René Guénon
Considerazioni sull’Iniziazione
V - Sulla regolarità iniziatica
Abbiamo detto che il ricollegamento a un’organizzazione iniziatica regolare non solo è una condizione necessaria dell’iniziazione, ma è anzi ciò che costituisce l’iniziazione nel suo senso più preciso, quale esso è definito dall’etimologia stessa della parola che serve a indicarla, ed è un tale ricollegamento che è dappertutto rappresentato quale una «seconda nascita», o quale una «rigenerazione»; «seconda nascita», perché apre all’essere un mondo diverso da quello nel quale si esercita l’attività della sua modalità corporea, mondo che sarà per lui il campo di sviluppo di possibilità d’un ordine superiore; «rigenerazione», perché ristabilisce in tal modo quest’essere in prerogative che erano naturali e normali nelle prime epoche dell’umanità, quando quest’ultima non si era ancora allontanata dalla spiritualità originaria per immergersi sempre più nella materialità, come doveva fare nel corso delle epoche successive, e perché deve condurlo innanzi tutto, quale prima tappa essenziale della sua realizzazione, alla restaurazione in lui dello «stato primordiale», il quale è la pienezza e la perfezione dell’individualità umana, ed è situato nel punto centrale unico e invariabile da cui l’essere potrà in seguito elevarsi agli stati superiori.
A tal proposito, dobbiamo ora insistere ulteriormente su un punto capitale: si tratta del fatto che il ricollegamento in questione deve essere reale ed effettivo, e che un sedicente ricollegamento «ideale», quale taluni, nella nostra epoca, hanno pensato bene di prendere in considerazione, è totalmente vano e non può avere che un effetto nullo[1]. È una cosa facile da capire. giacché si tratta propriamente della trasmissione di un influsso spirituale, il quale deve effettuarsi secondo leggi definite; e tali leggi, quand’anche siano evidentemente di natura tutta diversa da quelle che governano le forze del mondo corporeo, non sono per questo meno rigorose, e presentano anzi, con queste ultime, nonostante le differenze profonde che da esse le separano, una certa analogia, in virtù della continuità e della corrispondenza che esistono tra tutti gli stati o gradi dell’Esistenza universale. Una simile analogia è quella che ci ha permesso, ad esempio, di parlare di «vibrazione» a proposito del Fiat Lux da cui è illuminato e ordinato il caos delle potenzialità spirituali, anche se in questo caso non si tratta assolutamente di una vibrazione di ordine sensibile del tipo di quelle che studiano i fisici, non più di quanto la «luce» che è in questione possa essere creduta simile a quella che è percepita dalla facoltà visiva dell’organismo corporeo[2]; sennonché questi modi di dire, pur essendo per necessità simbolici, dal momento che sono fondati su un’analogia o su una corrispondenza, non sono perciò meno legittimi e rigorosamente giustificati, giacché tale analogia e tale corrispondenza esistono in effetti realmente nella stessa natura delle cose, e in un certo senso si spingono persino molto più in là di quanto si potrebbe supporre[3]. Avremo da tornare più diffusamente su queste considerazioni quando parleremo dei riti iniziatici e della loro efficacia; per il momento è sufficiente tener presente che siamo qui in presenza di leggi di cui occorre necessariamente tener conto, senza di che il risultato a cui si mira non potrebbe essere ottenuto, così come non si può ottenere un risultato fisico se non ci si pone nelle condizioni che sono richieste in conseguenza delle leggi alle quali è soggetta la sua produzione; e dal momento che si tratta di una trasmissione da operare di fatto, questo implica evidentemente un contatto reale, quali che siano le modalità attraverso le quali esso potrà essere stabilito, modalità che saranno naturalmente determinate da quelle leggi d’azione delle influenze spirituali a cui abbiamo fatto accenno.
Da tale necessità di un ricollegamento effettivo discendono immediatamente numerose conseguenze estremamente importanti, sia per quanto riguarda l’individuo che aspira all’iniziazione, sia per quanto riguarda le stesse organizzazioni iniziatiche; e sono queste conseguenze che ci proponiamo di esaminare al presente. Sappiamo che ci sono persone, e anche molte, a cui tali considerazioni parranno assai poco gradevoli, vuoi perché esse sconvolgeranno l’idea troppo comoda e troppo «semplicistica» che si erano fatta dell’iniziazione, vuoi perché annulleranno certe pretese ingiustificate e certe affermazioni più o meno interessate, ma prive di qualsiasi autorità; sennonché queste sono cose che non possono minimamente fermarci, poiché, sia su questo, sia su tutti gli altri argomenti, noi non abbiamo altra preoccupazione che non sia quella della verità.
