Bestie, uomini e dei. Il Mistero dei Misteri – Il Re del Mondo*
Capitolo XLVI
Il Regno sotterraneo
«Fermo!» mormorò la mia vecchia guida mongola un giorno che attraversavamo la pianura presso Tzagan Luk. «Fermo!».
Si lasciò scivolare giù dal cammello, che
s’inginocchiò spontaneamente. Il Mongolo levò le sue mani innanzi al
volto in atto di preghiera e cominciò a ripetere la frase sacra: «Om! Mani padme Hung!» [1]. Gli altri Mongoli fermarono immediatamente i loro cammelli e cominciarono a pregare.
«Cos’è successo?» pensai, mentre guardavo la
tenera erba verde attorno a me, il cielo senza nubi e i raggi del sole
della sera dolci come in un sogno.
I Mongoli pregarono per un po’ di tempo, si
scambiarono qualche parola sottovoce, strinsero le cinghie dei bagagli
ai cammelli e si ripartì.
«Hai visto», chiese il Mongolo, «come i
nostri cammelli muovevano le orecchie per la paura? Come la mandria di
cavalli nella pianura si è fermata improvvisamente attenta e come le
greggi di pecore e di armenti si sono acquattate al suolo? Hai notato
come gli uccelli non volassero, le marmotte non corressero e i cani non
latrassero? L’aria vibrava sommessamente e portava da lontano il suono
di un canto che penetrava i cuori degli uomini, come quelli degli
animali e degli uccelli. La terra e il cielo avevano cessato di
respirare. Il vento non soffiava e il sole si era fermato. In un momento
come quello, il lupo che si avvicina furtivo alla pecora si arresta
dove si trova; il branco delle antilopi spaventate improvvisamente ferma
la sua selvaggia corsa; al pastore che sta sgozzando un montone cade il
coltello di mano; il feroce ermellino smette di far la posta all’ignara
salga [2].
Tutte le creature viventi in preda alla paura sono spinte
involontariamente a pregare e attendono il proprio fato. Ecco cos’è
appena accaduto. Così accade ogni qual volta il Re del Mondo nel suo
palazzo sotterraneo prega e scruta i destini di tutti i popoli della
terra» [3].
Così mi parlò il vecchio Mongolo, un semplice e rozzo pastore e cacciatore.
La Mongolia, con le sue nude e terribili
montagne, le sue sconfinate pianure disseminate di ossa disperse degli
antenati, ha dato i natali al Mistero. La sua gente, spaventata dalle
passioni tempestose della Natura o cullata dalle sue paci che somigliano
alla morte, avverte il suo mistero. I suoi Lama “Rossi” e “Gialli”
preservano e rendono poetico il suo mistero. I Pontefici di Lhasa e di
Urga [4] lo conoscono e lo posseggono.
Conobbi il “Mistero dei Misteri” per la
prima volta viaggiando per l’Asia centrale, e non saprei dargli altro
nome. In un primo momento non gli concessi molta attenzione e non gli
diedi l’importanza che successivamente realizzai meritasse, me ne resi
conto soltanto dopo che ebbi analizzati e confrontati fra loro molti
indizi sporadici, vaghi e non di rado contradditori.
Gli anziani sulla riva del fiume Amyl mi
raccontarono un’antica leggenda secondo la quale una certa tribù mongola
nella propria fuga dalle pretese di Gengis Khan si era nascosta in un
paese sotterraneo. In seguito un Soyot [5]
che veniva dai pressi del lago di Nogan Kul mi mostrò la porta fumante
che funge da ingresso al “Regno di Agharti”. Attraverso questa porta un
cacciatore in passato era entrato nel Regno e, dopo il suo ritorno,
cominciò a raccontare quello che vi aveva visto. I Lama gli tagliarono
la lingua per impedirgli di raccontare il Mistero dei Misteri. Raggiunta
la vecchiaia, tornò all’ingresso di questa grotta e scomparve nel regno
sotterraneo, il cui ricordo aveva ornato e illuminato il suo cuore
nomade.
