Il Regno della Quantità e i Segni dei Tempi
21. Caino e Abele
Oltre a quelle di cui abbiamo detto finora, la
«solidificazione» del mondo ha, nell’ordine umano e sociale, altre conseguenze
di cui non abbiamo ancora parlato: essa genera, a questo riguardo, uno stato di
cose in cui tutto è contato, registrato e regolamentato, ciò che in fondo non è
che un’altra forma di «meccanizzazione».
È fin troppo facile constatare dappertutto, all’epoca nostra, fatti sintomatici quali, per esempio, la mania dei censimenti (la quale si ricollega del resto direttamente all’importanza attribuita alle statistiche)[1] e, in generale, l’incessante moltiplicarsi degli interventi amministrativi in tutte le congiunture della vita, interventi che devono ovviamente avere come effetto di assicurare l’uniformità più completa possibile tra gli individui, tanto più che uno dei «principi», se così si può chiamare, d’ogni amministrazione moderna, è di trattare tali individui come semplici unità numeriche in tutto simili l’una all’altra, vale a dire d’agire come se, per ipotesi, l’uniformità «ideale» fosse già realizzata, e di obbligare in questo modo tutti gli uomini a «dimensionarsi», se si potesse dire, secondo una stessa misura «media».
Avviene d’altronde che simile regolamentazione, man mano sempre più eccessiva, abbia una conseguenza assai paradossale: mentre si vantano la rapidità e la facilità crescenti delle comunicazioni tra i paesi più lontani, grazie alle invenzioni dell’industria moderna, nello stesso tempo si procurano tutti gli ostacoli possibili alla libertà delle comunicazioni, cosicché è spesso praticamente impossibile passare da un paese all’altro, ed in ogni caso ciò è diventato certamente molto più difficile che ai tempi in cui non esisteva nessun mezzo meccanico di trasporto. Si tratta di un altro degli aspetti particolari della «solidificazione»: in un mondo simile non c’è più posto per i popoli nomadi che finora sussistevano in condizioni diverse, perché essi giungono a poco a poco a non trovar. più davanti a loro alcuno spazio libero, e giacché inoltre vengono fatti sforzi di ogni genere per ridurli a vita sedentaria,[2] cosicché anche sotto questo aspetto non sembra più molto lontano il momento in cui «la ruota cesserà di girare». Per di più in questa vita sedentaria le città, le quali rappresentano in qualche modo l’ultimo grado della «fissazione», assumono un’importanza preponderante e tendono sempre più ad assorbire ogni cosa:[3] è così che, verso la fine del ciclo, Caino termina veramente di uccidere Abele.
È fin troppo facile constatare dappertutto, all’epoca nostra, fatti sintomatici quali, per esempio, la mania dei censimenti (la quale si ricollega del resto direttamente all’importanza attribuita alle statistiche)[1] e, in generale, l’incessante moltiplicarsi degli interventi amministrativi in tutte le congiunture della vita, interventi che devono ovviamente avere come effetto di assicurare l’uniformità più completa possibile tra gli individui, tanto più che uno dei «principi», se così si può chiamare, d’ogni amministrazione moderna, è di trattare tali individui come semplici unità numeriche in tutto simili l’una all’altra, vale a dire d’agire come se, per ipotesi, l’uniformità «ideale» fosse già realizzata, e di obbligare in questo modo tutti gli uomini a «dimensionarsi», se si potesse dire, secondo una stessa misura «media».
