Il Salvatore escatologico
in ambito islamico: l’Imâm atteso e il Cristo della seconda venuta – (I)
Parte 1 di 2
Il primo Suono risuonerà
e il
Susseguente l’accompagnerà
(Cor. 79: 6-7)
I “suoni” che accompagnano
l’Ora finale (al-sâ‘a) sono quelli del Corno (sûr)[1]
o Tromba (nâqûr)[2]
dell’angelo Isrâfîl, suono che decreterà la scomparsa
d’ogni essere vivente sulla faccia della terra, anche se qualcuno sarà
destinato a non perdere la coscienza: «E si soffierà nel Corno e cadranno
folgorati tutti coloro che saranno nei cieli e sulla terra, tranne chi Dio
vorrà» (Cor. 39: 68)[3].
Subito dopo vi sarà la
Resurrezione (qiyâma) e gli uomini
saranno radunati per il Giorno del Giudizio (yawm al-dîn). Questo, però, è solo l’ultimo tragico atto della
nostra vicenda umana in questo mondo; prima che tutto questo accada
vi sono altri eventi, altri episodi che scandiscono la sua fase finale che,
benché oscura e travagliata, benché ineluttabilmente funesta e fatale, mostra
nell’ora della tenebra e della calamità il segno d’una rinnovata luce e il
messaggio della verità d’una promessa. Nel momento in cui, come dal tolkieniano
regno di Mordor, le orde degli inferi sembreranno prevalere, un messianico
avatara trafiggerà il cuore del Drago con la parola di Verità e ripristinerà
come d’incanto, seppur per breve tempo, l’armonia delle origini, la perfezione
dell’essere nuovamente orientato verso l’Eterno.
L’attesa messianica è un leitmotiv di molte tradizioni, dalle
culture arcaiche fino alle civiltà superiori. Nell’Islam, come in altre grandi
tradizioni del passato, l’attesa soteriologica viene
proposta come un evento centrato attorno alla nozione di apocatastasi che
precede la fine dei tempi (âkhir al-zamân),
evento che è al tempo stesso il principale agente del suo effettuarsi. Dovremmo
allora chiederci quale elemento lo differenzia dai dati tradizionali già
presenti in altri ambiti culturali. In termini generali potremmo dire
che non vi sono differenze sostanziali, quali che siano gli elementi precipui
che ne caratterizzano la descrizione nel suo specifico contesto
tradizionale; tuttavia il dato islamico non può prescindere da tre elementi
fondamentali strettamente legati alla natura stessa della sua rivelazione,
elementi che hanno delle implicazioni dirette sugli sviluppi storici della civiltà
destinata a prendere forma attorno ai contenuti del messaggio coranico: il
primo è la natura conclusiva di questa rivelazione, corollario apodittico del
versetto che sancisce il carattere definitivo della profezia muammadiana: «Muammad non è il padre di alcuno di voi uomini; bensì l’Inviato di Dio e il Sigillo dei profeti (wa
lakin rasûl Allâh wa khâtim al-nabiyyîn)» (Cor. 33: 40)[4].
Il secondo, che è la logica conseguenza del primo, è dato dalla contiguità di
questa rivelazione con i tempi dell’evento messianico, espressamente sottolineata
dal Profeta che aveva detto, mostrando l’indice ed il
medio della mano uniti: «Sono stato suscitato assieme all’Ora come questi due»[5].
L’ultimo elemento infine, anch’esso strettamente inerente alla logica che
postula tale rivelazione come messaggio finale, risiede nella natura universale
di questo messaggio, esplicitamente stabilito dal versetto: «Non t’abbiamo
mandato se non con una missione rivolta indistintamente a tutti gli uomini (wa
mâ arsalnâka illâ li-n-nâsi kâffatan), quale nunzio e ammonitore, ma la
maggior parte degli uomini non sanno» (Cor. 34: 28).
Le conseguenze di questa
formulazione sono facilmente deducibili: l’Islam si arroga il diritto di essere
il principale artefice dell’apocatastasi finale e il veicolo d’elezione
dell’Azione divina contro le potenze asuriche che imperversano per la
definitiva supremazia del caos sull’ordine primordiale. Tant’è che la stessa
parusìa cristica è espressamente attestata come situantesi nell’alveo della
rivelazione coranica, riappropriandosi non solo dei tratti essenziali dell’apocalittica
neotestamentaria, quali la sconfitta dell’Anticristo, che pur in tutta la sua
drammatica valenza cosmologica non travalica però i tratti comuni a tutta la
simbologia messianica, ma si avvale, in aggiunta, di elementi che trovano un
preciso riscontro con i dati dell’agiologia islamica, entro la quale il Cristo
è chiamato a svolgere un ruolo di “rinnovatore” della Legge sacramuammadiana (al-sharî‘at
al-muammadiyya) in conformità con la stessa rivelazione coranica.
Di rigore non possiamo
partire che dal dato rivelato. Il Corano tutto intero, infatti, può essere
considerato come un testo eminentemente apocalittico ed escatologico, poiché la
maggior parte delle rivelazioni meccane[6] hanno per tema prevalente la nozione dell’Ora finale che,
quale evento (wâqi‘a) terribile, minaccia
in modo incombente gli uomini[7];
in esse viene annunciata la distruzione di questo mondo seguito, secondo lo
schema classico dell’éschaton di matrice
abramica, dalle fasi che porteranno l’umanità dalla Resurrezione (qiyâma) al Giorno del giudizio (yawm al-dîn). In quelle medinesi, per
contro, l’attenzione preponderante della rivelazione è innanzitutto
legislativa, ma l’elemento apocalittico continua a fare da supporto, in
filigrana, alla tessitura delle parti di ordine più giuridico e sapienziale. In
una parola, l’imminenza della fine di questa umanità e
del suo giudizio è il messaggio che, dopo quello dell’Unità divina (tawhîd) e della sottomissione (islâm) di tutto il creato – primo
tra tutti l’Uomo – alla Volontà del suo Creatore, torna con maggior
frequenza nell’insegnamento coranico. Ci si aspetterebbe, a questo punto, che
in tutta questa tensione verso le cose ultime un certo spazio fosse lasciato
anche alle tematiche che costellano la letteratura
apocalittica strictu sensu e che
ritroviamo puntualmente nella vasta letteratura dei dicta profetici, gli ahâdîth, dove anzi vengono sviluppati
interi capitoli attorno a questi argomenti, per lo più raggruppati sotto il
titolo abbastanza generico di Fitan,
le “sedizioni”, o anche di Al-fitan wa-l-malâhim,
“le sedizioni e i massacri”. Niente di tutto questo. Mentre gli ahâdîth parlano con una certa profusione
dei periodi di tumulti, guerre e sconvolgimenti che faranno da sfondo agli
ultimi atti dell’èpos umano in cui si gioca l’eterna lotta tra angeli e titani,
in una scena dominata dalle figure soteriologiche maggiori – il Mahdî[8]
e il Cristo della seconda venuta[9]
– impegnate a sconfiggere l’Anticristo (al-dajjâl), nel Corano, per contro, troviamo solo poche fugaci
allusioni a realtà che sono sicuramente meglio orchestrate nel panorama dell’apocalittica
tradizionale.
