La nozione di «Haqîqah»
(la Verità essenziale)
(Al-Futûhât al-Makkiyyah, Cap. 263)
(la Verità essenziale)
(Al-Futûhât al-Makkiyyah, Cap. 263)
La Haqîqah è rimozione delle tracce dei tuoi attributi su di te per mezzo dei Suoi Attributi, in quanto è Egli che agisce attraverso te, in te e da te, e non tu: “Non c’è creatura [essere in movimento: dâbbat] che Egli non tenga per il ciuffo frontale” (Corano 11:56).
[1] Questo hadith dal quale l’autore prende a prestito qualche frase, figura nelle Raccolte classiche. È utile conoscerlo nella sua interezza per meglio situare i frammenti citati qui e più avanti. Nell’occasione si può vedere una scena propriamente iniziatica negli aspetti più semplici di una conversazione quotidiana.
[2] Sono i rapporti
molteplici risultanti dalla funzione «divina» della Haqîqah, rapporti rappresentati particolarmente dai Nomi divini.
[3] Questa formula coranica che vediamo ripresa con insistenza, fa parte delle parole che l’Inviato divino Hûd ha rivolto al suo popolo, e deve essere considerata come facente parte di un messaggio divino; ecco il testo integrale del versetto che contiene le espressioni qui citate: “In verità io mi sono rimesso ad Allâh, il mio Signore ed il vostro Signore. Non c’è creatura che Egli non tenga per il ciuffo frontale. In verità il mio Signore è su una Via diritta” (Corano, 11, 56)
[4] Queste parole fanno parte di un hadith che parla del frutto delle opere surerogatorie: “Il Mio servitore non cessa di avvicinarsi a Me con le opere surerogatorie finché l’amo, e quando l’amo, Io sono il suo udito col quale sente, la sua vista tramite la quale vede, la sua mano con la quale afferra, il suo piede con il quale cammina...”.
[5] È per ciò che ritornando alla nozione di «atto attribuito a te» come definizione della Sharî’ah si potrebbe concludere così: “Finché vedi che sei tu in quanto essere particolare ad agire, sei responsabile come ogni essere particolare che si trova necessariamente in subordinazione dell’essere Supremo. Ma nel momento in cui tu arrivassi a non conoscerti più come essere particolare perchè estinto a questo te stesso e non sussistendo che per l’Essere Supremo, non potrai più attribuire l’atto a te stesso e compierlo da te stesso, perché vedresti allora che è solo Allâh che agisce: Ciò non significa che non dovrai praticare la Legge (Shari’ah), ma che è Allâh con gli Attributi della Sua Signoria o, secondo la prospettiva più speciale di Ibn Arabî, Allâh stesso diventato gli «attributi» del tuo essere, che compirà tutto, ed Egli li compirà perfettamente nella teofania che tu costituirai, finché la costituirai per il Suo atto. Ma che sia «per te» o «da Lui» in questo mondo la Sua Legge sarà praticata sempre”.
(Versi:)In verità la Haqîqah conferisce eternamente un Unico, mentre la ragione con la sua speculazione nega l’Unico-Uno.L’Essenza (adh-Dhât) è senza un Secondo che gli imponga la parità, sebbene il Mondo esiga, in pratica, il numero.Il Tutto è un essere che non ha né «sposa», né «padre», né «figlio».
Sappi lettore - e che Allâh
fortifichi noi e te, con “uno spirito che proceda da Lui” - che la Haqîqah (la Verità essenziale) è ciò su
cui poggia l’Esistenza universale (al-Wujûd)
con tutto quello che ciò comporta in quanto a «varietà», «similitudini» e
«opposizioni».
Se tu non conosci la Haqîqah in questo modo, non la conosci
affatto.
Di conseguenza, la realtà
propria della Sharî’ah è la realtà
propria della Haqîqah (Fa-’aynu-sh-Sharî’ah ’aynu-l-Haqîqah).
La Sharî’ah è haqq (verità immediata, diritto), ora ogni haqq ha una haqîqah (verità
ultima, essenziale). La verità immediata (haqq)
della Sharî’ah è la sua realtà in
quanto tale (wujûdu ’ayni-hâ) e la
sua verità essenziale (Haqîqah) è ciò
che appare nella visione intuitiva (ash-shuhûd)
come aspetto della sua realtà interiore, in maniera che essa è all’interno tale
e quale si presenta all’esterno e niente di più, e come quando la «benda viene
tolta» la situazione non cambia affatto per lo spettatore.