Avviene d’altronde che simile regolamentazione, man mano sempre più eccessiva, abbia una conseguenza assai paradossale: mentre si vantano la rapidità e la facilità crescenti delle comunicazioni tra i paesi più lontani, grazie alle invenzioni dell’industria moderna, nello stesso tempo si procurano tutti gli ostacoli possibili alla libertà delle comunicazioni, cosicché è spesso praticamente impossibile passare da un paese all’altro, ed in ogni caso ciò è diventato certamente molto più difficile che ai tempi in cui non esisteva nessun mezzo meccanico di trasporto. Si tratta di un altro degli aspetti particolari della «solidificazione»: in un mondo simile non c’è più posto per i popoli nomadi che finora sussistevano in condizioni diverse, perché essi giungono a poco a poco a non trovar. più davanti a loro alcuno spazio libero, e giacché inoltre vengono fatti sforzi di ogni genere per ridurli a vita sedentaria,[2] cosicché anche sotto questo aspetto non sembra più molto lontano il momento in cui «la ruota cesserà di girare». Per di più in questa vita sedentaria le città, le quali rappresentano in qualche modo l’ultimo grado della «fissazione», assumono un’importanza preponderante e tendono sempre più ad assorbire ogni cosa:[3] è così che, verso la fine del ciclo, Caino termina veramente di uccidere Abele.
In effetti, nel simbolismo biblico Caino è rappresentato
prima di tutto come un agricoltore, e Abele come un pastore, e sono perciò i
tipi delle due specie di popoli che ebbero esistenza fin dall’origine
dell’umanità presente, o per lo meno fin da quando non si produsse la prima
differenziazione: i sedentari, dediti alla coltivazione della terra; i nomadi,
dediti all’allevamento del bestiame.[4]
Sono queste, occorre insistere, le occupazioni essenziali e primordiali di
questi due tipi umani; il resto non è se non accidentale, derivato e
sovrapposto, e parlare per esempio di popoli cacciatori o pescatori, come
comunemente fanno gli etnologi moderni, è o confondere l’accidentale con
l’essenziale, o riferirsi unicamente a casi più o meno tardivi di anomalia e di
degenerazione, come se ne possono riconoscere di fatto presso certi selvaggi
(ed i popoli principalmente commercianti o industriali dell’Occidente moderno
non sono del resto meno anormali, benché in un modo diverso).[5]
Ciascuna di queste due categorie aveva naturalmente la legge tradizionale sua
propria, differente da quella dell’altra e adatta al suo genere di vita e alla
natura delle sue occupazioni; tale differenza si manifestava in particolare nei
riti sacrificali, da cui la speciale menzione fatta nel racconto della Genesi delle offerte vegetali di Caino e
delle offerte animali di Abele.[6]
E poiché stiamo facendo più particolare riferimento al simbolismo biblico, sarà
bene notare immediatamente, a tal proposito, che la Thorah ebraica si ricollega propriamente al tipo di legge dei
popoli nomadi: di qui il modo in cui è presentata la storia di Caino e Abele,
la quale, dal punto di vista dei popoli sedentari, apparirebbe sotto un’altra
luce e sarebbe suscettibile di un’altra interpretazione. Resta però inteso che
gli aspetti corrispondenti a questi due punti di vista sono inclusi entrambi
nel suo significato profondo, perché non si tratta d’altro, in definitiva, che
di un’applicazione del duplice significato dei simboli, applicazione a cui
abbiamo già fatto parziale allusione trattando della «solidificazione», poiché
tale questione, come si vedrà forse ancor meglio in seguito, è strettamente
legata al simbolismo dell’uccisione di Abele da parte di Caino. Dallo speciale
carattere della tradizione ebraica discende pure la riprovazione che è in essa
legata a certe arti o a certi mestieri i quali convengono propriamente ai
sedentari, e specificamente a tutto quel che attiene alla costruzione di dimore
fisse. Così, di fatto, fu per lo meno fino all’epoca in cui precisamente
Israele cessò d’esser nomade, e almeno per diversi secoli, vale a dire fino ai
tempi di Davide e di Salomone, e si sa che per costruire il Tempio di
