"…la dottrina è infallibile, è a causa del fatto che essa è un’espressione della verità, la quale, in se stessa, è assolutamente indipendente dagli individui che la ricevono e che la comprendono. La garanzia della dottrina risiede in definitiva nel suo carattere «non-umano»". René Guénon, Considerazioni sull’iniziazione, cap. "Sull’infallibilità tradizionale"

giovedì 28 dicembre 2017

René Guénon, Considerazioni sull’Iniziazione - IV - Sulle condizioni dell’iniziazione

René Guénon
Considerazioni sull’Iniziazione

IV - Sulle condizioni dell’iniziazione

Possiamo ora tornare alla questione delle condizioni dell’iniziazione, e per cominciare diremo subito, anche se la cosa può sembrare ovvia, che la prima di tali condizioni è una certa attitudine o disposizione naturale, senza la quale qualunque sforzo risulterebbe vano, giacché l’individuo può evidentemente sviluppare solo le possibilità che porta in se stesso fin dall’origine; tale attitudine, che caratterizza quello che taluni chiamano l’«iniziabile», costituisce propriamente la «qualificazione» che richiedono tutte le tradizioni iniziatiche[1]. 
Si tratta del resto della sola condizione che sia in certo qual senso comune sia all’iniziazione sia al misticismo, poiché è chiaro che anche il mistico deve avere una disposizione naturale particolare, quantunque completamente diversa da quella dell’«iniziabile», per certi versi addirittura opposta; sennonché, se tale condizione è per lui del pari necessaria, è per di più sufficiente; non ce ne sono altre che debbano aggiungersi a essa, e le circostanze faranno tutto il resto, facendo passare a loro piacere dalla «potenza» all’«atto» queste o quelle possibilità che comporta la disposizione in questione. Ciò risulta direttamente da quel carattere di «passività» di cui parlavamo in precedenza: in un simile caso non sarà infatti mai questione di uno sforzo o di un lavoro personale qualsivoglia, che il mistico abbia da effettuare, dal quali, anzi, dovrà invece guardarsi con cura, evitandoli come qualcosa che sarebbe in opposizione con la sua «via»[2], mentre al contrario. per quanto riguarda l’iniziazione e a motivo del carattere «attivo» di essa, un lavoro del genere costituisce un’altra condizione non meno necessaria della prima, e senza la quale il passaggio dalla «potenza» all’«atto», da cui è propriamente costituita la «realizzazione», non potrebbe assolutamente effettuarsi[3].
Comunque sia, la cosa non è finita qui: tutto sommato abbiamo finora sviluppato soltanto la distinzione, che avevamo posta all’inizio, dell’«attività» iniziatica e della «passività» mistica, per trarne la conseguenza che, per quanto riguarda l’iniziazione, siamo in presenza di una condizione che per il misticismo non è richiesta, né potrebbe esserlo; sennonché c’è un’ulteriore condizione non meno necessaria di cui non abbiamo parlato, la quale si situa in qualche modo in mezzo a quelle di cui abbiamo già fatto menzione. Tale condizione, sulla quale occorre tanto più insistere in quanto gli Occidentali sono in generale abbastanza portati a ignorarla o a trascurarne l’importanza, è inoltre, per la verità, la più caratteristica di tutte, quella che permette di definire l’iniziazione al di fuori di ogni possibile equivoco, e di non confonderla con qualche altra cosa; in virtù di essa, il caso dell’iniziazione è delineato assai meglio di quanto non potrebbe essere quello del misticismo, per il quale nulla di simile esiste. È spesso molto difficile, se non del tutto impossibile, distinguere il vero misticismo dal falso; il mistico è per definizione un isolato e un «irregolare», e talvolta non sa neppure lui cos’è veramente; e il fatto che nel suo caso non si tratti di conoscenza allo stato puro, ma che quella che è conoscenza reale sia sempre influenzata da una mescolanza di sentimento e di immaginazione, è inoltre ben lungi dal semplificare la questione; in tutti i casi, si è in presenza di qualcosa che sfugge a qualsiasi controllo, cosa che potremmo esprimere dicendo che non esiste per il mistico nessun «mezzo di riconoscimento»[4]. Si potrebbe dire, anche, che il mistico non ha «genealogia», che egli non è tale se non per una sorta di «generazione spontanea», e confidiamo che espressioni di questo genere siano facili da capire senza ulteriori spiegazioni; conseguentemente, come si potrebbe avere la presunzione di affermare indubitabilmente che qualcuno sia un mistico, mentre un altro non lo è, quando invece tutte le apparenze possono essere sensibilmente le medesime? Per contro, le contraffazioni dell’iniziazione possono sempre essere infallibilmente rivelate grazie all’assenza della condizione a cui ci stiamo riferendo, la quale altro non è che il ricollegamento a una organizzazione tradizionale regolare.
