"…la dottrina è infallibile, è a causa del fatto che essa è un’espressione della verità, la quale, in se stessa, è assolutamente indipendente dagli individui che la ricevono e che la comprendono. La garanzia della dottrina risiede in definitiva nel suo carattere «non-umano»". René Guénon, Considerazioni sull’iniziazione, cap. "Sull’infallibilità tradizionale"

giovedì 26 marzo 2015

René Guénon, Le contraffazioni dell’Idea Tradizionale

René Guénon
Le contraffazioni dell’Idea Tradizionale* 

* Études Traditionnelles, n. 203, novembre 1936. (Rivista di Studi Tradizionali n. 4-5)

Abbiamo già altre volte richiamato l’attenzione sul carattere di «contraffazione» che implica l’abuso fatto, ai giorni nostri, di parole come «principi», «tradizione», «religione» e altre ancora, abuso il più delle volle incosciente, certo, ma che nondimeno risponde nettamente ai piani di sovversione di ogni ordine normale secondo i quali è diretta tutta la mentalità attuale. Potremmo anche dire che questo carattere si ritrova, in modo molto più generale e sotto varie forme, in tutto il complesso che costituisce propriamente la civiltà moderna, in cui, sotto ogni punto di vista, tutto appare sempre più artificiale, snaturato e falsificato; molti che fanno oggi la critica di questa civiltà ne sono d’altronde colpiti, anche se non sanno andare al fondo delle cose e non hanno il minimo sospetto di quanto si nasconde in realtà dietro di essa.
Eppure sarebbe sufficiente, ci sembra, un po’ di logica per arrivare a concludere che se tutto è diventato artificiale la mentalità a cui corrisponde questo stato di cose non deve essere essa stessa meno artificiale di tutto il resto, ed essere «fabbricata» e non spontanea; fatta questa semplice riflessione, si dovrebbe essere in grado di vedere gli indizi concordanti in questo senso moltiplicarsi da ogni parte e quasi indefinitamente; ma dobbiamo credere che purtroppo sia ben difficile sfuggire in modo così completo alle «suggestioni» a cui abbiamo fatto allusione ed a cui il mondo moderno in quanto tale deve la sua esistenza.
Abbiamo già anche detto che questo carattere di «contraffazione» costituisce di per sé un «marchio» assai significativo dell’origine reale di ciò che lo porta, vale a dire di tutta quanta la deviazione moderna, della quale mette bene in evidenza la natura veramente «satanica».
Ci siamo abbastanza ampiamente spiegati in altre occasioni sul significato che intendiamo attribuire a quest’ultima parola perché esista ancora il pericolo d’un equivoco: essa si applica in ultima analisi a tutto ciò che è negazione e sovversione dell’ordine, in qualsivoglia dominio; ed è quanto. senza il minimo dubbio, possiamo constatare guardandoci attorno. Ma, nello stesso tempo, non bisogna dimenticare che questo spirito di negazione è anche, ed in qualche modo per necessità, spirito di menzogna; esso assume ogni travestimento, spesso il più inatteso, per non essere riconosciuto per quel che è, o addirittura per farsi passare per il contrario di ciò che è, e proprio qui si manifesta la «contraffazione»: non si dice infatti che «Satana è lo scimiottatore di Dio», ed anche che «si trasfigura in angelo della luce»?
Ciò vuol dire che egli imita a suo modo, alterandolo e falsandolo al fine di farlo sempre servire ai suoi scopi, proprio quello a cui vuole opporsi: farà così in modo che il disordine prenda l’apparenza di un falso ordine, dissimulerà la negazione di ogni principio con l’affermazione di falsi principi, e così via. Naturalmente, tutto ciò non potrà mai essere altro, in fondo, che simulacro e persino caricatura, ma presentati abbastanza abilmente in modo che la immensa maggioranza degli uomini si lasci ingannare: e come stupirsi di ciò quando si vede come le soperchierie, anche le più grossolane, riescono facilmente ad imporsi alla folla e come, al contrario, è poi difficile arrivare a disingannarla? «Vulgus vult decipi», dicevano già gli antichi: e certamente si è sempre trovato qualcuno, anche se mai tanti come ai giorni nostri, disposto ad aggiungere: «ergo decipiatur!».
