"…la dottrina è infallibile, è a causa del fatto che essa è un’espressione della verità, la quale, in se stessa, è assolutamente indipendente dagli individui che la ricevono e che la comprendono. La garanzia della dottrina risiede in definitiva nel suo carattere «non-umano»". René Guénon, Considerazioni sull’iniziazione, cap. "Sull’infallibilità tradizionale"

giovedì 2 gennaio 2014

Michel Vâlsan, La funzione di René Guénon e il destino dell'Occidente

Michel Vâlsan
La funzione di René Guénon e il destino dell'Occidente[1] *

Gli insensati diranno: «Che cosa li ha stornati dalla qibla che avevano prima?» — Dì: «Ad Allah appartengono l’Oriente e l’Occidente! Egli guida chi vuole in una via diritta». Così Noi abbiamo fatto di voi una comunità mediatrice affinché siate testimoni di fronte agli uomini e l’Inviato sia testimone davanti a voi. [2] 

La scomparsa dell’uomo permette di considerare l’insieme dell’opera da prospettive diverse da quelle che si potevano avere quando era ancora in vita.
Mentre svolgeva la sua attività e dunque non si poteva fissare un termine alla sua funzione, né una forma definitiva al suo lavoro che, come si sa, non si limitava alla redazione di libri, ma si esprimeva pure attraverso la molteplice, regolare collaborazione a Études Traditionnelles (per non parlare delle riviste cui aveva collaborato anteriormente) come pure attraverso la sua abbondante corrispondenza di carattere tradizionale, la sua opera veniva ad essere fino ad un certo punto solidale con la sua incommensurabile presenza, discreta ed impersonale, ieratica e inaffettata, ma sensibile e attiva. Ora che si è fermato, tutto questo insieme può essere visto in certo qual modo simultaneamente: la frattura stessa che segna la fine sigilla la sua portata con un nuovo significato generale.
In effetti la prospettiva così aperta ha già provocato il manifestarsi di reazioni che non si erano prodotte fino ad oggi. Anche una nuova notorietà è venuta a segnare la morte dell’uomo. Alcuni hanno creduto di vedere in alcuni casi la rottura di una sorta di “congiura del silenzio” che, in alcuni ambienti, sembrava impedire l’attualizzazione di virtualità reali di partecipazione allo spirito del suo insegnamento. In ogni caso siamo costretti a constatare che, se ci si decide così a prendere atto dell’importanza dell’opera di René Guénon, il modo in cui lo si è fatto non ha rivelato quel miglioramento di comprensione che era auspicabile. Sembra pure che, in questi casi, l’interesse nei suoi confronti derivasse piuttosto da un desiderio di prevenire opportunamente uno sviluppo reale di questa comprensione e di limitare le conseguenze che ne sarebbero potute derivare. È per questo che tali reazioni sono ora importanti soprattutto dal punto di vista ciclico. E, se non vogliamo qui rilevare errori nuovi o già conosciuti, né inesattezze materiali patenti, siano esse dovute alla incapacità dei loro autori o semplicemente alla loro malafede in un momento in cui, tuttavia, l’opera di René Guénon è presente in tutta la sua ampiezza e fissata nel modo più esplicito, ci sembra necessario precisare il significato che esse acquistano in questo momento. Vi si può, in effetti, trovare l’indizio più preciso che certi limiti sono stati raggiunti e che una sorta di “giudizio” vi è implicito. 
Tale è precisamente l’impressione che deriva della lettura degli articoli e degli studi comparsi quest’anno nelle pubblicazioni cattoliche e massoniche. Sappiamo tuttavia che, per fortuna, in questi due ambienti non mancano casi di una migliore ed anche di un’eccellente comprensione, ma una certa riserva, che definiremmo di tipo disciplinare, impedisce che queste eccezioni cambino, da parte cattolica soprattutto, il tono generale. Tuttavia questa sorta di censura potrebbe scoraggiare ulteriormente le ultime speranze di un allargamento dell’orizzonte spirituale di questi stessi ambienti; e i limiti che appaiono non sfuggono a coloro che sanno quali sono le condizioni per un ravvicinamento dell’intellettualità occidentale in genere e per una conclusione della profonda crisi del mondo moderno. Ma, per fortuna, ci sono ancora altri ambienti intellettuali in cui l’opera di René Guénon, in modo imprevisto, ora penetra, e questo apre anche nuove prospettive sull’estensione dell’influenza che essa può esercitare in futuro. 
L’occasione riassuntiva in cui facciamo queste constatazioni, ci permette di richiamare qui le prospettive generali formulate da René Guénon dall’inizio della serie coerente e graduata di espressioni dottrinali con cui egli aveva contrassegnato la posizione dell’Occidente, le sue possibilità future e le successive manifestazioni di fattori e di circostanze che aprivano possibilità positive o le annullavano. Pur supponendo nei nostri lettori la conoscenza dell’insieme delle idee che dominano la questione occidentale, ne ricorderemo qui, in pochi cenni, i punti cardinali necessari ad orientare il nostro esame. La suprema condizione dell’essere umano è la conoscenza metafisica, che è quella delle verità eterne ed universali. Il valore di una civiltà sta nel grado di integrazione di questa conoscenza e nelle conseguenze che essa ne trae per le applicazioni relative ai differenti domini della sua struttura; una tale integrazione ed irradiazione interiore è possibile solo nelle civiltà chiamate tradizionali, che sono quelle derivanti da principi non umani e sovrindividuali, e si fondano su forme di organizzazione che sono esse stesse l’espressione delle verità cui debbono far partecipare. Il compito di ogni forma tradizionale è in effetti di offrire alla umanità da essa ordinata l’insegnamento e i mezzi che permettono di realizzare questa conoscenza o di parteciparvi da vicino o da lontano, in conformità con le diverse possibilità degli individui e delle nature specifiche. La misura in cui una forma tradizionale, sia essa di tipo puramente intellettuale o di tipo religioso, possiede questi elementi dottrinali e i metodi corrispondenti, è quindi il criterio sufficiente e decisivo della sua verità attuale, così come la misura in cui i suoi membri avranno realizzato le proprie possibilità in questo ordine costituirà il solo titolo che la generazione spirituale di questa forma tradizionale potrebbe presentare in un “giudizio” che considerasse quest’ultima e l’insieme della sua umanità.  
L’Occidente moderno, con la sua civiltà individualista e materialista, è di per sé stesso la negazione di ogni verità intellettuale propriamente detta, come di ogni ordine tradizionale normale, ed in quanto tale presenta lo stato più potente di ignoranza spirituale che l’umanità abbia mai raggiunto fino ad oggi, tanto nel suo insieme quanto in una qualunque delle sue parti. Questa situazione si spiega con l’abbandono dei principi non umani e universali sui quali si fonda l’ordine umano e cosmico, ed è caratterizzato in modo speciale dalla rottura dei rapporti normali con l’Oriente tradizionale e la sua inestinguibile sapienza. 
