"…la dottrina è infallibile, è a causa del fatto che essa è un’espressione della verità, la quale, in se stessa, è assolutamente indipendente dagli individui che la ricevono e che la comprendono. La garanzia della dottrina risiede in definitiva nel suo carattere «non-umano»". René Guénon, Considerazioni sull’iniziazione, cap. "Sull’infallibilità tradizionale"

venerdì 9 dicembre 2016

Pietro Mancuso, Ramana Maharshi. Un saggio dell’età dell’oro - VII - Ramanashram

Pietro Mancuso
Ramana Maharshi. Un saggio dell’età dell’oro

Ramanashram
Ramana continuò a vivere a Skandashram ma andava a visitare la tomba della madre ogni giorno.
Sei mesi dopo senti l’impulso a restare lì. Verso la fine dello stesso anno, il 1922, il Maharshi scese da Skandashram e si stabilì presso la tomba della Madre. Egli lo spiegò così :«Non fu per mia volontà che mi spostai da Skandashram. Qualcosa mi condusse qui e io obbedì. Non fu una mia decisione ma la Divina Volontà».
Dopo i funerali della Madre tutti ritornarono a Skandashram. Alcuni sentirono che aver costruito il samadhi non era sufficiente. Sentivano che doveva essere posto un Linga, sopra la tomba della Madre, e celebrare giornalmente una puja e che anche il Mandala Abhishekam doveva essere celebrato nel 48 giorno.
Chinnaswami iniziò a celebrare la puja e un linga fu eretto. Dopo aver celebrato la puja, Chinnaswami e altri, tornarono a Skandashram per colazione. Furono fatte altre costruzioni furono sopra il samadhi prima del 48 giorno, il giorno del Mandala Abhishekam. Bhagavan e tutti i suoi devoti andarono a Pali Tirtham per la cerimonia.
Furono fatte molte e differenti specie di prasad per quell’occasione, e, in tal modo, il Mandala Abhishekam fu celebrato in grande scala. Dopo questa cerimonia, alcuni sentirono che un più elaborato e appropriato altare doveva essere costruito sopra la tomba della Madre.
Chinnaswami e Dandapaniswami (un eccellente cuoco) solevano andare sul posto, fare puja, cucinare, mangiare e dopo andarsene, e i piani per la costruzione furono posposti.
In quei giorni, alcuni devoti dalla città usavano mandare una sporta con le provviste giornaliere a Skandashram. Chinnaswami e Dandapaniswami solevano prenderne la maggior parte giù, alla tomba della Madre, lasciandone un po’ per la gente di Skandashram.
Chinnaswami e Dandapaniswami iniziarono a cucinare a Pali Tirtham cibi ricercati e persino a fare di mattina il caffè. Sri Ramakrishnaswami e altri furono tentati di scendere giù. Un giorno Chinnaswami invitò Kunjusvami a scendere giù e mangiare il speciale Mulagutami Dosai che stava facendo. Disse, “Domani mattina vieni. Ne faremo abbastanza. Dopo aver mangiato puoi prenderne un po’ per Bhagavan a Skandashram” Kunjsami scese giù la stessa notte, pensando che in questo modo poteva prendere il dosai per Bhagavan la mattina presto.
Bhagavan chiese la sera a Ramakrishnaswami, che si occupava di Bhagavan in assenza di Kunjuswami, dove era andato. Egli gli disse che era andato al samadhi della Madre per prendere il Dosai.
Il giorno dopo, la mattina presto, si copri con uno scialle, siccome era la stagione fredda, e scese a Pali Tirtham. Silenziosamente si sedette accanto ai suoi devoti e disse. “non c’è nulla per un Atithi (ospite)”? Chinnaswami e altri chiesero a Bhagavan di rimanere e mangiare il dosai, promisero di mandarne un po’ su ai devoti di Skandashram.
Gli fu offerto dosai caldo e caffè con latte di capra. Scherzando disse « adesso capisco perché tutti, uno dopo l’altro, sono tentati di andarsene da Skandashram».
Shaday Shettiyar, il curatore di Draupadi Koil, e il più giovane fratello della signora che aveva coperto di paglia il casotto, costruito sopra l’altare della Madre, venne a sapere che Bhagavan era sceso giù. La sorella di Shettiyar non poteva andare su a Skandashram per visitare Bhagavan. Così Shettiyar decise di portarla per il darshan di Bhagavan. Andò in città per prenderla. Ella venne con un carro pieno di provviste con il desiderio di cucinare e offrire Bhiksha (offerta di cibo) a Bhagavan. Ella e lui lo supplicarono di restare e accettare il suo Bhiksha.
Ganapati Muni, che era a Skandashram, lo venne a sapere. Dopo aver fatto colazione anche lui scese giù. Ogni volta che veniva, aveva l’abitudine di dialogare per almeno un’ora con Bhagavan su diversi argomenti. Altri vennero. Tutti loro sederono di fronte a Bhagavan. Si fece buio. Non c’erano torce accese e, come consuetudine, Bhagavan non salìva alla collina attraverso la città. Perciò decise di trascorrere la notte vicino l’altare della Madre e salire la mattina seguente.