Ma, nonostante tutto, chi dice contraffazione dice parodia, trattandosi quasi di sinonimi: vi è invariabilmente, in tutte le cose di questo genere, un elemento grottesco che può essere più o meno apparente, ma che, in ogni caso, non dovrebbe sfuggire a osservatori anche poco perspicaci, se le «suggestioni» che essi subiscono inconsciamente non abolissero la loro naturale perspicacia a questo riguardo.
Questo è il punto su cui la menzogna, per abile che sia, non può fare a meno di tradirsi: e, beninteso, anche questo è un «marchio» d’origine, inscindibile dalla contraffazione, e che normalmente deve permettere di riconoscerla come tale.
Se volessimo qui citare degli esempi fra le diverse manifestazioni dello spirito moderno non avremmo che l’imbarazzo della scelta, a partire dagli pseudo-riti «civici» e «laici» che hanno preso ovunque tanto sviluppo in questi ultimi anni e che mirano a fornire alla massa un sostituto puramente umano dei veri riti religiosi, fino alle stravaganze di un sedicente «naturismo» che, a dispetto del suo nome, è non meno artificiale, per non dire «antinaturale», delle inutili complicazioni dell’esistenza contro cui ha la pretesa di reagire per mezzo di una ridicola commedia il cui vero scopo è quello di far credere che lo «stato di natura» si confonde con l’animalità: tutto, perfino il semplice riposo dell’essere umano, è ora minacciato di snaturazione dall’idea contraddittoria, ma conforme all’egualitarismo democratico, di una «organizzazione del riposo»! Abbiamo parlato intenzionalmente di fatti conosciuti da tutti, appartenenti incontestabilmente a ciò che si può chiamare «dominio pubblico», e che ciascuno può quindi constatare senza fatica; non è forse incredibile che coloro i quali ne sentono, non diciamo il pericolo, ma anche solo il ridicolo, siano tanto rari da rappresentare delle vere eccezioni? «Pseudo-religione», si dovrebbe dire a questo proposito, «pseudo-natura», «pseudo-riposo», e così via per tutto il resto; se si volesse parlare strettamente secondo la verità si dovrebbe sempre mettere la parola «pseudo» davanti alla designazione di ogni prodotto specifico del mondo moderno per indicare ciò di cui si tratta in realtà: falsificazioni e nient’altro, e falsificazioni il cui scopo è fin troppo evidente per coloro che sono ancora capaci di riflettere.
Qualunque sia d’altronde l’idea particolare che ognuno potrà farsi di ciò che è chiamato «Satana», secondo un punto di vista teologico o no, tutto ciò non può cambiare nulla di quanto abbiamo detto, perché è ben chiaro che le «personificazioni» non hanno importanza e non devono in alcun modo intervenire in queste considerazioni. Ciò che bisogna considerare è, da una parte, quello spirito di negazione che abbiamo definito precedentemente e nel quale «Satana» si risolve metafisicamente, indipendentemente dalle forme speciali che può rivestire per manifestarsi in questo o quel dominio, e, dall’altra, ciò che lo rappresenta propriamente e lo «incarna», per così dire, nel mondo terrestre in cui noi osserviamo la sua azione, e non è altro che quanto abbiamo chiamato «contro-iniziazione». È da notare che diciamo «contro-iniziazione» e non «pseudo-iniziazione»: in effetti non bisogna confondere il contraffattore con la contraffazione, e la «pseudo-iniziazione» in fondo non è che uno dei tanti esempi possibili di contraffazione, analogo a quanti abbiamo già indicati in differenti campi, anche se, dal punto di vista da cui ci poniamo, in quanto contraffazione dell’iniziazione, presenta importanza più particolare della contraffazione di qualsiasi altra cosa. In realtà la «pseudo-iniziazione» non è che uno dei prodotti dello stato di disordine e di confusione provocato, nell’epoca attuale, dall’azione «satanica» che ha il suo punto di partenza cosciente nella «contro-iniziazione»: essa può essere, in modo incosciente, uno strumento di quest’ultima, ma può anche, ad un certo grado, essere uno strumento di tutte le altre contraffazioni, se si considerano queste ultime come altrettanti mezzi che portano alla realizzazione dello stesso piano di sovversione, anche se ognuna recita esattamente la parte che le è assegnata nell’insieme: la qual cosa, del resto, costituisce anch’essa una sorta di contraffazione dell’ordine e dell’armonia contro cui tutto il piano è diretto.
