Meister Eckhart
Implentum est tempus Elizabeth
Il
tempo di Elisabetta si compì, ed ella mise al mondo un figlio.
Giovanni è il suo nome.
Allora la gente disse: quale prodigio sarà di questo bambino? perché la mano di Dio è con lui.
Allora la gente disse: quale prodigio sarà di questo bambino? perché la mano di Dio è con lui.
È
scritto: il dono più grande è che siamo figli di Dio e che egli generi
in noi suo Figlio. L'anima che vuole essere figlia di Dio, non deve
nulla generare in sé: niente altro deve generarsi in coloro in cui deve
nascere il Figlio di Dio. Il più nobile desiderio di Dio è generare.
Egli non è soddisfatto prima di aver generato in noi suo Figlio. Nello
stesso modo, l'anima non è mai soddisfatta, se in essa non nasce il
Figlio di Dio. È allora che scaturisce la grazia. La grazia le è
infusa. La grazia non opera, è il suo divenire che è la sua operazione.
Essa fluisce dalla essenza di Dio e si spande nell'essenza dell'anima,
non nelle sue potenze.
Quando
il tempo fu compiuto, la grazia nacque. Quando è compiuto il tempo?
Quando non v'è più tempo. Per colui che, nel tempo, ha posto il suo
cuore nell'eternità, in cui tutte le cose temporali sono morte, per
esso v'è la pienezza dei tempi. Io ho detto un giorno: chi si rallegra
nel tempo non può rallegrarsi ogni tempo. San Paolo dice: In ogni
tempo, gioite nel Signore. Chi si rallegra al di sopra e fuori del
tempo, si rallegra in ogni tempo. Un testo dice: tre cose sono un
ostacolo per l'uomo, in guisa tale che egli non può riconoscere in
alcun modo Dio. La prima è la temporalità; la seconda la corporeità; la
terza la molteplicità. Finché queste tre cose sono in me, in me non è
Dio, né in me può veramente operare. Sant'Agostino dice: è la avidità
dell'anima che fa sì che essa voglia prendere e possedere molte cose; in
tal modo essa cerca di impadronirsi della temporalità, della
corporeità e della molteplicità; con ciò, essa perde proprio quello che
possiede. Infatti, finché v'è in te più e più ancora, Dio non può né
abitare né operare in te. Tutte le cose devono continuamente uscire
perché Dio entri, a meno che tu non le possieda in un modo più alto e
migliore, quando la molteplicità è in te divenuta unità. Allora, più
v'è in te di molteplicità, più v'è di unità, l'una trasformandosi
nell'altra.
Io
ho detto un giorno: l'unità unisce ogni molteplicità, ma la
molteplicità non unisce l'unità. Quando siamo elevati al di sopra di
tutte le cose, e quando è portato verso l'alto tutto quello che è in
noi, niente pesa su di noi. Ciò che è al di sotto di me, non pesa su di
me. Se io tendessi unicamente verso Dio, in guisa tale che non vi
fosse altro che Dio sopra di me, niente mi sembrerebbe penoso e non mi
rattristerei così facilmente. Sant'Agostino dice: Signore, quando mi
rivolgo verso di te, mi è tolta ogni tristezza, ogni sofferenza, ogni
pena. Quando abbiamo sorpassato il tempo e le cose temporali, siamo
liberi, sempre beati; questa è la pienezza dei tempi, e allora nasce in
te il Figlio di Dio. Io ho detto un giorno: quando i tempi furono
compiuti, Dio mandò suo Figlio. Se nasce in te qualcosa di diverso dal
Figlio, tu non hai lo Spirito santo, e la grazia non opera in te. Il
Figlio è la fonte dello Spirito santo. Se il Figlio non fosse, non
sarebbe neppure lo Spirito. Lo Spirito santo non può essere emanato e
diffuso altro che dal Figlio. Quando il Padre genera il Figlio, gli
dona anche tutto quello che c'è nel suo essere e nella sua natura. In
questo dono scaturisce lo Spirito santo. Il desiderio di Dio è anche di
donarsi completamente a noi. Accade lo stesso quando il fuoco vuole
attirare il legno verso di sé ed introdursi in esso: all'inizio trova
che il legno è dissimile da sé, e per questo ci vuole del tempo. Prima
rende il legno caldo e bruciante, e questo fuma e scricchiola, perché è
differente dal fuoco. Poi, più il legno arde, più diviene calmo e
tranquillo; più è simile al fuoco e più si acqueta, fino a divenire in
se stesso completamente fuoco. Perché il fuoco possa assorbire in se
stesso il legno, occorre che scompaia ogni disuguaglianza.
Per
la verità che è Dio: se tu miri a cose diverse da Dio, o se cerchi
altro da Dio, l'opera che tu compi non è opera tua, né, in verità,
opera di Dio. Ciò che la tua intenzione ha di mira, nell'opera, è
l'opera stessa. Chi opera in me è mio Padre, ed io gli sono sottomesso.
È impossibile avere due padri secondo la natura; per natura non si ha
che un solo padre. Quando le altre cose sono uscite e la pienezza è
giunta, ha luogo questa nascita. La pienezza raggiunge tutte le
estremità, e niente le manca: ha larghezza e lunghezza, altezza e
profondità. Se avesse la altezza e non la larghezza, la lunghezza, la
profondità, non potrebbe colmare. San Paolo dice: Chiedete di poter
comprendere con tutti i santi quello che è la larghezza, l'altezza, la
lunghezza e la profondità.