Ricevetti informazioni più realistiche riguardo a ciò dal Hutuktu [6]
Jelyb Djamsrap a Narabanchi Kure. Egli mi raccontò la storia
dell’arrivo semi-realistico del potente Re del Mondo dal regno
sotterraneo, del suo aspetto, dei suoi miracoli e delle sue profezie; e
solo allora cominciai a comprendere che in quella leggenda, ipnosi o
visione di massa, qualunque cosa essa fosse, si cela non solo del
mistero ma una realistica e potente forza capace d’influenzare il corso
della vita politica dell’Asia. Da quel momento ho cominciato a svolgere
alcune indagini.
Il Gelong Lama [7] favorito del principe Chultun Beyli e il principe stesso mi diedero un resoconto del regno sotterraneo.
«Ogni cosa nel mondo», disse il Gelong, «si
trova costantemente in uno stato di cambiamento e di transizione:
popoli, scienza, religioni, leggi e costumi. Quanti grandi imperi e
splendide culture sono periti! Ciò che rimane invariato è soltanto il
Male, lo strumento degli Spiriti Maligni. Più di 60 mila anni fa, un
Santo scomparve con tutta una tribù di persone nel sottosuolo e non è
mai riapparso nuovamente sulla superficie della terra. Molte persone,
tuttavia, da allora hanno visitato questo regno, Sakkia Mouni, Undur
Gheghen, Paspa, Khan Baber e altri. Nessuno sa dove si trovi questo
luogo. Qualcuno dice in Afghanistan, altri in India. Tutte le persone
laggiù sono protette contro il Male e i crimini non allignano entro i
suoi confini. La scienza in quel luogo è stata sviluppata con
tranquillità e nulla è minacciato dalla distruzione. Il popolo
sotterraneo ha raggiunto le vette della conoscenza. Oggi è un grande
regno, con milioni di persone con il re del Mondo come loro sovrano.
Egli conosce tutte le forze del mondo e legge tutte le anime del genere
umano e il grande libro del loro destino. Invisibilmente egli governa
ottocento milioni di uomini sulla superficie della terra ed essi
compiranno ogni suo ordine».
Il Principe Chultun Beyli aggiunse: «Questo
regno è Agharti. Si sviluppa attraverso una rete planetaria di gallerie
sotterranee. Ho udito un Lama della Cina istruito in materia riferire a
Bogdo Khan che tutte le caverne sotterranee dell’America sono abitate da
antiche persone scomparse nel sottosuolo. Tracce di loro si trovano
ancora sulla superficie della terra. Queste genti e regioni sotterranee
sono governate da sovrani obbedienti al Re del Mondo. In tutto ciò non
vi è nulla di stupefacente. Voi sapete che nei due più grandi oceani
dell’Est e dell’Ovest vi erano in precedenza due continenti [8].
Scomparvero sotto le acque ma le loro genti si trasferirono nel regno
sotterraneo. Nelle grotte del sottosuolo esiste una luce particolare che
permette la crescita di cereali e verdure e una lunga vita senza
malattia per le persone. Vi sono molti popoli diversi e molte differenti
tribù. Un vecchio Brahman buddhista in Nepal stava eseguendo la volontà
degli Dei nel far visita all’antico reame di Gengis Khan – il Siam [9]-
dove incontrò un pescatore che gli ordinò di prendere posto nella sua
barca e di far vela con lui sul mare. Il terzo giorno raggiunsero
un’isola dove incontrarono un popolo con due lingue che poteva parlare
separatamente in differenti idiomi. Essi gli mostrarono animali
sconosciuti e peculiari, tartarughe con sedici zampe e un occhio, enormi
serpenti con una carne molto gustosa e uccelli muniti di denti che
catturavano pesce per i loro padroni nel mare. Questa gente gli disse
che proveniva dal regno sotterraneo e gli descrisse certe parti del
mondo nel sottosuolo».
Lama Turgut viaggiando con me da Urga a Pechino mi fornì ulteriori dettagli.