Prendiamo in esame la «contro-iniziazione»: essa non è una contraffazione, bensì qualcosa di molto reale nel suo ordine ‑ come è fin troppo ben dimostrato dall’azione che esercita effettivamente ‑ e che pretende di opporsi alla vera iniziazione, non di imitarla; questa pretesa, d’altronde, è necessariamente un’illusione, come abbiamo già detto, essendole il dominio spirituale assolutamente interdetto, e non potendo essa andare in nessun caso al di là del «mondo intermedio», vale a dire del dominio psichico, che del resto è, sotto ogni rapporto, il campo d’influenza privilegiato di «Satana» nell’ordine umano; ma l’intenzione tuttavia esiste, con l’implicito partito preso di andare propriamente in direzione opposta a quella dell’iniziazione.
Quanto alla «pseudo-iniziazione», essa non è che una di quelle parodie di cui abbiamo parlato poco fa, il che significa che di per sé essa non è niente, che è priva di ogni realtà profonda, o, se vogliamo, che il suo valore intrinseco non è né positivo, come quello dell’iniziazione, né negativo come quello della «contro-iniziazione», ma semplicemente nullo; se pertanto essa non si riduce ad un gioco più o meno inoffensivo, come si potrebbe credere in queste condizioni, ciò si deve alle ragioni che abbiamo esposto, in modo generale, circa il vero carattere delle contraffazioni e dell’ufficio a cui sono destinate; e bisogna ancora aggiungere, in questo caso speciale, che i riti, in virtù della loro natura «sacra», nel senso più stretto della parola, sono qualcosa che non è mai possibile simulare impunemente. Torniamo così alla questione più precisa delle contraffazioni «pseudo-tradizionali», e di ciò che ne fa la gravità tutta particolare, gravità che evidentemente raggiunge il suo massimo quando esse attaccano il lato più «interiore» della tradizione e ciò che ne costituisce lo spirito stesso, cioè il dominio esoterico o iniziatico.
Si può osservare che la «contro-iniziazione» cerca di introdurre i suoi agenti nelle organizzazioni «pseudo-iniziatiche», che essi «ispirano» così all’insaputa dei loro membri ordinari, ed anche, quasi sempre, dei loro capi apparenti, i quali non sono meno incoscienti degli altri di ciò a cui servono effettivamente; ma bisogna dire che li introduce anche in maniera analoga dovunque possa, per esempio in quei «movimenti» politici o simili a cui altre volte abbiamo fatto allusione, e fin nell’interno delle organizzazioni autenticamente iniziatiche o religiose, nelle quali però lo spirito tradizionale sia troppo indebolito perché esse siano in grado di opporsi a una simile insidiosa penetrazione. Pertanto, a parte questo ultimo caso che le permette di esercitare direttamente un’azione dissolvente, le organizzazioni «pseudo-iniziatiche» sono senza dubbio quelle che soprattutto devono attirare l’attenzione della «contro-iniziazione» ed essere l’oggetto di sforzi più particolari da parte sua, proprio perché l’opera che essa si propone di compiere è soprattutto antitradizionale, e perché anzi è questa, in definitiva, la sua natura e il suo scopo. È d’altronde molto probabilmente per questa ragione che esistono tanti legami fra le manifestazioni «pseudo-iniziatiche» e una quantità di altre cose, che a prima vista sembrerebbero non avere con esse alcun rapporto, ma che sono tipiche dello spirito moderno sotto qualcuno dei suoi aspetti più accentuati: perché mai in effetti, se non fosse così, gli «pseudo-iniziati» avrebbero costantemente una parte così importante in tutte queste cose?