Gerusalemme fu ancora necessario far ricorso a operai stranieri.[7]
Sono naturalmente i popoli dediti all’agricoltura che, a
causa del loro essere sedentari, presto o tardi sono portati a costruire città;
e, di fatto, è detto che la prima città fu fondata da Caino stesso; tale
fondazione ha d’altronde luogo soltanto molto dopo che vien fatta menzione
delle occupazioni agricole di Caino, ciò che fa ben vedere come vi siano due
fasi successive nel «sedentarismo»,
la seconda rappresentando, nei confronti della prima, un grado più accentuato
di fissità e di «restrizione» spaziale. In modo generale, le opere dei popoli
sedentari possono esser dette opere del tempo: costretti nello spazio in un
campo strettamente limitato, essi sviluppano la loro attività in una continuità
temporale che appare loro indefinita. All’opposto, i popoli nomadi e pastori
non edificano nulla di durevole, e non lavorano in vista d’un avvenire che
sfugge loro; ma hanno davanti a sé lo spazio, il quale non oppone nessuna
limitazione, aprendo loro, al contrario, costantemente nuove possibilità. Si
ritrova in tal modo la corrispondenza dei principi cosmici ai quali si
riferisce, in un altro ordine, il simbolismo di Caino e di Abele: il principio
di compressione, rappresentato dal tempo; il principio di espansione,
rappresentato dallo spazio.[8]
A dire il vero, sia l’uno sia l’altro di questi due principi si manifestano
tanto nel tempo quanto nello spazio, così come in ogni cosa, ed è necessario
notarlo per evitare identificazioni o assimilazioni troppo «semplificate», e per risolvere,
talvolta, certe opposizioni apparenti; ciò nonostante, è certo che l’azione del
primo predomina nella condizione temporale, e quella del secondo nella
condizione spaziale. Ora, il tempo consuma lo spazio, se così si può dire,
affermando in tal modo la sua natura di «divoratore», e di conseguenza, nel
corso degli anni, i sedentari assorbono i nomadi a poco a poco: sta qui, come
accennavamo più sopra, il senso sociale e storico dell’uccisione di Abele da
parte di Caino.
L’attività dei nomadi si esercita specialmente sul regno
animale, come essi mobile; quella dei sedentari, al contrario, prende come
oggetto i due regni fissi, il vegetale ed il minerale.[9]
D’altra parte, per forza di cose, i sedentari sono portati ad adottare dei
simboli visivi, immagini fatte di sostanze diverse, le quali sotto l’aspetto
del loro significato essenziale si riconducono però sempre, più o meno
direttamente, allo schematismo geometrico, origine e fondamento di ogni
formazione spaziale. I nomadi, invece, a cui le immagini sono vietate, così
come tutto quel che tenderebbe a legarli ad un luogo determinato, si
costituiscono dei simboli sonori, i soli compatibili con il loro stato di
migrazione continua.[10]
Sennonché c’è da notare che, fra le facoltà sensibili, la vista è in rapporto
diretto con lo spazio, e l’udito col tempo: gli elementi del simbolo visivo si
esprimono in simultaneità, quelli del simbolo sonoro in successione; in questo
ambito si opera perciò una specie di rovesciamento delle relazioni già
considerato in precedenza, rovesciamento che è del resto necessario per
stabilire un certo equilibrio tra i due principi contrari di cui abbiamo
parlato, e per mantenere le loro rispettive azioni entro limiti compatibili con
l’esistenza umana normale. A causa di ciò i sedentari creano le arti plastiche
(architettura, scultura, pittura), cioè le arti delle forme che si dispiegano
nello spazio; i nomadi creano le arti fonetiche (musica, poesia), cioè le arti
delle forme che si sviluppano nel tempo; e ciò perché, è opportuno insistervi
una volta ancora, tutte le arti alla loro origine sono essenzialmente
simboliche e rituali, ed è soltanto a causa di una degenerazione posteriore, in
realtà molto recente, che esse perdono questo loro carattere sacro per
diventare alla fine il «gioco» puramente profano a cui si riducono presso i
nostri contemporanei.[11]
Ecco perciò dove si manifesta il complementarismo delle
condizioni d’esistenza: coloro che lavorano per il tempo sono stabilizzati
