"…la dottrina è infallibile, è a causa del fatto che essa è un’espressione della verità, la quale, in se stessa, è assolutamente indipendente dagli individui che la ricevono e che la comprendono. La garanzia della dottrina risiede in definitiva nel suo carattere «non-umano»". René Guénon, Considerazioni sull’iniziazione, cap. "Sull’infallibilità tradizionale"

sabato 10 febbraio 2018

René Guénon Considerazioni sull'Iniziazione - XXI - Sul cosiddetti «poteri» psichici

René Guénon
Considerazioni sull'Iniziazione

XXI - Sul cosiddetti «poteri» psichici

Per concludere sull’argomento della magia e sulle cose di questo tipo, ci resta ancora da trattare di una questione, quella dei cosiddetti «poteri» psichici, questione che del resto ci riconduce più direttamente all’iniziazione, o piuttosto agli errori che si commettono al suo riguardo, giacché, come abbiamo detto all’inizio, c’è qualcuno che le attribuisce espressamente come obiettivo «lo sviluppo dei poteri psichici latenti nell’uomo». 

Quella che viene chiamata in questo modo non è altro, in fondo, che la facoltà di produrre «fenomeni» più o meno eccezionali e, di fatto, la maggior parte delle scuole pseudo-esoteriche o pseudo-iniziatiche dell’Occidente moderno non si propongono nulla di diverso; la gran maggioranza dei loro aderenti, infatti, sono affetti da una vera e propria ossessione in proposito, e tanto si illudono sul valore di questi «poteri» da farli passare per il segno di uno sviluppo spirituale, vuoi addirittura per il suo risultato finale, mentre, quand’anche non siano un semplice miraggio dell’immaginazione, essi appartengono unicamente alla sfera psichica – la quale non ha in realtà nulla a che vedere con lo spirituale –, e nella maggior parte dei casi sono soltanto un ostacolo all’acquisizione di ogni vera spiritualità.
Tale illusione sulla natura e sulla portata di simili «poteri» è quasi sempre associata a quell’interesse eccessivo per la «magia» che ha anch’essa come causa, come già abbiamo avuto occasione di osservare, la passione per i «fenomeni» che è così caratteristica della mentalità occidentale moderna; sennonché si insinua qui un altro errore che è opportuno segnalare: la verità è che non ci sono «poteri magici», quantunque quest’espressione si incontri a ogni momento, espressa non soltanto dalle persone di cui parlavamo, ma – per un curioso accordo nell’errore – anche da coloro che si sforzano di combattere le loro tendenze, pur essendo non meno ignoranti del fondo delle cose. La magia dovrebbe essere trattata per quella scienza naturale e sperimentale che è in realtà; per quanto strani o eccezionali siano i fenomeni di cui si occupa, essi non sono tuttavia più «trascendenti» di altri, e il mago, quando li provoca, lo fa semplicemente applicando la conoscenza che ha di certe leggi naturali, le leggi, cioè, della sfera sottile alla quale appartengono le forze che mette in gioco. Non si tratta perciò di nessun «potere» straordinario, non più di quanto sia straordinaria, del resto, la capacità di chi, avendo studiato una qualunque scienza, ne metta in pratica i risultati; si potrà forse dire, ad esempio, che un medico possiede dei «poteri», perché, sapendo quale rimedio si applica a una o all’altra malattia, la guarisce servendosi di quel rimedio? Tra il mago e colui che è in possesso di «poteri» psichici passa una differenza abbastanza comparabile a quella che esiste, nella sfera corporea, tra chi esegua un determinato lavoro con l’ausilio di una macchina e chi lo effettui con la sola forza o per l’abilità del proprio organismo; sia l’uno che l’altro operano di fatto nello stesso campo, ma non nello stesso modo. Del resto, si tratti di magia o di «poteri», in entrambi i casi – ripetiamo – non si tratta assolutamente di nulla di spirituale né di iniziatico; se mettiamo in rilievo la differenza che c’è tra le due cose, non è perché dal nostro punto di vista l’una valga più dell’altra; sennonché è sempre necessario sapere esattamente di cosa si parli ed eliminare le confusioni che esistono in merito a quell’argomento.
I «poteri» psichici sono, in certi individui, una cosa del tutto spontanea, l’effetto di una semplice disposizione naturale che si sviluppa da sola; stando così le cose, dovrebbe essere evidente che non è il caso di trarne vanto, così come non c’è ragione di trar vanto di qualsiasi altra disposizione naturale, dal momento che non sono il segno di nessuna «realizzazione» voluta, e che chi li possiede può addirittura non sospettare l’esistenza di qualcosa di simile; se non ha mai sentito parlare di «iniziazione» non gli verrà certo in mente di credersi «iniziato» perché vede cose che non tutti vedono, o perché ha talvolta dei sogni «premonitori», o perché gli capita di guarire un ammalato per semplice contatto, e senza che sappia bene come ciò avvenga. Sennonché esiste pure il caso in cui tali «poteri» vengono acquisiti