"…la dottrina è infallibile, è a causa del fatto che essa è un’espressione della verità, la quale, in se stessa, è assolutamente indipendente dagli individui che la ricevono e che la comprendono. La garanzia della dottrina risiede in definitiva nel suo carattere «non-umano»". René Guénon, Considerazioni sull’iniziazione, cap. "Sull’infallibilità tradizionale"

venerdì 23 dicembre 2016

Titus Burckhardt, Introduzione alle dottrine esoteriche dell’Islam. I - La Realizzazione Spirituale, Le Facoltà intellettuali

Titus Burckhardt
Introduzione alle dottrine esoteriche dell’Islam

I - La Realizzazione Spirituale
Le Facoltà intellettuali

La disposizione gerarchica delle facoltà dell'anima è un aspetto della reintegrazione dell'anima nello Spirito.
Abbiamo paragonato lo stato dell'anima spiritualmente rigenerata al cristallo che, benché solido, è simile alla luce per la trasparenza e la forma rettilinea; le diverse facoltà intellettuali saranno come le sfaccettature del cristallo, ognuna delle quali rifrangerà a suo modo l'Intelletto unico e illimitato.
La facoltà specifica dell'uomo è il pensiero (al-fikr). Come la natura dell'uomo, quella del pensiero ha due aspetti: per il suo potere di sintesi, esso rivela la posizione centrale dell'uomo, nel mondo dunque la sua diretta analogia con lo Spirito; nella sua struttura formale, al contrario, il pensiero è soltanto uno «stile» esistenziale fra molti altri, e cioè un modo specifico della coscienza che potremmo chiamare «animale », se il suo ricongiungimento alla funzione unica - e intrinsecamente «sovrannaturale» - dell'uomo non lo distinguesse, nel bene e nel male, dalle facoltà di conoscenza proprie delle specie animali. In realtà, il pensiero non assume mai una funzione completamente «naturale», nel senso di un equilibrio passivo in armonia con l'ambiente cosmico; nella misura in cui si allontana dall'Intelletto, che trascende il piano terrestre, non può che avere un carattere distruttivo simile a quello di un acido corrosivo che distrugge l'unità organica degli esseri e delle cose. Basta guardare il mondo moderno, il suo carattere artificiale senza bellezza, la sua struttura disumanamente astratta e quantitativa, per sapere cosa sia il pensiero abbandonato a sé stesso. L'uomo, «animale pensante», può essere soltanto il coronamento divino della natura o il suo avversario; ciò deriva dal fatto che l'«essere» e il «conoscere» si dissociano nel mentale, il che, attraverso il decadimento, provoca tutte le scissioni.
La doppia natura del pensiero corrisponde al principio simbolizzato dai sufi per mezzo del barzakh, l'«istmo» tra due oceani. Il barzakh è, al tempo stesso, una diga e un punto di unione tra due gradi di realtà; in quanto intermediario, capovolge, come fa una lente, il fascio di luce che trasmette. Nella struttura del pensiero, tale inversione si esprime mediante l'astrazione: il pensiero è capace di sintesi soltanto spogliandosi dell'aspetto immediato delle cose; nella misura in cui esso si avvicina all'universale, si riduce, per cosi dire, ad un punto. Questo perché il pensiero imita, su un piano formale - e perciò invertito rispetto al piano sovraformale - il «denudamento» (tairid) essenziale dell'Intelletto: questo non ha come oggetto immediato l'esistenza empirica delle cose ma le loro essenze permanenti, relativamente «inesistenti» poiché non manifestate sul piano sensibile; tale conoscenza puramente intellettuale implica un'identificazione diretta col suo oggetto, e questo distingue in modo decisivo la «visione» intellettuale dall'operazione razionale. La «visione» non esclude d'altronde la conoscenza sensibile, ma la contiene poiché ne è l'essenza, sebbene un tale stato di coscienza possa escludere l'una a vantaggio dell'altra.
Dobbiamo precisare qui che la parola intelletto (al-'aql) viene in realtà usata a diversi livelli: essa può indicare il principio universale di ogni intelligenza, principio che trascende le condizioni limitative del mentale; ma si può anche chiamare «intelletto» il riflesso immediato dell'Intelletto universale nel pensiero; corrisponde allora a dò che gli antichi chiamavano ragione.
La modalità mentale complementare della ragione è l'immaginazione (al-khiyal). Rispetto al polo intellettuale del mentale, l'immaginazione rappresenta, in un certo senso, la sua materia plastica: per questo, corrisponde analogicamente alla materia prima, che costituisce la continuità plastica del «sogno cosmico» , mentre l'immaginazione la garantisce soggettivamente.
Se l'immaginazione può essere una causa d'illusione in quanto unisce l'intelligenza al piano delle forme sensibili, ha tuttavia anche un aspetto spiritualmente positivo poiché fissa in forma simbolica le intuizioni intellettuali o le ispirazioni. Perché assuma questa funzione, deve avere acquisito tutta la sua capacità plastica; i guasti dell'immaginazione non provengono tanto dal suo sviluppo quanto dal suo accaparramento da parte della passione e del sentimento. L'immaginazione è uno specchio dell'Intelletto fra altri: la sua perfezione consiste nell'essere vergine e ampia.