«La capitale di Agharti è circondata da
città di sommi sacerdoti e scienziati. Ricorda Lhasa, dove il palazzo
del Dalai Lama, il Potala, è la cima di una montagna ricoperta di
monasteri e templi. Il trono del Re del Mondo è circondato da milioni di
Dei incarnati: sono i sacri Pandita [10]. Il palazzo stesso è attorniato dai palazzi del Goro [11],
che possiede tutte le forze visibili e invisibili della terra,
dell’inferno e del cielo e che può compiere ogni cosa per la vita e la
morte dell’uomo. Se la nostra folle umanità dovesse intraprendere una
guerra contro di loro, essi sarebbero in grado di far esplodere tutta la
superficie del nostro pianeta e di trasformarla in deserto. Essi
possono prosciugare i mari, trasformare le terre in oceani e ridurre le
montagne nella sabbia dei deserti. Per ordine loro alberi, erbe e
cespugli possono essere fatti crescere; uomini vecchi e deboli possono
divenire giovani e coraggiosi; e il morto può essere resuscitato. In
strane macchine a noi sconosciute essi corrono attraverso le strette
fenditure all’interno del nostro pianeta. Alcuni Brahmani indiani e
Dalai Lama tibetani, durante le loro faticose scalate alle cime di
montagne che nessun altro piede umano aveva mai calcato, trovarono lì
iscrizioni incise sulle rocce, impronte nella neve e tracce di ruote. Il
beato Sakkia Mouni rinvenne sulla cima di una montagna delle tavole di
pietra con iscritte parole che comprese solo nella propria vecchiaia e
in seguito penetrò nel Regno di Agharti, da cui riportò briciole del
sacro insegnamento conservato nella sua memoria. Là in palazzi di
cristallo meraviglioso vivono gli invisibili governanti di tutte le
persone pie, il Re del Mondo o Brahytma, che può parlare con Dio come io
parlo con voi, e i suoi due assistenti, Mahytma, che conosce le
finalità degli eventi futuri, e Mahynga, che governa le cause di questi
eventi».
«I santi Pandita studiano il mondo e tutte
le sue forze. A volte i più sapienti fra loro si riuniscono e mandano
inviati in quel luogo dove gli occhi umani non sono mai penetrati.
Questo è descritto dal Tashi Lama vissuto 850 anni fa. I più elevati
Pandita pongono le loro mani sugli occhi e alla base del cervello dei
più giovani e li costringono in un sonno profondo, lavano i loro corpi
con un infuso di erbe e li rendono immuni al dolore e più duri delle
pietre, li avvolgono in panni magici, li legano e poi pregano il Grande
Dio. I giovani pietrificati giacciono con gli occhi e le orecchie aperte
e vigili, vedono, sentono e ricordano ogni cosa. In seguito un Goro si
avvicina e mantiene a lungo lo sguardo fisso su di loro. Molto
lentamente i corpi stessi si sollevano da terra e scompaiono. Il Goro si
siede e scruta con gli occhi immobili verso il luogo dove li ha
inviati. Fili invisibili li uniscono alla sua volontà. Alcuni di essi
girano tra le stelle, osservano le loro manifestazioni, i loro popoli
sconosciuti, la loro vita e le loro leggi; ascoltano i loro discorsi,
leggono i loro libri, capiscono le loro fortune e sventure, la loro
santità e i peccati, la loro pietà e il male. Alcuni si mescolano con la
fiamma e vedono la creatura di fuoco, rapida e feroce, eternamente in
lotta, fondendo e martellando i metalli nelle profondità dei pianeti,
bollendo l’acqua per i geyser e le sorgenti, fondendo le rocce ed
eruttando lava fusa sulla superficie della terra attraverso le aperture
nelle montagne. Altri corrono insieme alle sempre sfuggenti,
infinitamente piccole, trasparenti creature dell’aria e penetrano nei
misteri della loro esistenza e nelle finalità della loro vita. Altri
scivolano nelle profondità dei mari e osservano il regno delle sagge
creature dell’acqua, che trasportano e diffondono il giusto calore su
tutta la terra, governando i venti, le onde e le tempeste … In Erdeni
Dzu viveva un tempo un Pandita Hutuktu, che era venuto da
Agharti. In punto di morte, raccontò del momento in cui viveva secondo
la volontà del Goro su una stella rossa a Oriente, fluttuava nell’oceano
ricoperto di ghiaccio e volava tra i fuochi tempestosi nelle profondità
della terra».
Questi sono i racconti che udii nelle yurte [12]
dei principi mongoli e nei monasteri lamaiti. Queste storie erano tutte
raccontate in un tono solenne che vietava ogni discussione e dubbio.
