"…la dottrina è infallibile, è a causa del fatto che essa è un’espressione della verità, la quale, in se stessa, è assolutamente indipendente dagli individui che la ricevono e che la comprendono. La garanzia della dottrina risiede in definitiva nel suo carattere «non-umano»". René Guénon, Considerazioni sull’iniziazione, cap. "Sull’infallibilità tradizionale"

domenica 26 gennaio 2014

Meister Eckhart, Piccola antologia tematica

Meister Eckhart
Piccola antologia tematica

Conoscenza
1. Dio opera maggiormente in un cuore umile, perché è là che trova la maggiore possibilità di operare, trovandovi la maggiore somiglianza con se stesso.
In tal modo ci insegna come dobbiamo penetrare nel nostro fondo di vera umiltà e di vero spogliamento, perché deponiamo tutto quello che non abbiamo per natura, che è peccato e mancanza, e anche ciò che abbiamo per natura, ovvero tutto ciò che appartiene all'io proprio. Infatti, chi vuole penetrare nel fondo di Dio, in ciò che ha di più intimo, deve prima penetrare nel fondo proprio, in ciò che ha di più intimo, poiché nessuno conosce Dio se prima non conosce se stesso. L'uomo, che è al di sopra delle altre creature, conosce in una luce vera, in cui non è né tempo né spazio, senza "qui" né "ora". L'anima, che è una luce, racchiude in sé molto di Dio. (Sermone "Haec est vita aeterna, ut cognoscat te solum") 
2. L'intelletto è servo in senso più proprio della volontà o dell'amore. Volontà e amore si dirigono verso Dio in quanto è buono e, se non fosse buono, non lo degnerebbero di attenzione. Invece l'intelletto si spinge in alto, verso l'essere, senza far caso alla bontà, alla sapienza o alla potenza, o a tutto ciò che è accidentale. Non si rivolge a ciò che è aggiunto a Dio; lo coglie in se stesso: si immerge nell'essere e prende Dio come puro essere. Anche se non fosse sapiente, né buono, né giusto, lo prenderebbe in quanto puro essere. In ciò l'intelletto è simile alla più elevata signoria angelica, che comprende i tre cori: i Troni abbracciano Dio in sé e lo custodiscono, e Dio riposa in essi; i Cherubini confessano Dio e stanno vicini; i Serafini sono il fuoco. L'intelletto è simile a questi tre, e custodisce Dio in sé. Insieme a questi angeli, l'intelletto prende Dio nel suo guardaroba, nudo, in quanto è Uno, senza distinzione. (Sermone 37, Mio marito, tuo servo, è morto) 

