Pietro Mancuso
Ramana
Maharshi. Un
saggio dell’età dell’oro
Ramanashram
Ramana continuò a vivere a Skandashram
ma andava a visitare la tomba della madre ogni giorno.
Sei mesi dopo senti l’impulso a restare lì. Verso la fine dello stesso anno, il 1922, il Maharshi scese da Skandashram e si stabilì presso la tomba della Madre. Egli lo spiegò così :«Non fu per mia volontà che mi spostai da Skandashram. Qualcosa mi condusse qui e io obbedì. Non fu una mia decisione ma la Divina Volontà».
Sei mesi dopo senti l’impulso a restare lì. Verso la fine dello stesso anno, il 1922, il Maharshi scese da Skandashram e si stabilì presso la tomba della Madre. Egli lo spiegò così :«Non fu per mia volontà che mi spostai da Skandashram. Qualcosa mi condusse qui e io obbedì. Non fu una mia decisione ma la Divina Volontà».
Dopo i funerali della Madre tutti
ritornarono a Skandashram. Alcuni sentirono che aver costruito il samadhi non era
sufficiente. Sentivano che doveva essere posto un Linga, sopra la tomba della
Madre, e celebrare giornalmente una puja e che anche il Mandala
Abhishekam doveva essere celebrato nel 48 giorno.
Chinnaswami iniziò a celebrare
la puja e un linga fu eretto. Dopo aver celebrato la puja, Chinnaswami
e altri, tornarono a Skandashram per colazione. Furono fatte altre costruzioni furono sopra il samadhi prima del 48 giorno, il giorno del Mandala
Abhishekam. Bhagavan e tutti i suoi devoti andarono a Pali Tirtham per la cerimonia.
Furono fatte molte e differenti
specie di prasad per quell’occasione, e, in tal modo, il Mandala
Abhishekam fu celebrato in grande scala. Dopo questa cerimonia, alcuni sentirono
che un più elaborato e appropriato altare doveva essere costruito sopra la tomba
della Madre.
Chinnaswami e Dandapaniswami (un
eccellente cuoco) solevano andare sul posto, fare puja, cucinare, mangiare
e dopo andarsene, e i piani per la costruzione furono posposti.
In quei giorni, alcuni devoti
dalla città usavano mandare una sporta con le provviste giornaliere a Skandashram.
Chinnaswami e Dandapaniswami solevano prenderne la maggior parte giù, alla tomba
della Madre, lasciandone un po’ per la gente di Skandashram.
Chinnaswami e Dandapaniswami iniziarono
a cucinare a Pali Tirtham cibi ricercati e persino a fare di mattina il caffè. Sri
Ramakrishnaswami e altri furono tentati di scendere giù. Un giorno Chinnaswami invitò
Kunjusvami a scendere giù e mangiare il speciale Mulagutami
Dosai che stava facendo. Disse, “Domani mattina vieni.
Ne faremo abbastanza. Dopo aver mangiato puoi prenderne
un po’ per Bhagavan a Skandashram” Kunjsami scese giù la stessa notte, pensando
che in questo modo poteva prendere il dosai per Bhagavan la mattina presto.
Bhagavan chiese la sera a Ramakrishnaswami,
che si occupava di Bhagavan in assenza di Kunjuswami, dove era andato. Egli gli
disse che era andato al samadhi della Madre per prendere il Dosai.
Il giorno dopo, la mattina presto,
si copri con uno scialle, siccome era la stagione fredda,
e scese a Pali Tirtham. Silenziosamente si sedette accanto ai suoi devoti e disse.
“non c’è nulla per un Atithi (ospite)”? Chinnaswami e altri
chiesero a Bhagavan di rimanere e mangiare il dosai, promisero
di mandarne un po’ su ai devoti di Skandashram.
Gli fu offerto dosai caldo e caffè
con latte di capra. Scherzando disse « adesso capisco perché
tutti, uno dopo l’altro, sono tentati di andarsene da Skandashram».
Shaday Shettiyar, il curatore
di Draupadi Koil, e il più giovane fratello della signora che aveva coperto di paglia
il casotto, costruito sopra l’altare della Madre, venne a sapere che Bhagavan era
sceso giù. La sorella di Shettiyar non poteva andare su a Skandashram per visitare
Bhagavan. Così Shettiyar decise di portarla per il darshan di Bhagavan. Andò
in città per prenderla. Ella venne con un carro pieno di
provviste con il desiderio di cucinare e offrire Bhiksha (offerta di cibo)
a Bhagavan. Ella e lui lo supplicarono di restare e accettare
il suo Bhiksha.
Ganapati Muni, che era a Skandashram,
lo venne a sapere. Dopo aver fatto colazione anche lui
scese giù. Ogni volta che veniva, aveva l’abitudine di dialogare per almeno un’ora
con Bhagavan su diversi argomenti. Altri vennero. Tutti loro sederono
di fronte a Bhagavan. Si fece buio. Non c’erano torce accese e, come consuetudine,
Bhagavan non salìva alla collina attraverso la città. Perciò decise di trascorrere
la notte vicino l’altare della Madre e salire la mattina seguente.