Come noto, la tradizione
riferisce di un preciso susseguirsi di avvenimenti che precederanno l’Ora
finale, alcuni di ordine generale, detti “segni minori” (asrâ al-ughrâ), e altri di ordine più particolare e sicuramente
anche più importante, i “segni maggiori” (asrâ
al-kubrâ). Tra i primi troviamo le unanimi condizioni di decadenza
tradizionale e di sconvolgimento dell’equilibrio geocosmico che caratterizzano
l’Età oscura quale ci viene descritta, ad esempio, nel
Vishnu Purana[10].
Gli ahâdîth parlano, tra l’altro, di
frequenti terremoti[11], delle montagne che franeranno[12],
delle piogge acide[13],
delle estati aride[14]
e dei periodi di abbondanti piogge e di assenza di
raccolti[15]; ma
il soggetto che ricorre con maggior frequenza è quello riguardante la
degenerazione dei costumi e la corruzione degli animi: si farà ampio consumo di
sostanze inebrianti[16],
adulterio e fornicazione saranno diffusi[17]
e compiuti alla luce del sole[18],
le donne saranno nude nonostante siano vestite[19],
le cantanti e gli strumenti musicali diverranno popolari[20],
gli uomini prenderanno il loro piacere con gli uomini e le donne con le donne[21],
i vincoli familiari saranno spezzati[22],
il dilagare della pedofilia[23],
l’uomo obbedirà alla moglie e disubbidirà a sua madre, e tratterà gentilmente l’amico
mentre eviterà il padre[24],
i ragazzini saranno pieni di rabbia[25],vi
sarà una gran quantità di assassinî[26],
i leader della popolazione saranno i peggiori tra loro[27].
L’elenco potrebbe proseguire, ma ci sembra più interessante riportare alcuni
detti che riguardano in modo ancor più preciso e circostanziato, se mai ce ne
fosse bisogno, i tempi che stiamo vivendo, come il tentativo di rendere verdi i
deserti[28], gli uomini che cominceranno a competere tra loro nel costruire
gli edifici più alti[29],
animali selvatici che saranno capaci di parlare con gli esseri umani[30],
il fatto che per un aumento spasmodico delle attività lucrative la donna sarà
costretta ad aiutare il marito nel lavoro[31],
e ancora che l’uomo uscirà di casa e la “punta del frustino” o i “lacci dei
sandali” gli diranno quello che sta succedendo a casa sua[32].
Infine la contrazione del tempo[33], che ci ricorda quanto René Guénon scriveva a proposito del
“tempo mutato in spazio”[34].
Tralasciamo volutamente,
per non dar adito a interpretazioni aberranti o a
facili strumentalizzazioni, le parti di argomento bellico o politico, peraltro molto
nutrite, che i lettori non avranno comunque difficoltà a reperire nelle
numerose traduzioni dei maggiori corpus di tradizioni profetiche. Il materiale
che si può raccogliere dagli ahâdîth
in tema escatologico è sufficiente da solo a riempire qualche volume[35], ma vi sono addirittura interi volumi dedicati
esclusivamente ad uno dei temi maggiori dell’escatologia, come il Mahdî[36]
o il Cristo della parusìa[37].
Queste due figure, infatti,
costituiscono il cuore del nostro soggetto; esse sono l’asse portante della
struttura sacrale escatologica e il perno attorno cui ruota
tutta la sua drammaturgia ciclica. Va precisato tuttavia che, pur comparendo regolarmente
nell’elenco degli eventi che annunciano l’imminenza dell’Ora, la figura del
Mahdî non si ritrova quale elemento costitutivo della serie ben definita dei “segni
maggiori”, anche se non si può dubitare che vi faccia parte[38]. Del resto il Profeta non ha mai inteso stabilire una lista
precisa e definitiva di segni, né tantomeno ha coniato l’espressione che ora
serve a distinguere quelli maggiori dai minori, benché non sia difficile
identificare gli ahâdîth che vi si
riferiscono. Uno dei più noti è sicuramente quello riportato da Muslim: «L’Ultima
Ora non verrà prima che abbiate visto dieci segni: il Fumo, l’Anticristo, la
Bestia, il sorgere del sole ad Occidente, la discesa
di Gesù figlio di Maria, Gog e Magog, tre sprofondamenti del terreno, uno in
Oriente, uno in Occidente e uno nella penisola arabica al termine del quale un
fuoco si sprigionerà dallo Yemen, che sospingerà la gente verso il luogo del
loro raduno (finale)»[39].
Altre versioni dello stesso hadîth
sono riportate da diverse fonti, ma il contenuto non varia di molto, salvo
l’ordine degli avvenimenti[40].
