René Guénon
Considerazioni sull'Iniziazione
XXIX - «Operativo» e «speculativo»
Quando abbiamo trattato della questione delle qualificazioni iniziatiche, abbiamo fatto allusione a un malinteso molto diffuso, vertente sul significato della parola «operativo» e di conseguenza anche su quello della parola «speculativo», che della prima è in qualche modo l’opposto; e, come dicevamo allora, ci sembra che valga la pena di insistere in modo speciale su questo argomento, giacché vi è uno stretto rapporto tra tale malinteso e la generale ignoranza di quel che deve essere realmente l’iniziazione.
Storicamente, se così si può dire, la questione si pone in modo più particolare a proposito della Massoneria, giacché è in essa che i termini in questione sono abitualmente usati; ma non ci sembra difficile da capire che essa ha in fondo una portata molto più ampia, e come anzi si tratti di qualcosa che, secondo modalità differenti, ha le qualità per applicarsi a tutte le forme iniziatiche; ed è questo che ne determina tutta l’importanza dal punto di vista da cui ci poniamo noi.
Il punto di partenza dell’errore che segnaliamo consiste in questo: per il fatto che la forma dell’iniziazione massonica è legata a un mestiere – cosa che del resto, come abbiamo indicato, è ben lungi dal costituire un caso eccezionale – e che i suoi simboli e i suoi riti, in una parola i suoi metodi propri, in tutto ciò che hanno di «specifico», assumono essenzialmente il loro appoggio nel mestiere di costruttore, si è finito col confondere «operativo» con «corporativo», fermandosi in tal modo all’aspetto più esteriore e più superficiale delle cose, com’è naturale che capiti a chi non abbia nessuna idea, o addirittura nessun sospetto, della «realizzazione» iniziatica. L’opinione che è più diffusa potrebbe perciò venir formulata in questo modo: i Massoni «operativi» erano esclusivamente uomini di mestiere; a poco a poco essi «accettarono» fra di loro – in certo qual modo a titolo onorifico – persone estranee all’arte di costruire[1]; sennonché, alla fine, accadde che questo secondo elemento divenne predominante, e da qui ebbe origine la trasformazione della Massoneria «operativa» in Massoneria «speculativa», la quale non ebbe più con il mestiere se non un rapporto fittizio o «ideale». Tale Massoneria «speculativa» risale, com’è noto, all’inizio del secolo XVIII; sennonché qualcuno, constatata la presenza di membri non artigiani nell’antica Massoneria «operativa», crede di poter dedurre da questo fatto che costoro erano già Massoni «speculativi». A ogni buon conto, si sembra pensare – in modo più o meno unanime – che il cambiamento che diede origine alla Massoneria «speculativa» sia un segno di superiorità nei confronti di ciò da cui quest’ultima è derivata, quasi che essa rappresentasse un «progresso» in senso «intellettuale» e corrispondesse a una concezione di livello più elevato; e non si manca – in merito a questo fatto – di opporre le «speculazioni» del «pensiero» alle occupazioni del mestiere, come se si trattasse di cose di questo genere quando siano in causa realtà che sono comprese, non nel campo delle attività profane, ma nella sfera iniziatica.
Quando abbiamo trattato della questione delle qualificazioni iniziatiche, abbiamo fatto allusione a un malinteso molto diffuso, vertente sul significato della parola «operativo» e di conseguenza anche su quello della parola «speculativo», che della prima è in qualche modo l’opposto; e, come dicevamo allora, ci sembra che valga la pena di insistere in modo speciale su questo argomento, giacché vi è uno stretto rapporto tra tale malinteso e la generale ignoranza di quel che deve essere realmente l’iniziazione.
Storicamente, se così si può dire, la questione si pone in modo più particolare a proposito della Massoneria, giacché è in essa che i termini in questione sono abitualmente usati; ma non ci sembra difficile da capire che essa ha in fondo una portata molto più ampia, e come anzi si tratti di qualcosa che, secondo modalità differenti, ha le qualità per applicarsi a tutte le forme iniziatiche; ed è questo che ne determina tutta l’importanza dal punto di vista da cui ci poniamo noi.