Mistero …
Capitolo XLVII
Il Re del Mondo al cospetto di Dio
Durante il mio soggiorno a Urga cercai di
trovare una spiegazione a questa leggenda sul Re del Mondo.
Naturalmente, il Buddha Vivente avrebbe potuto dirmi più di chiunque
altro e così mi sforzai di conoscere la storia da lui. In una
conversazione con lui menzionai il nome del Re del Mondo. Il vecchio
Pontefice bruscamente voltò la testa verso di me fissandomi con i suoi
immobili occhi ciechi. A malincuore dovetti tacermi. Il nostro silenzio
fu lungo e dopo il Pontefice continuò la conversazione facendomi capire
che non gradiva accogliere il suggerimento del mio riferimento. Sui
volti dei presenti notai espressioni di stupore e paura provocate dalle
mie parole, e questo valeva specialmente per il custode della biblioteca
del Bogdo Khan. Si può facilmente capire come tutto questo mi avesse
solo reso più ansioso di approfondire la ricerca.
Mentre stavo lasciando lo studio del Bogdo
Hutuktu, incontrai il bibliotecario che si era avviato avanti a me e gli
chiesi se mi poteva mostrare la biblioteca del Buddha Vivente,
utilizzando con lui un semplicissimo ma scaltro stratagemma.
«Sapete, mio caro Lama», dissi «una volta ho
cavalcato nella pianura nell’ora in cui il Re del Mondo parlava con Dio
ed ho avvertito la solenne maestosità di quel momento».
Con mio grande stupore, il vecchio Lama mi
rispose senza turbarsi: «Non è giusto che i Buddhisti e la nostra Fede
Gialla lo tengano nascosto. Il riconoscimento dell’esistenza dell’uomo
più santo e più potente, del regno benedetto, del grande tempio della
scienza sacra è una tale consolazione per i nostri cuori peccaminosi e
le nostre esistenze corrotte che nasconderlo al genere umano è un vero
peccato … Beh, ascoltate», proseguì, «per l’intero corso dell’anno il Re
del Mondo guida il lavoro dei Pandita e dei Goro di Agharti. Solo a
volte egli si reca alla cripta del tempio dove il corpo del suo
predecessore giace imbalsamato in un sarcofago di pietra nera. Questa
grotta è sempre buia, ma quando il Re del Mondo vi entra le pareti si
rigano col fuoco e dal coperchio della bara appaiono lingue di fiamma.
Il Goro più anziano gli sta di fronte col capo e il viso coperti e con
le mani incrociate sul petto. Questo Goro non si leva mai il cappuccio,
ché la sua testa è un cranio nudo con gli occhi vividi e una lingua che
parla. Egli è in comunione con le anime di tutti coloro che ci hanno
preceduto».
«Il Re del Mondo prega per un lungo periodo
di tempo e successivamente si avvicina al sarcofago e stende la mano. Le
fiamme guizzano più ardenti; le strisce di fuoco sulle pareti
svaniscono e riappaiono, e intrecciandosi formano misteriosi segni
dell’alfabeto vatannan [13].
Dalla bara fasci diafani di luce appena percettibile cominciano a
emanare: sono i pensieri del suo predecessore. Repentinamente il Re del
Mondo si ritrova avvolto in un’aura di questa luce e lettere di fuoco
scrivono e scrivono sui muri i desideri e gli ordini di Dio. In questo
momento il Re del Mondo è in comunione con i pensieri di tutti gli
uomini che influenzano la sorte e la vita di tutta l’umanità: con Re,
Zar, Khan, capi guerrieri, Sommi Sacerdoti, scienziati e altri uomini
forti. Si rende conto di tutti i loro pensieri e progetti. Se questi
sono graditi a Dio, il Re del Mondo li asseconderà in modo invisibile,
se sono sgraditi al cospetto di Dio, il Re li porterà verso il
fallimento. Questo potere è conferito ad Agharti dalla misteriosa
scienza dell’“Om”, con cui iniziamo tutte le nostre preghiere. “Om” è il
nome di un antico Sant’uomo, il primo Goro, che visse 330 mila anni fa.