Abbiamo detto che il Mahdî
non compare in nessuna di queste fonti, ma se è per questo, neppure vi figurano
altri avvenimenti annunciati, che pur possiamo senza pena inserire tra i segni
maggiori. Già dalle varianti del hadîth citato, al posto della “discesa di Gesù” (nuzûl ‘Îsâ) quale decimo segno
sottaciuto, si prospetta la possibilità di inserirvi un Vento violento che
sospingerà gli uomini nell’oceano, e sicuramente, nella serie degli accadimenti
più rilevanti e generalmente catastrofici, non possiamo omettere calamità quali
la Grande guerra (al-malhama al-kubrâ),
che è detta precedere la comparsa dell’Anticristo, la conquista di
Costantinopoli, la distruzione della Ka‘ba e la ricomparsa del suo tesoro. Qui
bisogna tener conto del fatto che diversi di questi soggetti sono stati evocati
dal Profeta singolarmente o per gruppi separati in ben più di una tradizione, e
che anzi, alcuni formano un vero e proprio tema ricorrente nella serie delle
profezie escatologiche.
Qual è, dunque, l’apporto
della parola coranica in tutto questo? Con precisione la rivelazione non si
pronuncia isolatamente e in forma esplicita che su qualche raro elemento della
serie dei segni maggiori: il Fumo (dukhân)[41], la comparsa della Bestia dalla terra (dâbba min al-ard)[42]
e Gog e Magog (Ya’jûj
wa Ma’jûj)[43]. Se
andiamo più a fondo nell’ermeneutica del Libro sacro, troviamo però che, in
forma allusiva, vi è menzionato anche qualche altro
“segno” di quelli maggiori. Ad esempio il versetto: «Il
giorno in cui uno dei segni del tuo Signore sarà venuto, non sarà più di alcuna
utilità all’anima la fede se essa non avrà creduto prima d’allora» (Cor. 6:158),
si riferisce inequivocabilmente, come rilevano i commentatori coranici[44], al sorgere del sole ad Occidente poiché il Profeta ha
detto: «L’Ora non sorgerà prima che il
sole non sia sorto dal luogo in cui tramonta, e allora quelli che saranno
ancora in vita saranno tutti credenti, ma ciò quando non sarà più di alcuna utilità
all’anima la fede ecc.»[45], e anche: «Quando
questi tre segni appariranno, non sarà più di alcuna utilità all’anima la fede
se essa non avrà creduto prima di allora: il sorgere del sole a Occidente,
l’Anticristo e la Bestia della terra»[46].
Che dire poi dello sprofondamento del terreno (khusuf al-ard) immediatamente seguito da un vento violento che
spingerà gli uomini nell’oceano (o, secondo la variante, il fuoco che li spingerà
verso il luogo del raduno)? Di “sprofondamento” si parla in più parti nel
Corano, come d’una minaccia che grava sui miscredenti, ma
due passaggi sono particolarmente significativi al riguardo: «Non guardano dunque al cielo e alla terra
che hanno davanti a sé e dietro di sé? Se Noi volessimo
sprofonderemmo la terra assieme a loro (nakhsif bihim al-ar) o faremmo cadere
loro addosso un pezzo di cielo[47].
E certo in questo vi è un segno per ogni servo pentito» (Cor.
34: 9), e anche: «Siete voi forse sicuri
che Chi è nel cielo non faccia sprofondare assieme a
voi la terra? Ecco, sarà squassata! O siete voi sicuri che Chi è nel cielo non
vi mandi contro un vento petroso (yursila ‘alaikum âiban)? Saprete allora come
sarà il Mio monito» (Cor. 67: 16-17).
A questo punto non rimangono,
del hadîth
citato, che l’apparizione dell’Anticristo e, subito dopo, quella del Cristo. Di
Gesù si parla innumerevoli volte nel Corano, ma quasi
sempre in riferimento alla sua prima venuta; vi sono però due versetti che in
qualche modo sembrano alludere al suo ritorno alla Fine dei tempi. Il primo si
trova nella Sûra delle Donne, e lo si potrebbe
tradurre: «E non v’è nessuno della Gente
del Libro[48]
che non crederà in lui prima della sua morte» (Cor. 4: 159). L’espressione “prima della sua morte” (qabl mawtihi) viene
intesa talvolta come riferentesi a un fedele di queste religioni, ma il contesto
parla di Gesù e l’interpretazione prevalente lo applica a quando lui ritornerà
sulla terra per uccidere l’Anticristo[49].
Il secondo versetto, anch’esso velato da una certa indeterminatezza, recita: «Egli è invero una scienza riguardo all’Ora» (Cor.
43: 61). Anche qui il pronome di terza persona
singolare Inna-hu, è ambiguo; anche
qui ci troviamo al termine di alcuni passaggi in cui il soggetto principale è
Gesù, ma se molti commentatori propendono per questa linea esegetica[50], ve ne sono alcuni che lo riferiscono allo stesso Corano[51].
Il primo dei due versetti indicherebbe in questo caso che Gesù, il quale
secondo il Corano e l’interpretazione tradizionale non sarebbe
morto, bensì elevato vivente in cielo[52]
conformemente al versetto rivolto agli Ebrei: «E la loro parola: “Noi abbiamo veramente ucciso il Cristo, Gesù figlio
di Maria”, mentre non l’hanno ucciso né crocifisso, ma è soltanto loro sembrato
(che così fosse)… Perché essi non l’hanno certamente ucciso, bensì è Dio che
l’ha elevato a Sé» (Cor. 4:157-158). Non è qui la
sede per una esegesi circostanziata di questo versetto[53];
quel che ci importa è unicamente rilevarne la portata ai fini della parusìa che,
date le premesse scritturali, si presenta con caratteristiche differenti da
quelle postulate in ambito cristiano. Per l’Islam, la morte del Cristo, non essendosi
verificata al tempo della sua prima venuta, dovrà realizzarsi dopo il suo
ritorno, ed il secondo versetto sopra citato starebbe
ad indicare che questo ritorno o “discesa” avverrà con l’approssimarsi dell’Ora
finale e costituirà uno dei segni maggiori.
Di fatto la parusìa implica
anche la figura dell’Anticristo poiché Gesù tornerà espressamente per ucciderlo,
anche se, come vedremo meglio in seguito, non è questa la sola ragione del suo
ritorno. In realtà, l’ultima personificazione umana dell’Avversario è
implicitamente contenuta nell’espressione coranica attinente agli awliyâ’ al-shayân (gli “amici di Satana”)[54], «coloro che
miscredono e combattono nella via del Ribelle» (Cor. 4:76).
