"…la dottrina è infallibile, è a causa del fatto che essa è un’espressione della verità, la quale, in se stessa, è assolutamente indipendente dagli individui che la ricevono e che la comprendono. La garanzia della dottrina risiede in definitiva nel suo carattere «non-umano»". René Guénon, Considerazioni sull’iniziazione, cap. "Sull’infallibilità tradizionale"

domenica 23 novembre 2014

René Guénon, Il Regno della Quantità e i Segni dei Tempi - 18. Mitologia scientifica e volgarizzazione

René Guénon
Il Regno della Quantità e i Segni dei Tempi 

18. Mitologia scientifica e volgarizzazione

Poiché siamo stati condotti ad accennare a quelle «sopravvivenze» lasciate nella mentalità comune da teorie a cui nemmeno gli scienziati credono più, e che però continuano ad esercitare la loro influenza sull’atteggiamento della generalità degli uomini, sarà bene insistervi ulteriormente, perché si tratta di un argomento che può contribuire a spiegare certi aspetti dell’epoca attuale.
A questo proposito, è bene ricordare anzitutto che, quando la scienza profana abbandona il campo della semplice osservazione dei fatti per cercar di ricavare qualcosa da quell’indefinita accumulazione di dettagli particolari che ne è l’unico risultato immediato, una delle sue principali caratteristiche è la costruzione più o meno laboriosa di teorie puramente ipotetiche; necessariamente esse non possono aspirare ad altro, essendo la loro base di partenza del tutto empirica, perché i fatti, i quali in se stessi sono sempre suscettibili di spiegazioni diverse, non hanno mai potuto, né mai potranno, garantire la verità di alcuna teoria, e, come abbiamo detto prima, la loro più o meno grande molteplicità non può certo mutare questo punto; inoltre ipotesi del genere sono in fondo molto meno ispirate dalle constatazioni dell’esperienza, che non piuttosto da certe idee preconcette e da certe tendenze predominanti nella mentalità moderna.
È noto del resto con quale rapidità sempre crescente tali ipotesi vengano oggi abbandonate e sostituite con altre, così da dimostrare in modo anche troppo evidente, con questi cambiamenti continui, la loro poca solidità e l’impossibilità che si riconosca loro un valore in quanto conoscenza reale; esse assumono d’altronde sempre più, nel pensiero degli stessi scienziati, un carattere convenzionale, quindi insomma irreale, sintomo anche questo che stiamo incamminandoci verso la dissoluzione finale. In effetti non è possibile che questi scienziati, ed in particolare i fisici, siano così totalmente tratti in inganno da simili costruzioni, di cui oggi più che mai essi conoscono la fragilità; non solo tali costruzioni sono soggette a rapida usura, ma, fin dall’inizio, i loro stessi artefici non ci credono che in una certa misura, senza dubbio abbastanza limitata, ed a titolo in certo qual modo «provvisorio»; molto sovente pare addirittura che essi le considerino meno come veri e propri tentativi di spiegazione, che come semplici «rappresentazioni» e «modi di dire»; in definitiva sono poi soltanto questo, e abbiamo visto che Leibnitz aveva già dimostrato come il meccanicismo cartesiano non potesse essere altro che una «rappresentazione» delle apparenze esteriori, priva di qualsiasi valore propriamente esplicativo. In queste condizioni, il meno che si possa dire è che si tratta di cose piuttosto futili, ed è certamente uno strano modo di concepire la scienza quello che consente un lavoro del genere. Ma il pericolo di queste teorie illusorie risiede soprattutto nell’influenza che, per il solo fatto di chiamarsi «scientifiche», esse possono esercitare sul «grosso pubblico», il quale, per quanto lo concerne, le prende decisamente sul serio e le accetta ciecamente a mo’ di «dogmi», non solo finché durano (spesso esse hanno appena avuto il tempo di giungere a sua conoscenza), ma anche e soprattutto quando gli scienziati già le hanno abbandonate e anche molto dopo, data la loro persistenza, come abbiamo segnalato, nell’insegnamento elementare e nelle opere di «volgarizzazione», dove, del resto, esse vengono sempre presentate in una forma «semplicistica» e risolutamente affermativa, e non certo come semplici ipotesi quali esse erano in realtà per coloro stessi che le avevano elaborate. Non a caso abbiamo parlato di «dogmi» poiché, per il moderno spirito antitradizionale, si tratta proprio di qualcosa che deve opporsi e sostituirsi ai dogmi religiosi; un esempio fra i tanti, quello delle teorie «evoluzionistiche», non può lasciare alcun dubbio a questo proposito; e l’abitudine della maggior parte dei «volgarizzatori» di disseminare i loro scritti con declamazioni più o meno violente contro qualsiasi idea tradizionale è altrettanto significativa, e mostra anche troppo chiaramente quale funzione essi siano incaricati di svolgere, sia pure inconsciamente in molti casi, nella sovversione intellettuale della nostra epoca.