Il punto di partenza dell’errore che segnaliamo consiste in questo: per il fatto che la forma dell’iniziazione massonica è legata a un mestiere – cosa che del resto, come abbiamo indicato, è ben lungi dal costituire un caso eccezionale – e che i suoi simboli e i suoi riti, in una parola i suoi metodi propri, in tutto ciò che hanno di «specifico», assumono essenzialmente il loro appoggio nel mestiere di costruttore, si è finito col confondere «operativo» con «corporativo», fermandosi in tal modo all’aspetto più esteriore e più superficiale delle cose, com’è naturale che capiti a chi non abbia nessuna idea, o addirittura nessun sospetto, della «realizzazione» iniziatica. L’opinione che è più diffusa potrebbe perciò venir formulata in questo modo: i Massoni «operativi» erano esclusivamente uomini di mestiere; a poco a poco essi «accettarono» fra di loro – in certo qual modo a titolo onorifico – persone estranee all’arte di costruire[1]; sennonché, alla fine, accadde che questo secondo elemento divenne predominante, e da qui ebbe origine la trasformazione della Massoneria «operativa» in Massoneria «speculativa», la quale non ebbe più con il mestiere se non un rapporto fittizio o «ideale». Tale Massoneria «speculativa» risale, com’è noto, all’inizio del secolo XVIII; sennonché qualcuno, constatata la presenza di membri non artigiani nell’antica Massoneria «operativa», crede di poter dedurre da questo fatto che costoro erano già Massoni «speculativi». A ogni buon conto, si sembra pensare – in modo più o meno unanime – che il cambiamento che diede origine alla Massoneria «speculativa» sia un segno di superiorità nei confronti di ciò da cui quest’ultima è derivata, quasi che essa rappresentasse un «progresso» in senso «intellettuale» e corrispondesse a una concezione di livello più elevato; e non si manca – in merito a questo fatto – di opporre le «speculazioni» del «pensiero» alle occupazioni del mestiere, come se si trattasse di cose di questo genere quando siano in causa realtà che sono comprese, non nel campo delle attività profane, ma nella sfera iniziatica.
Di fatto, anticamente non si faceva altra distinzione al di fuori di quella che esisteva tra i Massoni «liberi», i quali erano uomini di mestiere la cui denominazione traeva origine dalle franchigie che erano state accordate dai sovrani alle loro corporazioni, e senza dubbio – inoltre – (dovremmo forse dire addirittura prima di tutto) dal fatto che la condizione di uomo libero di nascita era una delle qualificazioni richieste per essere ammessi all’iniziazione[2], e – dicevamo – dei Massoni «accettati», che invece non appartenevano alla professione, e fra i quali un posto a parte era riservato agli ecclesiastici, iniziati in Logge speciali[3] per poter svolgere la funzione di «cappellani» nelle Logge ordinarie; ma sia gli uni che gli altri erano allo stesso modo, sia pure a differente titolo, membri di un’unica organizzazione, la quale era la Massoneria «operativa»; e come avrebbe potuto essere altrimenti, se nessuna Loggia poteva funzionare senza essere dotata di un «cappellano», perciò senza contare almeno un Massone «accettato» fra i suoi membri?[4] Corrisponde del resto al vero che sia fra i Massoni «accettati», e in conseguenza di una loro azione, che si formò la Massoneria «speculativa»[5]; e questo può tutto sommato spiegarsi abbastanza semplicemente con il fatto che essi, che non erano direttamente collegati con il mestiere e non avevano – proprio per questo – una base così solida per il lavoro iniziatico svolto sotto la forma in questione, potevano più facilmente o più completamente di altri perdere di vista una parte di quel che l’iniziazione comporta, e diremo addirittura la parte più importante, giacché essa è quella che concerne propriamente la «realizzazione» [6].
Occorre inoltre aggiungere che forse essi erano anche, a motivo della loro situazione sociale e delle loro relazioni con l’esterno, più accessibili a certi influssi del mondo profano, politici, filosofici o di altro genere, che agivano anch’essi nello stesso senso, «distraendoli» – nell’accezione propria del termine – dal lavoro iniziatico, se pur non arrivassero addirittura ad indurli a commettere deplorevoli confusioni tra le due sfere, come si vide fin troppo spesso in seguito.