Il processo secondo il quale si compie la decadenza dell’Occidente nell’epoca moderna deve normalmente finire, in conformità sia della natura delle cose sia dei dati tradizionali unanimi, con il raggiungimento di un certo limite, segnato verosimilmente da una catastrofe di civiltà. A partire da questo momento un cambiamento di direzione appare come inevitabile, e i dati tradizionali, tanto d’Oriente quanto di Occidente, indicano che verrà allora a verificarsi una restaurazione di tutte le possibilità tradizionali che l’attuale umanità ancora comprende, il che coinciderà con una nuova manifestazione della spiritualità primordiale e, nello stesso tempo, le possibilità antitradizionali e gli elementi umani che le incarnano saranno respinti fuori da questo ordine e definitivamente degradati. Ma se la forma generale di questi avvenimenti futuri appare come certa, la sorte che verrebbe riservata al mondo occidentale in questo “giudizio” e la parte che esso potrebbe avere nella restaurazione finale dipenderanno dallo stato mentale che l’umanità occidentale avrà nel momento in cui questo cambiamento si produrrà; ed è comprensibile che l’Occidente potrà avere una sua parte in questa restaurazione solo nella misura in cui esso avrà ripreso coscienza delle verità fondamentali comuni a ogni civiltà tradizionale.  
La situazione dell’umanità considerata nel suo insieme induce la convinzione che il risveglio delle possibilità intellettuali dell’Occidente può solo realizzarsi sotto l’influenza dell’insegnamento dell’Oriente tradizionale, il quale conserva, sempre intatto, il deposito delle verità sacre. Questo insegnamento è stato formulato, ai nostri giorni, per il vantaggio della coscienza occidentale, mediante l’opera provvidenziale di René Guénon, che fu lo strumento eletto di un appello supremo e di un sostegno estremo della spiritualità orientale. Sembra così che sia in rapporto a questa presenza di verità che dovrà definirsi la posizione esatta dell’Occidente in generale e del Cattolicesimo in particolare, in quanto base tradizionale possibile per una intera civiltà. È nella misura in cui tale testimonianza dell’Oriente sarà stata capita e ritenuta per il beneficio proprio dell’Occidente, che quest’ultimo avrà risposto a questa “convocazione”, la quale contiene ad un tempo una promessa ed un avvertimento. 
Conviene precisare in tal caso che il privilegio speciale che ha quest’opera di svolgere il ruolo di criterio di verità, di regolarità e di pienezza tradizionale rispetto alla civiltà occidentale deriva dal carattere sacro e non individuale che la funzione di René Guénon ha avuto. L’uomo che doveva adempiere a questa funzione fu certamente preparato da lontano e non improvvisato. Le matrici della Sapienza avevano predisposto e formato la sua entità secondo una precisa economia, e la sua carriera si compì nel tempo con una correlazione costante tra le sue possibilità e le condizioni cicliche esterne. 
È così che, su un essere di una statura e di una potenza intellettuale del tutto eccezionali, attingente le sue certezze fondamentali direttamente dalla fonte principale, dotato di una spiritualità prodigiosa che doveva servire per un compito di riconoscimento e di identificazione universale della moltitudine dei simboli e dei significati, caratterizzato da una forma di pensiero e una padronanza di espressione che appaiono come la traduzione diretta, sul proprio piano, della santità e dell’armonia delle verità universali realizzate in sé, su un tale essere dunque, unico come lo è in un altro senso lo stesso mondo cui doveva rivolgersi e il momento ciclico che gli corrispondeva, le funzioni dottrinali e spirituali dell’Oriente tradizionale in qualche modo si concentrarono per una suprema espressione. L’Induismo, il Taoismo e l’Islam, queste tre forme principali del mondo tradizionale attuale, rappresentanti rispettivamente l’Oriente Centrale, L’Estremo Oriente e il Vicino Oriente, che sono, nel loro ordine e sotto un certo rapporto, come i riflessi dei tre aspetti di quel misterioso Re del Mondo di cui René Guénon doveva, per primo, dare la definizione rivelatrice, proiettarono i fuochi convergenti di una luce unica ed indivisibile che mai opera di dotto riuscì a manifestare tanto integralmente e ampiamente su un piano che domina l’insieme delle forme e delle idee tradizionali. Al di là della sua veridicità intrinseca, la bellezza, la maestà e la perfezione di questo monumento dell’Intelletto Universale che è la sua opera attestano il dono più generoso nel suo ordine e costituiscono il miracolo intellettuale più abbagliante prodotto di fronte alla coscienza moderna. La testimonianza dell’Oriente ha così rivestito la forma più prestigiosa e nello stesso tempo più adeguata, il che era d’altra parte la condizione della sua maggiore efficacia. È considerando questa presenza trascendente e nello stesso tempo vicina che deve riconoscersi lo spirito dell’uomo dell’Occidente, e prendere coscienza delle sue possibilità di verità in rapporto ad un ordine umano totale. 
Le idee fondamentali di questa testimonianza sono le seguenti: innanzitutto, nel campo puramente intellettuale e spirituale, la supremazia della conoscenza metafisica su tutti gli altri ordini di conoscenza, della contemplazione sull’azione, della Liberazione sulla Salvezza; quindi, distinzione tra via iniziatica ed intellettuale, da una parte, e via exoterica dall’altra, avendo questa il suo corollario “mistico” nell’ultima fase tradizionale dell’Occidente. Sul piano d’insieme del mondo tradizionale: l’identità essenziale di tutte le dottrine sacre, l’universalità intelligibile del simbolismo iniziatico e religioso, e l’unità fondamentale di tutte le forme tradizionali. 
Questa unanimità tradizionale non esclude l’esistenza di gradi differenti di partecipazione allo spirito comune: questo è meglio rappresentato, ed anche meglio conservato, dalle tradizioni in cui predomina il punto di vista puramente intellettuale e metafisico: quindi, preminenza normale dell’Oriente nel campo spirituale. Da questo punto di vista ci sono dunque normalmente, sotto certi aspetti, una gerarchia e rapporti susseguenti tra le diverse tradizioni, come tra le civiltà che loro corrispondono. Il mondo occidentale, da tempi che risalgono ancora più lontano dell’inizio dell’epoca cosiddetta storica, e quali che siano state le forme tradizionali che lo organizzavano, generalmente aveva sempre avuto con l’Oriente rapporti normali, correttamente tradizionali, fondati su un accordo fondamentale di principi di civiltà. Tale è stato il caso della civiltà cristiana del Medio Evo. Questi rapporti sono stati rotti dall’Occidente nell’epoca moderna, di cui René Guénon fa risalire l’inizio molto prima di quanto non lo si faccia solitamente, e cioè nel XIV secolo, quando, tra gli altri fatti caratteristici di questo cambiamento di direzione, l’Ordine del Tempio, che era lo strumento principale di questo contatto nel Medio Evo cristiano, fu distrutto: ed è interessante notare che uno dei rimproveri che sono stati fatti a quest’Ordine era proprio di aver avuto relazioni segrete con l’Islam, relazioni della cui natura ci si faceva d’altra parte una idea inesatta, poiché erano essenzialmente iniziatiche ed intellettuali. Questo stato di cose è andato sempre aggravandosi, man mano che la civiltà occidentale prendeva i suoi caratteri tradizionali, fino a diventare quella che è oggi: una civiltà completamente anormale in tutti i campi, agnostica e materialista quanto ai principi, negatrice e distruttrice quanto alle istituzioni tradizionali, anarchica e caotica quanto alla sua costituzione propria, invadente e dissolvente quanto al suo ruolo nei confronti dell’insieme dell’umanità: il mondo occidentale, dopo aver distrutto la propria civiltà tradizionale, si è volto, «ora brutalmente ora insidiosamente»[3], contro tutto l’ordine tradizionale esistente e in modo particolare contro le civiltà orientali. È così che l’insegnamento puramente intellettuale esposto da René Guénon si completa con una critica di tutti gli aspetti dell’attuale Occidente. Non sarà qui necessario ricordare in che cosa consista questa critica ad un tempo profonda ed estesa, poiché essa interessa meno il nostro discorso, e d’altra parte questo aspetto dell’opera di René Guénon ha avuto generalmente una accoglienza più facile, molti occidentali essendosi disingannati da soli sul valore della civiltà moderna. 
