Charles-André Gilis
Mâ al-Bannâ’?
Nel numero 218 degli Études Traditionnelles[1] René Guénon, criticando severamente un lavoro di Alfred Dodd intitolato Shakespeare Creator of Freemasonry nel quale l’autore cercava di mostrare che quest'ultimo, fosse il fondatore della Massoneria moderna, concludendo la sua recensione con queste parole: “Che pensare della serietà di un'organizzazione che non avrebbe segreto più grande che quello a conservare l’identità del suo fondatore? Non è certamente con il nome di un’individualità qualunque, anche quando sarebbe quello “di un grand’uomo”, non si risponderà mai bene alla domanda posta da una “parola” che è stata deformata in tanti modi diversi, questione che del resto, cosa curiosa, si legge in arabo chiaramente ancor più che in ebraico: Mâ el-Bannâ?”.
Questa questione presenta per la Massoneria un interesse evidente, poiché porta, come suggerisce il testo nel quale esso appare, alla vera identità del suo fondatore. D’altra parte, non è indifferente che sia stata effettivamente formulata in arabo, lingua della rivelazione coranica, poiché questa particolarità permette di illuminare nuovamente sulle relazioni complesse tra l’esoterismo islamico e l'ordine massonico che, in diverse epoche, ed in particolar modo dal secolo scorso fino ai giorni nostri, hanno giocato, per ciò che concerne la sorte e lo statuto tradizionale dell’Occidente, il ruolo principale che si conosce. Indubbiamente René Guénon, attento alla discrezione, presenta questa indicazione come una semplice curiosità, mentre contiene, come speriamo di mostrare, un insegnamento particolarmente significativo.
Cominceremo con l’esaminare i termini con i quali la questione è stata formulata. Mâ (cosa?) è un pronome interrogativo che s’impiega abitualmente per le cose mentre man (chi?) si usa esclusivamente per le persone. Si ammette tuttavia che, nella antica, il mâ era utilizzato per interrogare sull’identità di questi ultimi. Nel Corano, esiste un versetto dove mâ, pronome relativo, è considerato come una designazione della funzione divina “di creazione” che è riportata a man in altri passaggi[2]: wa mâ khalaqa adh-dhakara wad-unthâ «per Colui che ha creato il maschio e la femmina» (Cor. 92, 3). Si può dunque comprendere, sia che la precisazione posta riguarda l’identità “del fondatore” reale della massoneria: “Chi è Al-Bannâ’”; sia che riguardi piuttosto la natura della funzione corrispondente: “Cos'è Al-Banna?”; in che cosa consiste esattamente la sua qualificazione?”. La prima interpretazione è più conforme al contesto, cioè a ciò che René Guenon dà ad intendere; la seconda è più appropriata al significato usuale della particella interrogativa mâ in arabo.
La parola bannâ’ merita, ancor più, di attirare l’attenzione, per la sua radice e per la sua “forma nominale”. La radice da cui è tratta è b-n-î che significa, generalmente, “costruire”, “edificare”. La sua forma nominale, che è fa’’âl, è utilizzata nell’ambito dei nomi dei mestieri così come per alcuni Nomi divini. La prima di questi due utilizzi si applica in maniera del tutto naturale al mistiere del muratore, cosa che spiega che, nell’arabo moderno, l’espressione bannâ ‘hurr (litteralmente “libero costruttore”) sia impiegato per indicare un Libero Muratore; per quanto riguarda la seconda essa contiene una sfumatura d’eccellenza e d’universalità, e si applica notamente al Nome di Maestà “Allah” che, dal punto di vista morfologico, è la forma fa’’âl della radice ’ - l - h che significa “divinità”. La testimoninaza di fede Lâ ilâha illa Allâh può dunque essere compresa nel senso: “Non c’è altra divinità che la Divinità per eccellenza, la Divinità universale”. Un numero limitato di altri Nomi divini esprimono gli Attributi essenziali con la medesima sfumatura: per esempio al-Ghaffâr (Colui che perdona universalmente), al-Wahhâb (il Donatore universale), ar-Razzâq (l’Alimentatore universale), etc.
Evidenzeremo che questi due utilizzi sono esclusivi l’uno dell'altro: la forma bannâ’ che serve già per indicare colui il cui lavoro è quello di costruire non può ovviamente essere utilizzato una seconda volta per indicare l’Altissimo come “Edificatore per eccellenza” o “Costruttore universale” incluso nel senso di “indipendentemente dal costruttore, questo costruttore non è altro che al-Bannâ’”. Da ciò possiamo trarre una conseguenza molto importante, cioè che il termine al quale René Guénon fa riferimento non può in alcun modo essere considerato in arabo come un Nome divino.
