Ibn Tufayl
Hayy ibn Yaqzan (Il Vivente figlio del Vigilante)
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Prologo
Prologo
Nel nome di dio clemente e misericordioso
Il maestro, il
giureconsulto, l'imam, il dotto, l'eccellente, il perfetto, l'illuminato Abu
Ja'far Ibn Tufayl – sia su di lui la misericordia di Dio – ha detto: sia lode a
Dio, l'elevato, l'immenso, il preesistente, l'eterno, il conoscitore,
l'onnisciente, il saggio, il più saggio, il misericordioso, il più
misericordioso, il generoso, il più generoso, il tollerante, il più tollerante,
"che ha insegnato all'uomo l'uso del
calamo, ha insegnato all'uomo ciò che non sapeva"[1].
Il favore di Dio su di te sia grande; io Gli sono riconoscente per le gioie che Egli concede, Gli rendo grazie per la continuità dei Suoi benefici. Attesto che non c'è Dio se non l'unico Dio che non ha compagno, e che Muhammad è il Suo servo, e il Suo inviato, dall'indole pura, dagli splendidi prodigi, dall'argomentazione irresistibile, dalla spada sguainata; Dio lo benedica e gli dia pace, e benedica la sua famiglia, i suoi sostenitori dalle aspirazioni elevate e dalle imprese significative, e tutti i suoi compagni e seguaci fino al giorno del giudizio, e conceda loro molti riconoscimenti.
Il favore di Dio su di te sia grande; io Gli sono riconoscente per le gioie che Egli concede, Gli rendo grazie per la continuità dei Suoi benefici. Attesto che non c'è Dio se non l'unico Dio che non ha compagno, e che Muhammad è il Suo servo, e il Suo inviato, dall'indole pura, dagli splendidi prodigi, dall'argomentazione irresistibile, dalla spada sguainata; Dio lo benedica e gli dia pace, e benedica la sua famiglia, i suoi sostenitori dalle aspirazioni elevate e dalle imprese significative, e tutti i suoi compagni e seguaci fino al giorno del giudizio, e conceda loro molti riconoscimenti.
Mi hai chiesto,
nobile fratello, puro amico, Dio ti conceda la vita eterna e ti renda felice
per sempre, di svelarti ciò che è giunto per divulgazione fino a me dei segreti
della filosofia orientale, di cui ha parlato il maestro principe Abû 'Alî ibn
Sinâ; sappi che chi vuole conoscere la Verità senza alcun velo, ha il dovere di
ricercare quei segreti e di sforzarsi di penetrarli. La tua domanda ha
suscitato in me un elevato desiderio, mi ha condotto – sia lode a Dio – a
sperimentare uno stato che non avevo sperimentato prima, mi ha portato
all'estremo confine della più straordinaria esperienza, ed esso è tale che non
si può esprimere con la lingua, e non si può fare oggetto di esposizione,
poiché proviene da un altro piano di esistenza e da un altro universo.
Tuttavia, chi giunge a questo stato e perviene fino al suo ultimo limite, non è
in grado, per la gioia, la soavità e la dolcezza che lo inebriano, di
nascondere ciò che la sua situazione gli detta, o di celarne l'intimo segreto;
ma si impadroniscono di lui l'ardore dell'estasi, la felicità, la serenità, sì
da spingerlo a manifestare il suo stato nella sua completezza, senza particolari.
Chi non è uomo di cultura, dice allora cose senza fondamento; così uno di
questi giunse a dire: – Gloria a Me, come è grande la Mia gloria! – e un altro
disse: – Io sono la Verità –, e un altro ancora: – Non c'è che Dio nei miei
vestiti. – Il maestro Abû Hâmid al-Gazâlî – sia su di lui la misericordia di
Dio – quando giunse a tale stato citò invece questo verso:
"È quel che è, io non posso parlarne;
pensane bene, e non chiedere notizia".
Ma disse così
perché era uomo di solida cultura, valido nelle scienze.