Ci sono degli ignoranti i quali immaginano che «ci si inizi» da soli, il che è una sorta di contraddizione in termini; dimenticando, se mai l’hanno saputo, che la parola initium significa «entrata» o «avvio», costoro confondono l’atto vero e proprio dell’iniziazione, compresa secondo il suo senso rigorosamente etimologico, con il lavoro che occorre compiere in seguito perché tale iniziazione, da virtuale che è in principio, diventi più o meno effettiva. L’iniziazione, capita in questo modo, è ciò che tutte le tradizioni si accordano nel denominare «seconda nascita»; come potrebbe, perciò, un essere agire in modo autonomo ancor prima di essere nato?[5] Sappiamo che cosa si potrà obiettare a questa considerazione: se l’essere è veramente «qualificato», porta già in sé le possibilità che dovranno essere sviluppate; perché, se le cose stanno in questo modo, tali possibilità non potrebbero essere realizzate grazie a un suo proprio sforzo, senza bisogno di interventi esterni? In effetti, si tratta di una cosa che è permesso prendere in considerazione teoricamente, a condizione di concepirla come il caso di un uomo «nato due volte» fin dal primo momento della sua esistenza individuale; ma, se ciò non presenta impossibilità di principio, esiste tuttavia un’impossibilità di fatto, nel senso che si tratta di qualcosa che è contrario all’ordine stabilito per il nostro mondo, per lo meno nelle condizioni attuali. Non siamo infatti nell’epoca primordiale, in cui tutti gli uomini erano in possesso, in modo normale e spontaneo, di uno stato che oggi è in rapporto con un elevato grado di iniziazione[6]; e, a vero dire, in quell’epoca la stessa parola iniziazione non poteva avere nessun senso. Siamo nel Kali-Yuga, ossia in un tempo in cui la conoscenza spirituale è diventata nascosta, e in cui solo qualcuno può ancora raggiungerla, purché si ponga nelle condizioni richieste per ottenerla; ora, una di tali condizioni è precisamente quella di cui stiamo parlando, così come un’altra condizione è quella di uno sforzo di cui non avevano ugualmente bisogno gli uomini delle prime età, giacché in essi lo sviluppo spirituale avveniva in modo altrettanto naturale quanto lo sviluppo corporeo.
Si tratta perciò di una condizione la cui necessità si impone in conformità con le leggi che governano il nostro mondo attuale; e per farlo meglio comprendere, possiamo ricorrere qui a un’analogia: tutti gli esseri che si svilupperanno nel corso di un ciclo sono contenuti fin dal principio, nello stato di germi sottili, nell’«Uovo del Mondo»; di conseguenza, perché non potrebbero nascere nello stato corporeo da soli e senza genitori? Neppure questa è una impossibilità assoluta, ed è possibile concepire un mondo in cui le cose si svolgano in tal modo; solo che, di fatto, questo mondo non è il nostro. Facciamo, beninteso, una riserva per le anomalie; può accadere che esistano casi eccezionali di «generazione spontanea», e nel campo della spiritualità, abbiamo noi stessi assegnato poco fa quest’espressione al caso del mistico; ma abbiamo anche detto che questi è un «irregolare», mentre l’iniziazione è una cosa essenzialmente «regolare», la quale non ha nulla a che fare con le anomalie. E inoltre, occorrerebbe sapere esattamente fin dove queste ultime possono spingersi; anch’esse devono pur rientrare in definitiva in qualche legge, perché ogni cosa non può esistere se non come elemento dell’ordine totale e universale. E già solo questo, se ci si volesse riflettere un po’, potrebbe esser sufficiente per far pensare che gli stati realizzati dal mistico non possono esser precisamente gli stessi dell’iniziato, giacché, se la loro realizzazione non è soggetta alle stesse leggi è perché si tratta di fatto di qualcos’altro; ma ora possiamo lasciar perdere definitivamente il caso del misticismo, a proposito del quale abbiamo detto abbastanza per quel che ci proponevamo di assodare, e non considerare più se non quello dell’iniziazione.