nello spazio; coloro che errano nello spazio si modificano incessantemente col
tempo. Ed ecco ancora riapparire l’antinomia del «senso inverso»: coloro che
vivono secondo il tempo, elemento mutevole e distruggitore, si fissano e
conservano; coloro che vivono secondo lo spazio, elemento fisso e permanente,
si disperdono e mutano incessantemente. Occorre che sia così perché l’esistenza
degli uni e degli altri permanga possibile, in grazia dell’equilibrio almeno
relativo che si stabilisce tra i termini rappresentativi delle due tendenze
contrarie; se l’una o l’altra solamente delle due tendenze compressiva ed
espansiva entrasse in azione, la fine sopravverrebbe ben presto, vuoi per
«cristallizzazione», vuoi per «volatilizzazione», se ci è permesso servirci a
questo proposito delle espressioni simboliche che dovrebbero evocare la
«coagulazione» e la «soluzione» alchemiche, le quali d’altronde corrispondono
effettivamente, nel mondo attuale, a due fasi delle quali avremo ancora da
precisare in seguito il significato rispettivo.[12]
Ci troviamo qui, di fatto, in un campo dove si affermano con nettezza
particolare tutte le conseguenze delle dualità cosmiche, immagini o riflessi
più o meno lontani della dualità prima, quella stessa di essenza e di sostanza,
del Cielo e della Terra, di Purusha e
di Prakriti, la quale genera e domina
ogni manifestazione.
Sennonché, per ritornare al
simbolismo biblico, il sacrificio animale è fatale ad Abele,[13]
e l’offerta vegetale di Caino non è gradita;[14]
colui che è benedetto muore, e quegli che vive è maledetto. L’equilibrio,
dall’una e dall’altra parte, è dunque rotto; come ristabilirlo se non per mezzo
di scambi, tali che ciascuno abbia la sua parte delle produzioni dell’altro?
Così avviene che il movimento associ il tempo e lo spazio, essendo in qualche
modo una risultante della loro combinazione, e concili in essi le due tendenze
opposte di cui s’è trattato poco fa;[15]
il movimento non è ancora, anch’esso, nient’altro che una serie di squilibri,
ma la somma di questi ultimi costituisce l’equilibrio relativo compatibile con
la legge della manifestazione o del «divenire», cioè con l’esistenza
contingente stessa. Ogni scambio fra gli esseri soggetti alle condizioni
temporale e spaziale è in definitiva un movimento, o meglio un insieme di due
movimenti inversi e reciproci, i quali si armonizzano e si compensano l’un
l’altro; qui l’equilibrio si realizza perciò direttamente in grazia di tale
compensazione.[16]
Il movimento alternativo degli scambi può del resto avere il suo oggetto nei
tre campi spirituale (o intellettuale puro), psichico e corporeo, in
corrispondenza con i «tre mondi»: scambio dei principi, dei simboli e delle
offerte; questo è, nella vera storia tradizionale dell’umanità terrestre, il
triplice fondamento sul quale riposa il mistero dei patti, delle alleanze e
delle benedizioni, vale a dire, in fondo, la ripartizione vera e propria delle
«influenze spirituali» in azione nel nostro mondo. Ma non possiamo insistere
oltre su queste ultime considerazioni, che si riferiscono in tutta evidenza a
uno stato normale da cui siamo attualmente lontanissimi in ogni senso, e del
quale il mondo moderno in quanto tale non è propriamente che la pura e semplice
negazione.[17]
[1] Ci sarebbe molto da dire sulle proibizioni formulate in alcune tradizioni contro i censimenti, salvo in pochi casi eccezionali; se si dicesse che simili operazioni, insieme a tutte quelle del cosiddetto «stato civile», hanno fra gli altri inconvenienti quello di contribuire ad accorciare la durata della vita umana (ciò che è del resto conforme al procedere stesso del ciclo, soprattutto nei suoi ultimi periodi), certamente nessuno ci crederebbe, e tuttavia in certi paesi anche i contadini più ignoranti sanno benissimo, quale fatto d’esperienza corrente, che se si contano troppo spesso gli animali ne muoiono molti di più che se ci se ne astiene; Sennonché evidentemente, agli occhi dei moderni sedicenti «illuminati», queste non possono essere che «superstizioni»!