A questo punto, pur avendo preso lo spunto da considerazioni storiche per comodità di esposizione, giungiamo al fondo vero e proprio della questione: il passaggio dall’«operativo» allo «speculativo», ben lungi dal costituire un «progresso» come i moderni vorrebbero, che non ne capiscono il significato, dal punto di vista iniziatico ne è esattamente tutto l’opposto; esso comporta, se non necessariamente una deviazione in termini propri, per lo meno una decadenza, nel senso di una menomazione; e, come abbiamo appena detto, è una menomazione che consiste nella negligenza e nell’oblio di tutto quel che è «realizzazione» – stante che a essere veramente «operativo» è ciò che ha tale carattere – per lasciare soltanto più permanere, dell’iniziazione, una visione puramente teorica. Occorre infatti non dimenticare che «speculazione» e «teoria» sono sinonimi; e va da sé che il termine «teoria» non deve qui essere inteso nel suo senso originario di «contemplazione», ma unicamente nell’accezione che ha sempre nel linguaggio di oggi, e che la parola «speculazione» esprime senza dubbio in modo più definito, giacché suggerisce – con la sua stessa derivazione – l’idea di qualcosa che altro non è che un «riflesso», come l’immagine che si vede in uno specchio[7], ossia una conoscenza indiretta, per opposizione alla conoscenza effettiva che è la conseguenza immediata della «realizzazione», o – piuttosto – che fa una sola cosa con quest’ultima. Sotto un altro profilo, la parola «operativo» non deve essere presa per un equivalente esatto di «pratica», perché tale termine si riferisce sempre all’«azione» (il che del resto è rigorosamente conforme alla sua etimologia); per modo che non potrebbe venir usato in questa circostanza senza equivoco o improprietà[8]; in realtà si tratta di quel «compimento» dell’essere che è la «realizzazione» iniziatica, con tutto l’insieme dei mezzi di diversa natura che possono essere utilizzati in vista di tale scopo; e non è senza interesse osservare che una parola di simile origine – il termine «opera» – è impiegata precisamente in tal senso nella terminologia alchemica.
È di conseguenza facile rendersi conto di quel che rimane nel caso di un’iniziazione che sia soltanto più «speculativa»: permane pur sempre la trasmissione iniziatica, poiché la «catena» tradizionale non è stata interrotta; ma al posto della possibilità di una iniziazione effettiva tutte le volte che non venga a frapporlesi l’ostacolo di qualche difetto individuale, non c’è più se non un’iniziazione virtuale, e condannata per forza di cose a rimanere tale, poiché la limitazione «speculativa» significa propriamente che questo stadio non può più essere superato, perché tutto quel che va più lontano è d’ordine «operativo» per definizione. Ciò non vuol però dire, beninteso, che in un caso simile i riti non abbiano più effetto, giacché essi restano sempre – quand’anche coloro che li eseguono non ne abbiano consapevolezza – veicolo dell’influenza spirituale; sennonché quest’effetto è per così dire «differito» in quanto a sviluppo «in atto», e resta come un germe a cui manchino le condizioni necessarie per la sua maturazione, tali condizioni risiedendo nel lavoro «operativo» in virtù – solo – del quale l’iniziazione può essere resa effettiva.
A tal proposito, dobbiamo ancora insistere sul fatto che una decadenza simile che colpisca un’organizzazione iniziatica tuttavia non cambia nulla della sua natura essenziale, e che già la sola continuità della trasmissione è sufficiente acciocché – se circostanze più favorevoli si presentassero – una restaurazione sia sempre possibile, restaurazione che dovrebbe allora essere concepita, necessariamente, come un ritorno allo stato «operativo». Soltanto che, è evidente che più un’organizzazione è sminuita in un tal modo, più aumentano le possibilità di deviazioni almeno parziali, le quali possono del resto naturalmente prodursi in molti sensi diversi; e tali deviazioni, pur se hanno un carattere solo accidentale, renderanno una restaurazione sempre maggiormente difficile di fatto, anche se – nonostante tutto – essa resta ancora possibile in linea di principio. Comunque sia, un’organizzazione iniziatica che possieda una filiazione autentica e legittima, quale che sia lo stato più o meno degradato in cui si trovi ridotta al presente, non potrà sicuramente mai essere confusa con una qualsiasi pseudo-iniziazione, la quale tutto sommato non è che puro nulla, né con la contro-iniziazione, la quale è invece veramente qualcosa, ma qualcosa di assolutamente negativo, che procede direttamente all’opposto del fine che essenzialmente si propone ogni iniziazione ver a[9].
