"…la dottrina è infallibile, è a causa del fatto che essa è un’espressione della verità, la quale, in se stessa, è assolutamente indipendente dagli individui che la ricevono e che la comprendono. La garanzia della dottrina risiede in definitiva nel suo carattere «non-umano»". René Guénon, Considerazioni sull’iniziazione, cap. "Sull’infallibilità tradizionale"

domenica 12 gennaio 2014

Ramana Maharshi, Chi sono io?

Ramana Maharshi
Chi sono io?
- Nan Yar?

1) Recensione di René Guénon
2) Testo di Ramana Maharshi
3) In nota: Introduzione di T. M. P. Mahadevan



1.
Recensione di René Guénon al testo di Ramana Maharashi contenuto nella raccolta postuma Studi sull’Induismo
Shrî Ramana Maharshi: Who am I? Translated by S. Seshu Iyer (Tiruvannamalai, South India, Shrî Ramanashramam). Questo volumetto contiene le precisazioni fornite da Shrî Ramana in risposta alle domande poste da uno dei suoi discepoli, sulla «via di ricerca» (vichâra mârga) che egli più particolarmente preconizza: l’essere che, cercando di conoscere la sua vera natura, si domanda chi è realmente, vale a dire che cosa è che costituisce la sua propria essenza, deve rendersi conto prima di tutto, e in via successiva, che non è il corpo, non la forma sottile, non la forza vitale (prâna), non il mentale, e neppure l’insieme delle potenzialità che sussistono in uno stato indifferenziato nel sonno profondo; egli non può perciò identificarsi se non con ciò che permane dopo che tutti questi elementi avventizi sono stati eliminati, e cioè con la pura coscienza che è Sat-Chit-Ânanda. Questo è il «Sé» (Âtmâ) che risiede nel cuore (hridaya), ed è l’unica fonte di tutte le manifestazioni mentali, vitali, psichiche e corporee; esso può essere raggiunto attraverso la concentrazione e la meditazione, e lo stato di «assorbimento» in tale «Sé» non ha nulla in comune con l’esercizio di qualsivoglia facoltà o «potere» psichico, né, aggiungeremo noi per prevenire un altro errore di interpretazione troppo frequente in Occidente, con uno stato «psicologico», poiché è essenzialmente di là dal mentale. Di fatto, è questa una via di Jnâna Yoga che si trova indicata molto chiaramente nelle stesse Upanishad; e che potrebbe essere descritta «tecnicamente» come un processo di riassorbimento graduale dall’esterno verso l’interno, fino al centro vero e proprio dell’essere; tale via culmina infine nella conoscenza del «Sé» e nella realizzazione della sua vera natura (swarûpa), realizzazione che è la Liberazione (Mukti).

2.

Chi sono Io? - Nan Yar?* **
Così come tutti gli esseri viventi desiderano essere sempre felici, senza dolori, così avviene per chiunque osservi il supremo amore per il Sè, e poichè solo la felicità è la causa dell'amore, per ottenere questa felicità, che è la propria natura, e che si sperimenta nello stato di sonno profondo, dove non c'è la mente, bisogna conoscere se stessi. Per fare questo - il cammino della Conoscenza - il mezzo principale è il chiedersi "Chi sono Io?".

1 . Chi sono Io ?
Io non sono il corpo materiale, che è composto dai sette umori (dhatus); Io non sono i cinque organi di senso, ossia il senso dell'ascolto, del gusto, dell'olfatto, del tatto e della vista, che comprendono i loro relativi oggetti, il suono, il sapore, l'odore, il tatto ed il vedere; Io non sono i cinque organi conoscitivi, ossia gli organi del parlare, del movimento, del tocco, di escrezione e di procreazione, che hanno come loro rispettive funzioni il parlare, il muoversi, il toccare, il secernere ed il godere; Io non sono i cinque soffi vitali, prana ecc., che comprendono le cinque rispettive funzioni dell'inspirare ecc.; Io non sono neanche la mente che pensa; Così come non sono il ricordo, che riguarda solo le impressioni residue degli oggetti e nel quale non vi sono né oggetti né funzioni.

L'esordio del trattato in un manoscritto sanscrito

2. Se io non sono nessuno di questi, chi sono?
Dopo aver negato tutte queste cose come "né questo", "né quello", rimane solo la Consapevolezza - quella io sono.
 
