"…la dottrina è infallibile, è a causa del fatto che essa è un’espressione della verità, la quale, in se stessa, è assolutamente indipendente dagli individui che la ricevono e che la comprendono. La garanzia della dottrina risiede in definitiva nel suo carattere «non-umano»". René Guénon, Considerazioni sull’iniziazione, cap. "Sull’infallibilità tradizionale"

giovedì 16 luglio 2015

Titus Burckhardt, Introduzione alle dottrine esoteriche dell’Islam, II - Fondamenti dottrinali - L'Uomo Universale

Titus Burckhardt
Introduzione alle dottrine esoteriche dell’Islam 

II - Fondamenti dottrinali
L'Uomo Universale
L'Atto divino, che è uno, ha un solo ed unico oggetto; secondo il «punto di vista» divino, la creazione è una e si riassume in un unico prototipo ove si riflettono tutte le Qualità o «relazioni» (nisab) divine senza confusione né separazione: «In verità, Noi abbiamo computato ogni cosa in un prototipo (imâm) evidente» (Corano, XXXVI, 11).
Dal punto di vista della creazione, invece, l'Universo non può che essere multiplo, dato che è concepito come «altro da Dio» e che solo Dio è uno. Il prototipo unico (al-Unmûdhaj al-farîd) si differenzia dunque, dal punto di vista relativo, in polarizzazioni successive, come attivo e passivo, macrocosmo e microcosmo, specie e individuo, uomo e donna[1], l'uno e l'altro elemento di ognuna di queste opposizioni avendo ciascuna la propria perfezione; il macrocosmo, che manifesta Dio come «l'Esteriore» (az-Zâhir), è perfetto poiché include tutti gli esseri individuali ed esprime così la stabilità e la potenza divine: «Siete dunque una creazione piu forte del cielo che Egli edificò?...» (Corano, LXXIX, 26); il microcosmo, che corrisponde al Nome divino «L'Interiore» (al-Bâtin), è perfetto a motivo della sua natura centrale.
Riguardo all'Essenza, che è una, l'universo è come un solo essere. L'unità essenziale del mondo è la cosa piu certa e al tempo stesso piu nascosta: ogni conoscenza o percezione, quale che sia il suo grado di adeguamento, presuppone l'Unità essenziale degli esseri e delle cose. Se i diversi esseri percepiscono in modo diverso l'universo, secondo le loro differenti prospettive ed in conformità con i loro gradi di universalità, non lo percepiscono per questo in maniera meno reale, perché la realtà dell'universo non si dissocia da quella della loro visione, e questa realtà è una, benché diversa nei suoi aspetti; è simultaneamente presente nei soggetti conoscenti e negli oggetti conosciuti; d'altra parte, la natura del mondo è dualità e discontinuità: vedere il mondo significa non vedere l'Essenza e contemplare Questa vuoi dire non vedere piu il mondo.
Fra tutti gli esseri di questo mondo, l'uomo è il solo la cui visione intellettuale racchiude ogni cosa, mentre gli altri esseri organici hanno soltanto delle visioni parziali di esso. Certo, il contenuto immediato della percezione umana è soltanto il mondo fisico che lo circonda; ma questo rappresenta un'immagine relativamente completa al suo livello di esistenza, dell'intero universo; attraverso le forme sensibili, l’uomo coglie le forme sottili e le essenze spirituali. Si può dunque affermare che l'uomo, che è un microcosmo, e l’universo, che è un macrocosmo, sono simili a due specchi che si riflettono a vicenda: da un lato, l'uomo esiste soltanto in relazione con il macrocosmo di cui fa parte e che lo determina; dall'altro egli conosce il macrocosrno, la qual cosa significa che tutte le possibilità che si dispiegano nel mondo sono contenute in modo principiale nell'essenza intellettuale dell'uomo. È questo il senso del detto coranico: «Ed Egli [Dio] insegnò ad Adamo ogni nome [cioè tutte le essenze degli esseri e delle cose]» (II, 31).
Ogni microcosmo è, a modo suo, un centro dell'universo; ma nell'uomo la polarizzazione «soggettiva» dello Spirito raggiunge il suo punto culminante: «Egli ha assoggettato a voi tutto ciò che è nei cieli e in terra, tutto [provenendo] da Lui» (Corano, XLV, 12). Quanto ai microcosmi non-umani racchiusi nel nostro mondo, sono inferiori all'uomo in quanto microcosrni, cioè in quanto polarizzazioni «soggettive» dello Spirito o del Prototipo unico, ma sono relativamente superiori all'uomo giacché partecipano maggiormente alla perfezione macrocosmica, la qual cosa, nel regno animale, è espressa dal crescente predominio della specie - della forma specifica - sull'autonomia individuale[2] e, nei vegetali e nei minerali, dalla fusione dei due poli: specie ed individuo.