Ogni realtà ha un “sigillo” (khâtim)
che chiude la serie di ciò che lo preceduto e ne
riassume in qualche modo tutte le caratteristiche esemplari: si è visto
all’inizio che il ciclo profetico (dâ’irat
al-nubuwwa) si conclude con la venuta di Muammad; lo stesso deve avvenire
dunque per il ciclo della santità o “amicizia” (dâ’irat alwalâya), nei confronti di Dio, ma anche per quello oscuro
e contro-iniziatico dei “santi di Satana”. Ebbene, questi “Sigilli” della Walâya divina e satanica sono proprio il
Cristo da un lato e l’Anticristo dall’altro. Il Corano, dunque, pur senza
esprimersi in modo chiaro e diretto sugli eventi che precederanno l’Ora, almeno
tra le righe dell’espressione allusiva e simbolica (ishâra) non sembra trascurarne nessuno,
al punto che alcuni trovano dei fondamenti scritturali anche per la figura del
Mahdî. Vediamo, però, quanto è messo in luce dalla
tradizione profetica.
Come si è già accennato, le
tradizioni abbondano al riguardo e purtroppo ci si dovrà qui limitare a
riferirne solo alcune tra le più significative ed
emblematiche. L’ultimo atto della scena sarebbe preceduto da una grande guerra (al-malâma
al-‘uzmâ) in cui vi è «una battaglia di proporzioni tali che non si era
mai vista una simile (fayaqtulûnâ
maqtala…lam yurâ mithluhâ), al
punto che se un uccello passasse a fianco dei combattenti, cadrebbe a terra
morto prima di aver raggiunto la loro fine»[55]. Questa battaglia è quella che porterà alla
conquista di Costantinopoli da parte dei Musulmani, seguita dalla quasi
immediata comparsa dell’Anticristo[56]. Quanto tempo intercorrerà tra l’inizio della grande
guerra, la presa di Costantinopoli e la comparsa dell’Anticristo? Vi sono due
tradizioni discordanti al riguardo: nella prima si afferma che il tutto si svolgerà
in un arco di sette mesi, mentre nella seconda si dice che Costantinopoli cadrà
al sesto anno e che l’Anticristo comparirà nel settimo. Stando all’autorità di
Abû Dâwud, che riporta entrambe le versioni, in base all’isnâd la seconda avrebbe maggior credito[57].
A questo punto bisogna trovare anche una collocazione per la comparsa del Mahdî. Secondo i dati
tradizionali la sua apparizione si situerebbe sicuramente prima della seconda venuta di Gesù[58]
e, quantunque non venga espressamente specificato, è
logico supporre che la sua azione sia già visibile anche prima della
manifestazione dell’Anticristo o ad essa concomitante[59].
La sua venuta è attestata con forza da tradizioni come: «Se anche non dovesse rimanere che un solo
giorno di questo mondo Dio lo allungherebbe finché non farà la sua comparsa una uomo della mia famiglia[60],
il cui nome è come il mio e quello di suo padre come quello di mio padre (ossia Muhammad
ibn ‘Abd Allâh)Figura 1[61], il quale riempirà la terra con equità e
giustizia (qisan wa ‘adlan) come
prima era stata colmata di abusi e dispotismo (zulman wa jawran)»[62]. La questione del nome ha una certa rilevanza, poiché attorno ad essa
si gioca il problema della sua identificazione, specialmente se si tiene conto
delle attese messianiche da parte
della Shî‘a. Crediamo che tutti i nostri lettori siano sufficientemente informati sulla
posizione shî‘ita riguardante gli Imâm, nonché sul
caso particolare del XII misterioso Imâm, Muhammad al-Mahdî, il Qâ’im (“colui che resuscita”), figlio dell’XI Imâm, Hasan ‘Askarî (m.
269/874). Nato nel 255/868, Muhammad al-Mahdî scomparve dal dominio pubblico,
in quella i teologi shî‘iti chiamano l’“Occultazione minore” (al-ghayba al-sughrâ), nell’anno stesso della morte del padre, ma mantenne i contatti con i
fedeli attravero degli intermediari fino all’anno
330/942; da questa data, che segna l’inizio dell’“Occultazione maggiore” (al-ghayba
al-kubrâ) che si protrae tutt’ora, egli è per tutti
gli shî‘iti l’Imâm atteso,
il Mahdî che ritornerà alla fine dei tempi[63].
L’Islâm sunnita non ha fatto sua
la dottrina dell’“Occultazione” dell’Imâm, per cui non si possono cercare in
questa direzione delle testimonianze a favore o contro
questa tesi; qualche rara attestazione su questa delicata questione la si può trovare solo negli ambienti esoterici, e qui non
si può citare migliore autorità di quella di Ibn ‘Arabî che, sempre nel già citato capitolo 366 delle Futûhât, afferma espressamente che il Mahdî sarà un discendente della linea di al-Hasan[64],
il che escluderebbe che si tratti
del XII Imâm shî‘ita discendente da al-Husayn. È curioso però constatare che Sha‘rânî propenda, dal canto suo, per
un’interpretazione in linea con quella Shî‘ita, specificando che il Mahdî
futuro non sarà altri che «il figlio di Hasan al-‘Askarî, nato nell’anno 255
dell’ègira»[65].
Tutto quello che si può dire è che, stando alle prove documentarie, il hadîth citato
all’inizio farebbe comunque propendere più per una posizione contraria a quella
shî‘ita, dal momento che il nome del padre del XII Imâm è Hasan e non ‘Abd
Allâh.
La sua caratteristica più
importante, oltre a quella di governare con giustizia, saggezza ed equità, è
quella d’essere l’ultimo “Califfo di Dio”[66].
Una tradizione annuncia: «Quando vedrete
i neri stendardi venuti dal Khurâsân muovetevi verso
di loro, poiché il Califfo di Dio (khalîfat Allâh), il Mahdî, si troverà in
mezzo a loro»[67], e in una diversa versione viene aggiunto: «e quando lo vedrete andate a stringere il
vostro patto di alleanza con lui (fa-bâyi‘ûhu), anche a costo di camminare
carponi nella neve (wa law abwan ‘alâ-l-thalj)[68], poiché egli è il Califfo di Dio, il Mahdî»[69].