[2]
A questo proposito si possono citare quali esempi particolarmente significativi
i progetti «sionisti» nei riguardi degli Ebrei, così come i tentativi fatti di
recente per «fissare» gli Zingari in alcune contrade dell’Europa orientale.
[3]
A tale riguardo è necessario, per di più, ricordare che la «Gerusalemme
celeste» è essa stessa simbolicamente una «città», ciò che mostra come anche in
questo caso occorra tener conto, come dicevamo più sopra, di un duplice
significato della «solidificazione».
[4]
Sarebbe il caso di aggiungere che, poiché Caino è definito il fratello
maggiore, l’agricoltura pare, per questa ragione, avere una certa anteriorità;
e di fatto Adamo stesso è rappresentato fin da prima della «caduta» come avente
per funzione di «coltivare il giardino», ciò che d’altronde ha propriamente
attinenza col predominio del simbolismo vegetale nella raffigurazione
dell’inizio del ciclo (donde un’«agricoltura» simbolica e financo iniziatica,
quella stessa che Saturno, presso i Latini, era detto aver pure insegnato agli
uomini dell’«età dell’oro»); comunque stiano le cose, noi qui dobbiamo tener
conto soltanto dello stato simboleggiato dall’opposizione (la quale è nello
stesso tempo un complementarismo) di Caino e di Abele, vale a dire di quello stato
in cui la distinzione dei popoli in agricoltori e pastori è già un fatto
compiuto.
[5]
Le denominazioni di Iran e Turan, nelle quali si sono volute vedere
designazioni di razze, in realtà definiscono rispettivamente i popoli sedentari
e i popoli nomadi; Iran o Airyana deriva dal termine arya (da cui ârya per allungamento), che significa «aratore» (derivato a sua
volta dalla radice ar, che si ritrova
nel latino arare, arator, ed anche arvum, «campo»);
sicché l’uso del termine ârya quale
designazione onorifica (per le caste superiori) è, di conseguenza,
caratteristico della tradizione dei popoli dediti all’agricoltura.
[6]
Riguardo all’importanza del tutto particolare del sacrificio e dei riti che vi
si riferiscono nelle diverse forme tradizionali, cfr. Frithjof Schuon, Du Sacrifice, in «Études
Traditionnelles», aprile 1938, e A.K. Coomaraswamy, Âtmayajna: Self-sacrifice, in «Harvard Journal of Asiatic Studies»,
febbraio 1942.
[7]
La fissazione del popolo ebraico dipendeva d’altronde essenzialmente
dall’esistenza stessa del Tempio di Gerusalemme; distrutto questo, il nomadismo
ricompare sotto la forma speciale della «dispersione».
[8]
Per ciò che riguarda questo significato cosmologico rimandiamo ai lavori di
Fabre d’Olivet.
[9]
L’utilizzazione degli elementi minerali comprende in particolare la costruzione
e la metallurgia; su quest’ultima avremo da ritornare, poiché il simbolismo
biblico ne fa risalire l’origine a Tubalcain, a un discendente diretto, cioè,
di Caino, il cui nome si ritrova addirittura quale elemento che entra nella
formazione del suo proprio nome; ciò sta ad indicare che tra i due esiste una
corrispondenza particolarmente stretta.
[10]
La distinzione tra queste due fondamentali categorie di simboli è, nella
tradizione indù, quella tra yantra, o
simbolo figurato, e mantra, o simbolo
sonoro; essa comporta naturalmente una distinzione corrispondente nei riti dove
questi elementi simbolici sono rispettivamente impiegati; quantunque non sempre
si possa riscontrare una separazione così netta come quella che è il caso di
affermare in linea teorica, giacché di fatto sono possibili, in questo campo,
tutte le combinazioni nelle proporzioni più diverse.
[11]
Occorrerà appena far rilevare che in tutte le considerazioni qui esposte si
vede apparire nettamente il carattere correlativo e in qualche modo simmetrico
delle due condizioni spaziale e temporale viste sotto il loro aspetto
qualitativo.