3. Qual'è la natura della Coscienza?
La natura della Coscienza è esistenza-coscienza-beatitudine.
 
4. Quando  raggiungeremo la realizzazione del Sé?
Quando il mondo, che è l'oggetto del percepire, sarà rimosso, ci sarà la realizzazione del Sé, che è il percipiente.
 
5. Non ci sarà realizzazione del Sé finché ci sarà il mondo (percepito come reale)?
Non ci sarà.
 
6. Perché?
Il percipiente e l'oggetto percepito sono come la corda ed il serpente. Come non si riconosce la corda, che è il substrato, fin quando non scompare l'illusoria percezione del serpente, così la realizzazione del Sé, che è il substrato, non sarà raggiunta finchè non si rimuoverà la convinzione della realtà del mondo.
 
7. Quando sarà rimosso il mondo, che è l'oggetto percepito?
Quando la mente, che è la causa di tutte le nozioni e di tutte le azioni, sarà placata, il mondo scomparirà.
 
8. Qual'è la natura della mente?
Ciò che è chiamato "mente" è un meraviglioso potere che risiede nel Sé. Essa provoca l'apparire di tutti i pensieri. Eliminati i pensieri scompare anche la mente. Quindi il pensiero è la natura della mente. Eliminati i pensieri non c'è un'entità separata chiamata mondo. Nel sonno profondo non ci sono pensieri, e non c'è mondo. Nello stato di sogno ci sono pensieri e c'è anche un mondo. Proprio come un ragno emette il filo (della ragnatela) fuori di sé e poi lo ritira in sé, così la mente proietta il mondo fuori di sé e poi lo riporta in sé. Quando la mente esce dal Sè il mondo appare. Quindi, finché il mondo appare (essere reale), il Sè non appare, e quando il Sé appare (rifulge), il mondo scompare. Quando una persona si interroga costantemente sulla natura della mente, la mente se ne va, lasciando il Sé. Ciò che viene chiamato "Sé" è l'Atman. La mente esiste sempre solamente in quanto legata a qualcosa di materiale; Non può esistere da sola. Questa mente viene chiamata "corpo sottile", o anima (jiva).
 
9. Qual'è la strada da seguire per comprendere la natura della mente?
Ciò che appare quale "io" in questo corpo è la mente. Se qualcuno si chiedesse dove, nel corpo, risieda il senso dell' "io", scoprirebbe che esso risiede nel cuore. Questo è il posto nel quale ha origine la mente. Anche se uno pensa costantemente "io", "io", egli viene condotto in quel posto. Di tutti i pensieri che appaiono nella mente, quello dell'"io" è il primo. E' solo successivamente a questo pensiero che tutti gli altri si manifestano. E' dopo che è apparso il primo pronome personale che possono apparire il secondo ed il terzo; senza il primo pronome personale non ci sarebbero né il secondo né il terzo.
 
10. Come si può placare la mente?
Chiedendosi: "Chi sono io?". Il chiedersi "Chi sono io" distrugge tutti gli altri pensieri, e come il bastoncino usato per accendere la pira, esso stesso alla fine scomparirà. In quel momento si avrà l'Autorealizzazione.
 
11. Cosa significa concentrarsi costantemente sul  pensiero "Chi sono io?"
Quando appaiono gli altri pensieri, non bisognerebbe dargli attenzione, ma chiedersi: "A chi appaiono?". La risposta che emergerà sarà: "a me". Conseguentemente se ci si chiede "Chi sono io?", la mente risale alla sua sorgente; ed il pensiero che era sorto diverrà quiescente. Con questo esercizio la mente svilupperà la capacità di rimanere in se stessa. Quando la mente, che è sottile, si proietta tramite il cervello e gli organi di senso, appaiono i nomi e le forme materiali; quando invece rimane nel cuore, nomi e forme scompaiono. Non proiettandola, ma ritenendola nel Cuore si ha ciò che viene chiamata "consapevolezza interiore" (antar-mukha). Proiettando la mente fuori dal Cuore si ha invece ciò che vien detta "consapevolezza esteriore" (bahir-mukha). In tal modo, quando la mente sta nel Cuore, l'"io", che è l'origine di tutti i pensieri, scompare, ed il Sé, eterno, si manifesta. Qualunque azione si compia, bisognerebbe farla senza il senso dell'"io". Se si agisce in questo modo tutto apparirà come la natura di Shiva (Dio).
 