Se ora torniamo al significato del pronome interrogativo mâ e se, ulteriormente, consideriamo il termine bannâ’ utilizzato per indicare colui che esercita il mistiere di muratore, è ovvio che la precisazione posta non porta, e non può portare, all’identità del costruttore, che riguarda e mira soltanto alla sua qualificazione: non ci sarebbe alcun senso dottrinale nel ricercare l’identificazione di un Massone qualunque.
Mâ al-Bannâ’ può effettivamente essere compresa nel senso di “cos’è il Libero Muratore?” ma sicuramente non quello di “chi è il muratore?”. In queste condizioni, quale relazione può esserci tra “l'identità del fondatore” della Massoneria e l'interrogativo in lingua araba posto da René Guénon alla fine della sua recensione?
La risposta è che, trattandosi dell’arte dell’edificare, il termine bannâ’ non indica soltanto l’artigiano (as-sâni’) ma anche quello che ordina (al-mudabbir) l’insieme della costruzione e cioè l’architetto. A questo punto, la nozione d’eccellenza è indicata dall’articolo al in modo tale che il pronome mâ possa perfettamente essere compreso in ambo due i sensi fondamentali che normalmente racchiude in sè.
L’interrogativo Mâ al-Bannâ’? qui significa sia “chi è l’Architetto (per eccellenza)?” e “qual è il (Grande) l'Architetto?”, qual’è la natura della sua funzione? Possiamo andare ancora più lontano; poiché, proprio come le due sfumature dell’interrogativo sono rese in arabo dallo stesso pronome, quindi le due domande non sono altro che una in realtà, quella relativa all’identità essendo, a questo grado, inseparabile da ciò che concerne la qualificazione, in modo tale che il senso dell’espressione araba in un contesto massonico sia piuttosto “chi possiede (veramente) la qualificazione di Grande Architetto?” È più appropriato porre la domanda in questi termini poichè esiste una stretta relazione tra questa formulazione e la risposta che verrà data.
Riguardo a ciò, possiamo considerare che la rinuncia all’interrogativo in arabo piuttosto che in ebraico[3] da parte di René Guénon sorge come il risultato di una scelta, spiegabile soprattutto per la natura delle possibilità simboliche inerenti alla lingua della Rivelazione finale; poiché, in verità, l’intera risposta è racchiusa nella domanda, ed è d’altronde in questo che risiede la natura eminentemente tradizionale di quest'ultima[4].
Prima di andare più lontano, occorre insistere sul fatto che al-Bannâ’ è la parola che serve ad indicare la funzione del Grande Architetto in lingua araba, e non al-muhandis che alcuni Massoni, che non sono neppure guénoniani, vorrebbero sostituire. Ricordiamo che muhandis non indica propriamente il lavoro dell’architetto ma piuttosto quello del geometra che riguarda anche l’ingegnere: secondo il suo significato corrente, questo termine è applicato soprattutto a colui il cui lavoro è quello di scavare i canali d'irrigazione; che non è coranico e ultretutto è privo di qualsiasi impiego rituale nella Massoneria. In compenso, bannâ’ è puramente arabo quanto alla sua origine e la sua morfologia; come “nome di mestiere” questo termine comporta, come abbiamo già detto, un grado che indica in modo preciso la funzione di architetto; le tre lettere di cui si compone rivestono ciascuna nel esoterismo islamico un significato fondamentale, infine, è presente nel Corano, ed è senz’altro da questo che cominceremo lo studio del suo significato tradizionale.
Il termine bannâ’ figura nel testo sacro soltanto una volta, ed in un contesto che può sembrare, a prima vista, un po’ sconcertante. Si tratta di un passaggio della sura Sâd: «Noi gli assoggettammo il vento[5]: essi soffiavano dolcemente al suo ordine là dove egli li dirigeva; e [gli asservimmo] tutti i Dèmoni, i costruttori e I nuotatori”(Cor., 38, 36-37). Il senso esoterico di questi versetti è il seguente. I Demoni simbolizzano la “distanza” degli esseri e delle facoltà individuali situati nel mondo intermedio quando rifiutano di sottomettersi all’Ordine divino. Iniziaticamente rappresentano i pericoli e gli ostacoli che l’essere umano impegnato nella Via rischia di incontrare finché non abbia raggiunto il centro dello stato al quale appartiene, in altre parole finché non è giunto al termine dei Piccoli Misteri di cui la realizzazione costituisce precisamente la fine propria delle iniziazioni basate sull’esercizio di un mestiere.