Secondo alcuni autori sufici, come 'Abd al-Karlm al-Jîlî, l'oscura radice del mentale è al-wahm, vocabolo che significa al tempo stesso congettura, opinione, suggestione, sospetto, dunque illusione mentale. È il contrario della libertà speculativa del mentale: il potere d'illusione di esso è come affascinato da un abisso, è attirato da tutte le possibilità negative inesauribili. Quando tale potere domina l'immaginazione, questa diventa l'ostacolo piu grande per la spiritualità. In quest'ordine di idee, citiamo il detto del Profeta: «La cosa peggiore che la vostra anima vi suggerisce, è il dubbio». Quanto alla memoria, essa comporta un duplice aspetto: come facoltà di ricordare le impressioni, è passiva e «terrestre» ed a tal riguardo è chiamata al-hafz; ma come atto del ricordo (adh-dhikr), è in relazione diretta con l'intelletto, poiché questo atto si riferisce implicitamente alla presenza intemporale delle essenze, benché queste non possano apparire come tali nel mentale. Il riepilogo delle percezioni da parte del ricordo può essere inadeguato, e certamente lo è anche sotto un certo aspetto, dato che il mentale subisce l'usura del tempo; tuttavia se nel ricordo non ci fosse un'adeguazione implicita, esso sarebbe soltanto pura illusione, e questa non esiste. Se il ricordo può evocare il passato nel presente, vuoi dire che il presente contiene virtualmente tutta l'estensione del tempo; tutti i «sapori» esistenziali sono contenuto nel «non sapore» dell'istante presente. È questo ciò che viene attuato dal «ricordo» (dhikr) spirituale: invece di essere in relazione «orizzontalmente» col passato, si rivolge «verticalmente» alle essenze che reggono sia il passato che il futuro.
Lo Spirito (ar-Rûh) è al tempo stesso Conoscenza ed Essere; nell'uomo, questi due aspetti si polarizzano, in un certo senso, come ragione e come cuore: il secondo rivela ciò che noi «siamo» rispetto all'eternità, mentre la prima ciò che noi «pensiamo». Da un altro lato, il cuore (al-qalb) rappresenta anche la presenza dello Spirito secondo i due aspetti: è sia l'organo dell'intuizione (al-kashf) che il punto d'identificazione (wajd) con l'Essere (al-Wujûd). Secondo una sentenza divina (hadîth qudsî) rivelata per bocca del Profeta, Dio dice: «I cieli e la terra non possono contenerMi, ma il cuore del mio servo credente Mi contiene». Il centro piu intimo del cuore si chiama il mistero (as-sirr); è il punto inafferrabile ove la creatura incontra Dio. La realtà spirituale del cuore è di solito velata dalla coscienza egocentrica, la quale annette il cuore entro il proprio centro di gravità, che sarà il mentale o il sentimento, secondo le tendenze.
Il cuore è per le altre facoltà quello che il sole è per i pianeti: dal sole questi ricevono luce ed impulso. Tale analogia, la quale è ancora piu evidente secondo la prospettiva eliocentrica che non secondo il sistema geocentrico degli antichi, dove il sole occupa il cielo centrale tra i pianeti, è stata sviluppata da 'Abd al-Karîm al-Jîlî nel libro al-Insân al-Kâmil («L'uomo universale»); secondo quest'ordine simbolico, Saturno, il pianeta lontano, corrisponde all'intelletto-ragione (al-'aql).
Come il cielo di Santurno contiene tutti gli altri cieli planetari, cosi l'intelletto-ragione racchiude ogni cosa. D'altra parte, il carattere «astratto», freddo e «saturnino» della ragione si oppone alla natura solare e centrale del cuore, che rappresenta l'intelletto nel suo aspetto «totale» ed «esistenziale». Mercurio simboleggia il pensiero (al-fikr), Venere l'immaginazione (al-khiyâl), Marte la facoltà congetturale (al-wahm), Giove l'aspirazione spirituale (al-himmah), la Luna lo spirito vitale (ar-rûh). Chiunque conosca un poco gli «aspetti» astrologici potrà dedurre facilmente da questo schema le «congiunzioni» benefiche o malefiche delle diverse facoltà rappresentate dai pianeti.
Da un altro punto di vista si paragona il cuore alla luna che riflette la luce del sole divino. Le fasi della luna corrispondono allora ai diversi stati ricettivi del cuore o anche, parallelamente, alle diverse «rivelazioni» (tajalliyât) dell'Essere divino.
Al-himmah significa la forza di decisione, il desiderio d'inalzarsi sopra sé stessi, l'aspirazione spirituale. Non si tratta dunque di una facoltà intellettuale, ma di una qualità della volontà; si potrebbe tuttavia far notare che la volontà spirituale è intellettuale anticipatamente. Dal punto di vista della realizzazione, è la facoltà piu importante e piu nobile dell'uomo, il quale non è veramente uomo se non per la sua volontà di liberazione, per la sua tendenza ascendente, rappresentata dalla posizione verticale, che lo distingue dagli animali. Al-himmah è anche la fede che sposta le montagne.
Per quanto riguarda lo spirito vitale, chiamato ar-rûh per analogia con lo Spirito trascendente, esso corrisponde a ciò che gli Indù chiamano prâna e gli alchimisti indicano con la parola spiritus: è una modalità sottile intermediaria tra l'anima immortale e il corpo; esso è per lo Spirito divino ciò che la periferia è per il centro. Lo spirito vitale è relativamente indifferenziato; comprende non soltanto il corpo spazialrnente delimitato, ma anche le facoltà sensibili e le loro sfere d'esperienza. L'uomo non ne è generalmente cosciente, ma in alcuni stati di realizzazione, questo spirito diventa il veicolo di una luce spirituale diffusa che può anche irradiarsi all'esterno.
Anche le facoltà sensibili possono diventare sostegni dello Spirito o specchi che ne riflettono la luce. Del resto, ogni facoltà sensibile, come l'udito, la vista, l'odorato, il gusto e il tatto, implica un'unica essenza, che la distingue qualitativamente dalle altre facoltà, e tale essenza ha il suo prototipo nell'Essere puro. Per l'uomo spirituale che realizza l'Essere secondo l'aspetto di uno di questi prototipi, la facoltà rispettiva diventa l'espressione diretta dell'Intelletto universale, in modo che «sente» le essenze eterne delle cose, le «vede» o le «assapora». D'altra parte, l'intuito si presenta da sé, secondo il caso, come un'«audizione» (samâ'), una «visione» (ru'yah) od un «gusto» (dhawq) di natura intellettiva.