Egli fu il primo uomo a conoscere Dio e che insegnò agli uomini a
credere, sperare e lottare contro il Male. Allora Dio gli diede potere
su tutte le forze che governano il mondo visibile».
«Dopo la sua conversazione con il proprio
predecessore, il Re del Mondo riunisce il “Gran Consiglio di Dio”,
giudica le azioni e i pensieri dei grandi uomini, li asseconda o li
distrugge. Mahytma e Mahynga trovano il posto per queste azioni e
pensieri nella catena causale che governa il mondo. Successivamente il
Re del Mondo accede al grande tempio e prega in solitudine. Il fuoco
appare sull’altare, e gradualmente si diffonde a tutti gli altari
vicini, e attraverso la fiamma che brucia appare gradualmente il volto
di Dio. Il Re del Mondo con reverenza annuncia a Dio le decisioni e le
determinazioni del “Consiglio di Dio” e riceve a sua volta agli ordini
Divini dell’Onnipotente. Quando esce dal tempio, il Re del Mondo irradia
la Luce Divina».
Capitolo XLVIII
Realtà o fantasia religiosa?
«Ma qualcuno ha visto il Re del Mondo?» chiesi.
«Oh, sì!» rispose il Lama. «Durante le feste
solenni dell’antico Buddhismo in Siam e in India il Re del Mondo
apparve cinque volte. Montava uno splendido carro trainato da elefanti
bianchi e ornati di’oro, pietre preziose e tessuti pregiati; era vestito
di un manto bianco e una tiara rossa con pendagli di diamanti che gli
celavano il volto. Egli benedisse il popolo con una mela d’oro
sormontata dalla figura di un Agnello. Il cieco riacquistava la vista,
il muto parlava, il sordo udiva, lo storpio si muoveva liberamente e il
morto risorgeva, laddove gli occhi del Re del Mondo si posavano. È
apparso anche 540 anni fa, nel Erdeni Dzu, è stato in un antico
monastero di Sakkai e a Narabanchi Kure.
Uno dei nostri Buddha Viventi e uno dei
Tashi Lama ricevette un suo messaggio, scritto con segni sconosciuti su
tavolette d’oro. Nessuno poteva leggere questi caratteri. Il Tashi Lama
entrò nel tempio, pose la tavoletta d’oro sulla sua testa e cominciò a
pregare. Grazie a ciò i pensieri del Re del Mondo penetrarono la sua
mente e, senza aver letto gli enigmatici segni, egli comprese e realizzò
il messaggio del Re».
«Quante persone sono state ad Agharti?» lo interrogai.
«Moltissime», rispose il Lama, «ma tutte queste persone hanno mantenuto segreto ciò che videro laggiù. Quando gli Oleti [14]
distrussero Lhasa, uno dei loro distaccamenti nelle montagne del
Sud-Ovest penetrò fino alle propaggini di Agharti. Qui appresero alcune
fra le scienze misteriose minori e le portarono sulla superficie della
nostra terra. Ecco perché gli Oleti e i Calmucchi sono stregoni abili e
profeti. Anche dai paesi orientali alcune tribù di gente nera
penetrarono ad Agharti e lì vissero molti secoli. Successivamente essi
furono scacciati dal regno e restituiti alla terra, portando con sé il
mistero delle predizioni attraverso le carte, le erbe e le linee del
palmo della mano. Sono i Gitani [15]
… Da qualche parte nel Nord dell’Asia esiste una tribù che ora si sta
estinguendo e che è venuta dalle grotte di Agharti, abile nel richiamare
gli spiriti dei morti che fluttuano nell’aria».
Il Lama rimase in silenzio e poi, come se stesse rispondendo ai miei pensieri, continuò:
«Ad Agharti i dotti Pandita scrivono su
tavole di pietra tutta la scienza del nostro pianeta e degli altri
mondi. I sapienti Buddhisti cinesi lo sanno bene. La loro scienza è la
più alta e pura. Ogni secolo un centinaio di saggi della Cina si
riuniscono in un luogo segreto sulle rive del mare, dalle cui profondità
emergono un centinaio di tartarughe immortali. Sui loro gusci i cinesi
scrivono tutti gli sviluppi della scienza divina prodottisi durante il
secolo».