In questa prospettiva, i «costruttori» rappresentano soprattutto coloro che agiscono nel campo delle opere il cui compimento costituisce il fondamento della vita spirituale[6]; e i “nuotatori” coloro che pescano nell’oceano della Scienza Divina le perle di significati e insegnamenti sottili. Il fatto che in tutto ciò si tratti soltanto del mondo intermedio è confermato dalla menzione dei venti di cui René Guénon ha mostrato “la relazione immediata con il dominio psichico o la manifestazione sottile”[7]; e, d’altra parte, con quella di Salomone al quale, secondo l'insegnamento esoterico dell’Islam, sono sottoposti “i venti, i Demoni e Jinn”. Infatti, è questo profeta che rappresenta più specialmente la Volontà divina nel mondo intermedio; è lui che impedisce le deviazioni che possono sempre verificarsi finchè i limiti del nostro stato individuale non siano stati superati, che neutralizza gli effetti perversi quando si sono verificati; chi riporta alla “Via Diritta” coloro che si sono smarriti, come mostra, ad esempio, la sottomissione che egli ottiene dalla Regina di Saba accusata in maniera significativa, «di prosternarsi davanti al sole e non dinanzi ad Allâh», come pure il suo popolo, poiché “il Demone ha reso belle le loro azioni”[8]. Il ruolo eminente di Salomone nella Massoneria non si spiega dunque soltanto con il fatto che è lui che fa costruire il tempio di Gerusalemme, ma anche, e soprattutto, dalla funzione regolatrice e preservativa che è la sua nel mondo sottile.
Detto questo, se il termine bannâ’ può effettivamente applicarsi al Massone nel passaggio coranico commentato sopra, a condizione di comprendere quest'ultimo nel senso iniziatico che abbiamo indicato, va da sé che non riguarda affatto il Grande Architetto la cui funzione oltrepassa, non soltanto il mondo intermedio, ma anche la manifestazione intera, poiché dipende direttamente dal grado principale.
A questo grado, la dottrina di al-Bannâ’ è collegata tradizionalmente ad Abramo (sayyidnâ Ibrahim) che l’esoterismo islamico considera come l’architetto per eccellenza per il fatto che costruisce, con l’aiuto di suo figlio Ismaele, la Kaaba della Mecca[9]. Ricordiamo che, in una recensione riguardante una serie di articoli apparsi nella rivista Masonic Light di Montreal dove era esposta «una nuova teoria sull’origine della Massoneria, in cui l’autore vuole attribuire non a Salomone, ma a Mosè», René Guénon precisava: «Se si vuole andare al di là di Salomone, si può, con molta più ragione, risalire ancora più lontano, fino ad Abramo stesso; si trova infatti un indice molto netto a questo proposito nel fatto che il Nome divino invocato in particolare da Abramo è stato sempre conservato dalla Massoneria operativa; e questa connessione di Abramo con la Massoneria è del resto facilmente comprensibile per chiunque abbia una qualche conoscenza della tradizione islamica, poiché essa è in relazione diretta con la costruzione della Kaabah ”[10].
Questo Nome divino - che è sufficientemente conosciuto - comporta una funzione preservativa simile a quella di Salomone, e si applica all'insieme dello stato singolo umano considerato, iniziaticamente, come il dominio proprio dell’«Arte Reale».
Abbiamo avuto occasione, varie volte di affrontare quest’argomento[11], ricordando in particolare l’indicazione di René Guénon secondo la quale «la fondazione di Ninive e dell’impero assiro da parte di Nimrod sembra essere effettivamente conseguenza di una sommossa dei Kshatriyas contro l’autorità della casta sacerdotale caldea». Aggiungevamo a questo proposito: «Le tradizioni islamiche confermano pienamente questo punto di vista poiché tutta la prima parte della missione tradizionale di Abramo è legata a un’affermazione dell’autorità spirituale di fronte alle affermazioni illegittime di Nimrod, e che inoltre queste stesse tradizioni sono correntemente utilizzate dai commentatori per illuminare il significato di un numero di passaggi coranici in cui il patriarca è citato.
Di conseguenza, la ricostruzione della Kaaba del La Mecca appare come tipico di un riadattamento dei supporti del culto operato dall’autorità sacerdotale ed in particolare destinata alle necessità spirituali di un’epoca già dominata dalla casta reale, o più esattamente dallo spirito che gli corrisponde. Questo riadattamento è strettamente legato alla fondazione delle forme tradizionali di tipo religioso, dove gli elementi d'ordine individuale (dogma, morale, culto) occupano un ampio spazio. Si sa che queste riconoscono in Abramo il loro luogo d'origine comune ”[12].