Ogni termine delle polarizzazioni successive del Prototipo unico contiene, implicitamente o esplicitamente, il termine complementare: la specie include gli individui, ma ogni individuo comprende virtualmente in sé tutte le possibilità della specie. L'uomo contiene in sé la natura della donna e viceversa, e questo grazie all'origine stessa degli esseri: «Temete il vostro Signore, che vi ha creato da una sola anima (min nafsin wâhidah), che ha creato da essa la sua sposa, e che ba formato da questa coppia uomini e donne in gran numero» (Corano, IV, 1). Similmente, il mondo, o macrocosmo, è evidentemente il «contenente» dell'uomo, che ne è parte integrante; tuttavia, l'uomo conosce il mondo poiché tutte le possibilità del mondo sono, in modo virtuale e principiale, presenti nell'uomo. L'uomo e il cosmo, l'abbiamo già detto, sono simili a due specchi che si riflettono l'un l'altro, donde l'adagio sufico: «L'universo è un grande uomo, e l'uomo è un piccolo universo»
(al-kawmu insânun kabîrun wa-l-insânu kawnun çaghir). Si può anche affermare che l'universo e l'uomo sono forme dello Spirito universale (ar-Rûh) o dello Spirito divino, oppure che sono ambedue aspetti complementari di un solo essere «pancosmico», simbolo di Dio; tuttavia, la forma «esteriore» od «oggettiva» del macrocosmo non può essere colta nella sua totalità giacché i suoi limiti sfuggono indefinitamente, mentre la forma dell'uomo è conosciuta; questo permette di dire che l'uomo è un «compendio» qualitativo del grande «libro» cosmico, poiché tutte le qualità universali vengono espresse, in un modo o in un altro, nella sua forma. D'altra parte, il Profera afferma che «Dio creò Adamo nella Sua [propria) forma»; ciò vuoi dire che la natura primordiale dell'uomo è come il risultato simbolico e, in un certo senso, la «somma» apparente di tutte le essenze divine immanenti al mondo»[3].
Nell'uomo comune il senso «globale» della natura umana rimane virtuale; diventa attuale soltanto in colui che, avendo veramente realizzato tutte le Verità universali che si riflettono nella sua forma terrestre, si identifica per questo con l'«Uomo perfetto» o «Uomo universale» (al-lnsân al-kâmil). Tale essere avrà in pratica, come forma «esteriore», la sua individualità umana, ma in potenza ed in teoria, tutte le forme e tutti gli stati di esistenza gli appartengono, dal momento in cui la sua «realtà interiore» si identifica con quella della totalità dell'universo.
Si capisce cosi perché l'espressione «Uomo universale» ha due significati, che coincidono o si differenziano secondo il punto di vista da cui si osservano. Questa espressione conviene, da un lato, a tutti gli uomini i quali abbiano realizzato l'Unione o 1'«Identità suprema», come i grandi mediatori spirituali, particolarmente i profeti e i «poli» fra i santi; dall’altro, indica la sintesi permanente ed attuale di tutti gli Stati dell'Essere, sintesi che è al tempo stesso aspetto immediato del Principio e la totalità di tutti gli stati relativi e particolari dell'esistenza. È questo il prototipo unico (al-Unmûdha al-farîd) o «prototipo evidente», di cui parla il Corano e a cui abbiamo accennato prima; e ricordiamo qui che la Creazione, dal «punto di vista» divino, si integra in questo prototipo, in cui si riflettono tutte le Qualità o «relazioni» (nisab) divine senza confusione o separazione; soltanto dal punto di vista della creatura l'universo appare molteplice. Ora, i grandi mediatori, il cui spirito si è identificato con lo Spirito divino, si avvicinano cosi a questa sintesi dell'universo, il grande Prototipo, unico e diretto «oggetto» dell'Atto divino[4].
Gli epiteti tradizionali del Profeta si riferiscono, nel loro significato esoterico, all'Uomo universale, che è contemporaneamente lo Spirito, la totalità dell’universo e il simbolo umano perfetto: è il «Glorificato» (Muhammad), perché sintetizza l'irraggiamento divino nel cosmo; è il «servo» perfetto ('abd) perché totalmente passivo nei confronti di Dio, essendo distinto da Lui a causa della sua natura creata; è l'«inviato» (rasûl) perché, essendo essenzialmente lo Spirito, emana direttamente da Dio; è «illetterato» (ummî) in quanto riceve la sua scienza direttamente da Dio, senza l’ausilio di un segno scritto, senza cioè la mediazione d'alcuna creatura, ed è anche l'unico e universale «amato» (habîb) da Dio[5].




