Dio solo agisce
Mawqîf 2
Dio ha detto[1]:
“Sei Tu cui noi imploriamo il soccorso”[2].
Il
senso letterale indica che il servitore ha potere su una parte dell’atto e che
è impotente in rapporto all’altra, perché ciascuno dei due collaboratori ha una
parte nell’atto, ossia nel risultato dell’azione.
Sappi inoltre che il discorso
del Reale, rivolto ai Suoi servitori nei Suoi libri rivelati o sulla lingua dei
Suoi inviati, non si sviluppa che in funzione del grado di scienza comune ai
servitori, del limite del loro spirito e a quello che l’intuizione permette
loro.
E quando il servitore ordinario concepisce che c’è un’esistenza
indipendente e distinta dall’esistenza del Reale, che essa sia temporale o
eterna, il Reale lo lascia alla sua concezione, perché la condizione nella
quale egli si trova non supporta che questo, e a causa di ragioni che (solo)
Lui conosce.
Egli ha dunque
parlato ai servitori in funzione dell’esistenza che essi credono conforme a
quel che essi presumono, così ha loro attribuito le azioni e le omissioni, la
potenza, la volontà, ecc…, in funzione delle loro affermazioni. Egli ha dunque
detto loro: “Fate e lasciate”:
“Assolvete
la preghiera”[3];
“Evitate
la fornicazione”[4];
“Dio
e il suo Inviato osservano le vostre azioni”[5];
“Egli
non diminuirà né voi né le vostre opere”[6];
“Chi
vuole crede, e chi vuole nega”[7];
ecc…
È
noto che la capacità d’agire e di omettere, la volontà e le altre facoltà si
susseguono nell’esistenza. Dunque ciò che non esiste, non agisce, non omette e
non ha facoltà. Ora l’uomo e ogni essere possibile[8]
non hanno esistenza né indipendente né eterna né temporale, (ciò che si sa) per
prova e per svelamento. Per ciò che è dello svelamento, i conoscitori (di Dio)
concordano. Quanto alla prova, se un essere possibile qualunque avesse
un’esistenza indipendente e distinta dall’Esistenza del Reale, la sua esistenza
sarebbe un accidente della sua quiddità; ora la natura sana giudica
spontaneamente che l’inerenza di ogni qualità nel qualificato è una conseguenza
dell’inerenza del qualificato in se stesso.
Dunque il possibile, in funzione di
ciò, non può esistere; perché se esistesse, la sua esistenza sarebbe un
accidente della sua quiddità e l’accidentalità della sua esistenza sarebbe una
conseguenza della sua esistenza prima. Ora questa esistenza che precede sarebbe
o il cuore stesso di ciò che coincide con l’esistenza o altra cosa. La prima
(ipotesi) è impossibile perché richiede la presenza di una cosa in rapporto a
se stessa. E la seconda è ugualmente impossibile, perché trasferiamo allora la
discussione sull’esistenza che precede, ciò che porta obbligatoriamente a un
circolo vizioso o all’induzione senza fine, ora le due cose sono assurde.
Poiché il discorso che il Reale rivolge ai suoi servitori non esiste che in funzione della loro immaginazione e dal procedimento delle loro affermazioni menzognere, e che il problema si pone tra ciò che concepisce la gente comune e quella che è la realtà in se stessa, l’attribuzione degli atti compiuti dai servitori si presenta, a prima vista e dopo riflessione, come variata e diversificata nel Libro e nella tradizione. In effetti, gli atti si presentano a volte come attribuiti a Dio con il concorso dell’uomo, come nella Sua parola: “Combatteteli! Dio li castiga tramite voi”[9]; ecc… A volte, essi sono attribuiti all’uomo con il concorso di Dio, come nella Sua Parola: “Quante volte, con il permesso di Dio, piccole truppe hanno vinto truppe numerose”[10]; ecc… “Coloro che assolvono la preghiera e fatto l’elemosina”[11]; ecc… A volte, essi sono puramente e semplicemente negati all’uomo, come nella Sua Parola: “Essi non hanno alcun potere su quello che hanno acquisito”[12]; “Non siete voi che li avete uccisi, ma è Dio che li ha uccisi”[13]; ecc…
La Sua Parola: “Sei Tu cui noi imploriamo il soccorso” si presenta come realtà e come discorso, secondo ciò che concepisce (la gente) comune; perché se il servitore non concepisse di avere qualche potere su una parte dell’atto, non domanderebbe l’aiuto per la parte in rapporto alla quale è impotente. Se tu obietti che Egli ha detto: “Non ho creato i jinn e gli uomini se non perché Mi adorino”[14], e che il senso letterale contraddice quel che affermo, per il fatto che la ragione del dovere imposto è l’invocazione; allora rispondo che l’adorazione per la quale i jinn e gli uomini sono stati creati, così come tutte le creature, è l’adorazione essenziale. Dunque non vi è dubbio che ai jinn e agli uomini spetti una adorazione essenziale. Ma l’adorazione di cui noi diciamo che l’invocazione sia la ragione, è l’adorazione imposta come dovere che nasce dall’unione dell’anima razionale e del corpo elementare.[15]
[1] Versetto commentato anche in Mawqîf 66 e 179.
[2] Corano 1, 5
[3] Corano 2, 43
[4] Corano 17, 32
[5] Corano 9, 94 e 105
[6] Corano 47, 35
[7] Corano 18, 29
[8]Possibile, nel senso di opposto a necessario in quanto
all’esistenza.
[9] Corano 9, 14
[10] Corano 2, 249
[11] Corano 2, 277
[12] Corano 2, 254
[13] Corano 8, 17
[14] Corano 51, 56
[15] Ossia formata dai quattro elementi di base che sono il sangue,
la bile gialla, la bile nera e la pituitaria, secondo gli antichi.
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