René Guénon
Il Regno della Quantità e i Segni dei Tempi
18. Mitologia scientifica e volgarizzazione
18. Mitologia scientifica e volgarizzazione
Poiché siamo stati condotti ad accennare a quelle
«sopravvivenze» lasciate nella mentalità comune da teorie a cui nemmeno gli
scienziati credono più, e che però continuano ad esercitare la loro influenza
sull’atteggiamento della generalità degli uomini, sarà bene insistervi
ulteriormente, perché si tratta di un argomento che può contribuire a spiegare
certi aspetti dell’epoca attuale.
A questo proposito, è bene ricordare
anzitutto che, quando la scienza profana abbandona il campo della semplice
osservazione dei fatti per cercar di ricavare qualcosa da quell’indefinita
accumulazione di dettagli particolari che ne è l’unico risultato immediato, una
delle sue principali caratteristiche è la costruzione più o meno laboriosa di teorie
puramente ipotetiche; necessariamente esse non possono aspirare ad altro,
essendo la loro base di partenza del tutto empirica, perché i fatti, i quali in
se stessi sono sempre suscettibili di spiegazioni diverse, non hanno mai
potuto, né mai potranno, garantire la verità di alcuna teoria, e, come abbiamo
detto prima, la loro più o meno grande molteplicità non può certo mutare questo
punto; inoltre ipotesi del genere sono in fondo molto meno ispirate dalle
constatazioni dell’esperienza, che non piuttosto da certe idee preconcette e da
certe tendenze predominanti nella mentalità moderna.
È noto del resto con quale rapidità sempre crescente tali ipotesi vengano oggi abbandonate e sostituite con altre, così da dimostrare in modo anche troppo evidente, con questi cambiamenti continui, la loro poca solidità e l’impossibilità che si riconosca loro un valore in quanto conoscenza reale; esse assumono d’altronde sempre più, nel pensiero degli stessi scienziati, un carattere convenzionale, quindi insomma irreale, sintomo anche questo che stiamo incamminandoci verso la dissoluzione finale. In effetti non è possibile che questi scienziati, ed in particolare i fisici, siano così totalmente tratti in inganno da simili costruzioni, di cui oggi più che mai essi conoscono la fragilità; non solo tali costruzioni sono soggette a rapida usura, ma, fin dall’inizio, i loro stessi artefici non ci credono che in una certa misura, senza dubbio abbastanza limitata, ed a titolo in certo qual modo «provvisorio»; molto sovente pare addirittura che essi le considerino meno come veri e propri tentativi di spiegazione, che come semplici «rappresentazioni» e «modi di dire»; in definitiva sono poi soltanto questo, e abbiamo visto che Leibnitz aveva già dimostrato come il meccanicismo cartesiano non potesse essere altro che una «rappresentazione» delle apparenze esteriori, priva di qualsiasi valore propriamente esplicativo. In queste condizioni, il meno che si possa dire è che si tratta di cose piuttosto futili, ed è certamente uno strano modo di concepire la scienza quello che consente un lavoro del genere. Ma il pericolo di queste teorie illusorie risiede soprattutto nell’influenza che, per il solo fatto di chiamarsi «scientifiche», esse possono esercitare sul «grosso pubblico», il quale, per quanto lo concerne, le prende decisamente sul serio e le accetta ciecamente a mo’ di «dogmi», non solo finché durano (spesso esse hanno appena avuto il tempo di giungere a sua conoscenza), ma anche e soprattutto quando gli scienziati già le hanno abbandonate e anche molto dopo, data la loro persistenza, come abbiamo segnalato, nell’insegnamento elementare e nelle opere di «volgarizzazione», dove, del resto, esse vengono sempre presentate in una forma «semplicistica» e risolutamente affermativa, e non certo come semplici ipotesi quali esse erano in realtà per coloro stessi che le avevano elaborate. Non a caso abbiamo parlato di «dogmi» poiché, per il moderno spirito antitradizionale, si tratta proprio di qualcosa che deve opporsi e sostituirsi ai dogmi religiosi; un esempio fra i tanti, quello delle teorie «evoluzionistiche», non può lasciare alcun dubbio a questo proposito; e l’abitudine della maggior parte dei «volgarizzatori» di disseminare i loro scritti con declamazioni più o meno violente contro qualsiasi idea tradizionale è altrettanto significativa, e mostra anche troppo chiaramente quale funzione essi siano incaricati di svolgere, sia pure inconsciamente in molti casi, nella sovversione intellettuale della nostra epoca.
