dato che è concepito come «altro da Dio» e che solo Dio è uno. Il prototipo unico (al-Unmûdhaj al-farîd) si differenzia dunque, dal punto di vista relativo, in polarizzazioni successive, come attivo e passivo, macrocosmo e microcosmo, specie e individuo, uomo e donna[1], l'uno e l'altro elemento di ognuna di queste opposizioni avendo ciascuna la propria perfezione; il macrocosmo, che manifesta Dio come «l'Esteriore» (az-Zâhir), è perfetto poiché include tutti gli esseri individuali ed esprime così la stabilità e la potenza divine: «Siete dunque una creazione piu forte del cielo che Egli edificò?...» (Corano, LXXIX, 26); il microcosmo, che corrisponde al Nome divino «L'Interiore» (al-Bâtin), è perfetto a motivo della sua natura centrale.
Riguardo all'Essenza, che è una,
l'universo è come un solo essere. L'unità essenziale del mondo è la cosa piu
certa e al tempo stesso piu nascosta: ogni conoscenza
o percezione, quale che sia il suo grado di adeguamento, presuppone l'Unità
essenziale degli esseri e delle cose. Se i diversi esseri percepiscono in modo
diverso l'universo, secondo le loro differenti prospettive ed
in conformità con i loro gradi di universalità, non lo percepiscono per questo in
maniera meno reale, perché la realtà dell'universo non si dissocia da quella
della loro visione, e questa realtà è una, benché diversa nei suoi aspetti; è
simultaneamente presente nei soggetti conoscenti e negli oggetti conosciuti;
d'altra parte, la natura del mondo è dualità e discontinuità: vedere il mondo
significa non vedere l'Essenza e contemplare Questa vuoi dire non vedere piu il
mondo.
Fra tutti gli esseri di questo mondo,
l'uomo è il solo la cui visione intellettuale racchiude ogni cosa, mentre gli
altri esseri organici hanno soltanto delle visioni parziali di esso. Certo, il
contenuto immediato della percezione umana è soltanto il mondo fisico che lo
circonda; ma questo rappresenta un'immagine relativamente completa al suo
livello di esistenza, dell'intero universo; attraverso le forme sensibili, l’uomo
coglie le forme sottili e le essenze spirituali. Si
può dunque affermare che l'uomo, che è un microcosmo, e l’universo, che è un
macrocosmo, sono simili a due specchi che si riflettono a vicenda: da un lato,
l'uomo esiste soltanto in relazione con il macrocosmo di cui fa parte e che lo
determina; dall'altro egli conosce il macrocosrno, la qual cosa significa che
tutte le possibilità che si dispiegano nel mondo sono contenute in modo principiale
nell'essenza intellettuale dell'uomo. È questo il senso del detto coranico: «Ed
Egli [Dio] insegnò ad Adamo ogni nome [cioè tutte le essenze degli esseri e
delle cose]» (II, 31).
Ogni microcosmo è, a modo suo, un centro
dell'universo; ma nell'uomo la polarizzazione «soggettiva» dello Spirito
raggiunge il suo punto culminante: «Egli ha assoggettato a voi tutto ciò che è
nei cieli e in terra, tutto [provenendo] da Lui» (Corano, XLV, 12). Quanto ai microcosmi non-umani racchiusi nel nostro
mondo, sono inferiori all'uomo in quanto microcosrni,
cioè in quanto polarizzazioni «soggettive» dello Spirito o del Prototipo unico,
ma sono relativamente superiori all'uomo giacché partecipano maggiormente alla
perfezione macrocosmica, la qual cosa, nel regno animale, è espressa dal
crescente predominio della specie - della forma specifica - sull'autonomia
individuale[2] e, nei vegetali e nei minerali, dalla fusione dei due poli:
specie ed individuo.