Considera ora
le parole di Abû Bakr ibn al-Sâ'ig che seguono il suo discorso sulla natura
dell'unione; egli dice che, se si comprende il concetto espresso da quel suo
libro, appare chiaro che non è possibile conoscere lo stato di unione tramite le
scienze comunemente in uso, ma che, qualora avvenga il suo manifestarsi, se ne
comprende il significato in una condizione in cui ci si vede separati da tutto
ciò che precede, con idee diverse, che non sono volte alla materia, troppo
grandi per poter essere riferite alla vita naturale e liberate dalla sua
composizione. Ma questi sono stati di beatitudine, ed è giusto che si dica che
questi sono stati divini che Dio ispira a chi Egli vuole dei Suoi servi. A
questo grado cui accenna Abû Bakr si è condotti attraverso la via della
filosofia speculativa e dell'indagine intellettuale, e non c'è dubbio che egli
lo raggiunse e non lo superò. Il grado che abbiamo indicato prima, invece, è
diverso da questo e da qualsiasi altro, e non perché in esso si riveli qualcosa
di diverso, ma solo ne differisce per maggiore chiarezza, e la sua esperienza
avviene per opera di qualcosa che non chiamiamo forza se non in senso figurato,
poiché non troviamo né nel linguaggio comune né nel linguaggio propriamente
tecnico degli specialisti denominazioni atte a spiegare ciò che risulta da
questa specie di contemplazioni.
Questo stato,
di cui abbiamo parlato e che la tua domanda ci ha stimolato a gustare, è uno
degli stati su cui richiama l'attenzione il maestro Abû 'Alî, quando dice:
"Poi, quando la volontà e l'esercizio
lo hanno condotto fino ad un certo limite, gli appaiono alla mente fuggevoli
bagliori della luce della Verità, incantevoli, come lampi che balenano e subito
dileguano; in seguito, se si dedica intensamente all'esercizio, queste
illuminazioni si moltiplicano, e si dedica a questo finché tali illuminazioni
gli avvengono senza bisogno dell'esercizio. Ogni volta che vede qualcosa da
quella si volge ai Santi Giardini: considera qualcosa di essa e gli
sopraggiunge una subitanea illuminazione, ed è sul punto di vedere il Vero in
ogni cosa. Infine l'esercizio lo conduce ad un ultimo limite, in cui il suo
istante si muta nella santa stabilità. Il fuggevole diviene allora consueto, il
bagliore diviene fiamma viva, la sua conoscenza stabile come un'amicizia
durevole".
Poi descrive il
progredire dei gradi ed il loro completarsi con il conseguimento:
"Allora il suo intimo cuore diviene
un limpido specchio con il quale si volge in direzione del Vero. Fluiscono
abbondanti a lui le dolcezze supreme, e si rallegra in se stesso di ciò che
vede delle tracce del Vero; ed ha, in questo grado, una vista rivolta verso il
Vero e una vista rivolta verso se stesso, e tra le due va e viene fluttuando;
poi esce da sé e contempla soltanto la sacra trascendenza e contempla se stesso
nell'atto di contemplare e riconosce finalmente di essere giunto".
Solo da questi
stati che descrive [Abû 'Alî] vuole avere un'esperienza, non dalla conoscenza
speculativa che si ottiene scegliendo i criteri di giudizio, anteponendo le
premesse, producendo i risultati.