Si potrebbe dire che fra gli strumenti o i mezzi di ogni genere messi in opera a questo scopo, la «pseudo-iniziazione», per la sua stessa natura, deve logicamente occupare il primo posto; non è che un ingranaggio, beninteso, ma un ingranaggio che può comandarne molti altri, che da esso ricevono in qualche modo l’impulso. Anche sotto questo aspetto si manifesta la contraffazione: la «pseudo-iniziazione» imita cioè la funzione di motore invisibile che nell’ordine normale appartiene in proprio all’iniziazione; ma si badi bene: l’iniziazione rappresenta veramente e legittimamente lo spirito, animatore principiale di tutte le cose, mentre in ciò che riguarda la «pseudo-iniziazione» lo spirito è di necessità assente.
Ne risulta immediatamente che l’azione così esercitata, invece di essere realmente «organica», non può avere che un carattere puramente «meccanico», ciò che d’altronde giustifica pienamente il paragone dei meccanismi, testé impiegato; ed è proprio questo il carattere che si ritrova ovunque in modo evidente nel mondo moderno, in cui la macchina diviene sempre più importante e l’essere umano stesso è ridotto in ogni sua attività ad apparire sempre più simile ad un automa, poiché gli è stata tolta ogni spiritualità. Ma proprio qui appare chiaramente tutta l’inferiorità delle produzioni artificiali, anche se un’abilità «satanica» ha presieduto alla loro elaborazione: si possono, è vero, fabbricare delle macchine, ma non degli esseri viventi, perché, ancora una volta, è lo spirito che manca e mancherà sempre.
Abbiamo parlato di «motore invisibile», e, a parte che anche sotto questo riguardo la volontà di imitazione non può fare a meno di manifestarsi, è in questa specie di «invisibilità», per quanto relativa, che risiede il vantaggio incontestabile che la «pseudo-iniziazione» ha, nel rappresentare la propria parte, su tutto quanto presenti un carattere più «pubblico». Non si può dire che in generale le organizzazioni «pseudo-iniziatiche» si prendano molta cura di dissimulare la loro esistenza; ve ne sono addirittura alcune che arrivano a fare una propaganda del tutto incompatibile con le loro pretese esoteriche: ma nonostante ciò esse sono ancora quanto vi è di meno appariscente e di più adatto all’esercizio di una azione «discreta», ed è quindi con esse che la «contro-iniziazione» può entrare più direttamente in contatto senza timore che il suo intervento possa rischiare di essere smascherato; tanto più che in questi ambienti è sempre facile trovare qualche mezzo per parare alle conseguenze di una indiscrezione o di una imprudenza. Bisogna anche dire che una gran parte del pubblico, pur conoscendo più o meno l’esistenza di organizzazioni «pseudo-iniziatiche», non sa bene di che cosa si tratti, ed è poco disposto ad annettere ad esse una qualche importanza, non vedendovi che delle semplici «eccentricità» senza alcuna seria conseguenza; e questa indifferenza serve involontariamente anch’essa i medesimi disegni, almeno quanto potrebbe fare un segreto più rigoroso.
Abbiamo cercato di far capire il più esattamente possibile la parte, anche se incosciente, rappresentata dalla «pseudo-iniziazione», e la vera natura dei suoi rapporti con la «contro-iniziazione»: bisognerebbe ancora aggiungere che quest’ultima può, almeno in certi casi, trovare nella prima un ambiente di osservazione e di selezione per nuovi elementi da reclutare, ma non è il caso di insistere su questo punto.