Le tradizioni che parlano del “patto” del Mahdî sono numerose, ma non è del
tutto chiaro di che “patto” si tratti; alcuni ahâdîth, come quello appena citato, farebbero pensare al Patto di
riconoscimento, di sottomissione e di alleanza che si presta al Califfo, ma
altre, che si riferiscono ad un “patto” che egli
riceverà presso la Ka‘ba, tra l’Angolo della “Pietra Nera” (al-rukn) e la “Stazione di Abramo”
(maqâm Ibrâhîm) antistante la porta del Tempio meccano, farebbero pensare che
si tratti d’un “patto iniziatico”.
Infatti, in alcune di
queste tradizioni, come quella riportata da Abû Dâwud, vengono
espressamente menzionati gli Abdâl della Siria[70],
alti membri della gerarchia iniziatica: «Vi
sarà una discordia dopo la morte di un Califfo, allora un uomo delle genti di
Medina fuggirà alla Mecca. Qui un gruppo di uomini della Mecca verrà da lui e,
contro il suo volere, farà un patto con lui tra l’Angolo e la Stazione. Gli verrà quindi mossa contro una spedizione armata dalla Siria,
ma sarà inghiottita dal deserto tra la Mecca e Medina. Quando si assisterà a
questo evento, i santi apotropaici (abdâl) della Siria e la miglior gente
dell’‘Irâq verrà da lui e farà un patto con lui tra l’Angolo e la Stazione»[71].
Il numero delle genti
irachene e degli Abdâl della Siria che stringeranno il Patto con il Mahdî è
pregno di valore simbolico, poiché secondo altre tradizioni viene
specificato che sarà lo stesso delle “Genti di Badr”[72]
ossia 314[73], numero che come noto corrisponde al valore numerico del
nome “Muhammad” calcolato col jazm
al-kabîr[74].
Fine parte 1 di 2
[1] «E si soffierà nel Corno e Noi li riuniremo d’una riunione» (Cor. 18: 99; cfr. 6: 73, ecc.).
[2] «E quando verrà suonata la
Tromba» (Cor. 74: 8).
[3] Secondo una tradizione il Profeta ha detto: «Io sarò il primo ad alzare la testa dopo l’ultimo suono (del Corno), e
vedrò Mosè aggrappato al Trono e non so se era rimasto sempre in quella
condizione o se vi si era trovato dopo il suono» (BUKHÂRÎ, Tafsîr, 39.3); si può citare anche il
caso dei “Compagni della Caverna”, simbolo di Resurrezione, il cui cane rimane
sveglio e vigile sulla soglia (cfr. Cor. 18: 9-26;
vedere infra, nota 116).
[4] In ambito islamico vi sono tuttavia delle sette eretiche, le più note
sono i Bahâ’î e la Qadianiyya, che a causa di un’errata interpretazione di
dottrine esoteriche hanno negato la natura conclusiva
di questo messaggio. Il Profeta, nondimeno, aveva detto espressamente: «Io sono il Sigillo dei profeti e non v’è
alcun profeta dopo di me» (TIRMIDHÎ, Fitan,
43; cfr. anche MUTTAQÎ, Kanz al-‘ummâl,
XIV, 196, 209).
[5] BUKHÂRÎ, Riqâq, 39; MUSLIM, Jum‘a, 37, Fitan,
132-135; TIRMIDHÎ, Fitan, 39; IBN
MÂJA, Muqaddima, 7; IBN HANBAL, III, 124, 130, ecc.
(cfr. anche MUTTAQÎ, Kanz, XIV,194-195)
[6] Le 114 Sûre, o capitoli, che compongono il Libro sacro sono tradizionalmente
suddivise in Sûre meccane e Sûre medinesi; le prime, che costituiscono le prime
rivelazioni, sono costituite dalle Sûre la cui
“discesa” (tanzîl) è avvenuta sul
Profeta alla Mecca per un arco di quindici anni, a partire dal suo quarantesimo
anno, durante il ritiro sul monte irâ’ vicino alla Mecca, fino al momento
dell’emigrazione (hijra, l’égira) a
Medina. Le medinesi, invece, sono quelle avvenute dopo l’égira e che si sono
susseguite per un arco di dieci anni, fino all’ultimo versetto rivelato in
occasione del Pellegrinaggio d’addio del Profeta, poco prima della sua morte.
[7] Si vedano in particolare le Sûre 81, 82, 84,
88, 89, 99, 101.
[8] Al-Mahdî (in arabo “il
Guidato”) è il termine, come vedremo nel resto dell’articolo, che nella
letteratura tradizionale escatologica serve a designare l’ultimo Califfo (khalîfa) di Dio sulla terra, è lui l’Imâm atteso che guiderà i Musulmani verso una
periodo di pace e prosperità dopo i tempi della tribolazione. Per una disamina
storica della questione del Mahdî, si può vedere l’omonima voce in EI2, V, pp. 1230-1238 (W. MADELUNG).
[9] Sul Cristo nell’Islam cfr. la v. “‘Îsâ”, in EI2, IV, pp. 81-85 (G.ANAWATI), la questione della “seconda venuta” è trattata a
pp. 84-86. Vedere anche «The
Eschatological Descent of Jesus» di ZEKI SARITOPRAK, in
http://www.mlife.org/Jesus/muslimwiev.html.
[10] Cfr. Vishnu Purana. A System
of Hindu Mythologyand Tradition, a cura di H.H.
WILSON, Calcutta 1840 (rist. 1972), pp. 387-389.
[11] Takthura al-zalâzil (BUKHÂRÎ, Tafsîr, 2: 41;
Fitan, 38, IBN HANBAL, II, 530).
[12] Tazûl al-jibâl
min amâkinihâ (abarânî, cfr. MUTTAQÎ, Kanz, XIV, 243; HAYTHAMÎ, Mu‘jam, VII. 326).
[13] Yakûn al-maar qayzan (abarânî, cfr. MUTTAQÎ, Kanz, XIV, 224; ibid. 241).
[14] Al-shitâ’ qayzan (abarânî, cfr. MUTTAQÎ, Kanz, XIV, 245).