Vogliamo ora precisare che, data la funzione ciclica di René Guénon, le diverse situazioni da lui considerate per quanto riguarda l’Occidente nel momento in cui la sua civiltà avrà raggiunto il punto di arresto, possono essere legittimamente ricollegate alla reazione che l’intellettualità occidentale avrà davanti alla sua opera. Era in effetti dal lato intellettuale che la correzione della mentalità generale poteva realizzarsi, e l’opera di René Guénon si rivolge esclusivamente a coloro che sono capaci innanzitutto di comprendere le verità principiali, poi di trame le conseguenze che si impongono. L’intellettualità occidentale contemporanea assume così in modo logico una dignità e una responsabilità rappresentativa. A questo proposito bisogna ricordare che, fin dal suo primo libro, pubblicato nel 1921, la Introduction générale à l’étude des doctrines hindoues (Conclusione), René Guénon aveva formulato tre ipotesi principali per quanto concerne la sorte dell’Occidente. La prima «la più sfavorevole, è quella in cui nulla verrebbe a sostituire questa civiltà e, scomparendo questa, l’Occidente, abbandonato a se stesso, verrebbe a trovarsi immerso nella peggiore barbarie»[4]. Dopo averne sottolineata la possibilità, concludeva che «non è utile insistere su di ciò più a lungo perché ci si renda conto quanto questa prima ipotesi sia inquietante»[5]. La seconda sarebbe quella in cui «i rappresentanti di altre civiltà, vale a dire i popoli orientali, per salvare il mondo occidentale da questa irrimediabile decadenza, lo assimilino con le buone o con le cattive, supponendo che la cosa fosse possibile e che d’altra parte l’Oriente vi consentisse, nella sua totalità o in alcune delle parti che lo compongono. Speriamo – diceva – che nessuno sia così accecato dai pregiudizi occidentali da non riconoscere quanto questa ipotesi sarebbe preferibile alla precedente: sicuramente vi sarebbe, in simili circostanze, un periodo transitorio contrassegnato da rivoluzioni etniche molto dolorose, di cui è difficile farsi un’idea, ma il risultato finale sarebbe tale da compensare i danni fatalmente causati da una simile catastrofe; l’Occidente dovrebbe però rinunciare alle proprie caratteristiche e verrebbe a trovarsi puramente e semplicemente assorbito. È per questo, diceva poi René Guénon, che conviene considerare un terzo caso come molto più favorevole dal punto di vista occidentale, per quanto equivalente, a dire il vero, dal punto di vista dell’insieme dell’umanità terrestre, poiché, se si realizzasse, l’effetto sarebbe la scomparsa dell’anomalia occidentale, non per soppressione come nella prima ipotesi, ma, come nella seconda, per ritorno alla intellettualità vera e normale; ma questo ritorno, invece di essere imposto e forzato, o tutt’al più accettato e subito dal di fuori, sarebbe effettuato allora volontariamente e quasi spontaneamente»[6]. Nel seguito della sua esposizione, René Guénon ritornava su queste tre ipotesi «per sottolineare più precisamente le condizioni che determinerebbero la realizzazione dell’una o dell’altra di esse. A questo proposito, precisava, tutto dipende evidentemente dallo stato mentale in cui verrà a trovarsi il mondo occidentale nel momento in cui raggiungerà il punto di arresto della sua attuale civiltà. Se questo stato mentale fosse allora tale e quale quello di oggi, sarebbe la prima ipotesi a doversi necessariamente realizzare, poiché nulla potrebbe sostituire ciò a cui si rinuncerebbe, e, d’altronde, l’assimilazione da parte di altre civiltà sarebbe impossibile, la differenza di mentalità assumendo carattere di contrapposizione. Questa assimilazione, che risponde alla nostra seconda ipotesi, supporrebbe, come condizione minima, l’esistenza in Occidente di un nucleo intellettuale, formato anche solo da una élite poco numerosa, ma costituita abbastanza fortemente per essere il tramite indispensabile per ricondurre la mentalità generale verso le vere fonti dell’intellettualità, imprimendole una direzione che d’altra parte non avrebbe per nulla bisogno di essere cosciente a livello di massa. Dal momento che si ritiene verosimile la supposizione di un arresto della civiltà, la costituzione preliminare di questa élite appare dunque come la sola capace di salvare l’Occidente, al momento voluto, dal caos e dalla dissoluzione; e, del resto, per interessare alla sorte dell’Occidente i detentori delle tradizioni orientali, sarebbe essenziale mostrare loro che, se gli apprezzamenti più severi non sono ingiusti verso l’intellettualità occidentale presa nel suo insieme, vi possono almeno essere onorevoli eccezioni, indicanti che la decadenza di questa intellettualità non è assolutamente irrimediabile. Abbiamo detto che la realizzazione di questa seconda ipotesi non sarebbe priva, transitoriamente almeno, di certi aspetti spiacevoli, per cui il ruolo dell’elite si ridurrebbe a servire da punto di appoggio ad una azione di cui l’Occidente non avrebbe l’iniziativa, ma questo ruolo sarebbe completamente diverso se gli eventi le lasciassero il tempo di esercitare una tale azione direttamente e da sola, il che corrisponderebbe alla possibilità della terza ipotesi. Si può in effetti concepire che l’élite intellettuale, una volta costituita, agisca in qualche modo come un “fermento” nel mondo occidentale, per preparare la trasformazione che, diventando effettiva, le permetterebbe di trattare, se non da pari a pari, almeno come potenza autonoma, con i rappresentanti autorizzati delle civiltà orientali»[7]. 
