"…la dottrina è infallibile, è a causa del fatto che essa è un’espressione della verità, la quale, in se stessa, è assolutamente indipendente dagli individui che la ricevono e che la comprendono. La garanzia della dottrina risiede in definitiva nel suo carattere «non-umano»". René Guénon, Considerazioni sull’iniziazione, cap. "Sull’infallibilità tradizionale"

giovedì 15 dicembre 2016

'Abd Al-Qâdir al-Jazâ'irî, La creazione rinnovata (Mawqîf 176)

'Abd Al-Qâdir al-Jazâ'irî
La creazione rinnovata

Dio ha detto[1]:
“Egli è il creatore incessante, Colui che sa tutto”[2].
“Colui che crea senza posa” indica una creazione in abbondanza.


La creazione può essere una pura eventualità che si porta in sé; essa può anche situarsi al piano dell’esistenziazione nelle facoltà sensibili; vi è dunque una creazione che segue un’altra creazione, come l’ha espressa il poeta:
Tu, Tu sostieni ciò che Tu hai creato,
mentre alcuni creano senza poter in seguito sostenere.

Ciò vuol dire che quel che Tu hai creato e determinato, Tu lo esistenzi esteriormente in modo sensibile, mentre certi immaginano, creano e determinano unicamente in loro stessi, senza per questo esistenziare esteriormente quel che hanno creato e determinato (interiormente). Il Reale crea costantemente. Egli esistenzia gli accidenti che sono delle forme. In effetti, come dicono i filosofi a proposito del tempo, tutte le forme sono gli accidenti del suo fluire. E, come dicono gli ash’ariti[3], l’accidente non dura nemmeno il valore di due istanti, sennò, non ci sarebbe più bisogno del Reale e i nomi d’azione sarebbero totalmente negati; ora ciò è impossibile. Dunque il Reale non ha che da dare l’esistenza a questa creazione, in virtù delle esigenze della realtà delle cose, in ciò che concerne il loro stato e il loro statuto; sennò, esse sarebbero immutabili nella scienza divina, come i loro prototipi. Di conseguenza, esse non hanno che da ricevere l’esistenziazione dal Reale; tale è il senso di ciò che ha detto il nostro maestro Muhyî al-Dîn[4]: “Le cose non hanno che un’esistenza da ottenere”. La divisione della creazione in pura eventualità che si porta in sé senza alcuna esistenziazione e in una eventualità esistenziata, non vale che in funzione delle facoltà e dei sensi dell’uomo. Ma, in funzione della realtà in quanto tale, non vi è che l’Esistenza reale che si manifesta attraverso i decreti e le forme che realizza per se stessa, in se stessa e si manifesta determinata da questi decreti e queste forme. Analogicamente, i linguisti procedono nello stesso modo, quando considerano la radice pura e semplice nelle forme derivate e argomentate.