[1] Queste polarizzazioni cosmiche sono spesso evocate all'inizio delle sure del Corano. Per esempio: «Per la notte quando copre, e per il giorno quando svela e per quello che creò il maschio e la femmina! In verità, le vostre tendenze divergono...». (Sura XCII, 1-4); la notte e il giorno corrispondono al riassorbimento nel non-manifestato e alla manifestazione, il maschio e la femmina all'attivo e al passivo, e da tali polarità derivano le tendenze divergenti degli uomini, come la fede e la miscredenza, la generosità e l'avarizia menzionate nel seguito della Sura.

[2] Per questa ragione, l'animale non può decadere nella stessa misura, per quanto riguarda la sua norma specifica, dell'uomo. «Certo, noi abbiamo creato l'uomo secondo la forma piu bella; poi l'abbiamo reso il piu abietto tra gli abietti, salvo coloro che credono e che compiono le opere buone...» (Corano, XCV, 3-5).

[3] Anche i Padri greci insegnano questo, soprattutto san Gregorio di Nissa e san Gregorio Palamas; quest'ultimo scrive: «L'uomo, questo mondo maggiore in piccolo, è un compendio di tutto ciò che esiste in una unità, e il coronamento delle opere divine. Per questo appunto fu creato per ultimo cosi come noi riassumiamo i nostri discorsi nelle conclusioni finali; l'universo si potrebbe infatti chiamare l'opera del Verbo (Logos) , che è esso stesso un'ipostasi...». E altrove: «Benché gli angeli siano superiori a noi in molte cose, sono tuttavia inferiori sotto un certo aspetto... per esempio, per ciò che riguarda l'esistenza secondo l'immagine del Creatore; in questo senso noi siamo stati creati piu perfettamente conformi all'immagine di Dio...» (cfr. op. cit., p. 58, nota l ).

[4] Vedasi anche la nostra introduzione a:Abd al-Karîm al-Jîlî, De l'Homme Universel, brani scelti dal libro al-Insân al-kamîl, collezione «Soufisrne», Alger et Lyon, 1953.


[5] Per il Cristianesimo, il Prototipo unico altro non è che il Figlio; infatti, il Figlio si identifica col Verbo, che è increato per narura, oppure, secondo l'espressione cristiana, eternamente «generato» dal Padre e della «stessa sostanza» (homoousios) di Lui. È noto che l'Islam rifiuta il simbolismo della Filiazione divina, poiché nega ogni distinzione «interna» della Natura divina: i Nomi o le Qualità divine infatti sono soltanto aspetti «estrinseci» di Dio. Questa posizione teologica dell'Islam, che determina anche il linguaggio sufico, rispetta da un lato l'incapacità della maggioranza degli uomini di concepire una tale distinzione senza presupporre una dualità dell'ordine divino - è questa la ragione relativamente esoterica del rifiuto della filiazione divina -; dall'altro, afferma l'Unità suprema dell'Essenza divina e sotto questo aspetto coincide con la teologia della Chiesa d'Oriente poiché anche questa afferma che l'Essenza (ousia) è al di là dell'Essere e perciò al di là d'ogni distinzione, anche principiale, come quella delle tre Ipostasi.

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