È noto del resto con quale rapidità sempre crescente tali ipotesi vengano oggi abbandonate e sostituite con altre, così da dimostrare in modo anche troppo evidente, con questi cambiamenti continui, la loro poca solidità e l’impossibilità che si riconosca loro un valore in quanto conoscenza reale; esse assumono d’altronde sempre più, nel pensiero degli stessi scienziati, un carattere convenzionale, quindi insomma irreale, sintomo anche questo che stiamo incamminandoci verso la dissoluzione finale. In effetti non è possibile che questi scienziati, ed in particolare i fisici, siano così totalmente tratti in inganno da simili costruzioni, di cui oggi più che mai essi conoscono la fragilità; non solo tali costruzioni sono soggette a rapida usura, ma, fin dall’inizio, i loro stessi artefici non ci credono che in una certa misura, senza dubbio abbastanza limitata, ed a titolo in certo qual modo «provvisorio»; molto sovente pare addirittura che essi le considerino meno come veri e propri tentativi di spiegazione, che come semplici «rappresentazioni» e «modi di dire»; in definitiva sono poi soltanto questo, e abbiamo visto che Leibnitz aveva già dimostrato come il meccanicismo cartesiano non potesse essere altro che una «rappresentazione» delle apparenze esteriori, priva di qualsiasi valore propriamente esplicativo. In queste condizioni, il meno che si possa dire è che si tratta di cose piuttosto futili, ed è certamente uno strano modo di concepire la scienza quello che consente un lavoro del genere. Ma il pericolo di queste teorie illusorie risiede soprattutto nell’influenza che, per il solo fatto di chiamarsi «scientifiche», esse possono esercitare sul «grosso pubblico», il quale, per quanto lo concerne, le prende decisamente sul serio e le accetta ciecamente a mo’ di «dogmi», non solo finché durano (spesso esse hanno appena avuto il tempo di giungere a sua conoscenza), ma anche e soprattutto quando gli scienziati già le hanno abbandonate e anche molto dopo, data la loro persistenza, come abbiamo segnalato, nell’insegnamento elementare e nelle opere di «volgarizzazione», dove, del resto, esse vengono sempre presentate in una forma «semplicistica» e risolutamente affermativa, e non certo come semplici ipotesi quali esse erano in realtà per coloro stessi che le avevano elaborate. Non a caso abbiamo parlato di «dogmi» poiché, per il moderno spirito antitradizionale, si tratta proprio di qualcosa che deve opporsi e sostituirsi ai dogmi religiosi; un esempio fra i tanti, quello delle teorie «evoluzionistiche», non può lasciare alcun dubbio a questo proposito; e l’abitudine della maggior parte dei «volgarizzatori» di disseminare i loro scritti con declamazioni più o meno violente contro qualsiasi idea tradizionale è altrettanto significativa, e mostra anche troppo chiaramente quale funzione essi siano incaricati di svolgere, sia pure inconsciamente in molti casi, nella sovversione intellettuale della nostra epoca.
Nella mentalità «scientistica» che, per le ragioni in gran
parte utilitaristiche da noi indicate, è, sia pure a livelli diversi, quella
della gran maggioranza dei nostri contemporanei, è venuta così a costituirsi
una vera e propria «mitologia», non già nel senso tradizionale e trascendente
dei veri «miti» tradizionali, ma semplicemente nell’accezione «peggiorativa»
assunta da questo termine nel linguaggio corrente. Se ne potrebbero citare
innumerevoli esempi; uno dei più sorprendenti e dei più «attuali», se così si
può dire, è la «fantasticheria» a proposito degli atomi e dei molteplici
elementi di varia specie in cui essi hanno finito per scomporsi secondo le più
recenti teorie fisiche (il che implica d’altronde che essi non siano più atomi,
cioè letteralmente «indivisibili», benché si continui a chiamarli così a
dispetto di qualsiasi logica); diciamo «fantasticheria», ché altro non c’è
senza dubbio nel pensiero dei fisici; ma il «grosso pubblico» crede fermamente
che si tratti di «entità» reali, le quali potrebbero esser viste e toccate da
qualcuno i cui sensi fossero sufficientemente sviluppati, o che disponesse di
strumenti di osservazione abbastanza potenti; non è forse questa la specie più
ingenua di «mitologia»? Eppure ciò non impedisce a questo stesso pubblico di
prendersi gioco ad ogni piè sospinto delle concezioni degli antichi, delle
quali, è fuori discussione, esso non capisce nemmeno una parola; anche a voler
ammettere che siano sempre esistite delle deformazioni «popolari»
(ecco un’altra espressione che oggi si è soliti adoperare a proposito e a
sproposito, senza dubbio a causa della crescente importanza accordata alla
«massa»), è lecito dubitare che esse siano mai state così grossolanamente
materiali e contemporaneamente tanto diffuse come lo sono ora, grazie alle
tendenze inerenti alla mentalità attuale ed alla tanto vantata diffusione della
profana e rudimentale «istruzione obbligatoria»!