In effetti, ci resta da precisare la funzione del ricollegamento a un’organizzazione tradizionale, ricollegamento che, beninteso, non può dispensare in nessun modo dal lavoro interiore che ciascuno deve fare soltanto da sé, ma che è richiesto, in quanto condizione preventiva perché tale lavoro possa portare i suoi frutti. Si deve capire bene fin d’ora che coloro che sono stati stabiliti come depositari della conoscenza iniziatica non possono comunicarla in un modo che sia più o meno paragonabile a quello di cui si serve un professore, nell’insegnamento profano, per comunicare ai suoi allievi formule libresche che costoro dovranno solo immagazzinare nella propria memoria; qui si tratta di qualcosa che, nella sua stessa essenza, è propriamente «incomunicabile», giacché si tratta di stati che sono da realizzare interiormente. Quelli che si possono insegnare sono solo metodi preparatori per l’ottenimento di tali stati; quel che può essere fornito dal di fuori sotto questo aspetto, è in fondo un aiuto, un appoggio che facilita molto il lavoro da compiere, così come pure un controllo che elimini gli ostacoli e i pericoli che possono presentarsi; sono tutte cose tutt’altro che trascurabili, e colui che ne fosse privo correrebbe il grosso rischio di incorrere in un insuccesso, ma, anche così, non si giustificherebbe completamente quel che abbiamo detto quando parlavamo di una condizione necessaria. E di fatto, non è quello a cui intendevamo riferirci, per lo meno in modo immediato; sono tutte cose che intervengono solo secondariamente, e in certo qual modo a titolo di conseguenze, dopo l’iniziazione intesa nel suo senso più stretto, quale abbiamo indicato in precedenza, e allorché si tratti di sviluppare di fatto la virtualità che è da essa costituita; ma prima di tutto occorre che simile virtualità preesista. È dunque in modo diverso che deve essere intesa la trasmissione iniziatica propriamente detta, e non potremmo delinearla meglio se non dicendo che essa è essenzialmente la trasmissione di un influsso spirituale; su quest’argomento dovremo tornare più in esteso, ma per il momento ci conterremo alla determinazione in modo più esatto della funzione che ricopre tale influsso, che si pone tra l’attitudine naturale preventiva propria dell’individuo e il lavoro di realizzazione che egli effettuerà in seguito.
Abbiamo fatto notare in altro luogo che le fasi dell’iniziazione, così come quelle della «Grande Opera» ermetica, la quale in fondo non è se non una delle sue espressioni simboliche, riproducono quelle del processo cosmogonico[7]; tale analogia, che è fondata direttamente su quella che esiste tra il «microcosmo» e il «macrocosmo», permette, meglio di ogni altra considerazione, di illuminare la questione di cui si tratta.
Si può dire, infatti, che le attitudini o possibilità incluse nella natura individuale sono inizialmente, in quanto tali, soltanto una materia prima, cioè una pura potenzialità, nella quale non c’è nulla di sviluppato o di differenziato[8]; si tratta perciò di uno stato caotico e tenebroso, che il simbolismo iniziatico fa precisamente corrispondere al mondo profano, e nel quale si trova l’essere che non è ancora pervenuto alla «seconda nascita». Perché questo caos possa incominciare a prender forma e a organizzarsi, occorre che una vibrazione iniziale gli venga comunicata dalle potenze spirituali che la Genesi ebraica indica con il nome di Elohim; tale vibrazione è il Fiat Lux che illumina il caos, ed è il punto di partenza necessario di ogni sviluppo ulteriore; e, dal punto di vista iniziatico, questa illuminazione è precisamente costituita dalla trasmissione dell’influenza spirituale della quale abbiamo detto ora[9]. In conseguenza di essa, e in virtù di tale influenza, le possibilità spirituali dell’essere non sono più la semplice potenzialità che erano prima; esse sono diventate una virtualità pronta a svilupparsi in atto nei diversi stadi della realizzazione iniziatica.
Possiamo riassumere tutto ciò che precede dicendo che l’iniziazione implica tre condizioni che si presentano in modo successivo, e che si potrebbero far corrispondere rispettivamente ai tre termini di «potenzialità», «virtualità» e «attualità»:
1. la «qualificazione», costituita da determinate possibilità inerenti alla natura propria dell’individuo, le quali sono la materia prima sulla quale dovrà effettuarsi il lavoro iniziatico;
2. la trasmissione, per il tramite del ricollegamento a un’organizzazione tradizionale, di un’influenza spirituale che conferisce all’essere l’«illuminazione» che gli permetterà di ordinare e di sviluppare queste possibilità che egli porta in sé;
3. il lavoro interiore mediante il quale, con l’aiuto di «ausili» o «supporti» esteriori eventuali e soprattutto durante i primi stadi, tale sviluppo si realizzerà gradualmente, facendo passare l’essere, di scalino in scalino, attraverso i differenti gradi della gerarchia iniziatica, per condurlo alla meta finale della «Liberazione» o «Identità Suprema».