Se vuoi un
esempio che ti faccia cogliere la differenza tra la percezione secondo questa
scuola filosofica e la percezione secondo gli altri, immagina lo stato di uno
che sia nato cieco, dotato però di buona indole, di idee geniali, di memoria
eccellente, di animo giusto, che, da quando venne al mondo, sia diventato
adulto in un certo luogo: ha continuato a conoscere persone di quel luogo,
molte specie di animali e di oggetti inanimati, le vie della città, i suoi
vicoli, le sue case, i suoi mercati, secondo il suo modo di percepire, finché
ha cominciato a camminare in quella città senza bisogno di una guida, e a
riconoscere e a salutare immediatamente chiunque incontri. Soltanto i colori ha
conosciuto tramite le descrizioni dei loro nomi e alcune definizioni che gli
sono state fornite su di loro. Poi, dopo che si è abituato a percepire in
questo modo, gli si apre la vista e gli accade di vedere chiaramente; se
cammina per la città e passeggia in essa, non trova niente di diverso da ciò
che si aspettava, né c'è cosa che non riconosca. Trova i colori perfettamente
corrispondenti alle rappresentazioni che di essi gli erano state date, ma in
tutto ciò gli accadono due cose straordinarie, una delle quali dipende dall'altra:
la maggiore chiarezza e luminosità e la gioia sublime. Lo stato degli studiosi
che non sono giunti al grado dell'amicizia [di Dio] è lo stato dell'uomo nel
tempo in cui era cieco, e i colori che in questo stato erano da lui conosciuti
tramite le descrizioni dei loro nomi sono quelle cose di cui Abû Bakr dice che
sono troppo grandi per poter essere riferite alla vita naturale, e che Dio
concede a chi Egli vuole dei Suoi servi. La seconda situazione [quella del
cieco cui si sono aperti gli occhi] è lo stato degli studiosi che sono giunti
al grado dell'amicizia, ai quali Dio Altissimo concede quel dono di cui abbiamo
detto che non si chiama forza se non in senso figurato. C'è poi di rado
qualcuno che è sempre dotato di vista penetrante, di percezione acuta ed
aperta, e di grandi capacità di osservazione. Io non voglio intendere qui – Dio
ti onori della Sua amicizia – con il termine "percezione degli speculativi" ciò che essi percepiscono
del mondo naturale, e con il termine "percezione
degli amici di Dio" ciò che essi percepiscono del soprannaturale,
poiché questi due oggetti sono molto diversi tra loro e non si confondono l'uno
con l'altro. Ma intendiamo con il termine "percezione
degli speculativi" ciò che essi percepiscono del soprannaturale, cioè
quello che percepiva Abû Bakr. E condizione necessaria per questa loro
percezione è che sia assolutamente vera e corretta. In tal caso si verifica una
percezione che è intermedia tra quella comunemente ottenuta dagli speculativi e
quella degli amici di Dio, che rivolgono la loro attenzione a quelle stesse
cose con una chiarezza maggiore ed una gioia sublime.
Abû Bakr
biasimò il modo di intendere questo godimento da parte dei mistici, e dichiarò
che esso doveva essere attribuito alla facoltà immaginativa; si ripromise anche
di descrivere convenientemente ciò che fosse lo stato dei beati nella
contemplazione con un discorso chiaro ed esplicativo. Ma conviene che gli si
dica: – Non spiegare il sapore di una cosa che non hai assaggiato, non
scavalcare i colli degli uomini sinceri!– Abû Bakr non fece niente di ciò che
aveva annunciato, non mantenne questa promessa. Forse non se ne occupò per
mancanza di tempo, di cui egli stesso parlò, o forse ne fu distolto dal suo
soggiorno a Orano, oppure si accorse che, se avesse descritto quello stato, il
discorso lo avrebbe costretto ad affermare cose che sarebbero suonate come un
biasimo per lui e per il suo stesso sistema di vita, e come sconfessione di ciò
che aveva dichiarato sollecitando all'accrescimento della ricchezza ed al suo
accumulo, e suggerendo la condotta da seguire e gli espedienti da mettere in
pratica per acquistarla.
Il discorso ci
ha condotto, sviandoci più del necessario, a qualcosa di diverso da ciò a cui
ci aveva sollecitato la tua domanda; ma da quanto abbiamo sopra esposto appare
chiaro che la tua domanda non può raggiungere che uno dei due scopi che si
prefigge:
Per
prima cosa tu interroghi a proposito di ciò che vedono coloro che partecipano
della vista interiore, delle esperienze, e della presenza di Dio nel grado
dell'amicizia; ma questa è una cosa che non è possibile descrivere secondo
verità in un libro. E quando qualcuno si sforza di farlo, e si assume il
compito di parlarne o di scriverne, la realtà di questo modo di percepire si
altera e si muta nell'altro modo, quello degli speculativi, poiché si riveste
di lettere e di suoni e si avvicina così al mondo sensibile. E non è più ciò
che era né nell’apparenza né in nessun altro aspetto, le interpretazioni che ne
vengono date sono molte e discordanti, e i piedi di alcuni si allontanano dal
giusto sentiero, altri invece pensano che i loro piedi siano scivolati, mentre
non sono scivolati. Tutto ciò avviene perché questa è una cosa che non ha
confini, poiché circonda e non è circondata.