Non è nostra intenzione dilungarci oltre misura su un
argomento che si presterebbe a sviluppi pressoché indefiniti, ma che si
allontanerebbe troppo da quello che è il nostro principale obiettivo. Per
esempio, sarebbe facile dimostrare che, grazie alla «sopravvivenza» delle
ipotesi, elementi in realtà appartenenti a teorie diverse si sovrappongono e si
frammischiano talmente, nella rappresentazione volgare, da formare talora le
combinazioni più eterogenee; del resto, a causa dell’inestricabile disordine
che regna dappertutto, la mentalità contemporanea è ormai in grado di accettare
volentieri le più strane contraddizioni. Preferiamo invece insistere ancora su
un aspetto della questione, che, a dire il vero, riferendosi a cose che
appartengono più propriamente ad una fase diversa da quella finora esaminata, è
un po’ un’anticipazione delle considerazioni che troveranno posto in seguito;
in questo campo, tuttavia, non è possibile fare delle nette distinzioni se non
a rischio di dare una raffigurazione troppo «schematica» della nostra epoca, e
del resto ciò dà modo di intravedere come le tendenze verso la
«solidificazione» e verso la dissoluzione, benché apparentemente opposte sotto
certi aspetti, siano però di fatto associate, in quanto agiscono
simultaneamente per giungere in definitiva alla catastrofe finale. Ciò di cui
vogliamo parlare è il carattere particolarmente stravagante che le rappresentazioni
in questione rivestono quando vengono trasportate in un campo diverso da quello
in cui erano primitivamente destinate a trovare applicazione; da qui
effettivamente derivano la maggior parte delle fantasmagorie di quello che
abbiamo chiamato «neospiritualismo» nelle sue diverse forme, e sono appunto i
prestiti dalle concezioni derivate essenzialmente dall’ordine sensibile a
spiegare quel genere di «materializzazione» del sovrasensibile che costituisce uno dei suoi tratti
principali.[1]
Senza cercare per il momento di determinare più esattamente la natura e la
qualità di quel sovrasensibile con cui effettivamente si ha a che fare qui, non
è inutile porre in risalto fino a che punto siano compenetrati dell’influenza
materialistica coloro stessi che ancora lo ammettono e che pensano di
constatarne l’azione: se essi non negano ogni realtà extracorporea, come la
maggioranza dei loro contemporanei, è perché l’idea che ne hanno può essere
ricondotta, in certo qual modo, al tipo delle cose sensibili, il che non vale
certamente gran che di più. Del resto non è il caso di stupirsene se si
constata come tutte le scuole occultistiche, teosofistiche, o altre di questo
genere amino costantemente ricercare punti di contatto con le teorie
scientifiche moderne, a cui molto sovente si ispirano più direttamente di
quanto non vogliano confessare; il risultato che se ne ricava è quello che
logicamente ci si deve aspettare in tali condizioni; e si può anche osservare
che, a causa delle variazioni successive di quelle teorie scientifiche, la
somiglianza delle concezioni di una determinata scuola con una determinata
teoria permetterebbe in qualche modo di «datare» quella scuola anche in assenza
di qualsiasi informazione più precisa sulla sua storia e sulle sue origini.