Le «forme tradizionali di tipo religioso» alle quali facevamo allusione in questo testo sono ovviamente il Giudaismo, il Cristianesimo e l’Islam. Benché la funzione “sacerdotale” di Abramo sia lungi dal riferirsi soltanto a queste tre forme poiché, secondo il Corano[13], il patriarca è stato stabilito da Dio come “imâm per gli uomini (nel loro insieme)”, si può ben capire che la Massoneria così come esiste oggi, cioè come organizzazione “occidentale”, s’interessa più specialmente ad esse a causa dei conflitti dogmatici evidenti che generano e degli effetti perversi che ne risultano, da cui le forze anti-tradizionali traggono vantaggio.
Per spiegare il senso di questa funzione abramica, ci occorre studiare ora il simbolismo delle lettere che compongono il termine bannâ’. Queste sono tre: un bâ, un nûn[14] ed un alif. Secondo l'insegnamento di René Guenon, l’alif, che è la prima lettera dell’alfabeto arabo, rappresenta «il principio della manifestazione», ed il bâ, che è la seconda è considerata nella sua funzione primordiale, «lo Spirito totale dell'Esistenza universale»[15]. Quanto al nûn, appare come la metà inferiore di una circonferenza di cui il punto centrale è particolarmente considerato come un simbolo dell’«Embrione d’oro» (Hiranyagharba)[16]; appare identico così come il punto messo sotto il bâ quando questo punto è considerato come simbolo del centro del nostro stato individuale. È notevole che questi tre elementi possano essere messi in corrispondenza in modo molto preciso con il ternario Verbum, Lux e Vita che si trovano all’inizio del Vangelo di San Giovanni[17].
Nel capitolo di Considerazioni sull’Iniziazione che tratta di questo ternario, il termine Verbum è espressamente assimilato, come l’alif, «al principio di tutta la manifestazione» tanto che l’interpretazione data a proposito di Lux si basa esattamente sugli stessi dati tradizionali di quelle utilizzate altrove per spiegare il significato del bâ; infine “il principio vitale” evocato dal termine vita è chiaramente identificato a Hiranyagharba. René Guénon insiste sul fatto che questi tre termini sono «inseparabili tra loro dal principio stesso dello stato umano» e che il testo evangelico li identifica gli uni agli altri. Risulta da questi ravvicinamenti che la riunione delle tre lettere che intervengono nella composizione della parola bannâ’ costituisce un simbolo dell’Uomo Universale, tanto quanto nella sua essenza che nella sua manifestazione al cuore dell'universo ed al centro del nostro mondo. Ora, questa riunione è presente anche in altri due termini fondamentali del linguaggio iniziatico, che esprimono la stessa perfezione sotto differenti aspetti: quello di ibn (composto successivamente di un alif di un bâ e di un nûn) e quello di naba’ (composto successivamente di un nûn, di un bâ e di un alif); il primo prevede lo stesso grado come “una filiazione divina”[18], il secondo come “un annuncio”, cioè una rivelazione suprema.
La relazione intima che esiste tra questi tre termini è messa in luce dalle verità principali che gli corrispondono. Bannâ’ indica la funzione del Grande Architetto in tutta la sua totalità che è quella di Essere Universale. René Guénon ha magistralmente mostrato come quest’ultimo «traccia il piano ideale che è realizzato in atto, cioè manifestato nel suo sviluppo indefinito (ma non infinito) da parte degli eseri individuali» che sono contenuti in esso come altrettante possibilità particola ri.[19]
È la “misura”, in altre parole la determinazione e l’effettiva esistenza di queste possibilità principali che costituisce l’opera propria del “Geometra” (in arabo: al-muhandis) la cui funzione appare come subordinata a quella di al-Bannâ’. Il termine ibn evoca, da parte sua, l’unità principiale dell’Uomo Perfetto e dell’Essenza Divina, della Realtà attuale (wujûd muqayyid) e della Realtà Eterna (wujûd mutlaq).
Tra i tre termini considerati, è quello che indica nel modo più diretto la realizzazione del “Grado Divino” (al-Maqâm al-ilahi). Infine, an-naba’ considera l’Uomo Universale come lo sviluppo del “Segreto Supremo”[20] che Dio ha nascosto anche ai Suoi Angeli, e che non è altro che la Forma perfetta secondo la quale Adamo fu creato. Ora, se ci riferiamo alla funzione “sacerdotale” di Abramo che lo qualifica, meglio che per ogni altro profeta, per rappresentare l’unità primordiale in seno alle tre “forme tradizionali di tipo religioso”, è immediatamente evidente che il termine bannâ’ corrisponde al giudaismo poiché la fase sedentaria del Popolo eletto è inseparabile dall’edificazione del Tempio di Gerusalemme. Allo stesso modo, l’idea di filiazione divina menzionato da ibn appare come la caratteristica principale della religione cristiana. Per quanto riguarda il naba’ si tratta di uno dei termini utilizzati nel Corano per indicare la Rivelazione muhammadiana: «Su cosa si interrogano a vicenda? Sull’Annuncio (naba’) sublime a proposito del quale sono in disaccordo» (Cor., 78, 1-3); questo termine si applica dunque in modo altrettanto chiaro all’Islam.