Quanto al modo in cui si può intendere l’influenza esercitata dall’elite, Guénon dava più tardi in Orient et Occident alcune precisazioni che qui è bene ricordare al fine di impedire che ci si fermi a rappresentazioni troppo grossolane. L’élite, pur lavorando per se stessa, «lavorerà anche, necessariamente, per l’Occidente in generale, poiché è impossibile che una elaborazione come quella di cui si tratta si effettui in un ambiente qualsiasi senza produrvi prima o poi modificazioni considerevoli. Per di più, le correnti mentali sono sottoposte a leggi perfettamente definite e la conoscenza di queste leggi permette un’azione ben altrimenti efficace che non l’uso di mezzi del tutto empirici; ma qui, per giungere all’applicazione e realizzarla in tutta la sua ampiezza, bisogna potersi appoggiare a una organizzazione saldamente costituita, il che non vuoi dire che dei risultati parziali, già apprezzabili, non possano essere ottenuti prima che si sia arrivati a questo punto. Per quanto difettosi ed incompleti siano i mezzi di cui si dispone, bisogna tuttavia cominciare con il metterli in azione tali e quali, senza di che non si giungerà mai ad acquisirne di più perfetti; e noi aggiungeremo che la minima cosa compiuta in conformità armonica con l’ordine dei principi porta virtualmente in sé possibilità la cui espressione è capace di determinare le più prodigiose conseguenze, e questo in tutti i domini, a mano a mano che le sue ripercussioni vi si estendono secondo la loro ripartizione gerarchica e per via di una progressione indefinita»[8]. 
Siamo obbligati a limitare all’essenziale le nostre citazioni e bisognerà riferirsi al testo integrale dei capitoli qui ricordati, come, pure a La Crise du Monde moderne e al Règne de la Quantité, per avere gli altri aspetti che la realizzazione dell’una o dell’altra di queste tre ipotesi ancora comporta. Quel che dobbiamo fissare per il nostro discorso è il fatto che è attorno all’idea di una élite intellettuale che tutta la questione della sorte futura dell’Occidente viene ad essere ricondotta. È ad una tale entità spirituale ed umana che spetta di realizzare il ritorno dell’Occidente alla Tradizione in un modo o nell’altro e di accordarsi sui principi con l’Oriente tradizionale. È proprio questo, diremo, che collega le prospettive spirituali, e in genere tradizionali, dell’Occidente all’insegnamento di René Guénon poiché è nella sua opera che si trova in effetti il punto di partenza di un risveglio intellettuale e l’ispirazione di tutto il lavoro da compiere in seguito. L’esposizione di certi concetti deve permettere innanzitutto, ai possibili componenti della élite, di prendere coscienza di se stessi e di ciò che è loro necessario. La formazione mentale propriamente detta deve cominciare con l’acquisizione di una conoscenza teorica dei principi metafisici: è lo studio di dottrine orientali che doveva permettere questo e René Guénon, con tutta la serie delle sue esposizioni, principalmente delle dottrine indù, aveva suscitato ed illuminato questo studio da cui poteva derivare l’assimilazione, da parte dell’elite in formazione, dei metodi essenziali del pensiero orientale. Ricorderemo anche che la élite occidentale, per essere tale, doveva rimanere legata alle forme tradizionali occidentali: è per questo che essa poteva solo fare ciò che egli chiamava «una assimilazione al secondo livello» dell’insegnamento orientale[9]. È così che si manifestava il primo modo dell’appoggio che l’Oriente offriva all’Occidente; è il periodo che René Guénon designava come quello dell’“aiuto indiretto” o delle “ispirazioni”: «queste ispirazioni, diceva, possono essere trasmesse solo attraverso influenze individuali che servano da tramite, non mediante una azione diretta di organizzazioni che, a meno di sconvolgenti imprevisti, non impegneranno mai la loro responsabilità negli affari del mondo occidentale»[10]. E aggiungeva questo, che riguardava lui prima di ogni altro: «coloro che danno assimilato direttamente l’intellettualità orientale possono solo pretendere di svolgere quel ruolo di intermediari di cui parlavamo poco fa; essi sono, per il solo fatto di questa assimilazione, troppo vicini all’Oriente per fare di più; possono suggerire idee, esporre concetti, indicare cosa converrebbe fare, ma non prendere di per se stessi l’iniziativa di una organizzazione che, provenendo da loro, non sarebbe veramente occidentale»[11]. Sottolineeremo, approfittando dell’occasione, questo aspetto caratteristico della funzione di René Guénon, dato che alcuni sarebbero tentati di vedere in lui solo un semplice autore di libri teorici: innanzitutto, il fatto che i suoi scritti corrispondano, ad un qualsiasi livello, a “ispirazioni” che provengono da forze spirituali dell’Oriente e si esprimono, attraverso le sue possibilità e la sua influenza personale, dimostra che questi hanno, non solo nella loro sostanza dottrinale, ma pure nella loro intenzione primaria, un punto di partenza che non si situa nella semplice comprensione intellettuale e nel desiderio individuale di far partecipare gli altri a questa comprensione, né nelle sole sollecitazioni dell’ambiente e nella pressione delle circostanze; inoltre, il suo ruolo non era solamente di fare delle esposizioni dottrinali, ma anche, come diceva lui stesso, «di suggerire delle idee» e «indicare cosa converrebbe fare», e noi sappiamo molto bene che, in effetti, egli ha esercitato in questo senso una attività molto estesa che è rivelata solo indirettamente e parzialmente dai suoi libri quando vi annotava gli elementi che potevano interessare i suoi lettori in generale. 
Per ritornare a quanto riguarda i rapporti dell’elite con l’Oriente, il secondo periodo dell’appoggio che essa doveva ricevere è chiamato da René Guénon quello dell’“appoggio diretto”: si suppone che l’elite si sia già costituita in una organizzazione «capace di entrare in contatto con le organizzazioni orientali che lavorano nel campo della pura intellettualità, e di ricevere da queste, per la sua azione, l’aiuto che possono procurare forze accumulate da un tempo immemorabile»[12]. «Quando un primo lavoro di assimilazione sarà stato così compiuto, niente si opporrebbe a che l’elite stessa (poiché è da essa che deve venire l’iniziativa) faccia appello, in modo più immediato, ai rappresentanti delle tradizioni orientali; e questi, interessandosi alla sorte dell’Occidente grazie alla presenza di questa élite, non mancherebbero di rispondere a questo appello, poiché la sola condizione che esigono è la comprensione... È nel secondo periodo che l’appoggio degli Orientali potrebbe effettivamente manifestarsi»[13]. In questo periodo, che è quello dell’«azione effettiva», l’elite deve realizzare degli adattamenti alla condizione occidentale; non si tratta di considerare in questo modo la sostituzione di una tradizione ad un’altra, e per ciò che concerne la tradizione religiosa dell’Occidente si tratta solamente di «aggiungere l’elemento interiore che le fa attualmente difetto, ma che può benissimo sovrapporsi senza che nulla sia cambiato esteriormente»[14]. «È solo nel caso in cui l’Occidente si mostrasse definitivamente incapace di ritornare ad una civiltà normale, che una tradizione estranea potrebbe essergli imposta; ma allora non si avrebbe fusione, poiché nulla di specificamente occidentale sussisterebbe più; e non vi sarebbe neppure sostituzione, poiché, per arrivare ad un tale estremo, bisognerebbe che l’Occidente avesse perduto perfino la ultime vestigia dello spirito tradizionale, ad eccezione di una piccola élite senza la quale, non potendo ricevere neppure questa tradizione estranea, sprofonderebbe inevitabilmente nella peggiore barbarie»[15]. 