Innanzitutto, per quanto riguarda l’individuo, è evidente dopo ciò che abbiamo detto, che la sua intenzione di essere iniziato, anche ammettendo che essa corrisponda veramente all’intenzione di ricollegarsi a una tradizione di cui possa avere qualche conoscenza «esteriore», non può assolutamente essere sufficiente, da sola, per assicurargli l’iniziazione reale[4]. In effetti, non si tratta nel modo più assoluto di un’«erudizione» la quale, come tutto ciò che appartiene al sapere profano, è qui priva di qualsiasi valore; e neppure si tratta di qualcosa che abbia attinenza con i sogni o con l’immaginazione, né con aspirazioni sentimentali qualsivogliano. Se fosse sufficiente, per poter dirsi iniziati, leggere dei libri, fossero pure essi le Scritture sacre di una tradizione ortodossa, anche se accompagnate, a piacere, dai loro commenti più profondamente esoterici, o di intrattener sogni più o meno vaghi su qualche organizzazione passata o presente a cui si assegni compiacentemente, e tanto più facilmente quanto meno è conosciuta, il proprio «ideale» (parola che viene usata oggi a ogni proposito, e che, significando tutto quel che si desideri, in verità non significa in fondo un bel nulla), la cosa sarebbe veramente troppo facile; e la questione preventiva della «qualificazione» si ritroverebbe con ciò stesso totalmente soppressa poiché ciascuno, essendo naturalmente portato a ritenersi «debitamente qualificato»[5], e costituendosi in tal modo giudice e parte nella propria causa, scoprirebbe certamente senza difficoltà eccellenti ragioni (eccellenti per lo meno ai propri occhi, e secondo le idee particolari che si è fabbricato) per ritenersi iniziato senz’altre formalità, e non vediamo neppure perché, arrestandosi su questo cammino, dovrebbe esitare ad attribuirsi d’un colpo solo i gradi più trascendenti. Coloro che immaginano che ci «si inizi» da soli, come dicevamo prima, non hanno mai riflettuto a tali conseguenze, piuttosto imbarazzanti, implicate nella loro affermazione? In condizioni simili sarebbero aboliti ogni selezione e ogni controllo, scomparirebbero i «mezzi di riconoscimento», nel senso in cui già abbiamo usato tale espressione, non sarebbe più possibile alcuna gerarchia, e, beninteso, non esisterebbe più trasmissione di checchessia; in una parola, non ci sarebbe più nulla di quel che caratterizza essenzialmente l’iniziazione e di ciò che di fatto la costituisce; eppure questo è quel che taluni, con stupefacente incoscienza, osano presentare come una concezione «modernizzata» dell’iniziazione (in effetti ben modernizzata, e sicuramente ben degna degli «ideali» laici, democratici ed egualitari), senza neppure sospettare che, invece di avere perlomeno degli iniziati «virtuali» ‑ che dopo tutto è ancora qualcosa ‑ non si avrebbero in tal modo che semplici profani che si farebbero indebitamente passare per iniziati.
Ma lasciamo perdere queste divagazioni, che possono sembrar trascurabili; se abbiamo creduto bene dirne qualcosa è soltanto perché l’incomprensione e il disordine intellettuale che disgraziatamente caratterizzano la nostra epoca permettono loro di diffondersi con deplorevole facilità. Quel che occorre ben capire è che quando si parla di iniziazione si tratta esclusivamente di cose serie e di realtà che diremmo volentieri «positive», se gli «scientisti» profani non avessero tanto abusato di questa parola; si accettino queste cose per quel che sono o non si parli più del tutto di iniziazione; non vediamo mezzi termini possibili tra questi due atteggiamenti, e meglio sarebbe rinunciare decisamente a qualsiasi idea d’iniziazione, che non attribuire questo nome a qualcosa che non ne sarebbe più se non una vana parodia, senza neppure le apparenze esteriori che per lo meno cercano ancora di conservare certe altre contraffazioni di cui dovremo parlare fra poco.