Nella prospettiva dottrinale descritta qui, il riferimento fatto all’autorità del patriarca da parte della Massoneria diventa tanto significativo che, secondo i dati della tradizione islamica, riunisce eminentemente in lui i tre aspetti. Abbiamo già sottolineato che essendo il custruttore e il “maestro d’Opera” della Kaaba, appare naturalmente nell’Islam come l’architetto tradizionale per eccellenza. Inoltre, il Corano fa menzione di un naba’ che gli è proprio: «E recita loro la Rivelazione (naba’) di Abramo» (Cor., 26, 69), cosa che può del resto può intendersi in un doppio senso: “Insegna loro la rivelazione che riguarda Ibrahim” o “insegna loro la Rivelazione che Ibrahim ha portato (da parte di Allah)”.
Questa seconda interpretazione sembra essere la migliore poiché, nei versetti che seguono, il patriarca rivolge a Dio una preghiera di richiesta riguardo una funzione ciclica particolare circa la trasmissione dell’insegnamento tradizionale: «E crea per me un linguaggio di verità destinato agli uomini degli ultimi tempi» (Cor., 26, 84) [21].
Infine, la dottrina della “filiazione divina” si trova già in germe nel suo caso spirituale grazie alla sua qualifica tradizionale di “Amico intimo di Allah” (Khalîl Allah). Infatti, Ibn Arabî spiega nelle Fusas al-Hikam che questa “intimità” deve essere intesa, come un’impregnazione reciproca risultante dall’interpretazione di un aspetto divino e un aspetto uman o[22].
Il patronato iniziatico di Abramo conferma la vocazione universale della Massoneria. La principale funzione portata in luce dalla domanda posta su al-Bannâ’ include, a sua volta, vari gradi. Ci limiteremo a menzionare brevemente, tra gli insegnamenti molto ricchi che la riguardano, quelle che rientrano nel “linguaggio della verità destinato agli uomini degli ultimi tempi” a cui abbiamo alluso, situandole nella prospettiva aperta da René Guénon al termine del suo studio su “I misteri della lettera Nûn” quando ha evocato “l'incontro tra le due forme tradizionali che corrispondono all’inizio e alla fine del ciclo...: la tradizione indù, come rappresentante dell’eredità più diretta della Tradizione primordiale e della tradizione islamica, come “sigillo di profezia”.
Da parte dell’Induismo, sottolineeremo la relazione speciale che esiste tra il patriarca e la dottrina Indù di Sachchidânanda[23] di cui René Guenon ha mostrato come, in relazione alla funzione del Grande Architetto, si riferisce all’Essere Universale. Ricordiamo che il termine Sachchidânanda è anche composto, esso stesso, da tre elementi: Sat, che designa l’Essere puro, Chit, che designa la Coscienza totale del “Sé” e Ananda che designa “l’unico oggetto di questa Coscienza” [24].
Questi elementi si connettono uno ad uno con i tre aspetti dell’Uomo Universale che abbiamo menzionato a proposito di Abramo. L’Essere puro corrisponde, come abbiamo appena indicato, al Grande Architetto. Si può notare a questo proposito che Sat appartiene a una radice indoeuropea che significa sia “essere” che “stabilità”[25]. Il secondo significato deriva dal primo, ed è proprio la considerazione di al-Bannâ' che permette di capirlo. Infatti, l’architetto esprime la funzione dell’Essere in quanto questo è il principio immediato della “determinazione universale”; è attraverso di lui che “l'ordine è tratto dal caos”, “ordo ab chaos”[26], al fine di garantire la stabilità del mondo o di un particolare stato di esistenza [27].
Considerati con questo spirito, i “lavori massonici” hanno come obiettivo finale il ristabiliment o[28] di un Sacro Impero[29].
Chit corrisponde, a sua volta, alla “Rivelazione Suprema”, quella della Scienza sintetica che opera l'identificazione del “soggetto” e del “oggetto” della Conoscenza. L’equivalente coranico più adeguato al termine indù è mash'ar al-haram[30], che nei riti di Pellegrinaggio islamico, appare come l’elemento caratteristico di una Stazione che porta il nome di jam’ (sintes i)[31].