[15] Tamara al-samâ’ ‘âmman
wa lâ tunbitu al-ar šay’ (HAYTHAMÎ, Mu‘jam, VII. 330-331).
[16] Yušrab al-khamr (BUKHÂRÎ, ‘Ilm, 21, udûd, 20; MUSLIM, ‘Ilm, 8, 9; TIRMIDHÎ, Fitan, 34, 38; IBN HANBAL, III, 151, 176, ecc.).
[17] Yazhara (o yafšaw) al-zinâ (ibid.)
[18] Wa attâ tûjad
al-mar’a nahâran jahâran tunkau wasa-l-arîq lâ yunkiru dhalik aad wa lâ
yughiruhu (âkim, cfr. MUTTAQÎ, Kanz,
XIV, 248; HAYTHAMÎ, Mu‘jam, VII. 331).
[19] Tazhara
thiyâb talbisuhâ nisâ’ kâsiyât ‘âriyât (HAYTHAMÎ, Mu‘jam, VII. 327; cfr. IBN HANBAL, II, 223;
MUSLIM, Libâs, 125).
[20] Wa zaharat
al-qaynât wa-l-ma‘âzif (TIRMIDHÎ, Fitan, 38). Un hadîth prescrive di «non
seguire le cantanti e di non “acquistarle”» (lâ tabiy‘û al-qaynât wa lâ
ta›tarûhunna, TIRMIDHÎ, Tafsîr, sûra 31).
[21] Yuktafî al-rajul
bi-l-rajul wa-l-nisâ’ bi-l-nisâ’ (abarânî, cfr. MUTTAQÎ, Kanz, XIV, 225; ibid. 226).
[22] Qaî‘at al-arâm (BAZZÂR, cfr.
HAYTHAMÎ, Mu‘jam, VII. 327).
[23] Yutaghâyara ‘alâ-l-ghulâm kamâ yutaghâyara
‘alâ-l-mar‘a, letteralmente «si sarà gelosi dei fanciulli
come lo si è delle donne» (DAYLAMÎ, cfr. MUTTAQÎ, Kanz, XIV,
249).
[24] Aâ‘a al-rajul zawjatahu wa ‘aqqa
ummahu wa barra adiqahu wa jafâ abâhu (TIRMIDHÎ, Fitan, 38).
[25] Yakûnu-l-waladu ghayzan
(abarânî, cfr. MUTTAQÎ, Kanz, XIV, 224)
[26] Yakthar al-harj. Qâla: al-harj ayyamâ huwa
yâ rasûl Allâh? Qâla: Al-qatl, al-qatl (IBN HANBAL, II, 530).
[27] Kâna za‘îm al-qawm ardhalahum (TIRMIDHÎ, Fitan, 38).
[28] Ta‘ûda ar
al-‘arab marûjan wa anhâran (IBN HANBAL, âkim, cfr. MUTTAQÎ, Kanz, XIV, 238-239)
[29] Yataâwal al-nâs bi-l-bunyân (IBN HANBAL, II,
530).
[30] Tukallima al-sibâ‘ al-nâs (TIRMIDHÎ, Fitan, 19; cfr. MUTTAQÎ, XIV. 212). Ricordiamo il
caso a tutti noto di Koko, la femmina di gorilla che ha imparato a
comunicare con gli esseri umani attraverso il linguaggio dei segni.
[31] Fushuwwa al-tijâra attâ ta‘ayyana al-mar’at zawjahâ ‘alâ-l-tijâra
(IBN HANBAL, e âkim, cfr.
MUTTAQÎ, Kanz, XIV, 230) cfr.…tatajara
al-mar’at wa zawjahâ (âkim e
abarânî, cfr. MUTTAQÎ, Kanz, XIV, 248; HAYTHAMÎ, Mu‘jam, VII. 329).
[32] Tukallima
al-rajula ‘adhaba sawihi wa-›irâk na‘lihi
(TIRMIDHÎ, Fitan, 19; cfr. MUTTAQÎ,
XIV, 212). Sembrerebbe indicare antenne e auricolari.
[33] Yataqârab al-zamân (BUKHÂRÎ, Adâb, 39, Fitan, 25; MUSLIM, ‘Ilm, 11, 12; ABÛ DÂWUD,
Fitan, 14; IBN MÂJA, Fitan,
26). Il Profeta ha detto: «L’Ora non sorgerà finché il tempo non si sarà
contratto: un anno sarà come un mese, un mese come una settimana, una settimana
come un giorno, un giorno come un’ora e un’ora come una scintilla» (TIRMIDHÎ, Fitan, 24; IBN HANBAL, II, 537). Cfr. Mt. 24: 22; Mc. 13: 20.
[34] Il Regno della quantità e i segni dei Tempi, cap. 23. Per quanto riguarda questa serie di “segni
minori”, non si può fare a meno di constatare la loro
straordinaria affinità con la profezia di San Nilo (m. ca 430 d.C.) riportata
in molti siti di lingua inglese, ma consultabile anche in italiano al sito,
profezia che esordia con la frase: «Dopo l’anno 1900, verso la metà del XX
secolo, la gente di quel tempo diventerà irriconoscibile…». A titolo di esempio
possiamo citare i passi seguenti: «…diventerà impossibile distinguere gli
uomini dalle donne, a causa della loro spudoratezza nel vestire e
nell’acconciarsi… Concupiscenza, lussuria, adulterio, omosessualità, calunnie,
omicidi e loschi traffici domineranno nella società… tutto questo risulterà dal fatto che l’Anticristo vuole essere il Signore
e padrone al di sopra di tutto e diverrà il dominatore dell’intero universo, e
produrrà falsi miracoli e fantastici portenti…cosicché questi uomini infelici
scopriranno il modo di fare una conversazione con altri uomini da un capo
all’altro della terra. In quei tempi gli uomini voleranno nell’aria come gli
uccelli e discenderanno nel fondo del mare come i pesci…Allora Dio, vedendo la
caduta della razza umana, accorcerà i giorni …». Analoghe descrizioni si
ritrovano in altre profezie tradizionali.