Riassumendo così i rapporti possibili, nella migliore ipotesi, tra Oriente ed Occidente, René Guénon precisava ancora: «Dunque non si tratta di imporre all’Occidente una tradizione orientale, le cui forme non corrispondono alla sua mentalità, ma di restaurare una tradizione occidentale con l’aiuto dell’Oriente, aiuto indiretto in un primo momento, diretto poi, o, se si preferisce, ispirazione nel primo periodo, appoggio effettivo nel secondo […] Quando l’Occidente sarà di nuovo in possesso di una civiltà regolare e tradizionale, il ruolo dell’elite dovrà proseguire: essa sarà allora il mezzo con cui la civiltà occidentale comunicherà in modo permanente con le altre civiltà poiché una simile comunicazione può stabilirsi e mantenersi solo con ciò che vi è di più elevato in ognuna di esse […] In altre parole, bisognerebbe che l’Occidente giungesse finalmente ad avere dei rappresentanti in quello che è chiamato simbolicamente il “centro del mondo” o con una qualsiasi altra espressione equivalente (il che non deve essere inteso letteralmente come espressione di un luogo determinato, quale che esso sia); ma qui si tratta di cose troppo lontane, troppo inaccessibili allo stato attuale e senza dubbio per molto tempo ancora, perché possa essere veramente utile insistervi»[16]. 
Certamente questa ipotesi, la più favorevole all’Occidente, quella di una restaurazione integrale della civiltà occidentale su basi e in forme tradizionali proprie, era la meno probabile, e René Guénon non si è mai fatto troppe illusioni a questo proposito; se prendeva in considerazione una simile ipotesi, era in qualche modo in via di principio, per non trascurare alcuna possibilità e per non scoraggiare alcuna speranza, ogni sforzo in questo senso avendo comunque risultati in un altro ordine, innanzitutto per l’elite stessa. Ma nella riedizione del 1948 di Orient et Occident, prendendo atto, in un Addendum, dell’aggravarsi del disordine generale e dopo aver ripetuto che «il solo rimedio consiste in una restaurazione”, constatava che “disgraziatamente, da questo punto di vista, le possibilità di una reazione proveniente dall’Occidente stesso sembrano diminuire ogni giorno di più, poiché quello che sussiste come tradizione in Occidente è sempre più minato dalla mentalità moderna, e, di conseguenza, è sempre meno capace di servire da base solida a una simile restaurazione, sicché, senza scartare alcuna delle possibilità che possono ancora esistere, sembra più verosimile che mai che l’Oriente debba intervenire più o meno direttamente, nel modo che abbiamo spiegato, se questa restaurazione dovrà pure realizzarsi un giorno […] Se l’Occidente possiede ancora in sé stesso i mezzi per ritornare alla sua tradizione e restaurarla pienamente, è ad esso che spetta provarlo. Nell’attesa, ci sentiamo nell’obbligo di dichiarare che fino ad oggi non abbiamo visto il minimo indizio che ci autorizzi a supporre che l’Occidente, abbandonato a se stesso, sia realmente capace di adempiere a questo compito, qualunque sia la forza con cui si imponga ad esso l’idea della sua necessità»[17]. 
Con queste conclusioni enuncianti la probabilità che l’Oriente intervenga «più o meno direttamente» nella restaurazione occidentale, Guénon evocava evidentemente la seconda ipotesi da lui formulata, quella secondo cui «i popoli orientali per salvare il mondo occidentale da questa decadenza irrimediabile, lo assimilerebbero con le buone o con le cattive, supponendo che la cosa fosse possibile, e che d’altra parte l’Oriente vi acconsenta nella sua totalità o in alcune delle sue componenti»; e questo, ricordiamolo, implicava «la rinuncia dell’Occidente ai pro-pri caratteri». La condizione minima per questa ipotesi era tuttavia l’esistenza in Occidente di un nucleo intellettuale, anche solo formato da una élite poco numerosa, ma abbastanza saldamente costituita da formare il tramite indispensabile per guidare la mentalità generale. Ma in questo caso «il ruolo dell’élite si ridurrebbe a servire da punto di sostegno per una azione di cui l’Occidente non avrebbe l’iniziativa». A questo proposito, potremmo far notare che numerose eventualità possono essere considerate all’interno della seconda ipotesi in funzione dei fattori che debbono intervenirvi: da un lato, l’importanza o l’efficacia dell’ élite occidentale, dall’altro, i popoli orientali e le organizzazioni che potrebbero trovare un interesse a una restaurazione occidentale. Queste eventualità sono espresse, in un certo senso, dalle modalità di questa assimilazione, che sarebbe fatta o “per amore”, il che implica un consenso occidentale, almeno nei suoi elementi etnici più importanti, o “per forza”, il che suppone una resistenza più o meno generalizzata. D’altra parte, e soprattutto in quest’ultimo caso, vi è ancora da considerare la possibilità che l’assimilazione avvenga sul complesso occidentale o solo su una parte, potendo i popoli orientali in questione intraprenderla solo nella misura in cui riterranno che ciò corrisponda al proprio interesse, per il resto accontentandosi forse di prendere alcune misure per assicurare l’ordine stabilito, la qual cosa vuole anche dire che, in questo caso, parti dell’Occidente potrebbero cadere in una situazione corrispondente alla prima ipotesi, quella che prefigurava uno stato di pura e semplice barbarie. Se consideriamo queste differenti eventualità secondarie, è per far comprendere che l’enunciazione di una probabilità della seconda ipotesi non implica per forza di cose la realizzazione dei migliori aspetti di questa, e che anche essa non esclude possibilità della prima, dipendendo il tutto in primo luogo dalla capacità che avrebbe questa élite di servire da punto di sostegno dell’azione orientale. 
Fino ad ora ci siamo tenuti sulle generali parlando delle possibilità di restaurazione tradizionale dell’Occidente. Bisogna ora considerare queste possibilità secondo i punti di sostegno che gli elementi occidentali che dovrebbero compiere questo lavoro di restaurazione con l’aiuto della conoscenza delle dottrine orientali potrebbero trovare nello stesso mondo occidentale. 