o sviluppati artificialmente, come risultato di determinati «allenamenti» speciali; qui si tratta invece di qualcosa di più pericoloso, giacché accade di rado che ciò avvenga senza provocare un certo squilibrio; e, nello stesso tempo, è in casi simili che hanno più facilmente origine le illusioni: ci sono persone che sono convinte di aver ottenuto certi «poteri», di fatto perfettamente immaginari, sia semplicemente perché sono sotto l’influenza dei loro desideri e di una sorta di «idea fissa», ovvero per effetto della suggestione esercitata su di loro da qualcuno di quegli ambienti nei quali abitualmente si praticano gli «allenamenti» di questo tipo. È soprattutto in questi ambienti che si parla di «iniziazione» a proposito e a sproposito, accostandola più o meno completamente all’acquisizione di questi troppo vantati «poteri»; non c’è perciò da stupirsi se persone dalla mente debole, o ignoranti, si lasciano in certo qual modo affascinare da simili pretese, pretese che però basterebbe a demolire completamente la constatazione dell’esistenza del primo caso di cui abbiamo parlato, inteso che in esso si è in presenza di «poteri» del tutto simili, se non spesso addirittura più sviluppati e autentici, senza che alla loro origine ci sia la minima traccia di «iniziazione», reale o presunta. La cosa forse più strana e meno facilmente comprensibile è però che i possessori di tali «poteri» spontanei, se gli capita di venire in contatto con simili ambienti pseudo-iniziatici, siano talvolta portati a credere, anche loro, di essere degli «iniziati»; e tuttavia essi dovrebbero saper meglio di altri cosa pensare del reale carattere di tali facoltà, le quali – d’altronde – si incontrano, manifestate in proporzioni diverse, in molti fanciulli per altri versi del tutto ordinari, anche se spesso, in seguito, scompaiono più o meno rapidamente. La sola scusante per tutte queste illusioni è che nessuno di coloro che le suscitano e le alimentano in se stessi e negli altri ha la minima nozione di cosa sia la vera iniziazione; ma sia chiaro che ciò non ne diminuisce affatto il pericolo, sia per quanto riguarda i disturbi psichici e financo fisiologici che sono le sequele abituali di questo genere di cose, sia per quanto riguarda le conseguenze più remote, ancor più gravi, di uno sviluppo disordinato di possibilità inferiori il quale, come abbiamo detto in un’altra sede, è rivolto direttamente agli antipodi della spiritualità[1].
Ha una particolare importanza l’osservare che i «poteri» in questione possono benissimo coesistere con la più completa ignoranza dottrinale, com’è anche troppo facile constatare, ad esempio, nella maggior parte dei «chiaroveggenti» e dei «guaritori»; già solo questo proverebbe a sufficienza che essi non hanno il minimo rapporto con l’iniziazione, il cui scopo non può essere se non di pura conoscenza. Questo fa vedere, nello stesso tempo, come il loro ottenimento sia privo di qualsiasi vero interesse, giacché colui che li possiede non per ciò è più avanzato nella realizzazione del suo essere proprio, realizzazione che fa tutt’uno con la conoscenza effettiva vera e propria; essi costituiscono semplicemente delle acquisizioni del tutto contingenti e transitorie, esattamente paragonabili, in ciò, con lo sviluppo corporeo, il quale per lo meno non presenta gli stessi pericoli; e si può aggiungere che i pochi vantaggi non meno contingenti che il loro esercizio può fornire non compensano sicuramente gli inconvenienti ai quali abbiamo accennato. Per di più, tali vantaggi risiedono troppo spesso nella sola possibilità di stupire gli ingenui e di farsi da loro ammirare, o in altre soddisfazioni non meno vane e puerili; e il far mostra di simili «poteri» è già dar prova di una mentalità incompatibile con qualsiasi iniziazione, foss’anche al grado più elementare; che dire allora di coloro che se ne servono per farsi passare per «grandi iniziati»? Non è il caso di insistere, giacché queste cose hanno soltanto più la natura della ciarlataneria, quand’anche i «poteri» in questione siano reali nel loro ordine; in effetti, non è la realtà dei fenomeni in quanto tali che qui ha soprattutto rilievo, ma piuttosto il valore e la portata che è il caso di attribuirgli.