Ciò di cui non è possibile dare un’idea, anche approssimativa, è la molteplicità e la complessità incredibile delle ramificazioni che esistono di fatto fra tutte queste cose, di cui solo uno studio diretto e dettagliato potrebbe permettere di rendersi conto; ma è chiaro che qui è soprattutto il «principio», per così dire, che ci interessa. Tuttavia, non ci fermeremo a questo punto: abbiamo visto perché l’idea tradizionale è contraffatta dalla «pseudo-iniziazione»; ora ci resta da esaminare più precisamente come ciò avviene, ed è quanto vedremo nella seconda parte di questo studio.
Uno dei mezzi più semplici che le organizzazioni «pseudo-iniziatiche» abbiano a propria disposizione ad uso dei loro aderenti è certamente il «sincretismo», che consiste, come abbiamo già altre volte spiegato, nel raffazzonare elementi presi un po’ dovunque, e nell’ordinarli in qualche modo, superficialmente, senza alcuna reale comprensione di ciò che essi rappresentano veramente nelle diverse tradizioni a cui appartengono. Dovendo dare a questo nucleo non ancora omogeneo una certa apparenza di unità per poterlo presentare come «dottrina», se ne raggrupperanno gli elementi attorno ad alcune «idee direttrici», che non saranno di origine tradizionale; si tratterà, al contrario. di concezioni generalmente profane e moderne, e quindi propriamente antitradizionali; citeremo a titolo d’esempio l’idea di «evoluzione», che ha molto spesso un ruolo preminente a questo proposito.
È chiaro come le cose risultino particolarmente aggravate da quanto abbiamo detto: non si tratta più solo della costituzione di una specie di «mosaico» di frammenti tradizionali, che tutt’al più rappresenterebbe un lavoro inutile, ma in sostanza inoffensivo; bensì di un travisamento e di una manipolazione di elementi presi a prestito, al fine di attribuire loro un significato tale da accordarsi all’«idea direttrice», in netto contrasto con la tradizione. Si può ammettere, tuttavia, che coloro i quali operano in questo senso possano anche non essere del tutto coscienti di ciò che fanno: bisogna infatti tenere sempre presente la parte che può avere l’incomprensione pura e semplice, ed anche, soprattutto, il risultato delle «suggestioni» di cui abbiamo parlato, che possono mietere le prime vittime proprio fra questi «pseudo-iniziati», prima ancora che essi contribuiscano ad inculcarle ad altri; ma questa incoscienza non modifica per nulla i risultati, e non attenua affatto il pericolo che proviene da un tal genere di cose, che non sono per questo meno adatte a servire gli scopi che si propone la «contro-iniziazione». Non tratteremo direttamente il caso in cui agenti della «contro-iniziazione» abbiano provocato o ispirato, con un intervento più o meno diretto, la formazione di «pseudo-tradizioni». Si potrebbero certamente portare vari esempi di fatti del genere, ma resterebbe sempre assai difficile identificare sicuramente questi agenti con coloro che appaiono come i creatori apparenti e conosciuti di queste forme «pseudo-iniziatiche», poiché è evidente che la prudenza li obbliga a celarsi sempre, per quanto possibile, dietro a semplici strumenti incoscienti.