Bisogna innanzitutto dire che se in Occidente ci fosse stato almeno un punto in cui si fosse conservato integralmente lo spirito tradizionale, si sarebbe potuto vedere in questo un motivo per sperare che l’Occidente riuscisse a ritornare allo stato tradizionale «per una sorta di risveglio spontaneo di possibilità latenti»[18]; il fatto è che una simile persistenza, a dispetto di certe pretese, gli sembrava «estremamente dubbia», il che autorizzava René Guénon a considerare un nuovo modo per la costituzione di una élite intellettuale, e in effetti fino ad oggi nulla ha invalidato la sua supposizione iniziale. Per costituirsi, Vélite in formazione aveva tutto l’interesse ad appoggiarsi ad una organizzazione avente una esistenza effettiva. Per quanto concerne le organizzazioni a carattere tradizionale, tutto quello che l’Occidente conserva ancora sono, nell’ordine religioso, la Chiesa cattolica, e nell’ordine iniziatico alcune organizzazioni in avanzato stato di decadenza. Tuttavia sotto l’aspetto dottrinale, solo la prima poteva essere considerata come una base possibile per un complessivo raddrizzamento del mondo occidentale, e Guénon diceva dunque ne La Crise du Monde moderne: «sembra che in Occidente vi sia solo una organizzazione in possesso di un carattere tradizionale e che conservi una dottrina capace di fornire al compito in questione una base appropriata: si tratta della Chiesa cattolica. Basterebbe restituire alla dottrina di questa, senza cambiare niente nella forma religiosa sotto cui si presenta all’esterno, il senso profondo che essa ha realmente in se stessa, senso di cui i suoi rappresentanti attuali sembrano però non avere più coscienza, come sembrano non avere più coscienza della sua unità essenziale con le altre forme tradizionali; le due cose d’altra parte sono inseparabili l’una dall’altra. Sarebbe la realizzazione del Cattolicesimo nel vero senso della parola, che, etimologicamente esprime l’idea di “universalità”, cosa che dimenticano un po’ troppo quelli che vorrebbero farne solo la denominazione esclusiva di una forma speciale puramente occidentale, senza alcun legame effettivo con le altre tradizioni»[19]. 
Quanto a questa questione dottrinale, che è evidentemente fondamentale, dato che il richiesto accordo sui principi con l’Oriente la antepone a ogni altra, egli diceva già in Orient et Occident: «L’accordo, fondato essenzialmente sui principi, può essere veramente cosciente solo per le dottrine che racchiudono almeno una parte di metafisica o di intellettualità pura; non è la stessa cosa per quelle che sono strettamente limitate ad una forma particolare, per esempio alla forma religiosa. Tuttavia questo accordo esiste nondimeno realmente in un simile caso, nel senso che le verità teologiche possono essere viste come una traduzione, da un punto di vista speciale, di certe verità metafisiche; ma per far apparire questo accordo, bisogna effettuare la trasposizione che restituisce a queste verità il loro senso profondo, e solo il metafisico può farlo, poiché si pone al di là di tutte le forme particolari e di tutti i punti di vista speciali. Metafisica e religione non sono e non saranno mai sullo stesso piano; ne deriva, d’altronde, che una dottrina puramente metafisica e una dottrina religiosa non possono né farsi concorrenza né entrare in conflitto, dato che i rispettivi domini sono nettamente differenti. Ma, d’altronde, ne deriva anche che l’esistenza di una dottrina unicamente religiosa è insufficiente per permettere di stabilire un’intesa profonda come quella che abbiamo in vista quando parliamo del riavvicinamento intellettuale dell’Oriente e dell’Occidente; è per questo che abbiamo insistito sulla necessità di compiere in primo luogo un lavoro di tipo metafisico, ed è solo in seguito che la tradizione religiosa dell’Occidente, rivivificata e restaurata nella sua pienezza, potrebbe diventare utilizzabile a questo fine, grazie all’aggiunga dell’elemento interiore che attualmente le manca, ma che può benissimo venirvisi a sovrapporre senza che nulla sia cambiato esteriormente»[20]. 
Qui si impone una osservazione. Guénon considerava nei suoi scritti soprattutto le possibilità tradizionali del mondo che un tempo era stato coperto dalla forma cattolica del Cristianesimo, o, in ogni caso, di quello in cui esso esiste attualmente, vale a dire le possibilità di un Occidente in senso ristretto. Egli considerava meno il mondo ortodosso e, generalmente, tutto quello che rimaneva fuori dall’ambito della chiesa latina; e noi sappiamo personalmente che a questo riguardo egli aveva impressioni sensibilmente diverse da quelle che nutriva per il Cattolicesimo. È così d’altronde che nel suo articolo Christianisme et Initiation[21], prendendo atto del sostituirsi, nell’Occidente moderno, del “misticismo” alla iniziazione, affermava in una nota: «Non vogliamo dire che certe forme di iniziazione cristiana non siano continuate più tardi, dato che abbiamo anche ragione di pensare che ne rimanga attualmente ancora qualche cosa, ma questo in ambienti talmente ristretti che, in effetti, li si può considerare praticamente inaccessibili, oppure, come diremo, in rami del Cristianesimo diversi dalla Chiesa latina»[22]. Poi affermava effettivamente nel corso dell’articolo a proposito della sostituzione in questione: «Quello che diciamo qui si applica d’altra parte solo alla Chiesa latina e, cosa notevolissima, è un fatto che nelle Chiese d’Oriente non vi è mai stato misticismo nel senso in cui lo si intende nel Cristianesimo occidentale dal XVI secolo in poi; questo fatto può far pensare che una certa iniziazione del tipo di quelle cui alludevamo si è mantenuta in queste chiese, e, infatti, è quanto vi si trova con l’esicasmo, il cui carattere realmente iniziatico non sembra dubitabile, anche se, qui come in molti altri casi, si è più o meno impoverito nel corso dei tempi moderni, per un effetto delle condizioni generali di quest’epoca, cui possono sfuggire solo le iniziazioni che sono diffuse pochissimo, sia che lo siano sempre state, sia che abbiano deciso volontariamente di “chiudersi” più che mai per evitare ogni degenerazione»[23]  
Di fatto, tutta la questione del mondo ortodosso è ben differente da quella del mondo cattolico. Fatta eccezione per la Russia, che aveva subito da parte sua, a partire dal XVII secolo, le deleterie conseguenze dei suoi contatti con l’Occidente propriamente detto, il modernismo ha intaccato solo da un secolo la mentalità e le istituzioni ortodosse; questo fatto è stato d’altra parte la conseguenza immediata della dissoluzione dell’antico impero turco, al cui riparo si trovavano alla fin fine, con la sola eccezione russa, tutte le Chiese d’Oriente. Il formarsi in queste regioni di Stati nazionali sul modello democratico occidentale fu ben presto seguito dal costituirsi delle Chiese autocefale nazionali che spezzarono l’unità ortodossa e consegnarono le sue diverse frazioni indebolite all’influenza moderna. Si può notare che la situazione di questa cristianità orientale assomiglia molto a quella dell’Islam nelle stesse regioni. Il quadro della loro storia e della loro civiltà era rimasto sensibilmente lo stesso dal Medio Evo fino al XIX secolo: era dall’Occidente propriamente detto che doveva venire lo spirito antitradizionale per sconvolgere ed infine sommergere un mondo di civiltà tradizionale mista, islamica e cristiana, che aveva anche costituito, fino allora, uno barriera protettiva per tutto l’Oriente. Per tutte queste ragioni, d’altronde, malgrado l’estensione del disordine moderno in tutto il mondo ortodosso e cristiano orientale in generale, le condizioni del clima spirituale e della mentalità sono tuttavia rimaste un poco particolari, e ciò permette di pensare che, da questo lato, le modalità di una restaurazione futura saranno in una certa misura differenti, quale che sia d’altra parte la portata qualitativa che si potrebbe attribuire a questa differenza. 