Il
secondo dei due scopi (abbiamo detto che la tua domanda non può raggiungerne
che uno) è questo: tu desideri informazioni su questo modo di conoscere
attraverso la via degli speculativi. Questa – Dio ti onori della Sua amicizia –
è una cosa che è possibile che sia scritta nei libri e che le parole la
rappresentino correttamente, ma è più difficile a trovarsi dello zolfo rosso, e
non ce n'è traccia in questa regione in cui noi ci troviamo, poiché per la sua
singolarità non la conquista facilmente se non un uomo alla volta [in ogni
epoca], e chi conquista una cosa come quella non parla alla gente se non per
simboli: infatti la religione islamica e la legge muhammadica ne scoraggiano
l'approfondimento e ne diffidano.
Non pensare che
la filosofia che è giunta fino a noi nelle opere di Aristotele e di Abû Nasr, e
nel libro La guarigione, sia adeguata a questo scopo che tu vuoi
raggiungere, né che alcuno degli Spagnoli abbia scritto in modo esauriente su
questo argomento: quelli che nacquero in Spagna, dotati di ottime qualità
naturali, prima della divulgazione della logica e della filosofia, passarono la
loro vita dedicandosi alle scienze sperimentali e raggiunsero in esse una
estrema elevatezza, ma non seppero fare più di questo. Quelli che vennero dopo
di loro li superarono un poco nella logica e specularono su questa scienza, ma
non arrivarono a penetrare la verità perfetta e ci fu tra loro qualcuno che
disse: "Mi tormenta il fatto che le
conoscenze umane siano soltanto due: una vera che è impossibile acquistare, è
una falsa il cui acquisto non è utile". Seguirono altri più abili di
loro nella speculazione e più vicini alla verità, non dotati tuttavia di
maggiore acutezza, di speculazione più giusta, di vista più vera di quanto non
lo fosse Abû Bakr ibn al-Sâ'ig. Purtroppo egli, però, fu assorbito dalle cose
del mondo a tal punto che il destino lo travolse prima che giungesse al culmine
lo splendore della sua scienza, e prima che fossero svelati i segreti della sua
saggezza. Le opere che di lui ci sono rimaste sono per la maggior parte
incomplete e prive delle parti finali, come i suoi libri Sull'anima, Il
regime del solitario e i suoi scritti di logica e di fisica. Quanto alle
sue opere portate a termine, si tratta di scritti concisi e di epistole
ambigue. Lo riconosce egli stesso, e dice che il significato della sua
argomentazione nell'Epistola dell'unione non si offre come un dono
chiaro se non dopo un difficile e violento travaglio, che l'ordine della sua
esposizione in alcuni passi è tutt'altro che perfetto, e che, se avesse più tempo
a disposizione, sarebbe incline a modificarli. Dunque, questo è ciò che è
giunto fino a noi della scienza di quest'uomo; noi non lo abbiamo conosciuto
personalmente. Dei contemporanei di Abû Bakr, dei quali si è detto che non sono
al suo livello, non abbiamo visto alcuna opera. Quelli che vennero dopo di
loro, a noi contemporanei, o sono lontani (perché sono ancora nella fase
dell'accrescimento graduale delle loro cognizioni, o perché si sono fermati ad
una conoscenza imperfetta) oppure non ci è giunto il reale contenuto della loro
opera.
Quanto a ciò
che ci è pervenuto delle opere di Abû Nasr, la maggior parte di esse è sulla
logica, e nelle sue opere filosofiche molte cose sono da considerare con
diffidenza. Così nel suo libro La comunità religiosa ideale egli dà per
certo che le anime cattive permangono dopo la morte eternamente in sofferenze
senza fine. Afferma poi, però, nel Governo della città, che esse sono
evanescenti e che evolvono verso il nulla, e che la sopravvivenza è propria
solo delle anime superiori e perfette. Ancora, nel Commento all'etica
esamina il problema della felicità umana, e dice che essa si trova in questa
vita di questo mondo; e aggiunge, subito dopo, un discorso il cui significato è
il seguente: "Tutto quello che si
dice di diverso da ciò è vaneggiamento e superstizioni di vecchie".
Ora, una tale opinione fa si che le creature disperino di Dio Altissimo e
riduce il buono ed il cattivo ad uno stesso ed unico livello; poiché egli pone
il procedere di tutto verso il nulla. Che errore indicibile, che errore senza
rimedio è questo! A ciò si aggiungano le sue convinzioni errate a proposito
della profezia, specialmente il suo attribuirla alla facoltà immaginativa (le
sue preferenze, infatti, piuttosto che alla profezia vanno alla filosofia), ed
altri errori che da parte nostra non c'è bisogno di enunciare.