12. Ci sono altri metodi per spegnere la mente?
Non ci sono altri metodi adeguati oltre l'autosservazione. Benché anche con altri metodi possa sembrare di aver placato la mente, essa poi risorgerà. Anche attraverso il controllo del respiro la mente si tranquillizza, ma rimane tale solo finché il respiro rimane controllato, e, non appena termina tale controllo, anche la mente si rimette in moto spinta dalle impressioni residue. L'origine è la stessa sia per il respiro che per la mente. Il pensiero, in verità, è la natura della mente. Il concetto di "io" è il primo pensiero della mente, e questa è l'egoità. E' da ciò da cui nasce l'egoità che origina anche il respiro. Quindi, quando la mente diventa tranquilla, anche il respiro diventa controllato, e quando il respiro viene controllato la mente si placa. Ma nel sonno profondo, benché la mente si fermi, il respiro non cessa. Questa è la volonta di Dio, affinché il corpo sia preservato e gli altri non credano che si sia morti. Nello stato di veglia e nel samadhi, quando la mente diventa tranquilla anche il respiro diviene regolare. Il respiro è la forma concreta della mente. Fino all'ora della morte la mente mantiene il respiro nel corpo, e quando il corpo muore la mente porta via con sé il respiro. Per questo l'esercizio del controllo del respiro è solo un aiuto per placare la mente (manonigraha); esso non la distrugge (manonasa).
Allo stesso modo le altre pratiche della meditazione sulla forma di Dio, la ripetizione dei mantra, le restrizioni sul cibo ecc. sono solo aiuti per placare la mente.
Attraverso la meditazione sulle forme di Dio e la ripetizione dei mantra, la mente diviene concentrata. La mente si risveglierà sempre. Come quando un elefante viene incatenato ad un tronco e non può far altro che spostarsi per quanto lo permette la catena, così quando la mente è occupata con un nome o una forma essa si manterrà solo su quella. Quando la mente si espande su infiniti pensieri, ogni pensiero è debole ma quando i pensieri svaniscono la mente si concentra e si rafforza; per questo una mente auto osservante diviene docile. Di tutte le regole ascetiche, quella relativa all'assumere cibo sattvico in quantità moderate è la migliore; osservando questa regola la qualità sattvica della mente aumenta e questo aiuterà l'autosservazione.
 
13. Le impressioni residue (pensieri) degli oggetti sembrano susseguirsi come le onde dell'oceano. Quando esse saranno tutte distrutte?
Quando la meditazione sul Sé diverrà sempre più profonda i pensieri si annulleranno.
 
14. Nelle circostanze quotidiane, è possibile risolvere le impressioni residue degli oggetti che appartengono al continuo divenire e quindi stabilizzarsi nel Puro Sé?
Senza porsi il problema se sia possibile o meno, la persona dovrebbe perseverare nella meditazione sul Sé. Anche se uno fosse un grande peccatore, egli non dovrebbe rattristarsi e lamentarsi dicendo: "Oh! Io sono un grande peccatore, come potrò essere salvato?". Dovrebbe rinunciare completamente al pensiero "io sono un peccatore"  e concentrarsi acutamente nella meditazione sul Sé. In questo modo avrà certamente successo. Non ci sono due menti, una buona e l'altra cattiva; la mente è solo una. Sono le impressioni residue che sono di due tipi  - positive e negative. Quando la mente è sotto l'influenza di impressioni positive è chiamata buona; e quando è sotto l'influenza di impressioni negative è vista come cattiva.
Non si dovrebbe permettere alla mente di interessarsi agli oggetti materiali ed a ciò che riguarda gli altri. Per quanto cattiva una persona possa essere, non bisognerebbe portarle astio. Sia il desiderio che l'avversione andrebbero evitati. Tutto ciò che si dà agli altri lo si dà a se stessi. Comprenendo questa verità chi non darà agli altri? Quando uno si eleva tutti si elevano; quando si abbassa tutti si abbassano. Tanto più ci comporteremo umilmente, tanto più vedremo il bene. Quando la mente è annullata si può vivere dovunque.
 