Uno dei compagni disse
all’Inviato di Allâh - che Allâh gli accordi la Sua grazia unitiva e la Sua
pace -: “In verità io sono un credente veramente (haqqen)!” pretendendo così di detenere la «verità immediata della
Fede» (haqqu-l-Imân)[1],
ciò è uno degli attributi dell’interiore dell’essere, perché è tasdîq, «credenza a una veridicità», «riconoscenza
di verità», ed il tasdîq ha la sua
sede nel cuore ed i suoi effetti nelle membra [del corpo]. Questo almeno quando
si tratti di un tasdîq che porta i suoi effetti nelle membra, perché diversamente
non è necessario che il tasdîq sia
manifestato dalle membra; è così che un altro hadith menziona che «le parti sessuali (dell’essere sottomesso al
Giudizio) lo confermano (yusaddiqu) o
lo contestano (yukadhdhibu)», in ciò
si vede dunque che la veridicità (sidq)
è attribuita alle parti corporali esteriori.
L’Inviato di Allâh disse
allora a questo compagno: “E quale è la Haqîqah
della tua Fede?” Questi gli rispose: “È come se vedessi apparire il Trono del
mio Signore!” Con ciò il compagno confermava del resto una parola dell’Inviato
di Allâh detta in un’altra circostanza: “In verità, il Trono del mio Signore si
mostrerà il Giorno della Resurrezione”. Avendo sentito questa parola, tale
compagno ne aveva fatto implicitamente riferimento, affermando stavolta di
vedere il Trono nella sua rappresentazione (khayâl)
e rispose: “è come se lo vedessi”, vale a dire: “Il [Trono] è per me come ciò
che vedo con la mia vista sensibile (basar)”.
E, considerando il fatto che egli situa il Trono come oggetto «visto» e dotato
di esistenza sensibile, veniamo istruiti che la Haqîqah (verità essenziale) esige la haqq (verità immediata) e non ne diverge affatto. Non c’è Haqîqah che diverga da ciò che è Sharî’ah, perché la Sharî’ah è una delle haqâiq (pl.
di haqîqah) e le haqâiq sono comparabili tra esse e simili.
La Legge (ash-Shar’) nega ed afferma. Dicendo:
«Niente è comparabile a Lui», essa nega (l’analogia) e, aggiungendo
immediatamente: “Egli è l’Audiente (As-Samî’),
Colui che tutto osserva (Al-Basir)” (Corano, 42:11) essa (l’)afferma (poiché
le qualificazioni corrispondenti a questi due nomi divini sono applicate,
normalmente, alle creature). Questo è ciò che dice la Haqîqah stessa (che, per le persone della realizzazione metafisica,
si qualifica simultaneamente con aspetti opposti e complementari: di negatività
e di positività, di incomparabilità e di similitudine, di trascendenza e di
immanenza, di intelligibilità e di incomprensibilità, eccetera).
Di conseguenza, la Sharî’ah è la Haqîqah. E la Haqîqah o
Verità essenziale, pur conferendo l’Unità della Divinità (Ahadiyyatu-l-Ulûhah), propone allo stesso tempo dei «rapporti» (nisab, sing. nisbah) a riguardo[2].
Essa non afferma che l’Unità della Molteplicità dei rapporti, non l’Unità
dell’Unico (al-Wâhid), perché l’Unità
dell’Unico è evidente da se stessa, mentre l’Unità della Molteplicità è
difficile da cogliere, e non è percepita da ogni essere dotato di sguardo. La Haqîqah che è l’Unità della Molteplicità
non è scoperta da tutti.
Le (Genti della Via)
osservando che tutti conoscono la Sharî’ah,
tanto le categorie dell’élite che il comune dei fedeli, e che nonostante la Haqîqah non sia conosciuta che da una
élite, hanno distinto tra Sharî’ah e Haqîqah, considerando come «Sharî’ah» ciò che è apparente (zahara) degli statuti della Haqîqah, e come «Haqîqah» ciò che ne resta interiore. E questo tenuto conto che il
Legislatore divino, che è Dio-Verità (al-Haqq),
Ha chiamato Se stesso con i nomi di Az-Zâhir
= «l’Apparente» o «l’Esteriore» ed Al-Bâtin
= «il Nascosto» o «l’Interiore», e che questi due nomi Gli appartengono
secondo la Verità profonda (haqîqatin).