Distacco
1. Chi è come deve essere si trova bene in ogni luogo e con chiunque, ma chi non è come deve essere non si trova bene in nessun luogo e con nessuno. Colui che è come deve essere ha Dio vicino a sé in verità, e chi possiede Dio in verità, lo possiede ovunque: per la strada e accanto a qualsiasi persona, così come in chiesa, in solitudine o nella cella. Se un uomo siffatto lo possiede veramente, e possiede lui soltanto, nessuno gli può essere di ostacolo. Questo perché egli ha Dio solo e a Dio solo va la sua intenzione, e tutte le cose divengono per lui Dio solo. Un tale uomo porta Dio in tutte le sue opere e in ogni luogo, ed è Dio soltanto a compiere tutte le opere di un tale uomo. L'uomo deve cogliere Dio in ogni cosa, e abituare il proprio spirito ad aver Dio sempre presente in sé, nella propria intenzione e nel proprio amore. Considera dunque in che modo sei rivolto a Dio quando sei in chiesa o nella tua cella, e mantieni un'identica disposizione dello spirito anche in mezzo alla folla, nel tumulto, fra le cose disuguali. Chi possiede Dio nella sua essenza, coglie Dio nella sua divinità; per quest'uomo Dio risplende in tutte le cose: per lui infatti tutte le cose sanno di Dio e in esse egli vede la sua immagine. (Istruzioni spirituali, n.6) 
2. Dice nostro Signore: "A chi rinuncia a qualcosa per amor mio e per amore del mio nome, io renderò il centuplo me la vita eterna" (Mt 19,29). Ma se tu ti distacchi da qualcosa per il centuplo o per la vita eterna, non ti sei distaccato da nulla, e, neppure per una ricompensa mille volte più grande, ti sei distaccato da nulla. Tu devi abbandonare te stesso, completamente, ed allora sei veramente distaccato. L'uomo che si è distaccato da se stesso, è così puro che il mondo non può sopportarlo. Chi ama la giustizia, di lui la giustizia si prende cura, ed egli viene preso dalla giustizia, ed è una sola cosa con la giustizia. L'uomo giusto non serve né Dio né le creature, perché è libero; e quanto più è vicino alla giustizia, tanto più è vicino alla libertà, e tanto più è la stessa libertà. Tutto quel che è creato non è libero. Finché è sopra di me qualcosa che non è Dio stesso, ciò mi opprime, per quanto piccolo o comunque sia; fosse anche lo stesso intelletto e l'amore; in quanto è creato e non Dio stesso, mi opprime, perché non è libero. L'uomo ingiusto serve la verità, gli sia gioia o dolore, e serve l'intero mondo e tutte le creature, ed è un servo del peccato. (Sermone "Ego elegi vos de mundo) 
3. L'uomo che è così saldo nell'amore di Dio deve essere morto a se stesso e a tutte le cose create, in modo tale da non fare attenzione a se stesso più che a chi è lontano oltre mille miglia. Quest'uomo permane nell'uguaglianza, permane nell'unità sempre completamente uguale: non entra in lui alcuna disuguaglianza. Quest'uomo deve avere rinunciato a se stesso e a tutto il mondo. Se ci fosse un uomo a cui il mondo intero appartenesse, e se egli lo abbandonasse, per Dio, ritrovandosi nudo così come lo ha avuto, Nostro Signore gli restituirebbe questo mondo tutto intero, e in più la vita eterna. Un altro uomo, che non avesse assolutamente nulla di corporeo o di spirituale cui rinunciare, né da donare, rinuncerebbe di più dell'altro. Tutto sarebbe donato a chi rinunciasse a se stesso assolutamente, anche per un solo istante. Ma se un uomo fosse stato nel distacco per vent'anni, e riprendesse se stesso anche per un solo attimo, non sarebbe ancora distaccato. L'uomo che ha abbandonato, che si è distaccato, che non guarda più assolutamente a ciò che ha abbandonato e permane costante, immutabile e impassibile in se stesso, soltanto quest'uomo è distaccato. (Sermone "Qui audit me non confundetur") 
4. È un uomo povero quello che niente vuole, niente sa, niente ha. a) Niente vuole: fintanto che l'uomo ha ancora in sé la volontà di compiere la dolcissima volontà divina, non ha ancora la povertà di cui parliamo. Infatti, egli ha ancora in sé una volontà, con cui vuole soddisfare la volontà di Dio, e questa non è la vera povertà. Perché l'uomo sia davvero povero deve essere privo della propria volontà come lo era quando non esisteva. Ve lo dico nell'eterna verità: finché avete la volontà di compiere la volontà di Dio e avete desiderio dell'eternità e di Dio, non siete ancora poveri; infatti vero uomo povero è solo colui che niente vuole e niente desidera. b) Niente sa: l'uomo dovrebbe vivere in modo da non vivere né per se stesso, né per la verità, né per Dio. Ma aggiungiamo: l'uomo che deve avere questa povertà, deve vivere così da non sapere neppure che egli vive né per se stesso, né per la verità, né per Dio. Egli deve essere così vuoto di ogni sapere, da non sapere né conoscere né sentire che Dio vive in lui. Inoltre, deve essere privo di ogni conoscere che vive in lui. c) Niente ha: l'uomo deve essere così povero da non avere, e non essere, alcun luogo in cui Dio possa operare. Quando l'uomo mantiene un luogo, mantiene anche una differenza. Perciò prego Dio che mi liberi da Dio, perché il mio essere essenziale è al di sopra di Dio, in quanto noi concepiamo Dio come inizio delle creature. In quell'essere di Dio in cui Egli è al di sopra di ogni essere e di ogni differenza, là ero io stesso, volevo me stesso e conoscevo me stesso per creare quest'uomo che io sono. Perciò io sono causa originaria del mio essere, che è eterno, e non secondo il mio divenire, che è temporale. (Sermone "Beati pauperus spiritu") 