Durante la mattina, quando si stavano preparando a salire, arrivarono la sorella e il marito di Bhagavan. Anche loro portando provviste per cucinarle, e chiesero di offrire Bhiksha a Bhagavan. Così, per non dispiacergli, rimase.
Ramakrishnaswami, realizzando che Bhagavan non sarebbe ritornato, porto giù la kaupina di Bhagavan e altre cose. Per sei o dieci giorni, l’uno o l’altro, offrirono il Bhiksha e Bhagavan rimase giù ai piedi della collina.
Chinnaswami chiese a Kunjuswami e a Gopala Rao di andare e rimanere a Skandashram per custodire le cose che erano là. Rimasero a custodire Skandahram per otto o dieci giorni e ogni giorno il cibo gli veniva mandato su. Kunjusvami inizio a pensare che doveva essere vicino a Bhagavan, e non a custodire cose, oggetti. Appena questo pensiero venne formulato, lui e Gopala Rao andarono a Pali Tirtham.
Chinnaswami domandò perché avevano lasciato Skandashram e si convenne che sarebbero tornati su la mattina seguente. La mattina, prima che potessero tornare su, qualcuno venne giù e mi disse che tutte le cose di Skandashram erano state rubate. Bhagavan disse, « adesso non è necessario che nessuno vada a proteggere le proprietà». Questa osservazione rese chiaro che Bhagavan approvava di rimanere al samadhi della madre vicino il Pali Tirtham,e, adesso, non c’era per nessuno necessità di invitare Bhagavan di rimanere.
A poco a poco tutti quelli che ruotavano attorno alla sua figura si sistemarono a Pali-Tirtham dove la madre era stata sepolta. Così nacque Ramanashramam in cui Ramana rimase fino alla sua morte.
Un abitante del villaggio vicino l’Ashram ebbe un sogno in cui gli fu detto di offrire il primo vitello che sarebbe nato dalle sue vacche al Ramanashramam. Egli in adempimento a quanto richiestogli in sogno portò la prima vitellina che nacque insieme alla madre a Ramana. L’ashramam a quel tempo era circondato da una fitta giungla e c’erano dei ghepardi che cacciavano nei dintorni. La gente dell’Ashram non volendo assumersi la responsabilità della mucca e della sua vitella rifiutarono l’offerta. Il padrone delle bestie però aveva preso il suo sogno con estrema serietà e non voleva affatto riportarsi indietro le bestie che dovevano restare insieme perché la madre doveva nutrire la vitellina fino allo svezzamento. Alla fine mucca e vitella furono affidate ad alcuni devoti che risiedevano in città. Alla vitella fu dato il nome di Lakshmi. Lakshmi veniva all’Ashram per pascolare ogni giorno e sedersi nella hall accanto a Ramana. La sera come le altre donne facevano ritornava in città.
Ramana aveva un grande rispetto per tutti gli animali e disse in un’occasione:
«Non è vero che la nascita nello stato umano è necessariamente la più alta, e che la realizzazione possa essere raggiunta soltanto da un essere umano: anche un animale può raggiungere l’auto-realizzazione (Muliadar 2-9-46) ».
Una volta Lakshmi entro nella hall mentre Ramana stava leggendo i giornali e iniziò a leccare i fogli. Ramana la guardo e gli disse «Aspetta un momento Lakshmi». Ma Lakshmi continuò a leccare i fogli. Ramana posò il giornale e mise le sue mani dietro le corna della mucca e poggio la fronte sulla sua fronte e rimasero così, immobili. Dopo un po’ Ramana si girò verso Shantammal che assisteva sbalordito alla scena e gli disse « Sai cosa Lakshmi sta facendo? È in samadhi». La mucca rimase immobile con il respiro sospeso fino a quando Ramana gli disse « Lakshmi come ti senti adesso?» . Al che girando attorno a Ramana se ne andò. Alla fine Laksmi non tornò più la sera in città e si sistemò definitivamente al Ramanaashramam (The Maharshi Novembre Dicembre 1998 Eternal Bhagavan di Shantammal).
Il 17 giugno del 1948 Lakshmi si ammalò. Il mattino successivo era palese che era ormai prossima alla morte. Ramana andò da lei e la salutò chiamandola madre, prese la sua testa sulle ginocchia la guardò negli occhi e le tenne una mano sul cuore e l’altra sulla testa e rimase così finchè Laksmi non abbandonò il corpo. Secondo la tradizione che il corpo del jnani dovesse essere interrato e non arso sulla pira funebre Laksmi ebbe una sepoltura cerimoniale e sulla sua tomba si pose una statua e una lapide su cui Ramana in tamil scrisse che Lakshmi aveva conseguito la liberazione.

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