Nella mentalità «scientistica» che, per le ragioni in gran parte utilitaristiche da noi indicate, è, sia pure a livelli diversi, quella della gran maggioranza dei nostri contemporanei, è venuta così a costituirsi una vera e propria «mitologia», non già nel senso tradizionale e trascendente dei veri «miti» tradizionali, ma semplicemente nell’accezione «peggiorativa» assunta da questo termine nel linguaggio corrente. Se ne potrebbero citare innumerevoli esempi; uno dei più sorprendenti e dei più «attuali», se così si può dire, è la «fantasticheria» a proposito degli atomi e dei molteplici elementi di varia specie in cui essi hanno finito per scomporsi secondo le più recenti teorie fisiche (il che implica d’altronde che essi non siano più atomi, cioè letteralmente «indivisibili», benché si continui a chiamarli così a dispetto di qualsiasi logica); diciamo «fantasticheria», ché altro non c’è senza dubbio nel pensiero dei fisici; ma il «grosso pubblico» crede fermamente che si tratti di «entità» reali, le quali potrebbero esser viste e toccate da qualcuno i cui sensi fossero sufficientemente sviluppati, o che disponesse di strumenti di osservazione abbastanza potenti; non è forse questa la specie più ingenua di «mitologia»? Eppure ciò non impedisce a questo stesso pubblico di prendersi gioco ad ogni piè sospinto delle concezioni degli antichi, delle quali, è fuori discussione, esso non capisce nemmeno una parola; anche a voler ammettere che siano sempre esistite delle deformazioni «popolari» (ecco un’altra espressione che oggi si è soliti adoperare a proposito e a sproposito, senza dubbio a causa della crescente importanza accordata alla «massa»), è lecito dubitare che esse siano mai state così grossolanamente materiali e contemporaneamente tanto diffuse come lo sono ora, grazie alle tendenze inerenti alla mentalità attuale ed alla tanto vantata diffusione della profana e rudimentale «istruzione obbligatoria»!
Non è nostra intenzione dilungarci oltre misura su un argomento che si presterebbe a sviluppi pressoché indefiniti, ma che si allontanerebbe troppo da quello che è il nostro principale obiettivo. Per esempio, sarebbe facile dimostrare che, grazie alla «sopravvivenza» delle ipotesi, elementi in realtà appartenenti a teorie diverse si sovrappongono e si frammischiano talmente, nella rappresentazione volgare, da formare talora le combinazioni più eterogenee; del resto, a causa dell’inestricabile disordine che regna dappertutto, la mentalità contemporanea è ormai in grado di accettare volentieri le più strane contraddizioni. Preferiamo invece insistere ancora su un aspetto della questione, che, a dire il vero, riferendosi a cose che appartengono più propriamente ad una fase diversa da quella finora esaminata, è un po’ un’anticipazione delle considerazioni che troveranno posto in seguito; in questo campo, tuttavia, non è possibile fare delle nette distinzioni se non a rischio di dare una raffigurazione troppo «schematica» della nostra epoca, e del resto ciò dà modo di intravedere come le tendenze verso la «solidificazione» e verso la dissoluzione, benché apparentemente opposte sotto certi aspetti, siano però di fatto associate, in quanto agiscono simultaneamente per giungere in definitiva alla catastrofe finale. Ciò di cui vogliamo parlare è il carattere particolarmente stravagante che le rappresentazioni in questione rivestono quando vengono trasportate in un campo diverso da quello in cui erano primitivamente destinate a trovare applicazione; da qui effettivamente derivano la maggior parte delle fantasmagorie di quello che abbiamo chiamato «neospiritualismo» nelle sue diverse forme, e sono appunto i prestiti dalle concezioni derivate essenzialmente dall’ordine sensibile a spiegare quel genere di «materializzazione» del sovrasensibile che costituisce uno dei suoi tratti principali.[1] Senza cercare per il momento di determinare più esattamente la natura e la qualità di quel sovrasensibile con cui effettivamente si ha a che fare qui, non è inutile porre in risalto fino a che punto siano compenetrati dell’influenza materialistica coloro stessi che ancora lo ammettono e che pensano di constatarne l’azione: se essi non negano ogni realtà extracorporea, come la maggioranza dei loro contemporanei, è perché l’idea che ne hanno può essere ricondotta, in certo qual modo, al tipo delle cose sensibili, il che non vale certamente gran che di più. Del resto non è il caso di stupirsene se si constata come tutte le scuole occultistiche, teosofistiche, o altre di questo genere amino costantemente ricercare punti di contatto con le teorie scientifiche moderne, a cui molto sovente si ispirano più direttamente di quanto non vogliano confessare; il risultato che se ne ricava è quello che logicamente ci si deve aspettare in tali condizioni; e si può anche osservare che, a causa delle variazioni successive di quelle teorie scientifiche, la somiglianza delle concezioni di una determinata scuola con una determinata teoria permetterebbe in qualche modo di «datare» quella scuola anche in assenza di qualsiasi informazione più precisa sulla sua storia e sulle sue origini.