La Haqîqah è apparizione di un Attributo divino (Sifatu Haqqin) dietro il velo di un attributo servitoriale (sifatu ‘abdin). Ma quando il velo
dell’ignoranza è rimosso dall’occhio dell’intuizione interiore (‘aynu-l-basîra), questo vede che
l’attributo del servitore è l’Attributo di Dio stesso; questo succede a loro (i
Conoscitori intuitivi in generale) ma per noi (personalmente e per coloro che
ci somigliano), la visione interiore attesta che l’attributo del servitore è il
Signore stesso e non solamente l’Attributo del Signore. L’esteriore è
«creatura» (khalq), l’interiore «Dio»
(Haqq). L’interiore produce l’esteriore, perché le membra si comportano
obbedendo a ciò che ingiunge loro l’anima; questa [l’anima] è interiore quanto
alla sua entità, esteriore quanto alla sua autorità, mentre l’organo corporale
ha solamente uno statuto di esteriorità ed è sprovvisto della parte interiore
perché non ha autorità di per se stesso. Per questo motivo si imputa la
«deviazione» o la «rettitudine» del cammino a colui che cammina e non alle
membra di cui si serve per camminare.
In verità, chi «cammina» per
mezzo della «creatura» (al-khalq) non
è altro che Dio stesso (al-Haqq), ed
Egli “è su una Via Diritta” (Corano,
11:56). Ma in verità è possibile che la deviazione sia «rettitudine», come la
curvatura dell’arco: la rettitudine dell’arco è la sua stessa curvatura ed è
per essa che è arco; se fosse rettilineo non si otterrebbe ciò che si vuole con
questa curvatura: è dunque la sua stessa curvatura che è la sua «rettitudine».
D’altronde non c’è
nell’Universo che il «diritto» (mustaqîm),
poiché Colui che tiene la «ciocca frontale» di ogni essere è Colui che cammina
con lui, ed è detto anche che “Egli è su una Via diritta (sirât mustaqîm)”. Ogni movimento ed ogni sosta nell’esistenza sono
divini, poiché questi sono nella mano di un Essere divino (Haqq) e ne procedono, e Lui è descritto come «stare su una Via
diritta», nel modo insegnatoci dal veridico qual è l’Inviato divino Hûd - su
lui la Pace![3]. Ora
gli Inviati divini (ar-Rusul) dicono
a proposito di Allâh solo quanto hanno appreso da Lui, ed essi sono i più
sapienti tra tutte le creature. Il mondo non ha scusa più forte che questo
fatto (esistenziale e naturale affermato nelle parole del versetto citato). Ed
è da parte degli Inviati divini un atto di misericordia verso le creature
quello di attirare la loro attenzione su un punto come questo. E quando Dio
menziona nel Corano questo discorso fatto da Hûd, ne prendiamo noi stessi
conoscenza, e sappiamo così quale è la Misericordia divina verso di noi quando
Lui ci istruisce con una cosa del genere. Il fatto che Egli ci abbia insegnato
ciò che aveva detto il Suo Inviato, è per noi una Buona-Novella (Bushrâ) da parte di Allâh, così come
enuncia un versetto: “Avranno la Buona-Novella nella vita di questo basso mondo
e in quella futura”. Questa «buona-novella» fa parte delle «Parole» divine - e
“le Parole divine non cambiano” (Corano,
10:64).
Fa parte del capitolo della Haqîqah il fatto che Allâh - che Egli
sia esaltato - è l’esistenza stessa (‘aynu-l-wujûd)
e che Egli è qualificato come possessore di attributi per il fatto che le cose
esistenti hanno degli attributi. Poi, ha insegnato che sotto il profilo del Suo
Essere (‘Aynu-Hu) Egli è l’essere
degli attributi del servitore e delle sue membra, dichiarando: “Io sono il suo udito”[4].
Egli (Dio) ha annesso così
l’«udito» all’essere «audiente» e glielo ha attribuito. Ma dato che non c’è
altro esistente che Lui, Egli è allo stesso tempo sia l’«audiente» che l’«udito»
di questo essere; e quindi, tutte le altre facoltà e percezioni corrispondenti
non sono che Lui stesso[5].