Infine, Ananda indica questa stessa sintesi come quella dell’unità del Principio e della Sua Manifestazione, che deve essere intesa soprattutto in senso iniziatico. Se, secondo René Guénon, «Colui che nasce dall'acqua diviene figlio della Vergine»[32], possiamo aggiungere, prendendo in prestito lo stesso linguaggio di colui che “ha ricevuto lo Spirito”[33] diventa “figlio di Dio”, non secondo la carne, ma in virtù di un “consustanzialità” eterna.
In questo senso, la “filiazione” è in realtà inseparabile dall’«Unione», ed è per questo che il termine ibn può essere messo in corrispondenza con la Beatitudine.
Dal lato islamico, i segreti che riguardano la funzione di Abramo appartengono alla scienza dei numeri il cui ruolo è quelo di riportare tutte le cose all’unità principale. A tale riguardo, è necessaria una prima osservazione, è che, essendo formati delle stesse lettere, i tre termini banna ', ibn e naba' hanno necessariamente lo stesso numero, ciò che conferma la loro equivalenza dal punto di vista metafisico. Ora, questo numero, che è 53, è anche quello del nome Ahmad menzionato nel versetto 6 della Sura 61: «E quando Gesù figlio di Maria disse: “O Figli di Israele, io sono veramente un Messaggero di Allah verso di voi, per confermare la Torah che mi ha preceduto, e per annunciarvi un Messaggero che verrà dopo di me, il cui nome sarà Ahmad”». Ahmad è il “nome celeste”[34] del Profeta[35]. Si differenzia dal nome divino Ahad (Uno) solo dalla presenza del mîm muhammadiana. Accanto alla haqîqa muhammadiyya, che è un concetto relativamente noto in Occidente, l'esoterismo islamico prevede anche una haqîqa ahmadiyya che è, in un certo senso, l’«interiore» della prima. Ahmad riflette all'interno della manifestazione l'unità trascendente del principio, la cui alif iniziale è l'emblema. Più specificamente indica l'aspetto nascosto del Califfato muhammadiano [36].
È anche un simbolo dell'Asse del Mondo che è il “luogo originale” da cui procedono, mediante differenziazione, gli stati, i gradi ed i modi dell’Esistenza Universale. Infine, e questo ci permette di arrivare al significato supremo della domanda Mâ al-Bannâ?, la haqîqa ahmadiana può essere paragonata, per mezzo di un’altra equivalenza numerica, con il nome tradizionale caratteristico del Profeta - su di lui Grazia e Pace! - che è “al-Habib (l’Amato)[37]. Infatti, questo nome indica la condizione propriamente “muhammadiana” della perfetta realizzazione metafisica, poiché può essere intesa, inizialmente, alla luce dell’hadîth in cui l'Altissimo dichiara: “Ed il Mio servo continua ad avvicinarsi a Me con le opere supererogatorie fino a che lo amo; e quando lo amo sono il suo udito con cui ode, e la sua vista con cui vede, etc”.
Questa parola divina, che ha diversi livelli d’interpretazione[38], si applica eminentemente al Messaggero di Allah che è il “Servo totale” (al-'abd al-kulli) ed il modello più eccellente. Questo è il motivo per cui viene preso come riferimento nella maggior parte dei capitoli di Fusûs al-Hikam inerenti i diversi tipi spirituali successivamente citati.
In conclusione di tutto ciò, appare che, se la morfologia del termine bannâ’ esclude che possa essere considerato come un Nome divino alla stregua di quelli che hanno la stessa forma nominale, è perché si riferisce, non direttamente a Dio, ma piuttosto all’Uomo Perfetto (al-insân al-kâmil) che è, in realtà, l’unico detentore della Funzione divina.
È lui che, in quanto “Grande Architetto”, definisce l’Ordine universale e garantisce l’equilibrio e la stabilità del mondo; è dunque lui che fornisce la risposta alla domanda inizialmente posta sulla vera identità del fondatore della Massoneria. Assumendo in tutta la sua pienezza la Dignità inerente alla Stazione iniziatica della Totalità, è l’unica fonte di aspirazioni spirituali, l’unico garante delle iniziazioni regolari[39], la guida suprema sulle molteplici Vie della realizzazione metafisica. È con questi titoli che la tradizione islamica lo designa come “l’Amato di Allah”.
* Questa espressione araba è l'equivalente dell'ebraico Ma-Haboneh la cui formula massonica Mac-Benac è una deformazione tardiva (ndr).
