Shankarâchârya
L’onda di felicità del liberato in vita (1)
Jîvan–mukta–ânanda–laharî
Quando, nella città, egli contempla i cittadini, uomini e
donne costituiti dal nome e dalla forma, ben vestiti e ornati con ornamenti d’oro,
e si ricrea con loro pensando: «Colui che percepisce è
il (puro) Testimonio», il Muni non è nell’illusione: tamas,
grazie all’iniziazione del suo Guru, è stato abolito.
Quando, nella foresta, egli guarda le cime degli alberi che si piegano sotto il loro fardello di foglie, e sente i cinguettii diversi degli stormi di uccelli nascosti nell’ombra folta, non avendo per sedile, sia di notte che di giorno, che un palmo di terreno, il Muni non è nell’illusione: tamas, grazie all’iniziazione del suo Guru, è stato abolito.
Quando soggiorna in un tempio, un altro giorno in un palazzo
sontuoso, a volte su una roccia, a volte sui bordi dei torrenti, o quando
divide la capanna dell’uno o dell’altro saggio eminente e pacato,
il Muni non è nell’illusione: tamas, grazie all’iniziazione del
suo Guru, è stato abolito.
Quando si ricrea, ora con dei fanciulli
che ridono e battono le mani, ora con una donna giovane e bella, quando si
intrattiene con dei vecchi austeri o con degli uomini completamente diversi, il
Muni non è nell’illusione: tamas, grazie all’iniziazione del suo Guru,
è stato abolito.
Quando conversa con dei Saggi che assaporano una felicità
immemoriale e multiforme, o con dei poeti dalle cui labbra sgorga l’essenza
stessa dell’arte poetica, o ancora con i migliori logici tutti assorbiti dalle
loro deduzioni, il Muni non è nell’illusione: tamas, grazie all’iniziazione
del suo Guru, è stato abolito.
Quando compie in qualche luogo un culto divino con delle
meditazioni assidue, altrove con dei fiori appropriati, in piena fioritura e
pregni di profumo, altrove ancora con delle foglie immacolate, l’animo gioioso,
tutto dedito alla glorificazione, il Muni non è nell’illusione: tamas,
grazie all’iniziazione del suo Guru, è stato abolito.
Quando recita i nomi di Colei che è benigna verso gli esseri (2), di Colui che dà
la Tranquillità (3), o di Vishnu (che
penetra ogni cosa), o quando recita i nomi del Condottiero dell’Armata divina (4) o di Colei che
manifesta e consuma l’universo (5), e la
beatitudine inonda i suoi occhi di lacrime, il Muni non è nell’illusione:
tamas, grazie all’iniziazione del suo Guru, è stato abolito.
Quando si purifica nei flutti del Gange, quando adopera l’acqua
di un pozzo o di uno stagno, che quest’acqua sia fredda o tiepida e piacevole,
o quando il suo corpo (coperto di ceneri) è simile alla canfora, il Muni
non è nell’illusione: tamas, grazie all’iniziazione del suo Guru,
è stato abolito.
Quando è occupato dai sensi e dagli oggetti dello stato di
veglia, quando gode degli oggetti dello stato di sogno
o quando percepisce la felicità ininterrotta del sonno profondo, il Muni
non è nell’illusione: tamas, grazie all’iniziazione del suo Guru,
è stato abolito.
Quando è nudo (6),
quando è vestito come un dio, o quando cinge attorno alle reni una pelle di
leone, magnanime, senza scrupoli, dando gioia al cuore dei suoi vicini, il Muni
non è nell’illusione: tamas, grazie all’iniziazione del suo Guru,
è stato abolito.
Quando permane in sattwa, quando è in contatto con la
natura di rajas o con quella di tamas, o quando si libera da
queste tre modalità (7),
a volte nella corrente della trasmigrazione (8),
a volte compiacendosi nel sentiero della Shruti (9),
il Muni non è nell’illusione: tamas, grazie all’iniziazione del
suo Guru, è stato abolito.
Quando conserva il silenzio o quando si dimostra incline a
parlare, quando la sua felicità intima sospende la sua voce o la fa prorompere
nel riso, o quando esamina con interesse qualche faccenda mondana, il Muni
non è nell’illusione: tamas, grazie all’iniziazione del suo Guru,
è stato abolito.
Quando versa sorsate (di vino puro) nelle bocche dischiuse
come loti delle Shakti (10),
o quando le prende egli stesso con la sua bocca, dimostrando che il mio e il
suo non contaminano la natura non duale, il Muni non è nell’illusione: tamas,
grazie all’iniziazione del suo Guru, è stato abolito.
Quando si compiace nel frequentare i fedeli di Shiva o gli Shakta (11), quando vive fra
gli adoratori di Vishnu, fra quelli di Sûrya o di Ganêsha, liberato in virtù
della non dualità da tutto ciò che divide, il Muni non è nell’illusione:
tamas, grazie all’iniziazione del suo Guru, è stato abolito.
