René Guénon
Il Regno della Quantità e i Segni dei Tempi
Le arti o i mestieri implicanti un’attività che si eserciti
sul regno minerale, abbiamo detto, appartengono propriamente ai popoli
sedentari, e come tali erano proibiti dalla legge tradizionale dei popoli
nomadi, di cui l’esempio più generalmente noto è rappresentato certamente dalla
legge ebraica; è infatti evidente che tali arti tendono direttamente alla
«solidificazione», la quale, nel mondo corporeo come a noi si presenta,
raggiunge di fatto nel minerale il suo grado di manifestazione più elevato.
Inoltre il minerale, nella sua forma più comune, quella della pietra, serve innanzi tutto alla costruzione di edifici stabili;[1] una città, in particolare, con l’insieme degli edifici che la compongono appare in qualche modo come un’agglomerazione artificiale di minerali; e del resto, come già abbiamo detto, la vita nelle città corrisponde a un sedentarismo ancor più completo di quello della vita agricola, nello stesso modo in cui il minerale è più fisso e più «solido» del vegetale.
Ma c’è di più; le arti aventi come oggetto il minerale comprendono anche la metallurgia sotto tutte le sue forme. Ora, se si osserva che nella nostra epoca il metallo tende sempre maggiormente a sostituire nella costruzione la pietra, così come la pietra aveva un tempo sostituito il legno, si è portati a pensare che debba trattarsi di uno dei sintomi caratteristici di una fase più «avanzata» nel cammino discendente del ciclo; questo viene confermato dal fatto che, in generale, il metallo riveste una parte sempre più grande nella moderna civiltà «industrializzata» e «meccanizzata», e ciò, se così si può dire, tanto dal punto di vista distruttivo quanto da quello costruttivo, giacché il consumo di metallo che le guerre contemporanee comportano è veramente prodigioso.
Inoltre il minerale, nella sua forma più comune, quella della pietra, serve innanzi tutto alla costruzione di edifici stabili;[1] una città, in particolare, con l’insieme degli edifici che la compongono appare in qualche modo come un’agglomerazione artificiale di minerali; e del resto, come già abbiamo detto, la vita nelle città corrisponde a un sedentarismo ancor più completo di quello della vita agricola, nello stesso modo in cui il minerale è più fisso e più «solido» del vegetale.
Ma c’è di più; le arti aventi come oggetto il minerale comprendono anche la metallurgia sotto tutte le sue forme. Ora, se si osserva che nella nostra epoca il metallo tende sempre maggiormente a sostituire nella costruzione la pietra, così come la pietra aveva un tempo sostituito il legno, si è portati a pensare che debba trattarsi di uno dei sintomi caratteristici di una fase più «avanzata» nel cammino discendente del ciclo; questo viene confermato dal fatto che, in generale, il metallo riveste una parte sempre più grande nella moderna civiltà «industrializzata» e «meccanizzata», e ciò, se così si può dire, tanto dal punto di vista distruttivo quanto da quello costruttivo, giacché il consumo di metallo che le guerre contemporanee comportano è veramente prodigioso.
Questa osservazione concorda del resto con una peculiarità
che s’incontra nella tradizione ebraica: fin dal principio, quando l’impiego di
pietre era permesso in casi quali la costruzione di altari, veniva tuttavia
specificato che le pietre dovevano essere «intere» e «non toccate da ferro».[2]
Secondo i termini stessi di questo passo, l’insistenza è meno diretta al fatto
di non lavorare la pietra quanto a quello di non fare uso di metallo in tale
circostanza; la proibizione riguardante il metallo assumeva quindi un maggior
rigore, principalmente per tutto quanto fosse destinato ad un uso più
particolarmente rituale.[3]
Tracce di questa interdizione permasero anche quando Israele cessò di essere
nomade e costruì, o fece costruire, edifici stabili: quando fu eretto il Tempio
di Gerusalemme, «le pietre furono tutte trasportate come dovevano essere,
cosicché durante la costruzione dell’edificio non si udì né martello, né ascia,
né utensili di ferro».[4]
In realtà questo fatto non riveste nessuna particolare eccezionalità, e nello
stesso senso si potrebbero trovare una quantità di altri indizi concordanti: è
così che in molti paesi è esistita, ed esiste ancor oggi, una sorta di
esclusione parziale dalla comunità, o per lo meno di «messa al bando», che
colpisce gli operai dediti alla lavorazione dei metalli, in particolare i
fabbri, il cui mestiere è d’altronde spesso associato alla pratica d’una magia
inferiore e pericolosa, nella maggior parte dei casi degenerata nel suo ultimo
stadio in pura e semplice stregoneria. Sennonché, secondo un altro punto di
vista, in alcune forme tradizionali, la metallurgia è stata invece
particolarmente esaltata ed è financo servita come fondamento per
organizzazioni iniziatiche di grande importanza; ci accontenteremo di citare, a
questo proposito, l’esempio dei Misteri cabirici, senza che ci sia però
possibile insistere in questa sede su tale argomento, estremamente complesso,
che ci trascinerebbe troppo lontano. Ciò che occorre invece ritenere per il
momento è che la metallurgia ha un duplice aspetto «sacro» ed «esecrato», e a
ben considerare questi due aspetti le derivano dal simbolismo duplice inerente
ai metalli in quanto tali.