Quanto ai libri
di Aristotele, il maestro Abû 'Alî intraprende la loro interpretazione, segue
il suo metodo e percorre la strada della sua filosofia nel libro La
guarigione. Dichiara all'inizio del libro che le sue opinioni sono diverse
da quelle che espone, ma che ha scritto quel libro secondo il metodo dei
Peripatetici, e che chi vuole la verità senza velo alcuno deve cercarla nel suo
libro La filosofia orientale. Se uno si preoccupa di leggere il libro La
guarigione e le opere di Aristotele, gli appare chiaro, nella maggior parte
dei casi, che essi sono in accordo, anche se nel libro La guarigione ci
sono cose che non sono giunte fino a noi sotto il nome di Aristotele. Ma se uno
accoglie tutto ciò che offrono manifestamente i libri di Aristotele ed il libro
La guarigione senza comprendere il loro segreto contenuto ed il loro
senso esoterico, non può senz'altro raggiungere la completezza della
conoscenza, e su questo il maestro Abû 'Alî richiama l'attenzione nel libro La
guarigione.
Gli scritti del
maestro Abû Hâmid al-Gazâlî, per il fatto che si rivolgono al grande pubblico,
sono più sintetici in una parte e si dilungano maggiormente in un'altra, e
negano cose cui poi fanno ricorso. Fra tutte le opinioni per cui accusa di
infedeltà i filosofi nel libro L'incoerenza sono: il loro negare la
resurrezione della carne ed il loro affermare la ricompensa e il castigo per le
sole anime prive del corpo. E dice all'inizio del libro La bilancia: "Questa convinzione è senza dubbio
alcuno la convinzione dei maestri delle confraternite mistiche". Ma
nel libro La salvaguardia dall'errore dichiara che la sua convinzione è
come quella dei mistici, e che si è consolidato in essa dopo una lunga ricerca.
Nei suoi libri ci sono molte contraddizioni di questo genere, e ben se ne
accorge chi li esamina e li considera attentamente. Egli si scusa di questo
alla fine del libro La bilancia dell'azione, dove afferma che le
opinioni sono di tre specie:
un'opinione
conforme a quella della grande massa;
un'opinione
atta alla discussione con tutti quelli che interrogano e si fanno guidare;
un'opinione
che è tra l'uomo e se stesso, e che non si comunica a nessuno se non a chi
partecipa della stessa opinione.
E continua dicendo:
"Anche se queste parole non
servissero ad altro che a suscitare dubbi sulle convinzioni che hai ereditate,
sarebbe già una cosa molto utile. Poiché chi non dubita non ricerca, chi non
ricerca non vede, e chi non vede rimane nella cecità e nell'errore".
Cita poi questo verso: "Ciò che
vedesti accogli, ciò che udisti abbandona, al sorgere del Sole non ti serve
Saturno". Questo è il suo modo di procedere nell'insegnamento: esso è
per la maggior parte fatto di simboli e di accenni da cui non può trarre profitto
se non chi ci si è prima applicato con la sua propria vista interiore e poi li
ascolta da lui per la seconda volta, oppure chi è dotato di una comprensione
non comune e si accontenta del più piccolo accenno. Dichiara nel Libro dei
gioielli di avere scritto libri che rifiuta di comunicare a persone non
degne e che in essi è contenuta la verità pura. Ma in Spagna, alla nostra
conoscenza, non è pervenuto nessuno di questi libri; giunsero invece libri di
cui alcuni affermano che sono quelli i libri "incomunicabili", ma non è così. Essi sono: il libro Le
conoscenze intellettuali, il libro L'alito ed il completamento,
questioni raccolte, ed altri dello stesso tipo. In questi libri ci sono
certamente delle indicazioni, ma esse non aggiungono molto alla ricerca, oltre
a ciò che egli ha svelato nei suoi libri noti. Nel libro Lo scopo supremo
ci sono cose più incomprensibili di ciò che è in quei libri ed egli dichiara
apertamente che il libro Lo scopo supremo non è un libro "incomunicabili"; bisogna
quindi che i libri che ci sono pervenuti non siano i libri cosiddetti "incomunicabili". Qualcuno dei
moderni gli attribuisce, dal suo discorso posto alla fine del Libro della
nicchia [delle luci], un’opinione perniciosa che lo getterebbe in un
baratro senza possibilità di salvezza. Dopo avere menzionato categorie di
uomini velati alla luce della conoscenza, passa a ricordare quelli che vi
giunsero: e dice che essi sono consolidati nella convinzione che questo Essere
sublime è dotato di un attributo in contraddizione con l'Unità Assoluta; per
questo, secondo i commentatori, Abû Hâmid sarebbe convinto che il Primo ed il
Vero – sia gloria a Lui – è nella sua essenza qualcosa di molteplice. Ma Dio è
molto al di sopra di ciò che dicono gli iniqui. Non vi è dubbio, secondo noi,
che il maestro Abû Hâmid sia di quelli che hanno meritato la più grande
beatitudine e che raggiunsero quella unione santa e sublime. Ma i suoi libri "non comunicabili" contenenti
gli insegnamenti non svelati non ci sono giunti.