Questo stato di cose ha avuto inizio quando lo studio e la
manipolazione di certe influenze psichiche sono caduti, se così ci si può
esprimere, nell’ambito profano, il che in certo qual modo sta ad indicare
l’inizio della fase più propriamente «dissolvente» della deviazione moderna;
in definitiva, ciò può esser fatto risalire al secolo XVIII, per cui esso si
trova ad essere esattamente contemporaneo dello stesso materialismo, il che
dimostra come queste due cose, contrarie solo in apparenza, dovevano di fatto
andar di pari passo. Non pare che fatti simili si siano prodotti anteriormente,
senza dubbio perché la deviazione non aveva ancora raggiunto un grado di
sviluppo tale da renderli possibili. La caratteristica principale della
«mitologia» scientifica di quell’epoca fu la concezione di «fluidi» diversi coi
quali venivano allora rappresentate tutte le forze fisiche; ed è appunto questa
concezione che fu trasportata dall’ordine corporeo all’ordine sottile con la
teoria del «magnetismo animale». Se ci si riferisce all’idea della
«solidificazione» del mondo, si dirà forse che un «fluido» è per definizione
l’opposto di un «solido»; è però altrettanto vero che, in questo caso, esso
svolge esattamente la stessa funzione, poiché tale concezione ha per effetto di
«corporeizzare» cose le quali in realtà
appartengono alla manifestazione sottile. I magnetizzatori furono in qualche
modo i diretti precursori del «neospiritualismo», se non proprio i suoi primi
rappresentanti; le loro teorie e le loro pratiche influenzarono in più o meno larga
misura tutte le scuole sorte successivamente, sia apertamente profane come lo
spiritismo, sia aventi pretese «pseudo-iniziatiche» come le molteplici varietà
dell’occultismo. Questa persistente influenza è poi tanto più strana in quanto
appare del tutto sproporzionata all’importanza dei fenomeni psichici, in
definitiva assai elementari, che costituiscono il campo di esperienza del
magnetismo; ma forse è ancora più stupefacente la funzione svolta da questo
magnetismo, fin dal suo apparire, per sviare da qualsiasi lavoro serio certe
organizzazioni iniziatiche che fino a quel momento avevano ancora conservato,
se non una conoscenza effettiva un po’ estesa, almeno la coscienza di quanto
avevano perduto a questo proposito e la volontà di sforzarsi di ritrovarlo; ed
è permesso pensare che non è questa l’ultima delle ragioni per cui il
magnetismo fu «lanciato» al momento voluto, anche
se, come spesso succede in casi simili, i suoi promotori apparenti non furono,
nell’occasione, che strumenti più o meno incoscienti.
La concezione «fluidica» sopravvisse nella mentalità
generale, se non nelle teorie dei fisici, almeno fino alla metà del secolo XIX
(anche più a lungo continuarono ad essere comunemente impiegate espressioni
come «fluido elettrico», ma piuttosto macchinalmente e senza più annettervi una
rappresentazione precisa). Lo spiritismo, che comparve in tale epoca, ne
assunse l’eredità, in modo tanto più naturale in quanto ve lo predisponeva la
sua originaria connessione con il magnetismo, connessione ancora più stretta di
quel che a prima vista si potrebbe supporre, talché molto probabilmente lo
spiritismo non avrebbe mai potuto avere un grande sviluppo senza le divagazioni
dei sonnambuli, così come l’esistenza dei «soggetti» magnetici preparò e rese
possibile quella dei «medium» spiritici. Anche oggi la maggior parte dei
magnetizzatori e degli spiritisti continua a parlare di «fluidi» e, quel che è
più grave, a crederci seriamente; questo «anacronismo» è tanto più curioso se
si pensa che tutta questa gente è in genere partigiana fanatica del
«progresso», cosa che mal si accorda con una concezione la quale, esclusa ormai
da tempo dal campo scientifico, dovrebbe ai loro occhi apparire assai
«retrograda». Nella «mitologia» attuale, i «fluidi» sono stati sostituiti dalle
«onde» e dalle «radiazioni», e queste beninteso non mancano a loro volta di
svolgere la stessa funzione nelle teorie inventate più di recente per cercar di
spiegare l’azione di certe influenze sottili: sarà sufficiente menzionare la
«radioestesia», particolarmente rappresentativa a questo proposito. È fuori
questione che, se in tutto ciò fossero in causa semplici immagini o paragoni