[1] Si vedrà però, dallo studio speciale che dedicheremo in seguito alla questione delle qualificazioni iniziatiche, che tale argomento presenta in realtà aspetti molto più complessi di quanto si potrebbe credere a un primo approccio e se ci si arrestasse alla sola nozione assai generica che ne forniamo ora.
[2] Per cui i teologi vedono volentieri, e non senza ragione, un «falso mistico».in colui che cerca, con uno sforzo qualsiasi, di ottenere visioni o stati straordinari, quand’anche lo sforzo si limitasse a concepire un semplice desiderio.
[3] Da ciò discende, fra altre conseguenze, che le conoscenze di tipo dottrinale, che sono indispensabili per l’iniziato, e la comprensione teorica delle quali costituisce una condizione preventiva per qualsiasi «realizzazione», possono far totale difetto al mistico; da qui proviene, in quest’ultimo, oltre la possibilità di errori e di molteplici confusioni, una strana incapacità a esprimersi in modo intelligibile. Si deve però capir bene che le conoscenze in questione non hanno assolutamente nulla a che vedere con tutto quel che abbia soltanto un carattere di istruzione esteriore o di «sapere» profano, i quali non hanno nessun valore in questo campo, come spiegheremo ancora in seguito, e costituirebbero anzi in molti casi piuttosto un ostacolo che non un aiuto, se si tiene conto di che cos’è l’istruzione moderna; un uomo può benissimo non saper né leggere né scrivere e pervenire ciò nonostante al gradi più elevati dell’iniziazione; casi di questo genere non sono rarissimi in Oriente, mentre ci sono degli «scienziati», e persino dei «geni», secondo il modo di vedere del mondo profano, che non sono «iniziabili» sotto nessun riguardo.
[4] Non intendiamo con ciò riferirci a parole o a segni esteriori e convenzionali, ma a ciò di cui simili mezzi in realtà non sono che la rappresentazione simbolica.
[5] Ricordiamo qui l’adagio scolastico elementare: «per agire, bisogna essere».
[6] È quello che nella tradizione indù è indicato con la parola Hamsa, attribuita come nome alla casta unica che esisteva in origine, e denotava in modo proprio uno stato che è ativarna, vale a dire di là dalla distinzione delle caste attuali.
[7] Cfr. L’Ésoterisme de Dante, in particolare le pp. 63-4 e 94 (ediz. franc.).
[8] È sottinteso che si tratta, in termini rigorosi, solo di una materia prima in senso relativo, non in senso assoluto; sennonché tale distinzione non ha importanza dal punto di vista da cui noi qui ci poniamo, e d’altronde lo stesso si può dire della materia prima di un mondo come il nostro, il quale, essendo in un certo modo già determinato, non è in realtà, nei confronti della sostanza universale, se non una materia secunda (cfr. Il Regno della Quantità e i Segni dei Tempi, cap. II); per modo che, anche secondo questo aspetto, l’analogia con lo sviluppo del nostro mondo a partire dal caos iniziale è rigorosamente esatta.
[9] Da qui provengono espressioni come quelle di «dare la luce» e di «ricevere la luce», usate per indicare, con riferimento rispettivamente all’iniziatore e all’iniziato, l’iniziazione in senso stretto, vale a dire la trasmissione vera e propria di cui stiamo trattando. Da notare inoltre, per quanto concerne gli Elohim, che il numero settenario loro assegnato è in relazione con la costituzione delle organizzazioni iniziatiche, la quale deve in effetti essere un’immagine dello stesso ordine cosmico.

Nessun commento:

Posta un commento