Quando parliamo di incoscienza, intendiamo dire soprattutto che coloro i quali elaborano una «pseudo-tradizione» ignorano, il più delle volte, lo scopo a cui serve in realtà: per quanto riguarda il valore ed il carattere di questa produzione ci è più difficile ammettere in loro una completa buona fede: anche se può succedere che talvolta siano vittime, almeno in parte, di una illusione. Bisogna anche, molto spesso, tener conto di certe «anomalie» di ordine psichico che complicano ancora le cose, e che, del resto, costituiscono un terreno particolarmente favorevole allo sviluppo ed al potenziamento di influenze e suggestioni di ogni genere; è sufficiente far notare la funzione nient’affatto trascurabile che tante volte «veggenti» ed altri «sensitivi» hanno avuto a questo proposito. Ma, malgrado tutto, si arriva quasi sempre a un punto in cui la soperchieria cosciente ed il ciarlatanismo diventano, per i dirigenti di una organizzazione «pseudo-iniziatica», una specie di necessità: ciò avviene, ad esempio, quando qualcuno finisce per accorgersi di quale sia la reale provenienza di certi elementi tradizionali; il che li mette nella necessità di dover ammettere di non essere altro che semplici profani. In questo caso, essi non esitano di solito ad invertire i rapporti e a dichiarare audacemente che è proprio la loro «tradizione» a rappresentare la «sorgente» comune di tutte quelle che hanno plagiato; e anche se non arrivano a convincere tutti, trovano pur sempre degli ingenui che li credono sulla parola, in numero sufficiente a far sì che la loro posizione di «capi scuola», a cui generalmente tengono al di sopra di ogni altra cosa, non rischi d’essere seriamente compromessa: tanto più che badano abbastanza poco alla qualità dei loro «discepoli», e la quantità sembra loro ben più importante; ciò che d’altronde sarebbe già sufficiente a mostrare quanto siano lontani dall’avere la più elementare nozione di quello che realmente sono l’esoterismo e l’iniziazione.
Inutile dire che quanto stiamo descrivendo non risponde solo a delle possibilità più o meno ipotetiche, bensì a fatti reali e provati; a citarli tutti, ci troveremmo a dover allungare quasi indefinitamente la nostra trattazione, ed abbastanza inutilmente, in fondo; ci basti fare qualche esempio caratteristico. Così, è stato per mezzo del processo «sincretista» di cui abbiamo parlato, che ha avuto modo di formarsi una falsa «tradizione orientale», quella dei teosofisti, che di orientale non ha altro che una terminologia mal compresa e male applicata; e siccome questo mondo è sempre «diviso contro se stesso», per citare la parola del Vangelo, gli occultisti francesi, per spirito di opposizione e di «concorrenza», edificarono a loro volta una falsa «tradizione occidentale» dello stesso genere, in cui molti elementi, in particolare quelli presi a prestito dalla Cabbala, per la loro origine difficilmente potrebbero esser definiti occidentali, se non fosse per il modo particolare in cui essi li interpretano.
I primi presentarono la loro «tradizione» come l’espressione della «saggezza antica»; i secondi, di pretese forse un po’ più modeste, cercarono soprattutto di far passare il loro «sincretismo» per una «sintesi»; pochi infatti hanno abusato di quest’ultima parola quanto essi. Se i primi si mostrarono più ambiziosi, è forse perché vi furono, all’origine del loro «movimento», delle influenze piuttosto misteriose di cui essi stessi non avrebbero saputo certamente determinare la natura reale; per quanto riguarda i secondi, essi sapevano fin troppo bene che non vi era nulla dietro di loro, e che la loro opera non era veramente nient’altro che quella di alcune individualità ridotte ai loro propri limiti: se capitò che in seguito «qualcos’altro» si introdusse anche là dentro, ciò non avvenne che più tardi; non sarebbe difficile applicare a questi due casi, considerati sotto questo rapporto, quanto abbiamo detto poco fa, lasciando a ciascuno la cura di trarne le dovute conseguenze.