Ogni termine delle polarizzazioni
successive del Prototipo unico contiene, implicitamente o esplicitamente, il
termine complementare: la specie include gli individui, ma ogni individuo comprende virtualmente in sé tutte le possibilità
della specie. L'uomo contiene in sé la natura della donna e viceversa, e questo
grazie all'origine stessa degli esseri: «Temete il vostro Signore, che vi ha
creato da una sola anima (min nafsin wâhidah), che ha
creato da essa la sua sposa, e che ba formato da questa coppia uomini e donne in
gran numero» (Corano, IV, 1). Similmente, il mondo, o
macrocosmo, è evidentemente il «contenente» dell'uomo,
che ne è parte integrante; tuttavia, l'uomo conosce il mondo poiché tutte le
possibilità del mondo sono, in modo virtuale e principiale, presenti nell'uomo.
L'uomo e il cosmo, l'abbiamo già detto, sono simili a due specchi che si
riflettono l'un l'altro, donde l'adagio sufico: «L'universo è un grande uomo, e
l'uomo è un piccolo universo»
(al-kawmu insânun kabîrun wa-l-insânu kawnun çaghir). Si può anche affermare che l'universo e l'uomo
sono forme dello Spirito universale (ar-Rûh) o dello Spirito divino,
oppure che sono ambedue aspetti complementari di un solo essere «pancosmico»,
simbolo di Dio; tuttavia, la forma «esteriore» od «oggettiva»
del macrocosmo non può essere colta nella sua totalità giacché i suoi limiti
sfuggono indefinitamente, mentre la forma dell'uomo è conosciuta; questo
permette di dire che l'uomo è un «compendio» qualitativo del grande «libro»
cosmico, poiché tutte le qualità universali vengono espresse, in un modo o in
un altro, nella sua forma. D'altra parte, il Profera afferma che «Dio creò Adamo
nella Sua [propria) forma»; ciò vuoi dire che la
natura primordiale dell'uomo è come il risultato simbolico e, in un certo
senso, la «somma» apparente di tutte le essenze divine immanenti al mondo»[3].
Nell'uomo comune il senso «globale» della
natura umana rimane virtuale;
diventa attuale soltanto in colui che, avendo veramente realizzato
tutte le Verità universali che si riflettono nella sua forma terrestre, si identifica per questo con l'«Uomo perfetto» o «Uomo universale» (al-lnsân al-kâmil). Tale essere avrà in pratica, come forma «esteriore», la sua individualità umana, ma in potenza ed in teoria,
tutte le forme e tutti gli stati di esistenza
gli appartengono, dal momento in cui la sua «realtà interiore» si identifica con
quella della totalità dell'universo.
Si capisce
cosi perché
l'espressione «Uomo
universale» ha
due significati, che coincidono
o si differenziano secondo il punto di vista da cui si osservano. Questa
espressione conviene, da un lato,
a tutti gli uomini
i quali abbiano realizzato l'Unione o 1'«Identità suprema», come i grandi mediatori spirituali, particolarmente i profeti e i «poli» fra i santi; dall’altro, indica la sintesi permanente ed
attuale di tutti gli Stati dell'Essere, sintesi che è al tempo stesso aspetto immediato del Principio e la totalità di tutti gli stati relativi e particolari dell'esistenza. È questo il prototipo unico (al-Unmûdha al-farîd)
o «prototipo evidente», di cui parla il Corano e a cui abbiamo accennato prima; e ricordiamo qui che la Creazione, dal «punto di vista» divino, si integra in questo prototipo, in cui si riflettono tutte le Qualità
o «relazioni» (nisab) divine senza confusione o separazione; soltanto dal punto di vista della creatura l'universo appare molteplice. Ora, i grandi mediatori, il cui spirito si è identificato con lo Spirito divino, si
avvicinano cosi a questa sintesi dell'universo, il grande Prototipo, unico e diretto «oggetto» dell'Atto divino[4].