Fede e vita cristiana
1. Chi vuole iniziare una nuova vita o una nuova opera, deve rivolgersi al suo Dio e chiedergli con grande forza e con tutta la sua devozione di disporre per lui le cose nel modo che egli giudica migliore e più degno, non volendo e non cercando costui il proprio bene, ma soltanto la volontà di Dio. Qualsiasi cosa Dio gli mandi, deve accettarla come derivante immediatamente da lui, considerarla la cosa migliore, ed esserne totalmente soddisfatto. Se poi gli piace di più un altro modo di agire, pensi allora che Dio gli ha assegnato quello, e che pertanto deve essere per lui il migliore. Egli deve avere fiducia in Dio, facendo rientrare in quel modo tutti i buoni modi di agire, e accettando in quello e secondo quello tutte le cose, di qualunque natura siano. (Istruzioni spirituali, n.22) 
2. Non si deve cercare niente, né conoscenza né scienza, né interiorità né devozione né pace, ma soltanto la volontà di Dio. Se si cerca soltanto la volontà di Dio, si deve accettare quello che ci capita o che ci viene manifestato, come un dono di Dio e non stare a vedere e considerare se venga dalla natura o dalla grazia, o da dove o in qual modo: tutto ciò deve essere per noi indifferente. Allora uno è come deve essere; e si deve condurre una semplice vita cristiana, senza mirare a una condotta particolare. Quel che si fa è sempre sufficiente, se v'è in noi l'amore di Dio. L'anima è fatta per un bene così grande ed alto, che essa non può in alcun modo trovare riposo, ed è sempre infelice, finché non giunge, sopra ogni modo, a quel bene eterno che è Dio, per il quale essa è fatta. Non vi giunge però con impeto, con la rigida ostinazione a fare questo e a lasciare quello, ma con la mitezza, in fedele umiltà e rinuncia a se stesso, nei confronti di tutto quello che capita. A questo mira ciò che si può consigliare e insegnare: che l'uomo si lasci condurre e non abbia che Dio in vista, per quanto questo si possa presentare con molte e diverse parole. L'uomo non deve pensare di progredire in una vita buona per il fatto che digiuna molto o compie molte opere esteriori; un segno del suo progresso è invece l'avere maggiore amore per le cose eterne e più avversione per quelle effimere. L'uomo deve rivolgere il proprio volere a Dio in ogni opera ed avere negli occhi Dio solo. E così proceda e non abbia timore, senza stare a considerare se così va bene per non compiere passi falsi. L'uomo deve seguire la prima ispirazione e procedere avanti; allora giunge dove deve e va bene così. (Sermone "Gott hat die Armen") 

Libertà
1. Lo spirito libero è quello non turbato da nulla, non legato a nulla, che non fa dipendere da alcunché il suo bene supremo, che in nulla mira a quanto è suo, ma è completamente sprofondato nella dolcissima volontà di Dio e ha deposto ciò che è suo. E la più intensa preghiera, la più potente per ottenere qualsiasi cosa, e l'opera fra tutte superiore, è quella che proviene da uno spirito libero. (Istruzioni spirituali, n.2) 
2. Sappi per vero che lo spirito libero, quando permane in un autentico distacco, costringe Dio a venire al suo essere, e, se potesse permanere senza forma e senza accidente alcuno, assumerebbe l'essere proprio di Dio. (Del distacco) 