Questo stato di cose ha avuto inizio quando lo studio e la manipolazione di certe influenze psichiche sono caduti, se così ci si può esprimere, nell’ambito profano, il che in certo qual modo sta ad indicare l’inizio della fase più propriamente «dissolvente» della deviazione moderna; in definitiva, ciò può esser fatto risalire al secolo XVIII, per cui esso si trova ad essere esattamente contemporaneo dello stesso materialismo, il che dimostra come queste due cose, contrarie solo in apparenza, dovevano di fatto andar di pari passo. Non pare che fatti simili si siano prodotti anteriormente, senza dubbio perché la deviazione non aveva ancora raggiunto un grado di sviluppo tale da renderli possibili. La caratteristica principale della «mitologia» scientifica di quell’epoca fu la concezione di «fluidi» diversi coi quali venivano allora rappresentate tutte le forze fisiche; ed è appunto questa concezione che fu trasportata dall’ordine corporeo all’ordine sottile con la teoria del «magnetismo animale». Se ci si riferisce all’idea della «solidificazione» del mondo, si dirà forse che un «fluido» è per definizione l’opposto di un «solido»; è però altrettanto vero che, in questo caso, esso svolge esattamente la stessa funzione, poiché tale concezione ha per effetto di «corporeizzare» cose le quali in realtà appartengono alla manifestazione sottile. I magnetizzatori furono in qualche modo i diretti precursori del «neospiritualismo», se non proprio i suoi primi rappresentanti; le loro teorie e le loro pratiche influenzarono in più o meno larga misura tutte le scuole sorte successivamente, sia apertamente profane come lo spiritismo, sia aventi pretese «pseudo-iniziatiche» come le molteplici varietà dell’occultismo. Questa persistente influenza è poi tanto più strana in quanto appare del tutto sproporzionata all’importanza dei fenomeni psichici, in definitiva assai elementari, che costituiscono il campo di esperienza del magnetismo; ma forse è ancora più stupefacente la funzione svolta da questo magnetismo, fin dal suo apparire, per sviare da qualsiasi lavoro serio certe organizzazioni iniziatiche che fino a quel momento avevano ancora conservato, se non una conoscenza effettiva un po’ estesa, almeno la coscienza di quanto avevano perduto a questo proposito e la volontà di sforzarsi di ritrovarlo; ed è permesso pensare che non è questa l’ultima delle ragioni per cui il magnetismo fu «lanciato» al momento voluto, anche se, come spesso succede in casi simili, i suoi promotori apparenti non furono, nell’occasione, che strumenti più o meno incoscienti.
La concezione «fluidica» sopravvisse nella mentalità generale, se non nelle teorie dei fisici, almeno fino alla metà del secolo XIX (anche più a lungo continuarono ad essere comunemente impiegate espressioni come «fluido elettrico», ma piuttosto macchinalmente e senza più annettervi una rappresentazione precisa). Lo spiritismo, che comparve in tale epoca, ne assunse l’eredità, in modo tanto più naturale in quanto ve lo predisponeva la sua originaria connessione con il magnetismo, connessione ancora più stretta di quel che a prima vista si potrebbe supporre, talché molto probabilmente lo spiritismo non avrebbe mai potuto avere un grande sviluppo senza le divagazioni dei sonnambuli, così come l’esistenza dei «soggetti» magnetici preparò e rese possibile quella dei «medium» spiritici. Anche oggi la maggior parte dei magnetizzatori e degli spiritisti continua a parlare di «fluidi» e, quel che è più grave, a crederci seriamente; questo «anacronismo» è tanto più curioso se si pensa che tutta questa gente è in genere partigiana fanatica del «progresso», cosa che mal si accorda con una concezione la quale, esclusa ormai da tempo dal campo scientifico, dovrebbe ai loro occhi apparire assai «retrograda». Nella «mitologia» attuale, i «fluidi» sono stati sostituiti dalle «onde» e dalle «radiazioni», e queste beninteso non mancano a loro volta di svolgere la stessa funzione nelle teorie inventate