Sotto un diverso riguardo, l’inferiorità del punto di vista «speculativo», come l’abbiamo spiegata, fa inoltre vedere – quasi per sovrammercato – che il «pensiero», coltivato per se stesso, non può in nessun caso essere considerato lo scopo di una organizzazione iniziatica come tale; quest’ultima non è assolutamente un raggruppamento in cui si debba «filosofeggiare» o dedicarsi a discussioni «accademiche», nonché a qualsivoglia altro genere di occupazione profana[10]. La «speculazione» filosofica, quando si introduca in una simile organizzazione è già una vera e propria deviazione, mentre la «speculazione» indirizzata su ciò che ha rapporto con la sfera iniziatica, se si riduce a se stessa invece di essere, come normalmente dovrebbe, una semplice preparazione al lavoro «operativo», costituisce soltanto quella menomazione di cui abbiamo detto in precedenza. Anche questa è una distinzione importante, ma la crediamo sufficientemente chiara perché non sia il caso di insisterci di più; concludendo, si può dire che si è in presenza di deviazione – più o meno grave secondo i casi – tutte le volte che ci sia confusione tra il punto di vista iniziatico e il punto di vista profano. Ciò non va mai perso di vista quando si voglia giudicare del grado di decadenza a cui un’organizzazione iniziatica può essere giunta; ma, facendo astrazione da ogni caso di deviazione, si possono sempre – in modo esattissimo – applicare i termini «operativo» e «speculativo» nei confronti di una organizzazione iniziatica quale essa sia – e anche quando essa non assuma un mestiere quale «supporto» –, facendoli corrispondere rispettivamente all’iniziazione effettiva e all’iniziazione virtuale.
Sotto un diverso riguardo, l’inferiorità del punto di vista «speculativo», come l’abbiamo spiegata, fa inoltre vedere – quasi per sovrammercato – che il «pensiero», coltivato per se stesso, non può in nessun caso essere considerato lo scopo di una organizzazione iniziatica come tale; quest’ultima non è assolutamente un raggruppamento in cui si debba «filosofeggiare» o dedicarsi a discussioni «accademiche», nonché a qualsivoglia altro genere di occupazione profana[10]. La «speculazione» filosofica, quando si introduca in una simile organizzazione è già una vera e propria deviazione, mentre la «speculazione» indirizzata su ciò che ha rapporto con la sfera iniziatica, se si riduce a se stessa invece di essere, come normalmente dovrebbe, una semplice preparazione al lavoro «operativo», costituisce soltanto quella menomazione di cui abbiamo detto in precedenza. Anche questa è una distinzione importante, ma la crediamo sufficientemente chiara perché non sia il caso di insisterci di più; concludendo, si può dire che si è in presenza di deviazione – più o meno grave secondo i casi – tutte le volte che ci sia confusione tra il punto di vista iniziatico e il punto di vista profano. Ciò non va mai perso di vista quando si voglia giudicare del grado di decadenza a cui un’organizzazione iniziatica può essere giunta; ma, facendo astrazione da ogni caso di deviazione, si possono sempre – in modo esattissimo – applicare i termini «operativo» e «speculativo» nei confronti di una organizzazione iniziatica quale essa sia – e anche quando essa non assuma un mestiere quale «supporto» –, facendoli corrispondere rispettivamente all’iniziazione effettiva e all’iniziazione virtuale.
[1] Di fatto queste persone dovevano tuttavia avere per lo meno qualche legame indiretto con quest’arte, non foss’altro che a titolo di «protettori» (o patrons, nel senso inglese della parola); in modo analogo – più tardi – gli stampatori (il cui rituale era costituito, nella sua parte principale, dalla «leggenda» di Faust) «accettarono» tutti coloro che avessero qualche rapporto con l’arte del libro, vale a dire non soltanto i librai, ma anche gli autori.
[2] Non è possibile, senza far deviare le parole dal loro legittimo significato, dare un’altra interpretazione all’espressione «nato libero» (free-born) attribuita al candidato all’iniziazione, espressione che non ha nulla a che vedere con l’«affrancamento» da un qualsivoglia sedicente «pregiudizio»!
[3] Tali Logge erano dette Lodges of Jakin, e lo stesso «cappellano» era chiamato Brother-Jakin nell’antica Massoneria «operativa».
[4] In realtà dovremmo dire che la Loggia ne contava obbligatoriamente addirittura due, e che il secondo era un medico.