Mentre scrivo sto involontariamente
rimembrando il racconto di un vecchio bonzo cinese nel Tempio del Cielo a
Pechino. Mi disse che le tartarughe vivono più di 3000 anni senza cibo
né aria e che questo è il motivo per cui tutte le colonne del Tempio del
Cielo azzurro furono poste su tartarughe vive per preservare il legno
dal degrado.
«Più volte i Pontefici di Lhasa e Urga hanno
inviato emissari al Re del Mondo», disse il Lama bibliotecario, «ma non
lo trovarono. Solo un certo leader tibetano dopo una battaglia con gli
Oleti trovò la grotta con l’iscrizione: “Questo è l’ingresso per
Agharti”. Dalla grotta uscì un uomo di bell’aspetto, gli donò una
tavoletta d’oro con i segni misteriosi e disse:
“Il Re del Mondo apparirà di fronte a tutti i
popoli quando il tempo sarà giunto per lui di condurre tutte le buone
persone del mondo contro tutte le malvagie; ma non è ancora venuto
questo tempo. Il più malvagio tra gli uomini non è ancora nato”.
Il Chiang Chün barone Ungern inviò il
giovane principe Pounzig in cerca del Re del Mondo, ma questi tornò con
una lettera del Dalai Lama da Lhasa. Quando il barone lo mandò una
seconda volta, egli non ritornò più indietro».
Capitolo XLIX
La profezia del Re del Mondo nel 1890
L’Hutuktu di Narabanchi mi riferì quanto segue, quando lo visitai nel suo monastero agli inizi del 1921:
«Quando il Re del Mondo apparve davanti ai
Lama, favoriti di Dio, in questo monastero trent’anni fa fece una
profezia per il seguente mezzo secolo. Essa era la seguente:
“Sempre più la gente si dimenticherà la
propria anima e si curerà del proprio corpo. Il più grande peccato e la
corruzione regneranno sulla terra. Gli uomini diventeranno come belve
feroci, assetati del sangue e della morte dei loro fratelli. La
‘Mezzaluna’ si offuscherà e i suoi seguaci sprofonderanno nella miseria e
nella guerra incessante. I suoi conquistatori saranno colpiti dal Sole,
ma non si eleveranno e due volte saranno visitati dalla sventura più
grave, che culminerà nell’insulto dinnanzi agli occhi degli altri
popoli. Le corone dei re, grandi e piccoli, cadranno … uno, due, tre,
quattro, cinque, sei, sette, otto … Ci sarà una battaglia terribile fra
tutti i popoli. I mari diverranno rossi … la terra e il fondo dei mari
saranno disseminati di ossa … regni saranno dispersi … interi popoli
moriranno … fame, malattie, crimini sconosciuti alla stessa legge, mai
visti prima nel mondo. I nemici di Dio e dello Spirito Divino nell’uomo
verranno. Anche coloro i quali tenderanno la mano al prossimo periranno.
I dimenticati e i perseguitati insorgeranno e cattureranno l’attenzione
del mondo intero. Ci saranno nebbie e tempeste. Montagne spoglie
saranno improvvisamente ricoperte da foreste. Si scateneranno terremoti …
Milioni di uomini cambieranno le catene della schiavitù e
dell’umiliazione con la fame, la malattia e la morte. Le antiche strade
saranno coperte con folle erranti da un luogo all’altro. Le città più
grandi e più belle periranno nel fuoco … una, due, tre … Il padre
insorgerà contro il figlio, il fratello contro il fratello e la madre
contro la figlia … Il vizio, il crimine e la distruzione del corpo e
dell’anima seguiranno … Le famiglie saranno disperse … Scompariranno la
verità e l’amore … Di diecimila uomini uno solo sopravvivrà; egli sarà
nudo e folle, senza la forza e la conoscenza per costruirsi una casa e
trovare il proprio cibo … Egli ululerà come il lupo rabbioso, divorerà i
cadaveri, morderà la sua propria carne e sfiderà Dio a combattere …
Tutta la terra sarà svuotata. Dio stesso le volterà le spalle e su di
essa non vi sarà che la notte e la morte. Allora io manderò un popolo,
ancora sconosciuto, che estirperà la gramigna della pazzia e del vizio
con mano forte e condurrà coloro che ancora rimangono fedeli allo
spirito dell’uomo nella lotta contro il Male. Essi ritroveranno una
nuova vita sulla terra purificata dalla morte delle nazioni. Nel
cinquantesimo anno appariranno solo tre grandi regni, che esisteranno
felicemente per 71 anni. In seguito ci saranno diciotto anni di guerra e
distruzione. Allora i popoli di Agharti saliranno dalle loro caverne
sotterranee alla superficie della terra”».