Per ritornare al lato propriamente occidentale, nell’ipotesi che la base considerata non potesse realizzarsi nella Chiesa cattolica, Guénon diceva che «l’élite, per costituirsi, dovrebbe contare solo sullo sforzo di coloro che sarebbero qualificati, con la loro capacità intellettuale fuori da ogni ambito definito, e anche, ben inteso, sull’appoggio dell’Oriente; il suo lavoro verrebbe ad essere reso più difficile e la sua azione potrebbe esercitarsi solo a più lunga scadenza, poiché dovrebbe creare da se stessa tutti gli strumenti invece di trovarli del tutto pronti come nell’altro caso; ma non pensiamo assolutamente che queste difficoltà, per quanto grandi possano essere, siano tali da impedire ciò che deve essere compiuto in un modo o nell’altro»[24]. Ed egli riteneva opportuno dichiarare in quel momento, nel 1927, quanto segue: «vi sono fin da ora, nel mondo occidentale, indizi sicuri di un movimento ancora impreciso, ma che può e deve anzi normalmente concludersi nella ricostituzione di una élite intellettuale, a meno che un cataclisma non sopravvenga troppo rapidamente per permettergli di svilupparsi fino in fondo. Vi è appena bisogno di dire che la Chiesa avrebbe tutto l’interesse, quanto al suo ruolo futuro, ad anticipare in qualche modo un simile movimento piuttosto che lasciarlo compiere senza di essa ed essere costretta a seguirlo tardivamente per mantenere una influenza che minaccerebbe di sfuggirle…»[25]. 
Prima di segnalare un punto particolare che riguarda certe necessità in cui potrebbe trovarsi ben presto la Chiesa Cattolica, e che René Guénon ha formulato in un modo tutto particolare, ci si può domandare quale sia stato l’effetto fino ad oggi del suo insegnamento e della conoscenza delle dottrine orientali sulla intellettualità cattolica. Non potremo fare qui un vero e proprio esame della questione, poiché vogliamo solo fissare alcune constatazioni che hanno un certo interesse in questo momento. 
Innanzitutto, se molti cattolici che hanno conosciuto gli scritti di Guénon hanno così acquisito una vera comprensione di che cosa sia lo spirito orientale e in generale tradizionale, non sembra davvero che vi sia un cambiamento qualsiasi dal lato “rappresentativo” della Chiesa stessa. Da questo lato, e più precisamente in certi ambienti che esercitano una influenza intellettuale notevole sui dirigenti, si è vista costituirsi molto presto, e abbastanza solidamente, una posizione dottrinale nettamente “antiorientale” che non ha neppure i naturali caratteri della abituale incomprensione exoterista, dato che essa si fa nel contempo notare per le caratteristiche di un modernismo accentuato. Sono gli ambienti in cui la speculazione filosofica sostituisce l’intellettualità propriamente detta, in cui la scienza profana e i suoi metodi esercitano una autorità incontestata, e per i quali la Chiesa deve integrare tutti gli aspetti della civiltà moderna: così, tra l’altro, ci si sforza di annettersi il prestigio di ogni nuova concezione, dalle teorie filosofiche come l’intuizionismo bergsoniano, o come un certo “esistenzialismo” che viene presentato come una risorsa dottrinale cristiana, fino ai metodi più sovversivi e propriamente infernali come la psicanalisi. Questo lavoro di assimilazione di tutti i prodotti dell’individualismo moderno è visto persino come derivante dall’autorità permanente e dall’universalità della Chiesa, mentre al contrario si spiega proprio con l’oblio di ciò da cui questi caratteri realmente procedono, poiché l’attualità permanente, che è atemporalità e attività immutabile della verità nei confronti dell’evoluzionismo e del relativismo del pensiero moderno, sia esso razionalista, intuizionista o altro, e l’universalità, che è illimitazione e sintesi spirituale, non ha nulla in comune con l’empirismo e il materialismo della scienza non tradizionale, né con una indifferenza nei confronti di tutto quello che divide il sacro dal profano. Per contro, l’opera tradizionale e antimoderna di René Guénon ricevette un’accoglienza contrassegnata prima dal sospetto poi dall’ostilità; si cercò pure l’alleanza, del tutto naturale d’altronde in queste condizioni, degli orientalisti, la cui competenza doveva avere il compito di contestare ogni carattere non umano alle dottrine spirituali dell’Oriente e ogni concordanza reale tra le dottrine tradizionali in genere. Si riconoscerà nella differenza di reazione di fronte alle teorie moderne da un lato, e all’insegnamento tradizionale di Guénon dall’altro, l’esatto senso di questa posizione intellettuale che si vuoi definire come “cattolica”. La sintesi spirituale formulata da Guénon fu così tacciata di “sincretismo” e il senso universale della sua intellettualità definito incompatibile con l’insegnamento cristiano. Ma con lo svilupparsi implacabile della funzione del testimone dell’Oriente, l’autorità dei suoi scritti, come delle idee che egli rappresentava, si impose, lentamente ma con fermezza: divenne dunque evidente che era più prudente ignorarlo. Ed ora che, malgrado tutto, un buon numero di Cattolici e di Occidentali in genere debbono l’attuale qualità della loro coscienza tradizionale allo studio dei suoi libri e il suo prestigio sembra veramente innegabile, se ci si decide a prendere atto di questa presenza intellettuale, non è alla verità delle idee che egli ha insegnate né allo spirito che egli illustrava che si vuoi rendere omaggio, ma, tutt’al più, e anche questo è stato in fondo abbastanza raro, al caso individuale di uno scrittore molto “originale”, che impressiona pure per la stabilità e la coerenza insolite della sua ideologia; tuttavia la sua originalità è prima di tutto lo strano effetto che la verità provoca in mezzo alla ignoranza e, per quanto concerne la stabilità delle sue idee, essa è la conseguenza della loro ispirazione non umana e sopraindividuale. 