Ben inteso, non vi è mai stata alcuna tradizione che sì sia potuta veramente chiamare «orientale» o «occidentale», essendo queste denominazioni evidentemente troppo vaghe per potersi applicare ad una forma tradizionale definita, poiché, a meno di risalire alla Tradizione Primordiale che qui è fuori causa per delle ragioni fin troppo facili a comprendere, e che d’altronde non è né orientale né occidentale, vi sono e vi saranno sempre molte e differenti forme tradizionali sia in Oriente che in Occidente. Altri hanno pensato bene, per ispirare più facilmente fiducia, di appropriarsi del nome stesso di qualche tradizione realmente esistita in un’epoca più o meno lontana, e di farne il frontespizio di una costruzione stravagante quanto le precedenti, poiché, anche utilizzando naturalmente tutto quello che arrivano a sapere della tradizione che hanno scelto, sono d’altronde obbligati a completare questi dati sempre molto frammentari, e spesso anche in parte ipotetici, ricorrendo ad altri elementi presi in prestito qua e là, o magari del tutto immaginari.
In ogni caso, un esame anche superficiale di tutte queste produzioni è sufficiente a mostrarne lo spirito specificamente moderno che le anima, e che si traduce invariabilmente nella presenza di qualcuna di quelle «idee direttrici» di cui abbiamo parlato; non sarebbe quindi neppure il caso di spingere le ricerche più in là, o di prendersi la briga di determinare esattamente e in dettaglio la provenienza di questo o quell’elemento, dell’insieme, poiché questa sola constatazione è già più che sufficiente a dimostrare senz’ombra di dubbio che ci si trova d’innanzi ad una pura e semplice contraffazione.
Uno dei migliori esempi che si possa trovare di quest’ultimo caso, è quello dato dalle varie organizzazioni che, all’epoca attuale, si definiscono «rosicruciane», e che, naturalmente, non mancano di essere in contraddizione le une con le altre, e magari di combattersi più o meno apertamente, tutte con la pretesa di rappresentare una stessa ed unica «tradizione». Noi ci sentiamo pienamente d’accordo con esse, quando denunciano le altre concorrenti accusandole di essere illegittime e fraudolente; e d’altronde capita spesso che in queste dispute, tanto più strane in quanto sorgono in ambienti in cui non si fa altro che parlare di «fratellanza universale», vengano alla luce documenti davvero poco edificanti sul conto degli uni e degli altri!
Ad ogni modo. non si è mai vista tanta gente attribuirsi la qualifica di «rosicruciani», o addirittura di «Rosa-Croce», come da quando non ve ne sono più di autentici; arriviamo a dire che questo fenomeno dello «pseudo-rosicrucianismo» costituisce veramente una delle migliori prove che tanto queste designazioni, quando la forma speciale a cui esse erano legate, non sono più in uso in alcuna iniziazione che abbia conservato fino a questo momento un’esistenza effettiva. In realtà, se esistesse ancora qualche organizzazione veramente rosicruciana avrebbe certamente a disposizione i mezzi necessari per distruggere tutte queste contraffazioni anche senza dover ricorrere a pubbliche denuncie; ma è molto meno pericoloso farsi passare per la continuazione di qualcosa che appartiene completamente al passato, soprattutto poi quando non esiste possibilità di smentita, in quanto l’organizzazione in questione è sempre stata avvolta da una certa oscurità, al punto che non se ne conosce bene né la fine, né l’origine; e chi infatti, fra il pubblico profano o anche fra gli «pseudo-iniziati», può sapere cosa fu realmente la tradizione che si qualificò, durante un certo periodo, rosicruciana? Analoghe considerazioni potrebbero anche applicarsi all’abuso che vien fatto attualmente, di nomi designanti certe «personificazioni», nomi che in altri tempi furono impiegati da organizzazioni iniziatiche; il fatto stesso che questo abuso sia possibile, porta a concludere che l’uso legittimo è definitivamente scomparso. Per contro, tutto quanto abbiamo detto non riguarda un caso come quello della così detta «Grande Loggia Bianca» di cui, come abbiamo già fatto notare diverse volte, si parla sempre più di frequente, poiché tale denominazione non ha mai avuto il minimo carattere autenticamente tradizionale; se questo nome convenzionale può servire a mascherare qualcos’altro, in ogni caso non è certamente nell’ambito iniziatico che bisogna cercare.