Quanto a noi,
la verità a cui siamo pervenuti, e che era il termine della nostra scienza, ci
si è offerta seguendo il suo discorso e quello del maestro Abû 'Alî,
confrontando l'uno con l'altro, e aggiungendo ciò alle opinioni che si sono
segnalate in questo nostro tempo ed espresse dai filosofi, finché la verità
dapprima si è levata per noi attraverso la via della ricerca e della
speculazione, poi di qui abbiamo subito scoperto questo sottile gusto per la
contemplazione estatica. Allora ci siamo giudicati meritevoli di elaborare il discorso
che ora esponiamo, ed è nostro dovere affermare che tu che chiedi sarai il
primo di coloro cui faremo dono di ciò che abbiamo conquistato e a cui
riveleremo ciò che abbiamo conosciuto, per l'integrità della tua amicizia e per
la purezza della tua fedeltà. Tuttavia, se noi ti esponessimo tutto ciò a cui
siamo giunti prima di avere giudicato con te i suoi principi fondamentali,
questo non ti porterebbe più giovamento che un'opera tradizionale ed un
riassunto. La stessa cosa accadrebbe se tu avessi una buona opinione di noi e
noi meritassimo l'accoglimento delle nostre parole per l'amicizia e per la
familiarità, e non per il significato.
Noi non ci
contenteremo per te di questo livello, noi non saremo soddisfatti per te di
questo grado, non ci contenteremo per te se non di quanto c'è di più elevato,
poiché questo livello non assicura né la salvezza nè il raggiungimento dei
gradi mistici. Noi vogliamo condurti sui sentieri sui quali abbiamo camminato,
noi nuoteremo con te nel mare che prima attraversammo, finché tu giunga a ciò
cui noi siamo giunti, e veda con i tuoi occhi ciò che noi abbiamo veduto, e tu
possa verificare con la tua vista interiore tutto ciò che noi abbiamo
verificato, e tu possa fare a meno di conoscere tramite ciò che noi abbiamo
conosciuto. Ma perché tutto questo avvenga c'è bisogno di un periodo di tempo
non trascurabile, di libertà da ogni altra occupazione, e di impegno
nell'intraprendere tutte quelle cose che riguardano questa ricerca. Se da parte
tua questo proposito è affermato con sincerità, e se è vera la tua
determinazione di applicarti con zelo a questo studio, loderai al mattino il
tuo viaggio notturno, riceverai la ricompensa delle tue fatiche; avrai
soddisfatto il tuo Signore ed Egli ti avrà soddisfatto e ti avrà accordato la
ricompensa, perché tu Lo avrai desiderato con il tuo sforzo ed a Lui avrai
aspirato con l'anelito di tutto il tuo essere. Ed io spero di camminare con te
attraverso la via più breve e più sicura dalle insidie e dalle sventure, anche
se io ora mi apro appena ad un baluginare insignificante, stimolo ed
incitamento ad entrare nella Via. Ti racconterò la storia di Hayy ibn Yaqzân, e
di Asâl, e di Salâmân, cui diede i nomi il maestro Abû 'Alî. Le loro storie
sono esempio per chi sa intendere e "un
monito per chi possiede un cuore, per chi presta ascolto e vede".
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