Ho sentito dire in una visione tra la veglia e il sonno che Muhammad b. Qâyid al-Awânî[5]non parlava di creazione rinnovata. Egli scrisse su questo soggetto un saggio intitolato: “Il segno della permanenza dell’originale”. È quel che ho inteso dire. Ciò significa che Ibn Qâyid aveva compreso o inteso dire che alcune persone erano sostenitrici della creazione rinnovata a proposito di ciò che si qualifica come forma possibile. Ma non è così. Perché la creazione rinnovata non riguarda che le forme sensibili. Quanto alle forme concettuali, immaginarie e spirituali, esse rimangono per sempre e non sono minacciate di sparizione. Dunque esse non hanno niente a che vedere con la creazione rinnovata. Queste forme costituiscono le realtà originali che derivano dalle forme del Misericordioso di cui parla la tradizione profetica seguente: “Dio creò Adamo secondo la Sua forma” [6]. Queste forme sono dunque immutabili come l’originale da cui derivano, contrariamente alle forme sensibili. Ecco ciò che vogliono dire i fautori della creazione rinnovata. Non vi è dunque diversità tra ciò che dice Ibn Qâyid e gli altri conoscitori di Dio. Dopo questa visione, caddi su ciò che ha detto il polo ‘Alî Wafâ[7] a questo proposito e questo mi rallegrò. Egli ha detto, in effetti: “È evidentemente impossibile descrivere due contrari uno per l’altro[8]. Ora, l’esistenza è l’essenza dell’Essere esistenziato. Dunque, la non-esistenza dell’essere esistenziato è impossibile. Sarebbe lo stesso, se si aggiungesse l’Esistenza all’essenza dell’essere esistenziato. In effetti, non vi è essere esistenziato che grazie all’Esistenza. Se dunque fosse inesistente, la non esistenza gli sarebbe inerente. La temporaneità e la cessazione dell’esistenza non sono che delle attribuzioni ontologicamente non esistenti. La prima è la manifestazione, in una percezione determinata, di una realtà fin là nascosta; e la seconda è esattamente l’inverso. Nei due casi, rimane ciò che è ad un tempo nascosto e manifesto; così, ciò che si verifica per certe forme non si verifica per le altre, in effetti, il nascosto è riservato a certe forme e il manifesto ad altre. Per esempio, l’acqua diventa vapore e il nutrimento diventa fumo o inversamente, sotto l’effetto della dissoluzione e della coagulazione. Ma le realtà ontologiche e loro concomitanti[9]non cambiano[10], contrariamente alle realtà provvisorie.” Fine della citazione.
“Colui che sa tutto”, Colui che conosce perfettamente ciò che Egli crea e fa esistere. Al grado della prima determinazione, la scienza è conforme all’oggetto conosciuto, perché in questo grado, gli oggetti di conoscenza non si distinguono dall’Essenza. Ma, non c’è dubbio che la scienza segua ontologicamente l’Essenza, dato che l’Essenza precede necessariamente il suo attributo. Anche se la scienza di Dio è nel cuore della Sua essenza, tuttavia, il fatto di darle il nome di scienza necessita la sua posteriorità. In questo grado, le si applica il nome di “scienza attiva”, perché essa è all’origine della realizzazione dell’oggetto conosciuto. Al grado della seconda determinazione, è l’oggetto conosciuto che è conforme alla scienza, perché qui esso distingue se stesso dall’Essenza. Si applica in tal caso alla scienza il nome di “scienza passiva”, poiché è all’origine dello svelamento dell’oggetto conosciuto, in quanto essenza particolare, sussistente e distinta. Lo svelamento è una conseguenza della rivelazione, dato che non può svelarsi se non ciò che è realizzato in se stesso. La scienza è unica ai due gradi, essendo la sua molteplicità relativa.

Mawqîf 176


[1] ‘Abd al-Kader, op. cit., pagg. 290-294.
[2] Corano 36, 81
[3] Da Al-Ash’ari: fondatore della scuola teologica predominante che rappresenta l’ortodossia; nato a Basra nel 260/873 e morto a Bagdad nel 324/935.
[4] Si tratta di IbnArabî.
[5] Personaggio non identificato.
[6] Vedere Mawqîf 175, nota 8. Queste realtà o forme originali, chiamate anche “originali”, sono descritte in Mawqîf 206.
[7] Mistico, membro della confraternita shâdhiliyya. Fu accusato d’eterodossia per le sue opinioni sull’unicità dell’esistenza. Morì a Il Cairo, nel 807/1405. È l’autore del Kitâb al-masâmi’ al-rubbâniyya.
[8] Ciò che è conforme alla pura logica sovente invocata nell’esegesi coranica. Vedere Michel Lagarde, op. cit., pag. 33/XXXV.
[9]Ciò che è necessariamente richiesto come conseguenza.
[10] Principio filosofico ugualmente citato in Mawqîf 93, 95, 102, 107, 120, 145, 184 e 211.

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