più di recente per cercar di spiegare l’azione di certe influenze sottili: sarà sufficiente menzionare la «radioestesia», particolarmente rappresentativa a questo proposito. È fuori questione che, se in tutto ciò fossero in causa semplici immagini o paragoni fondati su di una qualche analogia (e non su di un’identità) con certi fenomeni d’ordine sensibile, la cosa non avrebbe inconvenienti troppo gravi e potrebbe pure, fino a un certo punto, trovare giustificazione; ma non è affatto così, ed è proprio alla lettera che i «radioestesisti» credono che le influenze psichiche con cui si cimentano siano «onde» o «radiazioni» propagantisi nello spazio nel modo più «corporeo» che si possa immaginare; lo stesso «pensiero», del resto, non sfugge a questo tipo di rappresentazione. Si tratta quindi sempre della stessa «materializzazione» che continua ad affermarsi in una forma nuova, forse più insidiosa di quella dei «fluidi» perché può apparire meno grossolana, benché, in fondo, tutte queste cose siano esattamente dello stesso ordine, e non facciano in definitiva che esprimere quelle stesse limitazioni inerenti alla mentalità moderna nonché l’incapacità di questa a concepire alcunché al di fuori del campo dell’immaginazione sensibile.[2]
Si noti per inciso che i «chiaroveggenti», a seconda delle scuole alle quali si ricollegano, non mancano di veder «fluidi» o «radiazioni» allo stesso modo che fra i teosofisti non mancano coloro che vedono atomi ed elettroni; qui, come in molte altre cose, essi vedono di fatto soltanto le loro proprie immagini mentali, le quali, naturalmente, sono sempre conformi alle particolari teorie in cui essi credono. Vi sono anche quelli che vedono la «quarta dimensione» nonché altre supplementari dimensioni dello spazio; e ciò ci conduce, per finire, a spendere qualche parola su un altro caso che ugualmente si ricollega alla «mitologia» scientifica, cioè quello che chiameremmo volentieri il «delirio della quarta dimensione». Bisogna convenire che l’«ipergeometria» aveva tutti gli elementi per colpire l’immaginazione di gente priva di conoscenze matematiche sufficienti per rendersi conto del vero carattere di una costruzione algebrica espressa in termini di geometria, poiché in realtà non si tratta d’altro; e questo, notiamolo di sfuggita, è un ulteriore esempio dei pericoli della «volgarizzazione. Inoltre, ben prima che i fisici pensassero di far intervenire la «quarta dimensione» nelle loro ipotesi (diventate del resto molto più matematiche che veramente fisiche, in ragione del loro carattere sempre più quantitativo e nel contempo «convenzionale»), gli «psichisti» (allora non si diceva ancora «metapsichisti») già se ne servivano per spiegare i fenomeni per cui un corpo solido sembra passare attraverso un altro; e, anche qui, non si trattava per essi soltanto di una semplice immagine atta ad «illustrare» in un certo modo quelle che si possono chiamare «interferenze» fra campi o stati differenti, il che sarebbe stato accettabile, bensì si trattava realmente, secondo loro, di un passaggio del corpo in questione attraverso la «quarta dimensione». Questo non era del resto che un inizio, e in questi ultimi anni, sotto l’influenza della nuova fisica, si sono viste certe scuole occultistiche giungere financo a costruire la maggior parte delle loro teorie appunto su questa stessa concezione della «quarta dimensione»; si può d’altronde osservare, a tale proposito, che occultismo e scienza moderna tendono sempre più a ricongiungersi, man mano che la «disintegrazione» avanza, poiché entrambi, per vie diverse, sono incamminati verso di essa. Avremo occasione, più avanti, di riparlare della «quarta dimensione» da un altro punto di vista; per intanto abbiamo parlato abbastanza di tutte queste cose, ed è ora di dedicarci ad altre considerazioni che si riferiscono più direttamente alla questione della «solidificazione» del mondo.



[1] È soprattutto nello spiritismo che le rappresentazioni di questo genere si presentano nelle forme più grossolane, e nell’Erreur spirite, Paris, 1923 [trad. it.: Errore dello spiritismo, Milano, 1974] abbiamo avuto occasione di darne numerosi esempi. 
[2] È in virtù di questa stessa incapacità e della conseguente confusione, che Kant, in campo filosofico, non esitava a dichiarare «inconcepibile» a tutto quanto è semplicemente «inimmaginabile»; e del resto, per parlare più in generale, sono in fondo sempre le stesse limitazioni quelle che danno origine a tutte le varietà dell’«agnosticismo».

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