[12]
È questa la ragione per cui il nomadismo, sotto il suo aspetto «malefico» e
deviato, esercita facilmente un’azione «dissolutrice» su tutto ciò con cui
viene a contatto; da parte sua il sedentarismo, sotto lo stesso aspetto, non
può infine portare che alle forme più grossolane di un materialismo senza vie
d’uscita.
[13]
Come Abele versò il sangue degli animali, così il suo sangue è versato da
Caino; è da vedere in ciò l’espressione di una «legge di compensazione» in
virtù della quale i parziali squilibri nei quali consiste in fondo ogni
manifestazione si integrano nell’equilibrio totale.
[14]
Vale la pena di dar rilievo al fatto che la Bibbia ebraica ammette tuttavia la
validità del sacrificio incruento in sé e per sé considerato: è tale infatti il
caso del sacrificio di Melchisedec, consistente nell’offerta essenzialmente
vegetale del pane e del vino; sennonché quest’ultima si riconduce in realtà al
rito del Soma vedico e alla
perpetuazione diretta della «tradizione primordiale», al di là della forma
particolare della tradizione ebraica e «abramica», e persino, ben più lontano
ancora, al di là della distinzione tra la legge dei popoli sedentari e quella
dei popoli nomadi; si tratta di un altro ricordo dell’associazione del
simbolismo vegetale con il «Paradiso terrestre», vale a dire con lo «stato
primordiale» della nostra umanità. L’accettazione del sacrificio di Abele e il
rifiuto di quello di Caino sono talvolta raffigurati in una forma simbolica
piuttosto inconsueta: il fumo del primo s’innalza verticalmente verso il cielo,
mentre quello del secondo si spande orizzontalmente sulla superficie della
terra; essi tracciano in tal modo, rispettivamente, l’altezza e la base d’un
triangolo che rappresenta l’ambito della manifestazione umana.
[15]
Del resto queste due tendenze si manifestano inoltre nel movimento stesso,
sotto le forme rispettive del movimento centripeto e del movimento centrifugo.
[16]
Equilibrio, armonia, giustizia non sono in realtà che tre forme o tre aspetti
di una sola e identica cosa; sarebbe del resto possibile, in un certo qual
senso, farli corrispondere rispettivamente ai tre campi di cui parliamo dopo, a
condizione, beninteso, di limitare in tal caso la giustizia al suo senso più
immediato, del quale la semplice «onestà» nelle transazioni commerciali
rappresenta, nei moderni, l’espressione parziale e degenerata, in seguito alla
riduzione d’ogni cosa al punto di vista profano e alla meschina banalità della
«vita ordinaria».
[17] L’intervento dell’autorità spirituale in ciò che riguarda la moneta, nelle civiltà tradizionali, si riferisce direttamente a quanto qui accennato; la moneta stessa, di fatto, è in qualche modo la rappresentazione vera e propria dello scambio, e da ciò si può comprendere in modo più preciso quale fosse la funzione effettiva dei simboli su di essa riprodotti e che di conseguenza circolavano con essa, conferendo allo scambio un significato completamente diverso da quello inerente alla sua semplice «materialità», la quale è tutto quel che ne rimane nelle condizioni profane che dominano, nel mondo moderno, le relazioni sia dei popoli sia degli individui.
[17] L’intervento dell’autorità spirituale in ciò che riguarda la moneta, nelle civiltà tradizionali, si riferisce direttamente a quanto qui accennato; la moneta stessa, di fatto, è in qualche modo la rappresentazione vera e propria dello scambio, e da ciò si può comprendere in modo più preciso quale fosse la funzione effettiva dei simboli su di essa riprodotti e che di conseguenza circolavano con essa, conferendo allo scambio un significato completamente diverso da quello inerente alla sua semplice «materialità», la quale è tutto quel che ne rimane nelle condizioni profane che dominano, nel mondo moderno, le relazioni sia dei popoli sia degli individui.
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