Opere
1. L'uomo deve essere libero e signore delle proprie opere, senza essere distrutto né costretto. (Istruzioni spirituali, n. 22) 
2. I maestri sono d'accordo nel dire che finché l'uomo è nella grazia, tutte le opere che egli compie sono degne del premio eterno. E questo è vero, perché nella grazia è Dio che opera le opere. E dicono: se l'uomo cade in peccato mortale, sono morte anche tutte le opere che egli compie mentre si trova in peccato mortale, come egli stesso è morto, e non sono degne del premio eterno. E dicono poi: se Dio restituisce la grazia all'uomo cui dispiacciono le proprie colpe, allora tutte le opere che egli compì nella grazia risorgono e vivono come prima, e le opere compiute in peccato mortale sono perdute per sempre, il tempo e le opere insieme. E a questo contraddico io e dico: di tutte le buone opere che l'uomo ha compiuto mentre si trovava in peccato mortale, nessuna è perduta, e neppure il tempo in cui avvennero, dal momento che l'uomo riconquista la grazia. Se avviene un'opera buona attraverso un uomo, l'uomo si libera con questa opera e diviene più vicino al suo principio di quanto lo fosse prima e pertanto è migliore e più beato. Ma l'opera non è né buona né santa, né beata, ma è beato l'uomo in cui permane il frutto dell'opera. In questo senso non è mai andato perduto l'agire buono e neppure il tempo in cui avvenne, non perché esso permanga in quanto opera e tempo, ma perché, sciolto dall'opera e dal tempo, è eterno con la sua qualità nello spirito, come lo spirito è eterno in se stesso. Quando l'uomo compie buone opere mentre si trova in peccato mortale, non le compie a partire dal peccato mortale, ma piuttosto a partire dal fondo del suo spirito, che è buono in se stesso per natura, anche se egli non si trova nella grazia. Questo non nuoce allo spirito, perché il frutto dell'opera, sciolto dall'opera e dal tempo, permane nello spirito ed è spirito con lo spirito, e non viene annullato, così come non viene annullato l'essere dello spirito. (Sermone "Mortus erat et revivixit") 
3. Come mai spesso Dio permette che uomini buoni, veramente buoni, siano sovente impediti nelle loro buone opere. Il fedele Dio permette che i suoi amici cedano spesso alla propria debolezza, affinché venga loro a mancare qualsiasi sostegno cui potersi volgere o appoggiare. Per una persona che ama sarebbe infatti grande gioia riuscire a fare grandi cose: veglie, digiuni, e altri esercizi, e compiere imprese particolari, grandi e difficili; persone così trovano in ciò grande gioia, sostegno, speranza, in maniera che le loro opere sono un appoggio, un sostegno, una ragione di fiducia. Nostro Signore vuole privarle di ciò per essere il loro unico sostegno, la loro unica ragione di fiducia. Dio fa questo per pura bontà e misericordia: niente altro, infatti, che la sua pura bontà lo determina ad operare. Le nostre opere non servono in alcun modo a che Dio ci dia o compia qualcosa per noi. Nostro Signore vuole che i suoi amici si distacchino da ciò, e per questo toglie loro ogni sostegno: per essere il loro unico sostegno. Dio vuol dare loro molto, e lo vuole nella sua libera bontà; lui solo deve essere loro appoggio e loro consolazione: perciò essi devono stimarsi un puro nulla in mezzo ai grandi doni di Dio. Infatti, più è spogliato e nudo lo spirito che si rivolge a Dio ed è sorretto da lui stesso, più l'uomo è profondamente fissato in Dio, e più è capace di ricevere i suoi preziosissimi doni. L'uomo, infatti, deve costruire unicamente su Dio. (Istruzioni spirituali, n. 19) 
4. Tu dici: Dio opera cose tanto grandi in molte persone; il loro essere è riplasmato dall'essere di Dio, e così a operare in esse è Dio, non loro. Ringrazia Dio dei doni che fa loro e, se li fa a te, accettali, in nome di Dio. Se poi non te li accorda, fanne volentieri a meno; abbi soltanto lui nel tuo pensiero, e non curarti di sapere se a compiere le tue opere è Dio o sei tu stesso. Bisogna infatti che sia Dio a compierle, se hai soltanto lui nel tuo pensiero - che egli lo voglia o meno. (Istruzioni spirituali, n. 23) 

Turbamento
1. Io lodo il distacco ancor più di ogni misericordia, giacché la misericordia in null'altro consiste se non nel fatto che l'uomo esce da se stesso per andare verso le miserie del prossimo, e così il cuore ne ricava turbamento. Di tutto ciò il distacco resta scevro, permane in se stesso, e da nulla si lascia turbare. Infatti, finché qualcosa è in grado di turbare l'uomo, egli non è tale quale dovrebbe essere. (Del distacco) 
2. In Dio non c'è tristezza né sofferenza né tribolazione. Se vuoi essere liberato da ogni sofferenza e tribolazione, volgiti a Dio e unisciti in purezza a lui soltanto. Di certo, ogni sofferenza proviene dal fatto che tu non ti volgi unicamente in Dio e a Dio. Nulla che sia ineguale o ingiusto, nessuna cosa del mondo creato può far soffrire il giusto, perché, essendo tutto ciò che è creato così tanto al di sotto di lui quanto lo è al di sotto di Dio, non può influenzarlo né contaminarlo, né generarsi in lui, che ha Dio soltanto come Padre. Perciò bisogna che l'uomo molto si adoperi nello spogliarsi di se stesso e di tutte le cose create, e non riconosca altro padre che Dio soltanto. Così, nulla potrà farlo soffrire, né Dio né creatura, nulla di creato o di increato, giacché tutto il suo essere, vita, conoscenza, sapere e amare, è da Dio, in Dio, è Dio stesso. (Il libro della consolazione divina) 