Abbiamo detto che i due aspetti, antologico ed intellettuale, dello Spirito si riflettono rispettivamente nel cuore e nella ragione. Ad un livello piu esteriore, l'aspetto esistenziale dello Spirito si riflette nella parola, complemento della ragione; in realtà, lo Spirito universale è contemporaneamente Intelletto ('Aql) e Verbo (Kalimah), cioè «enunciazione» diretta dell'Essere. Questi due aspetti si ritrovano del resto nell'espressione greca Logos, che significa al tempo stesso prinicpio, idea e parola; l'uomo viene definito nello stesso modo «animale pensante» o «animale dotato di parola» (hayawân nâtiq). Sotto il profilo principiale, l'idea in quanto riflesso intellettuale della Realtà, dipende dal Verbo, mentre nell'uomo l'idea precede la parola. Nel rito dell'invocazione (dhikr), il rapporto principiate è simbolicamente ristabilito, giacché la parola rivelata - la formula sacra o il Nome divino invocato - afferma la continuità antologica dello Spirito, mentre il pensiero si separa in pratica dalla sua fonte trascendente proprio perché è la sede della coscienza individuale. Cosi, la facoltà della parola, che è una facoltà d'azione, diventa il veicolo d'una conoscenza dell'Essere.

1 commento:

  1. Gentilmente, potreste attivare i feed rss in modo da poter seguire il blog e rimanere aggiornati? grazie.

    RispondiElimina