15. Per quanto tempo bisogna praticare l'autosservazione?
Fin quando gli oggetti lasciano un'impressione sulla mente è necessario chiedersi "chi sono io?". Quando sorgono i pensieri essi dovrebbero essere distrutti alla radice, tramite l'osservazione. Se si assurge alla contemplazione del Sé senza interruzioni, fino a quando il Sé sia realizzato, allora esisterà solo quello. Finché vi saranno nemici nella fortezza essi continueranno ad uscire, ma se essi saranno distrutti appena emergono, la fortezza cadrà nelle nostre mani.
 
16. Qual'è la natura del Sé?
L'unica cosa che esiste veramente è il Sé. Il mondo, l'anima individuale, e Dio, sono sue manifestazioni. Come l'argento nella madreperla questi tre appaiono insieme, ed insieme scompaiono. Il Sé è ciò che rimane quando non c'è assolutamente più nessun senso di "io". Questo stato è chiamato "silenzio". Il Sé stesso è il mondo, il Sé stesso è l'"io", il Sé stesso è Dio; tutto è Shiva, il Sé.
 
17. Non è ogni cosa creazione di Dio?
Il sole sorge senza desiderio, volere o sforzo; e con la sua sola presenza la pietra di sole emette fuoco, il loto sboccia, l'acqua evapora, la gente svolge le sue attività e tutto il resto. Come in presenza del magnete la bussola si muove, è in virtù della mera presenza di Dio che le anime governate dalle tre (cosmiche) funzioni o dalla quintuplice attività divina, svolgono le loro funzioni e tutto il resto, in accordo con il loro proprio karma. Dio non ha proposito; nessun karma lo vincola. Questo è come le azioni del mondo che non influenzano il sole, o come i meriti e demeriti degli altri quattro elementi non influenzano tutto lo spazio infinito.
 
18. Qual'è il più grande tra i devoti?
Il più eccellente è colui che porta se stesso al Sé, che è Dio. Giungere a Dio significa rimanere costantemente nel Sé, senza lasciare spazio al sorgere di alcun altro pensiero che quello del Sé. Dio sopporta qualunque carico gli sia affidato. Poiché il supremo potere di Dio si prende cura di ogni cosa, perché noi, senza lasciarli a Lui, costantemente ci preoccupiamo con i pensieri su cosa debba essere fatto e come e su cosa non debba essere fatto e perché? Noi sappiamo che il treno porta tutti i pesi e quindi, perché, dopo esserci saliti dovremmo stare scomodi e portare i piccoli bagagli sulla testa anziché posarli sul treno e riposarci?
 
19. Cosa è il non-attaccamento?
Il non attaccamento consiste nel distruggere tutti i pensieri alla radice non appena sorgono. Proprio come il pescatore di perle lega una pietra alla cintola, si immerge nel mare e lì pesca le perle, così ciascuno di noi dovrebbe dotarsi del non attaccamento, scendere in se stesso ed ottenere la perla del Sé.
 
20. Non è possibile per Dio e per il Maestro liberare un'anima?
Dio ed il Maestro mostreranno solo la strada verso la liberazione; essi non porteranno da soli l'anima alla liberazione. In verità Dio ed il Maestro non sono differenti. Proprio come la preda che è finita tra le fauci di una tigre non ha scampo, così colui che sarà accolto nella amorevole protezione del Maestro verrà da lui salvato e non si perderà, ma tuttavia dovrà percorrere in prima persona il sentiero mostrato dal Maestro o da Dio, ed ottenere la liberazione. Ciascuno può conoscere se stesso solo con la propria facoltà di conoscenza e non con quella di un altro. Colui che è Rama dovrebbe usare uno specchio per sapere che lui è Rama?
 
21. E' necessario per chi vuole raggiungere la liberazione interrogarsi sulla natura delle categorie (tattvas)?
Così come colui che deve gettare della spazzatura non ha bisogno di analizzarla e vedere cosa sia, allo stesso modo chi vuole conoscere il Sé non ha bisogno di contare il numero di categorie o porsi domande al riguardo; ciò che deve fare è rigettare completamente tutte le categorie che nascondono il Sé. Il mondo andrebbe considerato come un sogno.
 