Durante la mattina, quando si stavano preparando
a salire, arrivarono la sorella e il marito di Bhagavan. Anche loro portando provviste
per cucinarle, e chiesero di offrire Bhiksha a Bhagavan. Così, per non dispiacergli,
rimase.
Ramakrishnaswami, realizzando che Bhagavan non sarebbe ritornato, porto giù la
kaupina di Bhagavan e altre cose. Per sei o dieci giorni, l’uno o l’altro, offrirono
il Bhiksha e Bhagavan rimase giù ai piedi della collina.
Chinnaswami chiese a Kunjuswami
e a Gopala Rao di andare e rimanere a Skandashram per custodire le cose che erano
là. Rimasero a custodire Skandahram per otto o dieci giorni e ogni giorno il cibo
gli veniva mandato su. Kunjusvami inizio a pensare che
doveva essere vicino a Bhagavan, e non a custodire cose, oggetti. Appena questo
pensiero venne formulato, lui e Gopala Rao andarono a Pali
Tirtham.
Chinnaswami domandò perché avevano
lasciato Skandashram e si convenne che sarebbero tornati su la mattina seguente.
La mattina, prima che potessero tornare su, qualcuno venne giù e mi disse che tutte
le cose di Skandashram erano state rubate. Bhagavan disse, « adesso
non è necessario che nessuno vada a proteggere le proprietà». Questa osservazione rese chiaro che Bhagavan approvava di rimanere
al samadhi della madre vicino il Pali Tirtham,e, adesso, non c’era per nessuno necessità
di invitare Bhagavan di rimanere.
A poco a poco tutti quelli che
ruotavano attorno alla sua figura si sistemarono a Pali-Tirtham dove la madre era
stata sepolta. Così nacque Ramanashramam in cui Ramana rimase fino alla sua morte.
Un abitante del villaggio vicino
l’Ashram ebbe un sogno in cui gli fu detto
di offrire il primo vitello che sarebbe nato dalle sue vacche al Ramanashramam.
Egli in adempimento a quanto richiestogli in sogno portò la prima vitellina che
nacque insieme alla madre a Ramana. L’ashramam a quel tempo era circondato da una
fitta giungla e c’erano dei ghepardi che cacciavano nei dintorni. La gente dell’Ashram non volendo assumersi la responsabilità
della mucca e della sua vitella rifiutarono l’offerta.
Il padrone delle bestie però aveva preso il suo sogno con estrema serietà e non voleva affatto riportarsi indietro le bestie che dovevano
restare insieme perché la madre doveva nutrire la vitellina fino allo svezzamento.
Alla fine mucca e vitella furono affidate ad alcuni devoti che risiedevano in città.
Alla vitella fu dato il nome di Lakshmi. Lakshmi veniva
all’Ashram per pascolare ogni giorno e
sedersi nella hall accanto a Ramana. La sera come le altre donne facevano ritornava in città.
Ramana aveva un grande rispetto
per tutti gli animali e disse in un’occasione:
«Non è vero che la nascita nello stato umano
è necessariamente la più alta, e che la realizzazione possa essere raggiunta soltanto
da un essere umano: anche un animale può raggiungere l’auto-realizzazione (Muliadar
2-9-46) ».
Una volta Lakshmi entro nella
hall mentre Ramana stava leggendo i giornali e iniziò a leccare i fogli. Ramana
la guardo e gli disse «Aspetta un momento Lakshmi». Ma Lakshmi continuò a leccare i fogli. Ramana posò il giornale
e mise le sue mani dietro le corna della mucca e poggio la fronte sulla sua fronte e rimasero così, immobili. Dopo un po’ Ramana si girò
verso Shantammal che assisteva sbalordito alla scena e gli disse « Sai cosa Lakshmi sta facendo? È in samadhi». La mucca rimase
immobile con il respiro sospeso fino a quando Ramana gli disse « Lakshmi come ti senti adesso?» . Al che girando attorno a Ramana
se ne andò. Alla fine Laksmi non tornò più la sera in città
e si sistemò definitivamente al Ramanaashramam (The Maharshi Novembre Dicembre 1998
Eternal Bhagavan di Shantammal).
Il 17 giugno del 1948 Lakshmi
si ammalò. Il mattino successivo era palese che era ormai prossima
alla morte. Ramana andò da lei e la salutò chiamandola madre, prese la sua testa
sulle ginocchia la guardò negli occhi e le tenne una mano sul cuore e l’altra sulla
testa e rimase così finchè Laksmi non abbandonò il corpo. Secondo la tradizione
che il corpo del jnani dovesse essere interrato e non arso
sulla pira funebre Laksmi ebbe una sepoltura cerimoniale e sulla sua tomba si pose
una statua e una lapide su cui Ramana in tamil scrisse che Lakshmi aveva conseguito
la liberazione.
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