Per tornare a quello che è stato il punto di partenza di questa digressione, diremo che occorre che l’individuo non soltanto abbia l’intenzione di essere iniziato, ma deve essere «accettato» da un’organizzazione tradizionale regolare, che abbia potestà di conferirgli l’iniziazione[6], vale a dire per trasmettergli l’influsso spirituale senza l’ausilio del quale gli sarebbe impossibile, nonostante tutti i suoi sforzi, riuscire mai a disfarsi dei limiti e degli ostacoli del mondo profano. Può accadere che, a motivo di un suo difetto di «qualificazione», la sua intenzione non incontri risposta, per quanto sincera possa essere, giacché la questione non si pone in questi termini, e in un tale genere di cose non è di «morale» che si tratta, ma unicamente di regole «tecniche» che hanno attinenza con leggi «positive» (ripetiamo la parola perché non riusciamo a trovarne una che si adatti meglio), le quali si impongono con necessità altrettanto ineluttabile quanto, in un altro ordine di cose, le condizioni fisiche e mentali indispensabili per l’esercizio di certe professioni. In un caso simile egli non potrà mai considerarsi iniziato, qualunque siano le conoscenze teoriche che per altri versi riuscirà ad acquisire; e del resto c’è da presumere che anche sotto questo profilo egli non arriverà mai molto lontano (parliamo ovviamente di una vera comprensione, anche se ancora esteriore, e non della semplice erudizione, vale a dire di un accumulo di nozioni facenti unicamente ricorso alla memoria, come avviene nell’insegnamento profano), giacché la stessa conoscenza teorica, per andare di là da un certo grado presuppone già normalmente la «qualificazione» richiesta per ottenere l’iniziazione che le permetterà di trasformarsi, grazie alla «realizzazione» interiore, in conoscenza effettiva, e in tal modo nessuno potrà essere impedito dallo sviluppare le possibilità che porta veramente in sé; in definitiva, non sono esclusi se non coloro che si fanno illusioni sul proprio conto, e credono di poter ottenere qualcosa che in realtà si verifica essere incompatibile con la loro natura individuale.
Passando ora all’altro aspetto della questione, vale a dire a quello che si riferisce alle organizzazioni iniziatiche in quanto tali, diremo quel che segue: è anche troppo evidente che non si può trasmettere se non quel che si possiede; di conseguenza, occorre di necessità che un’organizzazione sia effettivamente depositaria di un’influenza spirituale perché possa comunicarla agli individui che a essa si ricollegano; e ciò esclude immediatamente le formazioni pseudo-iniziatiche, così numerose alla nostra epoca, e prive di qualsiasi carattere autenticamente tradizionale. Le condizioni essendo queste, di fatto un’organizzazione iniziatica non potrebbe essere il prodotto di una fantasia individuale; essa non può venir fondata, al modo di un’associazione profana, su iniziativa di alcune persone che decidano di riunirsi adottando forme qualsivogliano; e quand’anche queste forme non siano inventate di sana pianta, ma dedotte da riti realmente tradizionali di cui i fondatori siano venuti a conoscenza per «erudizione», esse non saranno con ciò maggiormente valide, giacché, in mancanza di filiazione regolare, la trasmissione dell’influenza spirituale è impossibile e inesistente, per modo che, in un caso simile, si ha solo a che fare con una volgare contraffazione dell’iniziazione. A maggior ragione le cose stanno così quando si tratti soltanto di ricostituzioni puramente ipotetiche, per non dire immaginarie, di forme tradizionali scomparse da tempi più o meno lontani, come quelle, ad esempio, dell’antico Egitto o della Caldea; e quand’anche esistesse, dietro l’adozione di tali forme, una volontà seria di ricollegarsi alla tradizione a cui esse hanno appartenuto, non per questo esse sarebbero più efficaci, poiché non ci si può ricollegare in realtà se non a qualcosa che abbia un’esistenza attuale, e anche per questo occorre, come dicevamo per ciò che riguarda gli individui, essere «accettati» dai rappresentanti autorizzati della tradizione alla quale ci si riferisce, per modo tale che un’organizzazione in apparenza nuova non potrà essere legittima se non quando sia come un prolungamento di un’organizzazione preesistente, affinché sia preservata senza nessuna interruzione la continuità della «catena» iniziatica.