[35] I più noti sono la Tadhkira
bi-awâl al-mawtâ wa-umûr al-âkhira dell’IMÂM AL-QURUBÎ (m. 671/1272), di
oltre 800 pagine (ed. Dâr al-kutub al-‘ilmiyya, Beirut 1407/1987), da cui SHA‘RÂNÎ ha tratto un Compendio (mukhtaar, Maktaba Mu. ‘Alî Sabî, Il Cairo 1388/1968), e il Kitâb al-fitan wa-l-malâhim di IBN
KATHÎR (m. 774/1373), tratto dalla sua monumentale Al-bidâya wa-l-nihâya (diverse edizioni; una parziale traduzione in
inglese si trova al sito: hour/?. Si tratta in realtà di opere di escatologia in senso
lato, comprendenti sia la parte apocalittica che
quella relativa agli eventi della Resurrezione e del Giudizio. Un altro testo
molto importante, data la sua antichità, è il Kitâb al-Fitan di NU‘AYM IBNAMMÂD (m. 227/842 o 229/844), di oltre
400 pagine (ed. Dâr al-fikr, Beirut, 1414/1993), opera di carattere
strettamente apocalittico e che riporta, con la sua catena di trasmettitori,
sia detti del Profeta che dei Compagni.
[36] Ad es. il Al-qawl al-mukhtaar fî ‘alâmât
al-Mahdî al-muntazar, di AL-HAYTAMÎ
(ed. Maktaba al-Qur’ân, Il Cairo s.d.).
[37] Come l’Iqâmat
al-burhân ‘alâ nuzûl ‘Îsâ ‘alayhi-l-salâm fî âkhir
al-zamân, di ‘A.A. AL-GHIMÂRÎ (ed. Al-maktâba al-mamûdiyya al-tijâriyya, Il
Cairo s.d.), o Al-tarî bi-mâ tawâtara fî
nuzûl al-Masî, del sapiente kashmiri MUHAMMAD ANWAR SHÂH (ed. Dâr al-salâm,
Aleppo 1375/1965, rist. Beirut), opere basate quasi esclusivamente sulle
raccolte di aâdîth e che, pur raccogliendo sull’argomento, come nel caso di
quest’ultima, un centinaio di detti profetici presentati in modo critico,
possono raggiungere comunque le 370 pagine.
[38] Mentre tutta la comunità è d’accordo sulla venuta del Cristo alla fine
dei tempi, alcuni hanno messo in dubbio l’autenticità delle tradizioni relative al Mahdî; anche lo storico IBN KHALDÛN, che le
riporta tutte nella Muqaddima, si
attesta su tale posizione e sottolinea che queste tradizioni non sarebbero
esenti da critica (il brano della Muqaddima
sul Mahdî è riportato interamente in inglese al sito:?). La risposta dei tradizionisti è fondata sul fatto che le numerosi hadîth
riguardanti il Mahdî atteso sono mutawâtir,
ossia trasmessi successivamente da un gran numero di Compagni, il che li pone
al di sopra di ogni sospetto (cfr. l’ampia disamina del muhaddith magrebino Abdullah ben Sadek sul sito:?; vedere anche:?).
[39] MUSLIM, Fitan, 39; vedi anche MUTTAQÎ, Kanz, XIV, 258; cfr.TIRMIDHÎ, Fitan, 21.
[40] Lo stesso MUSLIM (Fitan,
40), riporta una versione (identica a quella di IBNHANBAL, IV,7,
e di ABÛYA‘LÂ; cfr. MUTTAQÎ, Kanz,
XIV, 257; HAYTHAMÎ, Mu‘jam, VII. 327)
in cui l’ordine è il seguente: i tre sprofondamenti del terreno, il Fumo,
l’Anticristo, la Bestia, Gog e Magog, il sorgere del sole a Occidente ed il fuoco che si sprigionerà dalla parte più bassa di
‘Aden. Il decimo segno non viene menzionato, ma colui
che lo riporta afferma che doveva trattarsi della discesa di Gesù oppure il
forte vento che spingerà la gente nell’oceano. Una diversa versione proviene
invece da IBN JURAYR, dove viene detto che il primo
segno è la comparsa dell’Anticristo, poi la discesa di Gesù, quindi il fuoco
che si sprigiona da ‘Aden, il Fumo, la Bestia, Gog e Magog, infine il sorgere
del sole a Occidente (cfr. MUTTAQÎ, Kanz, XIV, 259; cfr. anche le varie
versioni di IBN ‘ASÂKIR, ABARÂNÎ, ÂKIM, ABÛ NU‘AYM, ibid., XIV, 260-261).
[41] «Attendi dunque il giorno in cui il cielo apporterà un fumo
manifesto» (Cor. 44: 10), nella omonima Sûra
[42] «E quando
la Sentenza (al-qawl, lett. la Parola) sarà sul punto di
abbattersi su di loro, Noi faremo uscire dalla terra, per loro, una Bestia che
proclamerà che in verità gli uomini non avevano creduto con certezza ai Nostri
segni» (COR. 27: 82).
Cfr. Apocalisse, XIII, 11 ss. e XIX, 11 ss.
[43] «Finché non saranno lasciati Gog e Magog
ed essi si precipiteranno da ogni altura» (Cor. 21:96; cfr.
anche 18: 94).
[44] Cfr. ad es. IBN KATHIR, L’Interpretation du Coran, trad. a cura di F. Chaaban, Beirut 1998,
II, pp. 548-550.
[45] BUKHÂRÎ, Tafsîr, VI, 9; Fitan, 25.
[46] MUSLIM, Îmân, 249.
[47] Nelle profezie di Santa Ildegarda (1098-1179) sulla fine dei tempi è
scritto: «Prima che la cometa arrivi…». Si parla
di una cometa anche in un testo zoroastriano (Bundahišn, cap. 30), nelle profezie degli indiani Hopi e in
Nostradamus. Cfr. con l’inizio della Sûra al-Wâqi‘a (trad. del BAUSANI): «Allorché la Cadente cadrà, nessuno la sua caduta
smentirà, abbatterà esalterà. Allorché verrà scossa la
terra, scossa, e stritolati i monti, i monti, e diverranno pulviscolo tenue,
sparso» (Cor. 56:1-6).
[48] Gli Ahl al-Kitâb, ossia coloro che possiedono una Sacra Scrittura, espressione generalmente
riferita agli Ebrei e ai Cristiani.