Per capire quanto diciamo bisogna innanzi tutto ricordarsi
che i metalli, a causa delle loro corrispondenze astrali, sono in qualche modo
i «pianeti del mondo inferiore»; essi devono perciò naturalmente avere, come i
pianeti stessi da cui ricevono e di cui condensano per così dire gli influssi
nell’ambiente terrestre, un aspetto «benefico» e un aspetto «malefico».[5]
Inoltre, trattandosi tutto sommato di un riflesso inferiore, il che è
nettamente raffigurato dalla posizione stessa delle miniere metalliche
nell’interno della terra, il lato «malefico» deve facilmente diventare
preponderante; occorre non dimenticare che dal punto di vista tradizionale i
metalli e la metallurgia sono in diretta relazione con il «fuoco sotterraneo»,
la cui idea si associa sotto più di un aspetto a quella del «mondo infernale».[6]
Naturalmente gli influssi metallici, quando siano accostati secondo il loro
lato «benefico» ed utilizzati in modo
veramente «rituale», nel senso più completo della parola, sono atti ad essere
«trasmutati» e «sublimati», diventando in questo modo tanto più capaci di
essere un «supporto» spirituale in quanto ciò
che più è a livello basso corrisponde, secondo l’analogia inversa, a ciò che è
al livello più elevato; l’intero simbolismo minerale dell’alchimia è in
definitiva fondato su questo fatto, e con esso quello delle antiche iniziazioni
cabiriche.[7]
All’opposto, quando si tratta esclusivamente dell’uso profano dei metalli, e
tenuto conto del fatto che il punto di vista profano in sé ha di necessità per
effetto di tagliare ogni comunicazione con i principi superiori, l’unico che
possa agire effettivamente sarà soltanto il lato «malefico» degli influssi
corrispondenti, il quale, inoltre, tanto più si svilupperà quanto più si
troverà in tal modo isolato da tutto ciò che potrebbe contenerlo e
controbilanciarlo; tale caso, di un uso esclusivamente profano, è ovviamente
quello che nel mondo moderno si attua in tutta la sua ampiezza.[8]
Ci siamo finora posti soprattutto dall’angolo visuale della
«solidificazione» del mondo, del resto quello che propriamente conduce al
«regno della quantità», e di cui l’uso attuale dei metalli non è ancora che uno
solo degli aspetti; questo angolo visuale è, di fatto, quello che si è
manifestato nel modo più appariscente in ogni cosa, almeno fino al punto in cui
il mondo è giunto al presente. Ma le cose possono spingersi ancora oltre, e i
metalli, a causa delle influenze sottili che portano in loro, possono avere
un’ulteriore funzione in una fase più avanzata, tendente più direttamente alla
dissoluzione finale; è vero che queste influenze sottili, durante l’intero
corsa del periodo che può essere detto materialistico, sono in qualche modo
passate allo stato latente, così come tutto ciò che esorbita il puro e semplice
ordine corporeo; ma ciò non vuole dire che esse abbiano cessato d’esistere, e
neppure che abbiano cessato completamente di agire, pur se in modo dissimulato,
modo di cui l’aspetto «satanico» presente nello stesso «macchinismo»,
soprattutto (ma non unicamente) nelle sue applicazioni distruttive, è dopo
tutto soltanto una manifestazione, quantunque i materialisti siano ovviamente
incapaci di nulla sospettarne. Tali influenze possono dunque soltanto attendere
un’occasione favorevole per affermare più apertamente la loro azione, e
naturalmente sempre nello stesso senso «malefico», giacché, quanto alle
influenze d’ordine «benefico», il nostro mondo è stato loro per così dire
chiuso dall’atteggiamento profano dell’umanità moderna. Ora, una occasione
simile può anche non essere più molto lontana, perché l’instabilità che va
attualmente crescendo in tutti i campi sta a dimostrare che il punto
corrispondente al maggior predominio effettivo della «solidità» e della
«materialità» è stato già oltrepassato.