22. Non c'è differenza tra veglia e sogno?
La veglia è lunga ed il sogno breve; non ci sono altre differenze. Come lo stato di veglia sembra reale quando ci si sveglia, così accade nel sogno mentre si sogna. Nel sogno la mentre utilizza un altro corpo. In entrambi gli stati di sogno e veglia, pensieri, nomi e forme occorrono simultaneamente.
 
23.  È utile leggere libri per coloro che aspirano alla liberazione?
Tutti i libri affermano che per ottenere la liberazione è necessario assopire la mente, quindi la sostanza di tutti gli insegnamenti è che la mente va resa quiescente; quando si è capito questo non c'è utilità nel leggere senza posa. Per acquietare la mente bisogna solamente interrogarsi su cosa sia il Sé; come potrebbe essere condotta sui libri questa ricerca? Ciascuno dovrebbe conoscere il proprio Sé con i propri occhi della saggezza. Il Sé è nelle cinque guaine, ma i libri no. Dal momento che il Sé va scoperto eliminando le cinque guaine, è futile cercarlo nei libri. Verrà il momento in cui bisognerà dimenticare tutto ciò che si è imparato.
 
24. Cos'è la felicità?
La felicità è la vera natura del Sé; felicità e Sé non sono differenti. Non c'è felicità in nessun oggetto del mondo. Nella nostra ignoranza crediamo di poter trovare felicità negli oggetti. Quando la mente se ne va, sperimenta il dolore. In realtà, quando i suoi desideri sono soddisfatti, essa torna nel suo posto di origine e gioisce la felicità che è il Sé. Allo stesso modo, nello stato di sonno, samadhi ed incoscienza, e quando l'oggetto desiderato viene ottenuto, o l'oggetto odiato è rimosso, la mente rientra in se stessa e gioisce del puro Sé-Beatitudine. La mente entra ed esce dal Sé senza posa.
Sotto l'albero l'ombra è riposante, oltre, il caldo è insopportabile. Una persona che è stata al sole sperimenta la frescura quando raggiunge l'ombra. Colui che continuamente, stando all'ombra, va al sole e poi torna all'ombra è un pazzo. L'uomo saggio è quello che rimane all'ombra. Allo stesso modo la mente di colui che conosce la Verità non lascia il Brahman. La mente dell'ignorante, al contrario, si immerge nel mondo, lo trova miserevole, e per un breve periodo torna al Brahman per sperimentare la felicità. Infatti ciò che viene chiamato mondo sono solo pensieri. Quando il mondo scompare, ossia quando non vi sono più pensieri, la mente sperimenta la felicità, e quando il mondo appare essa si trova nella miseria.
 
25. Cos'è la visione interiore consapevole (jnana-drsti)?
E' il rimanere nella quiete. Per far ciò bisogna sciogliere la mente nel Sé. La telepatia, il conoscere il passato, il presente ed il futuro e la chiarovvegenza, non sono visione interiore consapevole.
 
26. Qual'è la relazione tra assenza di desiderio e saggezza?
Assenza di desiderio è conoscenza. Le due cose non sono differenti; sono la stessa cosa. Assenza di desiderio è il rifiutarsi di rigirare la mente intorno ad ogni oggetto. Saggezza è la scomparsa di ogni oggetto. In altre parole, cercare ciò che è diverso dal Sé non è assenza di desiderio e non abbandonare mai il Sé è saggezza.
 
27. Che differenza c'è tra l'interrogarsi ed il meditare?
Interrogarsi consiste nel ritirare la mente nel Sé. Meditazione è pensare che il proprio Sé è Brahman, Esistenza-Coscienza-Beatitudine.
 
28. Cos'è la liberazione?
Interrogarsi sulla natura del proprio io ridotto in schiavitù, e realizzare che la propria vera natura è libera.
 