[1] 1938, p.72-74; ripreso in Studi su Massoneria e Compagnonaggio, Volume I, p.124-128.
[2] Ad esempio: «Rivelazione di (Colui) che ha creato (min-man kkalaqa), la Terra e i Cieli elevati» (Cor., 20, 4).
[3] Questo, tuttavia, sarebbe stato altrettanto legittimo da un punto di vista strettamente massonico.
[4] Segnaliamo a questo proposito che, senza poter insistere su ciò, la somma dei numeri corrispondenti alle lettere che intervengono nella formula araba è 125, che è il cubo di 5.
[5] Vale a dire Sulaymân (Salomone).
[6] Nel cristianesimo, la Chiesa “costruita” da Cristo è quella di San Pietro; nell’Islam, i riti fondamentali sono quelli sui quali, secondo un famoso hadith, questa religione anche essa era “costruita” (“bunyat”, che è della stessa radice di bannâ’”).
[7] Cf. “L’Ottagono, cap. XII in “Simboli fondamentali della Scienza Sacra”. Si ricorda che Vâyu significa in sanscrito sia “aria” che “vento”. Secondo Qâchânî, i venti in questo caso rappresentano le passioni individuali.
[8] Cf. Cor., 27, 24.
[9] Cf. Cor., 2, 125-129
[10] Cf. Études Traditionnelles, 1949, p.339, riprodotto in Études sur la Franc-Maçonnerie et le Compagnonnage, Volume II, p. 165, [trad. it. Studi sulla Massoneria e il Compagnonaggio, Edizioni Arktos Carmagnola, n.d.r.]
[11] Cf. La Doctrine initiatique du Pèlerinage, p.78-86 [trad. it. La dottrina iniziatica del Pellegrinaggio, Edizioni Orientamento-Al Qibla, Campegine (RE), 2007, n.d.r.] et Marie en Islam, p.79-84.
[12] La Doctrine initiatique du Pèlerinage, p.80.
[13] Cor., 2, 124.
[14] Raddoppiata nella pronuncia, ma non nella scrittura. La hamza finale, che rappresenta la terza radicale, non è considerata una lettera; René Guénon lo ha omesso nella trascrizione.
[15] Cf. «Er-Rûh», in Aperçus sur l'ésotérisme islamique et le Taoïsme, p. 54-55. [trad. it. Studi sull’esoterismo islamico e il Taoismo, Adelphi edizioni, n.d.r.]
[16] Cf. «Les Mystères de la Lettre Nûn», dans Symboles fondamentaux de la Science sacrée , p. 175, n. 2 [trad. it. Simboli della Scienza Sacra, Adelphi edizioni, n.d.r.].
[17] René Guénon ha osservato a tale proposito che “nelle organizzazioni massoniche che hanno conservato la maggior parte delle antiche formule rituali, la Bibbia collocata sull’altare deve essere aperta sulla prima pagina del Vangelo di San Giovanni”; cf. Aperçus sur l'Initiation, p.294, n. l [trad. it. Considerazioni sull’Iniziazione, Edizioni Luni, n.d.r.]
[18] Ricordiamo che la dottrina iniziatica della filiazione divina non è mai stata dichiarata falsa nel Corano, anche se è considerata dai rappresentanti di Tasawwuf come un modo imperfetto di spiegare la relazione di Dio e della sua Parola; cf. Marie en Islam, p.40.
[19] Études sur la Franc-Maçonnerie et le Compagnonnage, Tome II, p.284.
[20] Les sept Étendards du Califat, p.194.
[21] Abbiamo avuto l'opportunità di menzionare questo versetto precedentemente in «La fonction d'Abraham et l'Occident: Abd al-Qâdir et René Guenon”.
[22] A riguardo si veda, cf. Michel Vâlsan, «Le Triangle de l'Androgyne et le monosyllabe "Om"», riprodotto in “L'Islam et la fonction de René Guenon”, p. 128. La riunione in Cristo delle “due nature” deriva direttamente dalla sua filiazione eccezionale.
[23] Michel Vâlsan ha dimostrato che “nel Corano... la dottrina che può corrispondere all’Induismo è comunque iscritta sotto il nome del patriarca Abramo”; cf. ibid., p. 130.
[24] Questo ternario è menzionato da Guénon nel capitolo XIV de L'homme et son devenir selon le Vedântâ” a proposito dello “stato di sonno profondo” e la “condizione di Prâjnâ”.
[25] A volte riteniamo che siano radici diverse: "es" e "sta", ma questa divisione è in realtà tutta artificiale, come la coniugazione del verbo "essere”.