In seguito, mentre viaggiavo oltre attraverso la Mongolia orientale e verso Pechino, ho pensato spesso:
«E se … ? Che cosa succederebbe se interi
popoli di diversi colori, fedi e tribù dovessero iniziare la loro
migrazione verso l’Occidente?».
E adesso, mentre vergo queste ultime righe, i
miei occhi involontariamente si rivolgono a questo sconfinato Cuore
dell’Asia su cui i sentieri del mio peregrinare s’intrecciano. Fra
tormente di neve e vortici di sabbia del Gobi la memoria mi riporta al
cospetto del Hutuktu di Narabanchi che, con voce pacata mentre
indicava l’orizzonte con la sua esile mano, mi dischiuse le porte dei
suoi più intimi pensieri:
«Presso Karakorum e sulle rive del Ubsa Nor
vedo gli immensi accampamenti multicolori, le mandrie di cavalli e
bovini e le yurte azzurre dei capi. Sopra di loro vedo le antiche
bandiere di Gengis Khan, dei re del Tibet, del Siam, dell’Afghanistan e
dei Principi indiani; i sacri emblemi di tutti i Pontefici lamaiti; gli
stemmi dei Khan degli Oleti e i semplici stendardi delle tribù mongole
del Nord. Non odo il rumore della folla animata. I cantori non intonano
le lamentevoli canzoni della montagna, della pianura e del deserto. I
giovani cavalieri non si dilettano con le corse sui loro rapidi
destrieri … Vi sono innumerevoli schiere di vecchi, donne e bambini e
più oltre, a Nord e a Ovest, fin dove l’occhio si può spingere, il cielo
è rosso come una fiamma, c’è il rombo e il crepitio del fuoco e il
suono feroce della battaglia. Chi sta conducendo questi guerrieri che là
sotto il cielo arrossato spargono il loro proprio sangue e quello degli
altri? Chi sta guidando queste turbe di vecchi inermi e di donne? Vedo
ordine severo, comprensione religiosa profonda di scopi, pazienza e
tenacia … una nuova grande migrazione di popoli, l’ultima marcia dei
Mongoli …».
Il Karma [16] potrebbe aver aperto una nuova pagina di Storia!
E se il Re del Mondo fosse con loro?
Ma questo grande Mistero dei Misteri serba il suo profondo silenzio.
* Estratto della Parte V del libro di Ferdinand Ossendowski, Beasts, Men and Gods, E.P. Dutton & Company, New York, 1922.
Tratto da: https://letteraespirito.wordpress.com/ossendowski-il-mistero-dei-misteri/
1. «Salve! Grande
Lama nel Fiore di Loto!». René Guénon ricordava che a Ossendowski era
stato rimproverato dai suoi critici di scrivere Om invece di Aum, «ma, se Aum è la rappresentazione del monosillabo sacro scomposto nei suoi elementi costitutivi, è pur sempre Om la trascrizione corretta che corrisponde alla pronuncia reale in uso sia in India sia in Tibet e in Mongolia» (R. Guénon, Le Roi du Monde, Paris, Librairie Charles Bosse, 1927; trad. it. Il Re del Mondo, Milano, Adelphi Edizioni, 1977, p. 14, nota 5) [N.d.T.].
2. Pernice grigia della prateria [N.d.T.].
3. René Guénon faceva notare in proposito come l’accostamento di un simile evento con il timor panicus degli antichi, suggeritogli da Arturo Reghini, fosse da considerarsi un’ipotesi “estremamente verosimile” (R. Guénon, Il Re del Mondo, cit., p. 13, nota 4) [N.d.T.].