Sri Ramanarpanam Astu

***

* 3. Introduzione di T. M. P. Mahadevan
«Chi sono io?» è il titolo dato ad una serie di domande e risposte relative alla Ricerca Interiore. Le domande furono poste a Bhagavan Sri Ramana Maharshi da un certo Sri M. Sivaprakasam Pillai nell'anno 1902. Sri Pillai, uno studente di Filosofia, era all'epoca impiegato presso il Revenue Department of the South Arcot Collectorate. Durante un viaggio di lavoro a Tiruvannamalai nel 1902, egli arrivò al Virupaksha Cave, presso Arunachala Hill, e qui incontrò il Maestro. Cercava in lui una guida spirituale, e lo pregò di rispondere alle sue domande sulla Ricerca Interiore. Poichè il Bhagavan allora non parlava, non perché avesse fatto un voto, ma semplicemente perché non aveva inclinazione a parlare, rispose a gesti alle domande postegli, e quando questi non erano capiti, rispose scrivendo. Come risulta dalle trascrizioni di Sri Sivaprakasam Pillai, ci furono quaranta domande e relative risposte date dal Bhagavan. Queste trascrizioni furono pubblicate per la prima volta da Sri Pillai nel 1923, insieme ad un paio di poesie composte da lui stesso sul modo in cui la grazia del Bhagavan aveva operato nel suo caso, chiarendo i suoi dubbi e salvandolo da una crisi esistenziale.
'Chi sono io?' è stato successivamente pubblicato in più edizioni. In alcune vi abbiamo trovato trenta domande e risposte, in altre ventotto. C'è anche un'altra versione pubblicata nella quale non sono presenti le domande e gli insegnamenti sono stati riportati in forma di saggio. L'attuale traduzione inglese è relativa proprio a questo saggio. Quella che state leggendo è invece la traduzione del testo con ventotto domande e risposte.
Insieme al Vicharasangraham (Indagine Interiore), il Nan Yar (Chi sono io?) costituisce il primo gruppo di istruzioni proveniente dalle parole del Maestro. Questi due sono gli unici scritti in prosa tra i lavori del Bhagavan. Essi mostrano chiaramente il cuore dell'insegnamento, che, cioè, la via diretta per la liberazione è la Ricerca Interiore. Il modo specifico in cui bisogna condurre tale Ricerca è lucidamente mostrato nel Nan Yar. La mente è composta da pensieri. Il concetto di "Io" è il primo ad affacciarsi alla mente. Quando viene costantemente posta la domanda 'Chi sono io?', tutti gli altri pensieri si dissolvono, ed alla fine, lo stesso concetto di "Io" svanisce e ciò che rimane è il supremo Sé non duale. La falsa identificazione del Sé con i fenomeni del non Sé, come il corpo e la mente, alla fine scompaiono e si ha l'Illuminazione, Sakshatkara. Il processo di autoindagine naturalmente non è così facile da compiere. Mentre ci si domanda 'Chi sono io?', altri pensieri si affacciano alla mente; ma mentre essi compaiono, non bisognerebbe fare l'errore di seguirne il corso ma, al contrario, bisognerebbe chiedersi: 'A chi compaiono ?' Per far ciò bisogna essere estremamente vigili. Tramite il continuo interrogarsi si dovrebbe  portare la mente a restare in quiete, senza consentire che vaghi nel labirinto dei suoi stessi pensieri. Tutte le altre discipline quali il controllo del respiro e la meditazione sulle Forme di Dio potrebbero essere usate quali pratiche ausiliarie. Esse sono utili in quanto aiutano la mente a rimanere calma e concentrata.
Per la mente che ha conseguito una certa esperienza nella concentrazione, l'Auto Osservazione diviene conseguentemente facile. E' con l'osservazione costante che i pensieri vengono distrutti e si realizza il Sé - la piena Realtà nella quale scompare anche il concetto di "Io"; l'esperienza chiamata il "Silenzio".
Questo, in sostanza, è l'insegnamento di Bhagavan Sri Ramana Maharshi contenuto nel Nan Yar (Chi sono Io?).
T. M. P. Mahadevan, Università di Madras, 
30 giugno 1982
Om Namo Bhagavathe Sri Ramanaya
** Traduzione di
: Dr. T. M. P. MAHADEVAN 
dall'originale Tamil
 Pubblicato da
 V. S. RAMANAN
 PRESIDENT, BOARD OF TRUSTEES
 SRI RAMANASRAMAM
 TIRUVANNAMALAI, S. INDIA

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Link:
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› Testo in Tamil