[49] Questa era anche l’opinione dei più antichi Compagni (cfr. AL-GHUMARÎ,
Iqâma al-burhân, cit., pp. 90-91).
[50] IBNMAS‘ÛD, Tafsîr Ibn
Mas‘ûd, Riya, 1985, p. 560; SUFYÂN AL-THAWRÎ, Tafsîr, Beirut 1983, p. 273; AL-ABARÎ, Jâmi‘ al-bayân, XXV, pp. 90-91; al-Râzî, Mafâtî alghayb, XXVII, p. 222.
[51] Cfr. ad esempio IBN KATHÎR, Tafsîr
al-Qur’ân al-‘azîm, ed. Dâr
al-fikr, Beirut 1980/1400 h., VI, p. 235, dove viene
peraltro ampiamente affermata la prima interpretazione.
[52] È anche il caso di Enoch (sayyidinâ
Idrîs) e di Elia (sayyidinâ Ilyâs),
i quali assieme a Gesù e al Khidr (o Khâidr), costituiscono i quattro “Poli
celesti”, reggitori cosmici e sopra-mondani, archetipi permanenti dei quattro
Poli terreni della gerarchia spirituale dei santi nascosti dell’esoterismo
islamico nota il Dîwân al-awliyâ’
(cfr. Futûhât, II, pp. 5-6, e M.
CHODKIEWICZ, Le Sceau des saints,
Paris 1986, pp. 118-120).
[53] Sulla crocifissione secondo il Corano, cfr. G. ANAWATi, art. cit. in
EI2, IV, pp. 83b-84a, e l’art. di Zeki Saritoprak al
sito cit. supra, n. 9.
[54] Cfr. quanto scritto da R. GUÉNON sulla “contro-iniziazione” e la
“contro-tradizione”, Op. cit.,
rispettivamente capp. 28, 36, e capp. 38, 39.
[55] MUSLIM, Fitan, 37; IBN HANBAL, I, 435.
[56] Ibid.
[57] ABÛ DÂWUD, Malâim, 4. L’isnâd è la catena di
garanti che hanno trasmesso la tradizione.
[58] Cfr. MUTTAQÎ, Kanz, XIV,
266, 269.
[59] Sha‘rânî dà quest’ordine: «(Prima)
la comparsa del Mahdî, poi quella dell’Anticristo, poi la discesa di Gesù, la comparsa della Bestia, il
sorgere del sole a Occidente…» (Al-Yawâqît wa-l-jawâhir, ed. Muafâ
Bâbî alabî, il Cairo 1959/1378 h., II, p. 142).
[60] Un altro hadîth
precisa: «Il Mahdî sarà della mia famiglia, un discendente di Fâtima» (ABÛ
DÂWUD, Mahdî, 1; IBN MÂJA, Fitan, 34).
Il capitolo sul Mahdî delle Sunan di ABÛ DÂWUD si trova tradotto in inglese sul
sito: .
[61] QURTUBÎ
riporta però una tradizione in cui viene detto che il suo nome sarà Amad ibn ‘Abd Allâh
(Tadhkira, p. 696).
[62] ABÛ DÂWÛD, Mahdî,
1; cfr. anche TIRMIDHÎ, Fitan, 52.
[63] Sulla dottrina shî‘ita al riguardo si veda H.
CORBIN, L’Imâm nascosto, Milano,
1979, nonché l’importante lavoro di M.A. AMIR-MOEZZI, Le Guide divin dans le Shî‘isme originel, Paris 1992, in
particolare per l’aspetto messianico le pp. 279-301. Inoltre si possono
consultare, tra altri, anche i siti:? e ?.
[64] Ciò è confermato anche dalla prima edizione cairina del 1272 h. (1855-56) a cura dell’Emiro ‘ABD AL-QÂDIR AL-JAZÂ’IRÎ
(vol. III, p. 364.21), confrontata con l’originale conservato a Qonya.
[65] Al-Yawâqît wa-l-jawâhir, cit., I, p. 143.
[66] «Alla fine della mia Comunità vi sarà un Califfo che
elargirà la ricchezza con profusione e senza quantificarla» (MUSLIM, Fitan, 67-69; IBNHANBAL, III, 5, 37, 96, 317, ecc.).
SADR AL-DÎN AL-QÛNAWÎ lo definisce il “Sigillo
del Califfato esteriore” (khatm
al-khilâfa al-zâhira) della Comunità islamica (I‘jâz al-bayân fî tâ’wîl umm al-qur‘ân,
ed. Dâr al-kutub al.adîtha, Il Cairo 1969/1389 h., p.
522).
[67] IBN HANBAL,
V, 277, e BAYHAQÎ nelle Dalâ’il al-nubuwwa; cfr. anche IBN MÂJA, Fitan, 34, e ÂKIM, Mustadrak, IV. 464.
[68] abwan, viene glossato da IBNATHÎR come “camminare con le mani
e le ginocchia” (Al-nihâya fî gharîb
al-adîth wa-l-athâr, Il Cairo 1383/1963, I, p. 336).
[69] IBNMÂJA, Fitan,
34.
[70] Sugli Abdâl,
ritenuti essere in numero di 7 o 40, cfr. M. CHODKIEWICZ, Le Sceau des saints, cit., pp. 116-117, 129-130.
[71] ABÛ DÂWUD, Mahdî, 1.
[72] TABARÂNÎ nel Kabîr, riportato da Haythamî, Mu‘jam, VII. 314.
[73] TABARÂNÎ nell’Awsa, ibid.,
VII. 315.
[74] Ossia il calcolo del valore numerico di ciascuna lettera
scomposta nei suoi elementi costitutivi: M = mîm (40+10+40), = hâ
(8+1), M = mîm (40+10+40),
M = mîm (40+10+40), D = dâl (4+1+30) = 314. È detto che il Mahdî
sarà invincibile; forse l’allusione alle Genti di Badr può indicare che la sua
azione sarà sostenuta da un diretto intervento celeste, come avvenne al tempo
del Profeta alla battaglia di Badr (cfr. Cor. 3:
123-124).
Nessun commento:
Posta un commento