Dicendo tutte queste cose, non facciamo tutto sommato che esprimere in altri termini e più esplicitamente quel che già abbiamo detto prima sulla necessità di un ricollegamento effettivo e diretto e sulla vanità di un ricollegamento «ideale», né bisogna, a tal proposito, lasciarsi ingannare dalle denominazioni che certe organizzazioni si attribuiscono senza averne alcun diritto, le quali in questo modo cercano di darsi un’apparenza di autenticità. È così che si incontra, per riprendere un esempio da noi già citato in altre occasioni, una folla di raggruppamenti, di origine del tutto recente, che hanno assunto il titolo di «rosacrociani» senza che abbiano, beninteso, mai avuto il minimo contatto con i Rosa-Croce, fosse pure per qualche via indiretta e obliqua, e senza neppure sapere che cosa essi fossero in realtà, visto che li immaginano pressoché costantemente come raggruppati in una «società», ciò che è un errore grossolano e ben specificamente moderno. Nella maggior parte dei casi c’è da vedere in questo solo il bisogno di fregiarsi di un titolo a effetto o la volontà di far colpo sugli ingenui, ma anche a voler considerare il caso più favorevole, a voler cioè ammettere che la costituzione di qualcuno di tali gruppi discenda da un sincero desiderio di ricollegarsi «idealmente» ai Rosa-Croce, si tratterà a ogni buon conto ancora sempre, da un punto di vista iniziatico, di qualcosa di inesistente. Quel che diciamo riguardo a questo esempio particolare si attaglia del resto anche e in ugual modo a tutte le organizzazioni inventate dagli occultisti e altri «neo-spiritualisti» di tutti i generi e di tutte le denominazioni, organizzazioni che, qualunque siano le loro pretese, non possono secondo verità se non esser dette «pseudo-iniziatiche», poiché non hanno assolutamente nulla di reale da trasmettere, e ciò che presentano non è che una contraffazione, o anche troppo spesso una parodia o una caricatura dell’iniziazione[7].
Aggiungeremo inoltre, quale altra conseguenza di quel che precede, che quando pure si tratti di un’organizzazione autenticamente iniziatica, i suoi membri non hanno la potestà di cambiarne le forme a loro piacere o di alterarle in ciò che esse hanno di essenziale; questo non esclude certe possibilità di adattamento alle circostanze, che però si impongono agli individui ben più di quanto non derivino dalla loro volontà, ma che in ogni caso sono limitate dalla condizione di non arrecar danno ai mezzi attraverso i quali sono assicurate la conservazione e la trasmissione dell’influenza spirituale di cui l’organizzazione in questione è depositaria; se tale condizione non fosse osservata, il risultato sarebbe una vera e propria rottura con la tradizione, rottura che farebbe perdere all’organizzazione la sua «regolarità». Inoltre, un’organizzazione iniziatica non può incorporare in modo valido ai suoi riti elementi tratti da forme tradizionali diverse da quella secondo la quale essa è regolarmente costituita[8]; elementi di questo tipo, la cui adozione avrebbe un carattere del tutto artificiale, non costituirebbero che semplici fantasie superfetatorie, senza nessuna efficacia dal punto di vista iniziatico; di conseguenza essi non aggiungerebbero assolutamente nulla di reale, ma la loro presenza potrebbe addirittura essere, a motivo della loro eterogeneità, soltanto una causa di confusione e di disarmonia; il pericolo di simili mescolanze è d’altronde lungi dall’essere limitato al solo ambito iniziatico, e questo è un punto abbastanza importante per meritare di essere trattato a parte. Le leggi che presiedono al maneggio delle influenze spirituali sono del resto una cosa troppo complessa e delicata perché coloro che non ne abbiano una conoscenza sufficiente possano permettersi impunemente di apportare modificazioni più o meno arbitrarie a forme rituali nelle quali tutto ha la sua ragion d’essere, e la cui portata rischia fortemente di sfuggir loro.
Risulta chiaramente da tutto ciò la nullità delle iniziative individuali per quanto riguarda la costituzione delle organizzazioni iniziatiche, sia per quanto si riferisce alla loro stessa origine, sia sotto il profilo delle forme da esse rivestite; e si può notare a tal proposito che di fatto non esistono forme rituali tradizionali a cui si possano attribuire quali autori individui determinati. È facile capire come le cose possano stare in questo modo, se si riflette che lo scopo essenziale e finale dell’iniziazione oltrepassa l’ambito dell’individualità e le sue possibilità particolari, il che sarebbe impossibile se si fosse ridotti a mezzi d’ordine puramente umano; da questa semplice osservazione, e senza neppure andare al fondo delle cose, si può perciò concludere immediatamente che occorre la presenza di un elemento «non-umano», e questo è in effetti proprio il carattere dell’influenza spirituale la cui trasmissione costituisce l’iniziazione a propriamente parlare.
[1] Per avere qualche esempio di un simile, sedicente, ricollegamento «ideale», mediante il quale qualcuno si spinge fino a pretendere di far rivivere forme tradizionali completamente scomparse, cfr. Il Regno della Quantità e i Segni dei Tempi, cap. XXXVI; sull’argomento ritorneremo del resto un po’ più avanti.