4. Capitale della Mongolia [N.d.T.].
5. Gruppo etnico originario della Siberia occidentale [N.d.T.].
6. Il grado più elevato nella gerarchia monastica lamaista [N.d.T.].
7. Sacerdote autorizzato a compiere i sacrifici [N.d.T.].
8. Atlantide e Mu [N.d.T.].
9. Nome che aveva, fino al 24 Giugno 1939, l’attuale Thailandia [N.d.T.].
10. Monaci
buddhisti di alto rango. Titolo conferito a coloro i quali sono stati
istruiti nelle cinque scienze tradizionali: la scienza del linguaggio (śabdavidyā), la scienza della logica (hetuvidyā), la scienza della medicina (cikitsāvidyā), la scienza delle belle arti e mestieri (śilakarmasthānavidyā) e la scienza della spiritualità (adhyātmavidyā) [N.d.T.].
11. Sommo sacerdote del Re del Mondo [N.d.T.].
12. Tende mongole fatte di feltro [N.d.T.].
13. La lingua sacra parlata nel Regno sotterraneo, da cui deriverebbe la primitiva lingua indo-europea [N.d.T.].
14. Oleti o
Oirati era il nome con cui era conosciuta originariamente la tribù
mongola dei Calmucchi, prima che migrasse all’epoca di Gengis Khan per
stabilirsi sui monti Urali e sulle rive del Volga in Russia. Il loro
etnonimo, ojrad, sarebbe derivato dal mongolo Dôrvôn Ojrd,
“I quattro alleati”, in quanto storicamente gli Oirati erano composti
da quattro tribù maggiori. I Calmucchi sono gli unici abitanti
dell’Europa la cui religione nazionale è il Buddhismo. Essi
abbracciarono il Buddhismo Vajrayana nella prima parte del XVII secolo, e
seguono tuttora gli insegnamenti del lignaggio Gelugpa (Via
Virtuosa). Il Buddhismo Vajrayana divenne noto in ambienti anglosassoni
nel XIX secolo con il termine dispregiativo di Lamaismo, dal termine
tibetano lama, traduzione del sanscrito guru [N.d.T.].
15. Zingari,
Zingani, Zigani o Gitani sono termini generici per indicare un insieme
di diverse etnie, originariamente ritenute nomadi, provenienti dalle
regioni situate nel Nord-Ovest dell’India. René Guénon precisava che
«quando si parla di Zingari, è indispensabile fare una distinzione, che
troppo spesso si dimentica: in realtà, vi sono due tipi di Zingari, i
quali sembrano del tutto estranei fra di loro e che si trattano perfino
da nemici; essi non hanno gli stessi caratteri etnici, né parlano la
stessa lingua, né esercitano gli stessi mestieri. Vi sono gli Zingari
orientali, o Zingari, che sono soprattutto domatori di orsi e calderai; e vi sono gli Zingari meridionali, o Gitani, chiamati anche, in Linguadoca e in Provenza, “Carachi”, che sono quasi esclusivamente mercanti di cavalli» (R. Guénon, Le Compagnonnage et les Bohémiens, in Le Voile d’Isis, Ottobre 1928, in Études sur la Franc-Maçonnerie et le Compagnonnage,
Paris, Éditions Traditionelles, 1964, 2 voll.. Guénon continuava
ponendo in evidenza i numerosi tratti di comunanza fra i Gitani e i
Pellerossa d’America e considerava come degna di nota l’ipotesi di una
comune origine atlantidea [N.d.T.].
16. Secondo
l’accezione comunemente diffusa in Occidente, che qui sembra essere
accolta dall’Autore, con tale termine si suole intendere una sorta di
personificazione dell’idea di destino, assimilabile alla nozione
greco-romana di Nemesi (Giustizia). È bene rammentare, d’altra parte, come in realtà «la parola karma ha un duplice significato: in generale è l’azione in tutte le sue forme, spesso opposta a jnâna, o la conoscenza, ciò che corrisponde nuovamente alla distinzione dei due ultimi darshana; in senso specifico e tecnico è l’azione rituale quale è prescritta nel Vêda» (R. Guénon, Introduction générale à l’étude des Doctrines Hindoues, Paris, Marcel Rivière, 1921, chap. XIII “Le Mîmânsâ”, trad. it. Introduzione generale allo studio delle dottrine indù, Milano, Adelphi Edizioni, 1989, cap. 13 “La Mîmânsâ”, p. 192) [N.d.T.]
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