È indubbio che, anche in coloro di cui sia incontestabile la buona fede, la porzione di suggestione è assai elevata quando siano in questione fatti di questo genere; per convincersene è sufficiente prendere in esame un caso come quello dei «chiaroveggenti», le cui sedicenti «rivelazioni», che sono il più possibile lontane dall’accordarsi fra di loro, sono invece sempre in relazione con le loro idee proprie, o con quelle del loro ambiente, o della scuola alla quale appartengono. Ammettiamo tuttavia che si tratti di cose affatto reali – cosa che del resto ha più probabilità di verificarsi quando la «chiaroveggenza» è spontanea che non quando essa sia stata sviluppata artificialmente; anche in tal caso non si comprende perché ciò che è visto o udito nel mondo psichico dovrebbe avere, in maniera generale, più interesse o importanza di quanta ne abbia, nel mondo corporeo, quel che capita a ognuno di vedere e di udire passeggiando lungo una strada: persone di cui la maggior parte sono sconosciute o indifferenti, accadimenti che non lo riguardano in nulla, frammenti di conversazioni incoerenti o addirittura inintelligibili, e via di questo passo; questo paragone è indubbiamente quello che dà l’idea più giusta di ciò che di fatto si presenta al «chiaroveggente» volontario o involontario. Il primo è più scusabile se si inganna, nel senso che deve avere qualche difficoltà a riconoscere che tutti gli sforzi che ha prodotto, talvolta per anni, non portano alla fin fine che a un risultato così risibile; ma, per quanto riguarda il «chiaroveggente» spontaneo, la cosa dovrebbe invece apparirgli del tutto naturale, com’essa in effetti è; e se non accadesse troppo sovente che venga convinto che essa è straordinaria, indubbiamente egli non si sognerebbe mai di preoccuparsi maggiormente di quel che incontra nella sfera psichica di quanto non faccia per il suo analogo della sfera corporea, né di cercare significati meravigliosi o complicati per ciò che ne è assolutamente privo nella immensa maggioranza dei casi. A dire il vero, in effetti esiste una ragione per tutto quel che accade, anche per la cosa più insignificante e in apparenza indifferente, sennonché essa ci importa così poco che non ne teniamo alcun conto e non sentiamo nessun bisogno di cercarla, per lo meno quando si tratti di quella che si è inteso di chiamare la «vita ordinaria», ossia, in ultima analisi, degli avvenimenti del mondo corporeo; se si osservasse la stessa regola per quanto riguarda il mondo psichico (il quale in fondo è non meno «ordinario» in sé e per sé, se non proprio anche per quanto riguarda le percezioni che ne abbiamo), quante divagazioni ci sarebbero risparmiate! È vero che per ottenere questo risultato sarebbe necessario un grado di equilibrio mentale di cui disgraziatamente i «chiaroveggenti» – anche quelli spontanei – sono molto raramente provvisti, a maggior ragione quelli che hanno subito gli «addestramenti» psichici di cui dicevamo prima. A ogni buon conto, un tale «disinteresse» totale nei confronti dei fenomeni è nondimeno rigorosamente necessario per chi, trovandosi dotato di facoltà di questo genere, voglia ciò nonostante intraprendere una realizzazione d’ordine spirituale; quanto a chi non ne è provvisto naturalmente, questi, lungi dallo sforzarsi di ottenerle, deve ritenere al contrario che tale mancanza costituisca per lui un vantaggio assai sensibile in vista di una simile realizzazione, nel senso che avrà in tal modo un molto minor numero di ostacoli di cui sbarazzarsi; del resto, avremo da ritornare tra poco su quest’ultimo punto.
In definitiva, la stessa parola «poteri», quando sia usata in questo modo, ha il gran torto di evocare l’idea di una superiorità che simili cose non comportano affatto; se si può tuttavia accettarla, non sarà che a titolo di semplice sinonimo della parola «facoltà», la quale ha d’altronde, etimologicamente, un significato pressoché identico[2]; si tratta di fatto di possibilità dell’essere, ma di possibilità che non hanno nulla di «trascendente», dal momento che sono interamente d’ordine individuale, e che, anche in tale ambito, sono assai lontane dall’essere le più elevate e le più degne d’attenzione. Quanto poi ad attribuir loro un valore iniziatico qualsivoglia, non foss’altro che a titolo semplicemente ausiliario o preparatorio, si tratterebbe di tutto l’opposto della verità; e poiché ai nostri occhi solo quest’ultima conta, dobbiamo dire le cose come sono, senza preoccuparci che ciò possa far piacere o far dispiacere a qualcuno; i possessori di «poteri» psichici avrebbero sicuramente torto se ce ne volessero per questo, poiché con ciò non farebbero che darci ancor più completamente ragione, rendendo manifesta la loro incomprensione e il loro difetto di spiritualità: come, infatti, si potrebbe definire diversamente il fatto di essere attaccati a una prerogativa individuale, o piuttosto alla sua apparenza, al punto di preferirla alla conoscenza e alla verità?[3]



[1] Cfr. Il Regno della Quantità e i Segni dei Tempi, cap. XXXV.
[2] Tale significato originario della parola «facoltà» è altresì quello del termine sanscrito corrispondente indriya.
[3] Non si venga a opporre, a quel che è qui detto, che i «poteri» spontanei potrebbero essere il risultato di qualche iniziazione ricevuta «in astrale» – quando non sia addirittura in «esistenze anteriori»: dev’essere ben chiaro che quando parliamo dell’iniziazione, intendiamo parlare unicamente di cose serie, e non certo di fantasticherie di dubbio gusto.

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