Queste
tre parole indicano tre guise di conoscenza. La prima è la conoscenza
sensibile: l'occhio vede lontano le cose che sono fuori di lui. La
seconda, quella dell'intelletto, è molto più alta. Con la terza, si
intende una nobile potenza dell'anima, tanto alta e nobile da cogliere
Dio nella nudità della sua essenza. Questa potenza non ha niente di
comune con alcunché; dal nulla essa fa il qualcosa, ed il tutto. Essa
non sa nulla dell'ieri né dell'avantieri, del domani o del dopodomani,
giacché nell'eternità non v'è né ieri né domani, ma solo l'istante
presente: ciò che è stato mille anni fa e ciò che sarà tra mille anni, è
presente, e nello stesso modo lo è quello che sta dall'altra parte del
mare. Questa potenza coglie Dio nella sua nudità. Un testo dice: In
lui, con lui, attraverso lui. In lui, ovvero nel Padre; con lui, ovvero
nel Figlio; attraverso lui, ovvero nello Spirito santo. Sant'Agostino
dice qualcosa che sembra del tutto diverso da ciò, ma che è invece del
tutto simile. Non v'è verità che non racchiuda in sé tutta la verità.
Questa potenza coglie tutte le cose nella verità. Per questa potenza,
nulla è nascosto. Un testo dice che la testa degli uomini deve essere
scoperta, e quella delle donne deve essere velata. Donne sono le
potenze inferiori, che devono essere velate, ma uomo è questa potenza
che deve essere nuda e scoperta.
Che
meraviglia sarà dunque di questo bambino? Ho detto ultimamente, di
fronte a qualche persona che forse è qui presente, una paroletta che
suona così: non v'è niente di così nascosto che non debba essere
svelato. Tutto quello che è nulla, deve essere tolto, e nascosto in
modo tale che non ci si pensi neppure più. Non dobbiamo sapere nulla
del nulla; non dobbiamo aver nulla in comune con il nulla. Tutte le
creature sono un puro nulla. Ciò che non è qui né là, quando tutte le
creature sono dimenticate, è la pienezza dell'essere. Ho detto allora:
Niente deve essere per noi coperto, che non dobbiamo completamente
scoprire a Dio e donargli totalmente. Dovunque ci troviamo, nella buona
o nella cattiva sorte, nella gioia o nel dolore, qualsiasi sia la
nostra inclinazione, bisogna che ce ne spogliamo. In verità, se noi gli
scopriamo tutto, egli, a sua volta, ci scoprirà tutto quel che ha, e,
in verità, non coprirà assolutamente nulla di tutto quello che può
offrirci: né saggezza, né verità, né intimità, né divinità, né
qualsiasi altra cosa. Questa è la pura verità, vera come è vero che Dio
vive, nella misura in cui noi gli scopriamo ciò. Se non glielo
scopriamo, non è da meravigliarsi che egli non ci scopra quello che è
suo, giacché occorre che vi sia una piena reciprocità: noi verso lui,
lui verso noi.
Bisogna
lamentare che alcune persone pensino di essere assai elevate, ed anche
in perfetta unione con Dio, mentre invece non hanno ancora rinunciato a
se stesse, e sono ancora legate a delle piccolezze, sia nella gioia
che nel dolore. Esse sono molto lontane da quel che credono di essere.
Esse mirano a molte cose, e desiderano molto. Io ho detto una volta:
chi cerca il nulla, trova il nulla; perché deve lamentarsi? Ha trovato
quello che cercava. Chi cerca e desidera qualcosa, cerca e desidera il
nulla, e a chi chiede qualcosa, viene dato il nulla. Ma a chi non cerca
e non desidera che Dio, Dio scopre e dona tutto quello che ha nascosto
nel suo cuore divino, perché egli lo possegga in proprietà come Dio lo
possiede, né più né meno - nella misura in cui cerca Dio soltanto -.
Perché stupirsi se il malato non trova gusto al cibo ed al vino? Egli
non ha il vero sapore del cibo e del vino, perché la lingua ha una
patina, un rivestimento, con cui percepisce il cibo, e che è amaro,
secondo la natura della malattia. Le cose non possono giungere là dove
avrebbero sapore; esse sembrano amare al malato, ed a ragione, giacché
la patina e il rivestimento che ricopre la sua lingua devono fargliele
sembrare amare. Finché questo spessore non se ne va, niente ha il suo
vero sapore. Finché non è allontanato da noi quello spessore che ci
separa da Dio, noi non gustiamo Dio come è in sé, e la nostra vita
sembra spesso amara e triste.
Io
ho detto un giorno: Le vergini seguono subito l'Agnello, ovunque vada.
Vi sono qui tali vergini, ed altre che non sono tali, anche se credono
di esserlo. Le vere vergini seguono l'Agnello ovunque vada, nella
sofferenza come nella gioia. Altre seguono l'Agnello nella dolcezza e
nella soddisfazione, ma tornano indietro e non lo seguono quando va
nella tribolazione, nella sofferenza, nel dolore. In verità, esse non
sono vere vergini, nonostante le apparenze. Alcune dicono: Signore, vi
seguirò nell'onore, nella abbondanza e nella gioia. In verità, se
l'Agnello avesse vissuto e ci avesse preceduto così, vi concederei di
seguirlo nello stesso modo. Ma le vere vergini seguono l'Agnello ovunque
vada, per le strade larghe e per quelle strette.
Quando
i tempi furono compiuti, la grazia nacque. Dio voglia permettere che
tutte le cose siano così compiute in noi, perché possa nascere in noi la
grazia divina. Amen.