È stato spesso criticato il sistema usato da certuni, i quali relegano i «Maestri» di cui si dicono i fiduciari in qualche regione più o meno inaccessibile dell’Asia centrale, o altrove; si tratta effettivamente di un modo piuttosto facile per rendere certe asserzioni inverificabili; ma non è il solo, e la lontananza nel tempo può anche, sotto questo aspetto, servire esattamente quanto la lontananza nello spazio. Così, altri non esitano a pretendere di essere depositari di tradizioni scomparse da secoli, o magari da migliaia di anni; è pur vero che, a meno di arrivare ad affermare che queste tradizioni si sono perpetuate per tutto questo tempo in modo così segreto e nascosto che solo loro hanno potuto ritrovarne le tracce, questo li priva dell’apprezzabile vantaggio di rivendicare una filiazione diretta e continua, che in tal caso non avrebbe neanche più l’apparenza di verosimiglianza che può ancora avere quando si tratta di una forma in fondo abbastanza recente com’è la tradizione rosicruciana; ma questo difetto non pare che abbia per loro molta importanza, poiché ignorano in modo così completo le vere condizioni dell’iniziazione, da immaginare che un semplice collegamento «ideale» possa sostituire un collegamento effettivo; per quanto concerne la trasmissione iniziatica ci siamo già sufficientemente spiegati, perché sia il caso di ritornare nuovamente sull’argomento. È d’altronde evidente che una tradizione si presterà tanto meglio a «ricostituzioni» di fantasia, quanto più essa è perduta e dimenticata, e quanto meno si sa circa il significato reale delle vestigia che ne rimangono, che potranno così venire interpretate a piacimento; ed ognuno non vi metterà naturalmente che quanto è conforme alle proprie idee; certamente questa è la ragione per cui, sotto questo rapporto, la tradizione egizia è stata così «sfruttata», e tanti «pseudo-iniziati» di scuole così differenti le testimoniano una predilezione che altrimenti non si giustificherebbe. Dobbiamo precisare, per evitare ogni falsa applicazione di quanto diciamo, che queste considerazioni non riguardano affatto i riferimenti all’Egitto o altre cose del genere, che possono trovarsi anche in certe organizzazioni iniziatiche, ma che hanno unicamente un valore di «leggende» simboliche, senza alcuna pretesa di rifarsi a simili origini; noi consideriamo qui solo il caso di una restaurazione, valida come tale, di una tradizione o di una iniziazione che non esiste più, restaurazione che d’altronde, anche nell’ipotesi impossibile di qualcosa di assolutamente completo ed esatto, non avrebbe ancora in se stessa altro interesse che quello di una semplice curiosità archeologica.
Ci limiteremo a queste considerazioni, ritenendole più che sufficienti a far capire cosa sono, in generale, tutte queste contraffazioni «pseudo-iniziatiche» dell’idea tradizionale: un miscuglio più o meno coerente ‑ piuttosto meno che più ‑ di elementi in parte presi a prestito, in parte inventati; il tutto dominato dalle concezioni anti-tradizionali proprie dello spirito moderno, che in definitiva non servirà ad altro che a diffondere queste concezioni facendole passare per tradizionali, e cioè proprio per il contrario di quello che sono; per non parlare dell’inganno insito nel definire come «iniziazione» una cosa avente un carattere puramente profano, o meglio «profanatore».
Se dopo quanto abbiamo detto ci venisse fatto osservare, come circostanza attenuante, che in questo genere di cose malgrado tutto c’è pur sempre qualche elemento di sicura provenienza tradizionale, risponderemmo questo: ogni imitazione, per farsi accettare, deve naturalmente prendere almeno qualcuno dei tratti che essa simula, ma è proprio questo fatto che ne aumenta ancora il pericolo; la menzogna più abile ed anche più funesta non è proprio quella che mescola il vero ed il falso inestricabilmente, cercando di utilizzare quello per il trionfo di questo?

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