[26] Ricordiamo che questo motto iniziatico, che compare nel 33 ° grado della Massoneria scozzese, è stato studiato da René Guenon nel capitolo XLVI Aperçus sur l'Initiation.
[27] In questo caso, le determinazioni particolari sono espresse nelle dottrine indù per mezzo del termine tanmâtra che contiene l'idea di "misura"; cf. “L'homme et son devenir”, cap. VIII.
[28] Questa parola deriva dalla stessa radice di "essere" e "stabilità"
[29] Sulla relazione tra il Sacro Romano Impero e il “Nome divino evocato in particolare da Abramo” cf. Marie en Islam, p.62-83.
[30] Un'espressione che può essere tradotta come "luogo (sacro) della Coscienza (totale)".
[31] Jam’ è considerato da Ibn Arabî come un equivalente del Qur'ân, un termine che nell'Islam significa Rivelazione sintetica del Corano. I commentatori ritengono, per questo motivo, che l’«Annuncio Sublime» (an-naba’ al-azîm) sia anche una designazione metonimica del testo sacro. Evidenzeremo la relazione tra la dottrina esposta qui e il simbolismo di Muzdalifa, “tappa” del pellegrinaggio che coincide con la notte del Giorno di Arafa, vedi La Dottrina iniziatica del Pellegrinaggio, capitolo XVI, in particolare le pagine 238, 252 e specialmente 257 dove viene menzionato l'Hanifiyya Samha, che è la stessa definizione della "Regole d’Abramo".
[32] Cf. L'homme et son devenir, chap. XX, p. 151, n.l.
[33] Cf. Cor., 40 , 15 : "Invia il Suo Spirito, dall’ordine Suo, su chi vuole tra i Suoi servi".
[34] Questo spiega che è stato annunciato da Gesù, che è l'unico inviato divino “concepito dallo Spirito Santo”.
[35] Cf. Commento di Michel Vâlsan sur “La Prière pour le Pôle” in Études Traditionnelles, 1975, p.98.
[36] Questo aspetto è espresso dal termine nâ'ib, un altro equivalente di bannâ’ poiché è composto dalle stesse lettere.
[37] Questo nome è l’appellativo tipico del Profeta dell’Islam, proprio come al-Khalîl è quello di Abramo. Anche esso ha il numero 53.
[38] Cf. Les trente-six Attestations coraniques de l'Unité, p.84, n. 14
[39] Ricordiamo che, secondo René Guenon, “Poiché non vi è in principio che una Tradizione unica, dalla quale ogni forma tradizionale ortodossa è derivata, può esserci solo un’iniziazione che è ugualmente unica nella sua essenza, sebbene di forme diverse e con modalità multiple”; cf. Aperçus sur l'Initiation, cap. X, p. 70-71.
« Mâ el-Bannâ », il « Grande Architetto dell'Universo » ?
RispondiEliminaIn tutti gli Scritti primitivi si parlava degli Architetti (archi-tekton, in greco, di tekton, quadro, che sorregge un'opera) sintetizzati dal « collettivo Theos », il Pantheon, cioè tutte le Dee che, attraverso una serie di fondazioni, fa nascere tutto ciò che contribuisce ad organizzare la vita spirituale e la vita materiale che è simbolicamente espressa dal Cielo e dalla Terra.
È così che Cerere viene chiamata « legislatore » ; che Giunone è rappresentata con merli sul capo, perché ha fondato città. Lei è il paradiso in terra; si chiama Juno-Lucina, e lo adoriamo alle feste chiamate « Calende ».
Hera è chiamata « Sovrano ». Venere-Urania, o Venere-Lucifero, porta la fiaccola dello spirito che dirige e organizza.
Le dee non creano materialmente, ma spiritualmente. Il lavoro materiale è svolto dagli « Remueurs », dai « Moteur », in ebraico « Malakim » (messaggeri), che sono al servizio delle Dee.
Il nome di archivio, che ha la stessa radice di architetto, è stato dato agli scritti relativi alle origini.
Gli archi-tekton sono sintetizzati dal Demiurgo, che estrae il Kosmos (organizzazione sociale) dal nulla, dal caos. (Kosmos si riferisce al cielo terreno, cioè alla vita felice dell'età matriarcale.)
Ogni nazione ha il suo genius loci (genio locale), ovunque rappresentato da una donna che spiega la Natura, ne conosce le leggi, e contribuisce a formare il Demiurgo, l'intelligenza universale.
È allo stesso tempo la Madre, creatrice del bambino (da cui l'idea di creazione attribuita alla Divinità) e organizzatrice della vita sociale.
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