Gli epiteti tradizionali
del Profeta si riferiscono, nel loro significato esoterico, all'Uomo universale, che è
contemporaneamente lo Spirito,
la totalità dell’universo e il simbolo umano perfetto: è il «Glorificato» (Muhammad), perché sintetizza
l'irraggiamento divino nel cosmo; è il «servo» perfetto ('abd) perché totalmente passivo
nei confronti di Dio, essendo distinto
da Lui a causa della sua natura creata; è l'«inviato»
(rasûl) perché, essendo
essenzialmente lo Spirito, emana direttamente
da Dio; è «illetterato» (ummî)
in quanto riceve la sua scienza direttamente
da Dio, senza l’ausilio di un segno
scritto, senza cioè la mediazione
d'alcuna creatura, ed è anche l'unico e
universale «amato» (habîb) da Dio[5].
[1] Queste polarizzazioni cosmiche sono spesso evocate
all'inizio delle sure del Corano. Per esempio: «Per la
notte quando copre, e per il giorno quando svela e per quello che creò il
maschio e la femmina! In verità, le vostre tendenze divergono...».
(Sura XCII, 1-4); la notte e il giorno corrispondono al riassorbimento nel
non-manifestato e alla manifestazione, il maschio e la femmina all'attivo e al
passivo, e da tali polarità derivano le tendenze divergenti degli uomini, come
la fede e la miscredenza, la generosità e l'avarizia menzionate nel seguito
della Sura.
[2] Per questa ragione, l'animale non può decadere nella stessa
misura, per quanto riguarda la sua norma specifica, dell'uomo. «Certo, noi
abbiamo creato l'uomo secondo la forma piu bella; poi
l'abbiamo reso il piu abietto tra gli abietti, salvo coloro che credono e che
compiono le opere buone...» (Corano, XCV, 3-5).
[3] Anche i Padri greci insegnano questo, soprattutto san
Gregorio di Nissa e san Gregorio Palamas; quest'ultimo scrive: «L'uomo, questo
mondo maggiore in piccolo, è un compendio di tutto ciò che esiste in una unità, e il coronamento delle opere divine. Per questo appunto fu creato per ultimo cosi come noi
riassumiamo i nostri discorsi nelle conclusioni finali; l'universo si potrebbe
infatti chiamare l'opera del Verbo (Logos) , che è esso stesso
un'ipostasi...». E altrove: «Benché gli angeli siano superiori a noi in molte
cose, sono tuttavia inferiori sotto un certo aspetto... per esempio, per ciò
che riguarda l'esistenza secondo l'immagine del Creatore; in questo senso noi
siamo stati creati piu perfettamente conformi all'immagine di Dio...» (cfr. op. cit., p. 58, nota l ).
[4] Vedasi anche la nostra introduzione a: ‘Abd al-Karîm al-Jîlî, De
l'Homme Universel, brani scelti dal libro al-Insân al-kamîl, collezione «Soufisrne», Alger et Lyon, 1953.
[5] Per il Cristianesimo, il Prototipo unico altro non è che il Figlio;
infatti, il Figlio si identifica col Verbo, che è
increato per narura, oppure, secondo l'espressione cristiana, eternamente «generato»
dal Padre e della «stessa sostanza» (homoousios) di Lui. È noto che l'Islam
rifiuta il simbolismo della Filiazione divina, poiché nega ogni distinzione «interna»
della Natura divina: i Nomi o le Qualità divine infatti
sono soltanto aspetti «estrinseci» di Dio. Questa posizione teologica
dell'Islam, che determina anche il linguaggio sufico, rispetta da un lato l'incapacità
della maggioranza degli uomini di concepire una tale distinzione senza
presupporre una dualità dell'ordine divino - è questa la ragione relativamente esoterica
del rifiuto della filiazione divina -; dall'altro, afferma l'Unità suprema dell'Essenza
divina e sotto questo aspetto coincide con la teologia
della Chiesa d'Oriente poiché anche questa afferma che l'Essenza (ousia)
è al di là dell'Essere e perciò al di là d'ogni distinzione, anche principiale,
come quella delle tre Ipostasi.
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