Quando percepisce la pura essenza
attraverso l’innumerevole varietà delle qualità e delle distinzioni, a volte
rivestita di una forma, a volte senza forma, essenza che è la sua ed anche
quella di Shiva; quando di fronte a questa meraviglia egli esclama: «Che cos e
mai questo!», il Muni non è nell’illusione: tamas, grazie all’iniziazione
del suo Guru, è stato abolito.
Quando percepisce anche la dualità tutta intera come Verità,
come fatta di Shiva, secondo la grande parola (12), di cui egli ha compreso e
meditato le accezioni profonde; quando, avendo respinto l’errore della dualità
(non unificata), egli ripete senza sosta: «Shiva! Shiva! Shiva!», il Muni
non è nell’illusione: tamas, grazie all’iniziazione del suo Guru,
è stato abolito.
Egli gioisce ininterrottamente della Liberazione, tuffandosi
e rituffandosi nel lago di beatitudine innata che è la realtà suprema di Shiva,
alla quale egli è giunto grazie allo sguardo di nettare del suo Guru
compassionevole. Il suo comportamento essendo perfetto, egli è il primo fra gli
uomini, e i poeti lo proclamano uno yogî, un
rinunciante, un ispirato.
Egli è silenzioso con il taciturno, virtuoso con il
virtuoso, sapiente con il sapiente, afflitto con l’afflitto,
nella gioia con chi è felice, nel
piacere con chi gode, stupido con gli stupidi, giovanile con le donne giovani,
loquace con i chiacchieroni; lui, il fortunato che ha conquistato i tre mondi,
è disprezzato con il miserabile!
Tratto da: Rivista di Studi Tradizionali n° 5
Traduzione dal sanscrito e note di René
Allar, versione in italiano di Silvio Grasso
1 Questo inno è un magnifico panegirico del saggio che, dopo aver respinto tutte le forme e tutti gli stati per evadere dal Cosmo, “ridiscende” nella manifestazione, almeno in apparenza, avendo realizzato la liberazione, e li assume tutte e tutti senza esser più minimamente influenzato dalle condizioni e limitazioni inerenti a tamas, la loro radice tenebrosa (per un’esposizione completa dell’argomento, vedi Réalisation ascendente et descendante di René Guénon, ultimo capitolo di Initiation et Réalisation spirituelle, 1952). Precisiamo che il termine tamas che è ripetuto in ogni versetto ha un senso molto generale e più esteso di quello di cui si parla in seguito, dove si riferisce ad uno dei tre guna dal punto di vista cosmologico. Quanto alla parola Muni, essa designa il saggio che ha realizzato la Solitudine (mauna) o Liberazione per mezzo della meditazione (manana) del Vêda, secondo il precetto enunciato dalla Brihad Aranyaka Upanishad: shrotavyo mantavyo nididhyâsitavyah: (Ciò) deve essere inteso (dalla bocca di un maestro qualificato), meditato (nella profondità del cuore) e contemplato (per mezzo della percezione diretta). Aggiungiamo che la parola moha, che abbiamo tradotto con illusione, ha, come significato principale, la perdita della coscienza, e designa più particolarmente nel Vêdânta l’incomprensione che attribuisce alle apparenze mondane una realtà assoluta ed immerge nei piaceri dei sensi, comportando, di conseguenza, la confusione, la perplessità, l’infatuazione, l’errore, l’afflizione, ecc., accezioni che sono ugualmente incluse in moha.
2 Shivâ,
la Shakti di Shiva.
3 Shambu,
uno dei mille nomi di Shiva, molto frequente nel tantrismo.
4 Ganêsha,
il dio dalla testa di elefante, capo dei geni che formano la scorta di Shiva.
5 Sûrya,
di cui esiste pure una recitazione di mille nomi (sahasranâma-avali).
Dato che si tratta, da parte del Muni, di una recitazione pienamente
efficace di tutti i Nomi, si capisce facilmente che la realizzazione
discendente di cui si parla da un capo all’altro del poema si estende a tutti i
mondi e oltrepassa immensamente il semplice significato descrittivo del testo.
6 Letteralmente “vestito di spazio”. Questa espressione contiene un’allusione
alla totalizzazione dell’essere; cfr. Kaupina Upanishad.
7 Al grado
dell’Essere puro o al di là di questo.
8 Esaurendo
da uno stato anteriore le conseguenze che in realtà non lo toccano, così come
il fatto stesso di avere un’esistenza corporea.
9 Assumendo una funzione per il bene altrui o dando l’esempio di
un’attitudine conforme al dharma.
10 Allusione
a un rito tantrico.
11 Quelli
che si ricollegano più particolarmente all’uno o all’altro aspetto femminile
della divinità o che seguono la via tantrica.
12 Tat
twam asi (tu sei Ciò), della Chhândogya Upanishad.
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