Si capirà forse meglio quel che stiamo dicendo se si tien
conto che i metalli, stando al simbolismo tradizionale, sono in relazione non
solamente con il «fuoco
sotterraneo» come
abbiamo accennato, ma anche con i «tesori nascosti», cose del resto piuttosto
strettamente connesse, per ragioni che non possiamo pensare di sviluppare
ulteriormente in quest’occasione, ma che tuttavia possono aiutare, in
particolare, a chiarire in qual modo degli interventi umani siano capaci di
provocare, o più esattamente di «scatenare» certi cataclismi naturali. Comunque
stiano le cose, tutte le «leggende» (per parlare il linguaggio d’oggi) che si
riferiscono a questi «tesori» fanno capire in modo chiaro che i loro
«guardiani», vale a dire precisamente le influenze sottili che sono ad essi
collegate, sono «entità» psichiche estremamente pericolose da accostare senza
che si possiedano le «qualificazioni» richieste e senza prendere le debite
precauzioni; sennonché, quali precauzioni potrebbero al riguardo prendere dei
moderni, i quali sono completamente ignoranti di queste cose? Costoro sono
anche troppo evidentemente privi d’ogni «qualificazione», e parimenti di
qualsiasi mezzo d’azione in questo campo, che si sottrae loro in conseguenza
dell’atteggiamento stesso da essi assunto nei confronti d’ogni cosa; vero è che
si vantano costantemente di «dominare le forze della natura», ma è altrettanto
certo che sono ben lontani dall’immaginare che, dietro tali forze, da essi
considerate in senso esclusivamente corporeo, c’è qualcosa d’altro ordine, di
cui esse sono soltanto il veicolo e come l’apparenza esteriore. È appunto
questo che potrebbe un giorno o l’altro rivoltarsi e alla fine rivolgersi
contro coloro stessi che l’hanno disconosciuto.
A tal proposito aggiungeremo incidentalmente un’osservazione
supplementare, che potrà forse apparire soltanto una stranezza o una curiosità,
ma che avremo invece l’occasione di ritrovare in seguito: i «guardiani dei
tesori nascosti», i quali sono nello stesso tempo i fabbri che lavorano nel
«fuoco sotterraneo», sono nelle «leggende» rappresentati a volta a volta, e a
seconda dei casi, quali giganti o quali nani. Qualcosa di simile valeva anche
per i Cabiri, ciò che sta a indicare una volta ancora come tutto questo
simbolismo sia adatto a ricevere un’applicazione riferentesi a un ordine
superiore. Sennonché, quando ci si attenga alla prospettiva in cui a causa
delle condizioni stesse della nostra epoca dobbiamo di fatto porci al presente,
la sola faccia che se ne può vedere è quella in qualche modo «infernale»; il
che equivale a dire che in queste condizioni si tratta ormai solo di
un’espressione di influenze appartenenti al lato inferiore e «tenebroso» di
quel che si potrebbe chiamare lo «psichismo cosmico». E, come vedremo meglio
più avanti, sono effettivamente le influenze di questo tipo che, sotto le loro
molteplici forme, minacciano oggi la «solidità» del mondo.
Per completare questa
scorsa sull’argomento, faremo ancora notare, come riferentesi evidentemente al
lato «malefico» dell’influenza dei
metalli, la frequente interdizione a portare su di sé oggetti metallici durante
il compimento di certi riti, tanto nel caso di riti exoterici[9]
quanto in quello di riti propriamente iniziatici.[10]
Indubbiamente tutte le prescrizioni di questo genere hanno innanzi tutto un
carattere simbolico, ed anzi è proprio questo che conferisce loro un valore
profondo; ma occorre pure rendersi conto che il vero simbolismo tradizionale
(che ci si deve guardare dal confondere con le contraffazioni e le false
interpretazioni a cui i moderni applicano talvolta abusivamente lo stesso nome)[11]
ha sempre una portata effettiva, e che le sue applicazioni rituali, in particolare,
hanno effetti perfettamente reali, anche se le facoltà strettamente limitate
dell’uomo moderno non possono generalmente percepirli. Non si tratta per nulla
di cose vagamente «ideali», ma, ben all’opposto, di cose la cui realtà si
manifesta talvolta sotto aspetti in qualche modo «tangibili». Se le cose
stessero altrimenti, come si potrebbe spiegare ad esempio il fatto che ci sono
uomini i quali, in determinati stati spirituali, non possono sopportare il
minimo contatto, foss’anche indiretto, con i metalli, e ciò quand’anche tale
contatto si sia operato a loro insaputa e in condizioni tali che è loro
impossibile accorgersene per mezzo dei loro sensi corporei, ciò che esclude a fortiori la spiegazione psicologica e
«semplicistica» dell’«autosuggestione»?[12]
Se aggiungessimo che il contatto può persino, in casi del genere, arrivare a
produrre esteriormente gli effetti fisiologici di una vera e propria ustione,
si dovrebbe convenire con noi che fatti di questo tipo dovrebbero far
riflettere i moderni, se ne fossero ancora capaci; ma l’attitudine profana e
materialistica, ed il partito preso che ne deriva li hanno immersi in un
accecamento incurabile.