fondati su di una qualche analogia (e non su di un’identità) con certi fenomeni
d’ordine sensibile, la cosa non avrebbe inconvenienti troppo gravi e potrebbe
pure, fino a un certo punto, trovare giustificazione; ma non è affatto così, ed
è proprio alla lettera che i «radioestesisti» credono che le influenze
psichiche con cui si cimentano siano «onde» o «radiazioni» propagantisi nello
spazio nel modo più «corporeo» che si possa immaginare; lo stesso «pensiero», del resto, non sfugge a
questo tipo di rappresentazione. Si tratta quindi sempre della stessa
«materializzazione» che continua ad affermarsi in una forma nuova, forse più
insidiosa di quella dei «fluidi» perché può apparire meno grossolana, benché,
in fondo, tutte queste cose siano esattamente dello stesso ordine, e non
facciano in definitiva che esprimere quelle stesse limitazioni inerenti alla
mentalità moderna nonché l’incapacità di questa a concepire alcunché al di
fuori del campo dell’immaginazione sensibile.[2]
Si noti per inciso che i
«chiaroveggenti», a seconda delle scuole alle quali si ricollegano, non mancano
di veder «fluidi» o «radiazioni» allo stesso modo che fra i teosofisti non
mancano coloro che vedono atomi ed elettroni; qui, come in molte altre cose,
essi vedono di fatto soltanto le loro proprie immagini mentali, le quali,
naturalmente, sono sempre conformi alle particolari teorie in cui essi credono.
Vi sono anche quelli che vedono la «quarta dimensione» nonché altre
supplementari dimensioni dello spazio; e ciò ci conduce, per finire, a spendere
qualche parola su un altro caso che ugualmente si ricollega alla «mitologia»
scientifica, cioè quello che chiameremmo volentieri il «delirio della quarta
dimensione». Bisogna convenire che l’«ipergeometria» aveva tutti gli elementi
per colpire l’immaginazione di gente priva di conoscenze matematiche
sufficienti per rendersi conto del vero carattere di una costruzione algebrica
espressa in termini di geometria, poiché in realtà non si tratta d’altro; e
questo, notiamolo di sfuggita, è un ulteriore esempio dei pericoli della «volgarizzazione. Inoltre,
ben prima che i fisici pensassero di far intervenire la «quarta dimensione» nelle loro ipotesi
(diventate del resto molto più matematiche che veramente fisiche, in ragione
del loro carattere sempre più quantitativo e nel contempo «convenzionale»), gli
«psichisti» (allora non si diceva
ancora «metapsichisti») già se ne servivano per
spiegare i fenomeni per cui un corpo solido sembra passare attraverso un altro;
e, anche qui, non si trattava per essi soltanto di una semplice immagine atta
ad «illustrare» in un certo modo quelle che si possono chiamare «interferenze» fra campi o stati
differenti, il che sarebbe stato accettabile, bensì si trattava realmente,
secondo loro, di un passaggio del corpo in questione attraverso la «quarta
dimensione». Questo non era del resto che un inizio, e in questi ultimi anni,
sotto l’influenza della nuova fisica, si sono viste certe scuole occultistiche
giungere financo a costruire la maggior parte delle loro teorie appunto su
questa stessa concezione della «quarta dimensione»; si può d’altronde
osservare, a tale proposito, che occultismo e scienza moderna tendono sempre
più a ricongiungersi, man mano che la «disintegrazione» avanza, poiché entrambi,
per vie diverse, sono incamminati verso di essa. Avremo occasione, più avanti,
di riparlare della «quarta dimensione» da un altro punto di vista; per intanto
abbiamo parlato abbastanza di tutte queste cose, ed è ora di dedicarci ad altre
considerazioni che si riferiscono più direttamente alla questione della
«solidificazione» del mondo.
[1] È soprattutto nello spiritismo che le rappresentazioni di questo genere si presentano nelle forme più grossolane, e nell’Erreur spirite, Paris, 1923 [trad. it.: Errore dello spiritismo, Milano, 1974] abbiamo avuto occasione di darne numerosi esempi.
[2] È in virtù di questa stessa incapacità e della conseguente confusione, che Kant, in campo filosofico, non esitava a dichiarare «inconcepibile» a tutto quanto è semplicemente «inimmaginabile»; e del resto, per parlare più in generale, sono in fondo sempre le stesse limitazioni quelle che danno origine a tutte le varietà dell’«agnosticismo».
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