[5] Questi Massoni non avevano d’altronde ricevuto la totalità dei gradi «Operativi», ed è questo che spiega l’esistenza, agli inizi della Massoneria «moderna», di certe lacune che occorse colmare in seguito, cosa che non fu possibile se non con l’intervento dei sopravvissuti della Massoneria «antica», molto più numerosi – ancora nel secolo XVIII – di quanto non credano generalmente gli storici.
[6] Abbiamo già in precedenza messo in rilievo tale differenza, a proposito dello stato attuale del Compagnonaggio e della Massoneria; i «Compagnoni» chiamano volentieri i Massoni «loro Fratelli speculativi», e anche se questa espressione implica il riconoscimento di una comunanza di origini, risente però talvolta di una certa sfumatura di sprezzo, la quale – a dire il vero – non è totalmente ingiustificata, come si potrà capire dalle considerazioni che stiamo esponendo.
[7] La parola speculum significa infatti «specchio» in latino.
[8] In fondo tra i due significati c’è tutta la differenza che esiste in greco tra i significati rispettivi delle due parole praxis e poêsis.
[9] Abbiamo avuto, a diverse riprese, l’occasione di constatare che simili precisazioni sono tutt’altro che superflue; dobbiamo conseguentemente protestare in modo formale contro qualsiasi interpretazione che tenda, per una confusione volontaria o involontaria, ad applicare a una qualsivoglia organizzazione iniziatica ciò che nei nostri scritti si riferisca in realtà vuoi alla pseudo-iniziazione, vuoi alla contro-iniziazione.
[10] Non siamo mai riusciti a capire cosa voglia dire esattamente l’espressione «società di pensiero» che qualcuno ha inventato per denominare una categoria di raggruppamenti che sembra piuttosto mal definita; quel che invece è sicuro, è che – anche se esiste realmente qualcosa a cui si possa attagliare un tale appellativo –, esso non potrà in ogni caso avere il minimo rapporto con qualsivoglia organizzazione iniziatica.
[2] Non è possibile, senza far deviare le parole dal loro legittimo significato, dare un’altra interpretazione all’espressione «nato libero» (free-born) attribuita al candidato all’iniziazione, espressione che non ha nulla a che vedere con l’«affrancamento» da un qualsivoglia sedicente «pregiudizio»!
[3] Tali Logge erano dette Lodges of Jakin, e lo stesso «cappellano» era chiamato Brother-Jakin nell’antica Massoneria «operativa».
[4] In realtà dovremmo dire che la Loggia ne contava obbligatoriamente addirittura due, e che il secondo era un medico.
[5] Questi Massoni non avevano d’altronde ricevuto la totalità dei gradi «Operativi», ed è questo che spiega l’esistenza, agli inizi della Massoneria «moderna», di certe lacune che occorse colmare in seguito, cosa che non fu possibile se non con l’intervento dei sopravvissuti della Massoneria «antica», molto più numerosi – ancora nel secolo XVIII – di quanto non credano generalmente gli storici.
[6] Abbiamo già in precedenza messo in rilievo tale differenza, a proposito dello stato attuale del Compagnonaggio e della Massoneria; i «Compagnoni» chiamano volentieri i Massoni «loro Fratelli speculativi», e anche se questa espressione implica il riconoscimento di una comunanza di origini, risente però talvolta di una certa sfumatura di sprezzo, la quale – a dire il vero – non è totalmente ingiustificata, come si potrà capire dalle considerazioni che stiamo esponendo.
[7] La parola speculum significa infatti «specchio» in latino.
[8] In fondo tra i due significati c’è tutta la differenza che esiste in greco tra i significati rispettivi delle due parole praxis e poêsis.
[9] Abbiamo avuto, a diverse riprese, l’occasione di constatare che simili precisazioni sono tutt’altro che superflue; dobbiamo conseguentemente protestare in modo formale contro qualsiasi interpretazione che tenda, per una confusione volontaria o involontaria, ad applicare a una qualsivoglia organizzazione iniziatica ciò che nei nostri scritti si riferisca in realtà vuoi alla pseudo-iniziazione, vuoi alla contro-iniziazione.
[10] Non siamo mai riusciti a capire cosa voglia dire esattamente l’espressione «società di pensiero» che qualcuno ha inventato per denominare una categoria di raggruppamenti che sembra piuttosto mal definita; quel che invece è sicuro, è che – anche se esiste realmente qualcosa a cui si possa attagliare un tale appellativo –, esso non potrà in ogni caso avere il minimo rapporto con qualsivoglia organizzazione iniziatica.
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