Volontà
1. L'uomo non deve spaventarsi di nulla, finché la sua volontà è buona, né deve affliggersi se non può metterla in pratica attraverso le opere; né deve considerarsi lontano dalle virtù, se ha in sé una vera buona volontà giacché la virtù e ogni bene risiedono nella buona volontà. Se tu possiedi una volontà giusta, nulla ti mancherà: né amore, né umiltà, né virtù alcuna. Ciò che tu vuoi con tutta la tua volontà, tu lo possiedi, e non te lo può togliere né Dio né alcuna creatura, purché la tua volontà sia integra e veramente divina, e applicata al presente. Non devi dire "Vorrei...", giacché questo rimanda al futuro, ma invece: "Voglio che ora sia così". In verità, con la volontà io posso tutto. Posso sostenere la pena di tutti gli uomini, nutrire tutti i poveri, compiere le opere di ogni uomo, e qualsiasi cosa tu possa immaginare. Se non è la volontà che ti manca, ma solo la possibilità di agire, in verità tu hai compiuto, davanti a Dio, tutto questo. E nessuno te lo può togliere o contestare un solo istante, giacché voler fare, se se ne avesse la possibilità, e aver fatto, sono davanti a Dio la stessa cosa. Ugualmente, se io volessi avere tanta volontà quanta ne ha il mondo intero, e se tale desiderio fosse grande e totale, davvero io avrei questa volontà, perché io ho ciò che voglio avere. La volontà è piena e retta quando è totalmente spoglia di se stessa, disappropriata, e formata sulla volontà di Dio. (Istruzioni spirituali, n. 10) 

Unità
1. Ho letto una parola espressa da san Paolo nell'epistola [Ef 4,6]: Un solo Dio e padre di tutti, che è benedetto al di sopra di tutti, da tutti e in noi tutti. Quando dice: Un solo Dio, egli intende con ciò che Dio è Uno in se stesso e separato da tutto. Dio non appartiene ad alcuno, e nessuno gli appartiene; Dio è Uno. Boezio dice: Dio è Uno e non muta [Consolazione 3,9]. Tutto quel che Dio ha creato, lo ha creato soggetto al mutamento. Tutte le cose in quanto create, portano su di sé il mutamento. Questo significa che noi dobbiamo essere Uno in noi stessi, separati da tutto, sempre immutabili, Uno con Dio. Al di fuori di Dio non vi è che il nulla. Perciò è impossibile che in Dio abbia luogo qualche mutamento o cambiamento. Chi cerca un luogo fuori di sé, si muta. Ma Dio possiede in sé tutte le cose in pienezza; perciò non cerca niente fuori di sé, ma solo nella pienezza che è Dio. L'Uno è qualcosa di più puro della bontà e della verità. Bontà e verità non aggiungono niente, ma aggiungono nel pensiero: quando qualcosa viene pensato, si aggiunge. Invece l'Uno non aggiunge niente, là, dove egli è in se stesso, prima di effondersi nel Figlio e nello Spirito santo. Un maestro dice: L'Uno è la negazione della negazione. Se dico che Dio è buono, gli aggiungo qualcosa. Invece l'Uno è negazione della privazione. Che significa l'Uno? L'Uno significa ciò cui niente è aggiunto. L'anima coglie la Divinità come essa è pura in se stessa, dove niente le è aggiunto, neppure col pensiero. L'Uno è negazione della negazione. Tutte le creature portano in sé una negazione: ciascuna nega di essere l'altra. Un angelo nega di essere l'altro. Ma Dio ha una negazione della negazione; egli è l'Uno e nega ogni altra cosa, giacché niente è al di fuori di Dio. Tutte le creature sono in Dio e sono la sua propria divinità, e questo significa la pienezza. (Sermone "Un solo Dio e padre di tutti")

 Dal sito: www.mistica.info