[2] Espressioni quali «Luce intelligibile» e «Luce spirituale», o espressioni a esse equivalenti, sono d’altronde assai note in tutte le dottrine tradizionali, sia occidentali che orientali; per parte nostra ricorderemo soltanto in modo più particolare, a tal proposito, che la tradizione islamica apparenta lo spirito (Er-Rûh), nella sua stessa essenza, con la Luce (En-Nûr).
[3] È la non comprensione di una simile analogia, intesa a torto come un’identità, che, accostata alla constatazione di una certa rassomiglianza nei modi d’azione e negli effetti esteriori, ha indotto qualcuno a costruirsi una concezione errata e più o meno grossolanamente materializzata, non soltanto delle influenze psichiche o sottili, ma degli stessi influssi spirituali, identificandoli in modo puro e semplice con forze «fisiche», nel senso più restrittivo del termine, quali l’elettricità o il magnetismo; da questa stessa incomprensione ha potuto provenire inoltre, almeno in parte, l’idea troppo diffusa di tentare accostamenti tra le conoscenze tradizionali e i punti di vista della scienza moderna e profana, idea totalmente vana e illusoria, giacché si tratta di cose che non appartengono allo stesso ambito, e poiché d’altronde il punto di vista profano in sé è propriamente illegittimo. Cfr. Il Regno della Quantità e i Segni dei Tempi, cap. XVIII.
[4] Con ciò non intendiamo riferirci soltanto all’iniziazione pienamente effettiva, ma anche alla semplice iniziazione virtuale, secondo la distinzione che è il caso di fare a tal proposito e sulla quale dovremo tornare in seguito in modo più preciso.
[5] L’espressione di cui si serve qui l’Autore è la formula rituale francese, in uso presso le organizzazioni iniziatiche di costruttori, «bien et dûment qualifié», della quale non esiste corrispondente italiano perfettamente equivalente. [N.d.T.]
[6] Intendiamo con ciò dire, non soltanto che si deve trattare di un’organizzazione propriamente iniziatica, a esclusione di qualsiasi altro tipo di organizzazione tradizionale ‑ il che è in fondo anche troppo evidente ‑, ma inoltre che tale organizzazione non deve appartenere a una forma tradizionale alla quale, nella sua parte esteriore, l’individuo in questione sia estraneo; esistono anche casi nei quali quella che si potrebbe chiamare la «giurisdizione» di una organizzazione iniziatica è ancora più limitata, come quello di una iniziazione basata su un mestiere, la quale non può essere conferita se non a individui che appartengano a tale mestiere o che abbiano per lo meno con esso determinati legami definiti.
[7] Investigazioni che abbiamo dovuto fare a questo proposito in un tempo già lontano ci hanno condotti a una conclusione formale e indubitabile che dobbiamo esprimere qui nettamente, senza preoccuparci dei furori che essa può rischiare di suscitare da diverse parti: se si eccettua il caso della sopravvivenza possibile di qualche raro gruppo di ermetismo cristiano del medioevo, a ogni buon conto estremamente ridotto, è un fatto che, di tutte le organizzazioni dalle pretese iniziatiche che sono diffuse attualmente nel mondo occidentale, ce ne sono soltanto due che, per quanto decadute siano entrambe a causa dell’ignoranza e dell’incomprensione dell’immensa maggioranza dei loro membri, possano rivendicare un’origine tradizionale autentica e una trasmissione iniziatica reale; queste due organizzazioni, le quali d’altronde, a dire il vero, non furono primitivamente che una sola, quantunque a diramazioni molteplici, sono il Compagnonaggio e la Massoneria. Tutto il resto è soltanto fantasia o ciarlatanismo, quand’anche non serva a dissimulare qualcosa di peggio; e, in quest’ordine di idee, non c’è invenzione per quanto assurda o stravagante che non abbia nella nostra epoca qualche probabilità di riuscire e di essere presa sul serio, a partire dalle chimere occultistiche sulle «iniziazioni in astrale» per arrivare al sistema americano, dalle intenzioni soprattutto «commerciali», delle pretese «iniziazioni per corrispondenza»!
[8] Sotto questo profilo, qualcuno ha piuttosto di recente cercato di introdurre nella Massoneria, che è una forma iniziatica propriamente occidentale, elementi tratti da dottrine orientali, delle quali aveva del resto solo una conoscenza tutta esteriore; se ne troverà un esempio citato nell’Ésoterisme de Dante, p. 20.
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