La Haqîqah è l’essere stesso della Sharî’ah,
essa è identica alla Sharî’ah
(Al-Haqîqatu ‘aynu-sh-Sharî’ah).
Comprendi dunque ciò.
“Ed Allâh dice la Verità ed
Egli guida sulla Via” [Corano, 33:4]
Traduzione dall’Arabo in francese e note di Michel Vâlsan, articolo
pubblicato in Etudes Traditionnélles.
Versione italiana tratta da: Oriente e Occidente n° 3, Marzo 2011
Versione italiana tratta da: Oriente e Occidente n° 3, Marzo 2011
[1] Questo hadith dal quale l’autore prende a prestito qualche frase, figura nelle Raccolte classiche. È utile conoscerlo nella sua interezza per meglio situare i frammenti citati qui e più avanti. Nell’occasione si può vedere una scena propriamente iniziatica negli aspetti più semplici di una conversazione quotidiana.
L’Inviato
di Allâh chiese innanzitutto a questo Compagno: “Come stai stamattina, oh
Hârithah?” Questo rispose: “Questa mattina mi trovo credente davvero (asbahtu mu’minen haqqan)!”. Allora
l’Inviato di Allâh gli disse: “Ad ogni haqq
(“vero” o “diritto”) corrisponde una haqîqah.
Quale è la haqîqah della tua Fede (Imân)?”. Il Compagno rispose: “Ho
ritirato la mia anima dal basso-mondo (dunyâ),
e adesso l’oro ed il fango del mondo mi sono diventati uguali. È come se
vedessi gli esseri del Paradiso dilettarsi in Paradiso, e come se vedessi gli
esseri del Fuoco puniti nel Fuoco, ed è come
se vedessi apparire il Trono del mio Signore; è per ciò che ho vegliato durante la mia notte, e
che ho avuto sete durante la mia giornata!”. L’Inviato di Allâh allora gli
disse: “Oh Hârithah! Tu hai avuto la conoscenza: Attaccati [ad essa]! (yâ Hârithah, arafta: fa’lzam!)”. E poi
aggiunse per i presenti: “Un servitore al quale Allâh ha illuminato il cuore
con la luce della Fede!”.
[3] Questa formula coranica che vediamo ripresa con insistenza, fa parte delle parole che l’Inviato divino Hûd ha rivolto al suo popolo, e deve essere considerata come facente parte di un messaggio divino; ecco il testo integrale del versetto che contiene le espressioni qui citate: “In verità io mi sono rimesso ad Allâh, il mio Signore ed il vostro Signore. Non c’è creatura che Egli non tenga per il ciuffo frontale. In verità il mio Signore è su una Via diritta” (Corano, 11, 56)
[4] Queste parole fanno parte di un hadith che parla del frutto delle opere surerogatorie: “Il Mio servitore non cessa di avvicinarsi a Me con le opere surerogatorie finché l’amo, e quando l’amo, Io sono il suo udito col quale sente, la sua vista tramite la quale vede, la sua mano con la quale afferra, il suo piede con il quale cammina...”.
[5] È per ciò che ritornando alla nozione di «atto attribuito a te» come definizione della Sharî’ah si potrebbe concludere così: “Finché vedi che sei tu in quanto essere particolare ad agire, sei responsabile come ogni essere particolare che si trova necessariamente in subordinazione dell’essere Supremo. Ma nel momento in cui tu arrivassi a non conoscerti più come essere particolare perchè estinto a questo te stesso e non sussistendo che per l’Essere Supremo, non potrai più attribuire l’atto a te stesso e compierlo da te stesso, perché vedresti allora che è solo Allâh che agisce: Ciò non significa che non dovrai praticare la Legge (Shari’ah), ma che è Allâh con gli Attributi della Sua Signoria o, secondo la prospettiva più speciale di Ibn Arabî, Allâh stesso diventato gli «attributi» del tuo essere, che compirà tutto, ed Egli li compirà perfettamente nella teofania che tu costituirai, finché la costituirai per il Suo atto. Ma che sia «per te» o «da Lui» in questo mondo la Sua Legge sarà praticata sempre”.
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