[1]
È tuttavia vero che, presso molti popoli, le costruzioni delle epoche più
antiche erano in legno, sennonché, evidentemente, tali edifici non erano né
così duraturi, né di conseguenza così fissi, come gli edifici in pietra; l’uso
del minerale nella costruzione comporta perciò in ogni caso un maggior grado di
«solidità» in tutti i sensi della parola.
[2]
Deuteronomio, XXVII, 5-6.
[3]
Di qui, anche, l’impiego persistente di coltelli di pietra per il rito della
circoncisione.
[4]
1 Re, VI, 7. Il Tempio di Gerusalemme
conteneva, ciò nonostante, una grande quantità di oggetti metallici, ma l’uso
di questi ultimi si ricollega all’altro aspetto del simbolismo dei metalli, il
quale è di fatto duplice, come avremo a dire tra poco; sembra d’altronde che la
proibizione finisse con l’essere in qualche modo «localizzata» principalmente sull’impiego
del ferro, il quale precisamente è, fra tutti i metalli, quello la cui funzione
è più importante nell’epoca moderna.
[5]
Nella tradizione zoroastriana pare che i pianeti siano visti quasi
esclusivamente sotto il loro aspetto «malefico»; ciò può essere il risultato
del particolare punto di vista di questa tradizione, sennonché quel che si
conosce attualmente come residuo di quest’ultima è costituito da frammenti
troppo mutilati perché sia possibile pronunciarsi esattamente su questioni del
genere.
[6]
Per quanto riguarda questa relazione con il «fuoco sotterraneo», la manifesta
rassomiglianza del nome di Vulcano con quello del biblico Tubalcain è
particolarmente significativa; entrambi sono del resto rappresentati come
fabbri; e precisamente riguardo ai fabbri, aggiungeremo che tale associazione
con il «mondo infernale» spiega a sufficienza quanto dicevamo in precedenza
dell’aspetto «sinistro» del loro mestiere. I Cabiri, d’altra parte, pur essendo
anch’essi fabbri, avevano un duplice aspetto terrestre e celeste, che li
metteva in rapporto tanto con i metalli quanto con i corrispondenti pianeti.
[7]
È opportuno ricordare che l’alchimia propriamente detta si fermava al «mondo
intermedio» , contenendosi al punto di vista che può essere detto
«cosmologico»; certo il suo simbolismo non era con ciò meno atto ad una
trasposizione che gli conferiva un valore veramente spirituale e iniziatico.
[8]
Il caso della moneta quale si presenta attualmente può nuovamente servire da
esempio caratteristico: spogliata di tutto quel che poteva, nelle civiltà
tradizionali, farne un veicolo di «influenze spirituali», non solamente essa è
ridotta ad esser soltanto, in se stessa, un puro segno «materiale» e
quantitativo, ma inoltre può esercitare solo una funzione veramente nefasta e «satanica»
che è fin troppo facile constatare effettivamente nella nostra epoca.
[9]
Questa interdizione esiste in particolare, per lo meno in linea di principio,
per i riti islamici del pellegrinaggio, anche se di fatto oggi non è più
osservata rigorosamente; inoltre, chi abbia compiuto interamente tali riti, ivi
compreso cioè quanto ne costituisce il lato più «interiore», deve da allora in
poi astenersi da ogni lavoro in cui si faccia uso del fuoco, il che esclude in
particolare i fabbri e tutti gli altri operai metallurgici.
[10]
Nelle iniziazioni occidentali questo si traduce, nella preparazione rituale del
candidato, in quel che viene designato come «lo spogliamento dei metalli». Si
potrebbe dire che, in un caso simile, i metalli, oltre al fatto che possono nuocere
effettivamente alla trasmissione delle «influenze spirituali», sono assunti a
rappresentare in qualche modo quelle che la Cabbala ebraica chiama le «scorze»
o i «gusci» (qlippoth), vale a dire
ciò che di più basso c’è nell’ambito sottile, e che in tal modo costituisce, se
ci viene permessa l’espressione, i «bassifondi» infracorporei del nostro mondo.
[11]
In questo senso gli «storici delle religioni» avevano inventato, nella prima
metà del secolo XIX, qualcosa a cui avevano dato il nome di «simbolica», ed era
un sistema di interpretazione che con il vero simbolismo non aveva che legami
estremamente lontani; quanto agli abusi semplicemente «letterari» della parola
«simbolismo», è evidente che non vale neppure la pena di parlarne.
[12]
Possiamo citare a questo punto, come esempio conosciuto, il caso di Shrî
Râmakrishna.
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