Se ora si considera più da vicino la comprensione che si ha, sullo stesso versante, per le dottrine spirituali dell’Oriente, ci si trova in presenza di una “contro-dottrina” la cui funzione è di sconvolgere ogni studio intelligente e di scoraggiare ogni speranza di un riavvicinamento reale tra la Chiesa Cattolica e le tradizioni orientali. Così, se in modo generale si attribuisce una certa importanza al lato dottrinale delle altre civiltà, ciò viene concepito in un senso che mirerà sempre alla negazione di ogni similitudine o identità essenziale con le dottrine cristiane, e dunque di ogni unità tra le diverse forme tradizionali: le concordanze dottrinali e le analogie simboliche, quando si è costretti a riconoscerle, vengono semplicemente attribuite ad una certa unità naturale del pensiero umano; anche il carattere intellettuale incontestabile delle dottrine non cristiane, più in particolare quelle dell’Induismo e dell’Islam, sono l’espressione di una “mistica naturale” cui si contrappone una “mistica soprannaturale” del Cristianesimo, essa stessa concepita d’altra parte in un senso individualista e sentimentale; la realizzazione metafisica, che non si arriva neppure a vedere nell’aspetto più alto del Cristianesimo stesso, è tacciata di “panteismo”, e, nello stesso tempo, i dati puramente intellettuali che possono essere un poco simili nelle loro espressioni ai concetti del misticismo moderno, sono ridotti alle categorie speciali di questo, con una sorta di procedimento che Guénon ha qualificato giustamente come “annessionismo” e che deve permettere di subordinare e sminuire il prestigio di tutto ciò che è non cristiano. 
Inoltre per quanto concerne la tradizione cattolica stessa, davvero non si può dire che si sia riusciti a comprendere che l’ordine religioso esistente è puramente exoterico e come tale insufficiente per una tradizione completa e normale. Quando si tratta del dominio iniziatico e metafisico, non si concepisce altro che il “misticismo”, e quando non si può più continuare a negare, contro ogni evidenza, che vi è stato un esoterismo cristiano, lo si considera o come relativo a realtà che non hanno nulla di profondo, o come un semplice prolungamento delle possibilità normali dell’ordine religioso comune, vale a dire dell’exoterismo[26]. Ma è quando si tratta di interpretare dottrine e metodi esicasti che l’incomprensione e l’ostilità raggiungono le forme più inattese, confinanti addirittura con l’empietà; questo certamente avviene, tra l’altro, perché si tratta di qualcosa che riguarda l’Ortodossia e di cui il Cattolicesimo ha perso da molto tempo l’equivalente. Tuttavia, trattandosi di sviluppo intellettuale, si sarebbe potuto credere che la comprensione deve essere più facile per cose che non mettono per nulla in causa i dogmi religiosi. Che si può sperare, in queste condizioni, quanto alla trasposizione intellettuale e metafisica dei dogmi e dell’insegnamento teologico in vista del raggiungimento dell’universalità del punto di vista dottrinale e della conclusione di un accordo sui principi con l’Oriente? 
Ma potrebbero qui esserci fatte alcune obiezioni di metodo che, d’altra parte, riguarderebbero la tesi di Guénon stesso. Così si obietterà che non è alle autorità religiose, exoteriche per definizione, né ai teologi o ad altri intellettuali ordinari che spetta di realizzare questa comprensione dottrinale e l’accordo sui principi di cui si tratta, e che, del resto, nei momenti migliori del Medio Evo, quando questo accordo esisteva, non erano né l’autorità religiosa né i teologi ordinari a parteciparvi direttamente e a doverlo professare apertamente. Queste osservazioni sono giuste, ma non corrispondono alla situazione che consideriamo, e ciò per diverse ragioni. Innanzitutto la posizione dottrinale modernista ed antio-rientale di cui parliamo opera pure, in una certa misura, sul piano contingente degli studi teorici, in cui appare in primo piano l’opera stessa di Guénon, e perciò questa posizione influisce sulla mentalità cattolica in generale; molti di quelli che sarebbero disposti in altro modo ad affrontare un insegnamento tradizionale di ispirazione orientale, vengono a trovarsi confusi e sviati. D’altra parte, quando si vede con quale fretta e facilità vengono accolti, come dicevamo, tutti i generi di concezioni moderne che nulla giustifica, né dal punto di vista intellettuale, né da un punto di vista “cattolico” anche ristretto, e che per questo, evidentemente, neppure si può invocare l’argomento dell’analogia con quello che succedeva all’epoca delle migliori condizioni tradizionali, si è abbastanza giustificati nel registrare certe reazioni a titolo di tendenza significativa d’ordine generale, tanto più che le manifestazioni cattoliche di senso contrario sono pressoché inesistenti. Infine, non è difficile ammettere che le condizioni in cui sono poste attualmente certe questioni, non hanno nulla in comune con una situazione normale, e che non è possibile non tenerne conto in una certa misura; ai nostri giorni si discute di tutto e da ogni punto di vista; l’indifferenza pressoché generale quanto al fondo delle questioni e la corrente libertà di opinione, che vediamo d’altronde esercitarsi nel modernismo cattolico stesso, fanno sì che problemi i quali normalmente potevano essere affrontati solo in condizioni strettamente determinate e solo da quanti avessero le qualità richieste per farlo, siano in effetti oggetto di discussione da parte degli ambienti e delle categorie più diverse: è così che nozioni che erano ricollegate un tempo, nel Cristianesimo pre-moderno, ad un insegnamento segreto di carattere strettamente iniziatico, come quelle per esempio che riguardano la realizzazione suprema e l’Unità fondamentale delle forme tradizionali, sono anch’esse in circolazione sotto forme spesso scorrette (dato che non sono sempre state enunciate da persone realmente competenti), accanto a tutte le aberrazioni intellettuali del mondo contemporaneo; d’altra parte sono questa confusione e questa indifferenza reale della mentalità generale a permettere e giustificare la divulgazione, ai nostri giorni, delle stesse dottrine vere, dato che non vi sarebbe forse alcun’altra possibilità di raggiungere quelli che hanno reali possibilità spirituali, ma mancano dell’orientamento necessario. Del resto, riconosceremo volentieri che non bisogna accordare un’importanza esagerata alle reazioni di coloro che, in ogni caso, sarebbero in grado di rappresentare solo il punto di vista più esteriore e le possibilità intellettuali più comuni, e che è all’atteggiamento degli elementi d’elite che bisogna attribuire un’importanza reale. Ma questi hanno veramente una sufficiente realtà perché ci si disinteressi completamente di ciò che succede sul piano generale? Pensiamo che sotto questo aspetto vi debbano essere, per il momento, solo virtualità e speranze, poiché una costituzione effettiva di una élite intellettuale si tradurrebbe necessariamente, all’esterno, in una certa misura in tendenze diverse da quelle della mentalità generale, e non ne vediamo assolutamente fino ad ora. Basta guardare il campo degli studi tradizionali del Cristianesimo per vedere quanto le manifestazioni di una comprensione reale delle verità metafisiche ed iniziatiche siano rare e molto discrete. D’altra parte vi sarebbero pure da fare alcune constatazioni di un tipo più particolare che non sono maggiormente incoraggianti. Alcune latenti possibilità iniziatiche del Cattolicesimo di cui si poteva sperare il risveglio non hanno avuto seguito: si tratta di ciò che Guénon, che ne aveva conoscenza da molto tempo, indicava più tardi nei suoi Aperçus sur l’Initiation con l’espressione «sopravvivenza possibile di alcuni gruppi di ermetismo cristiano del Medio Evo»[27]. Finché le cose resteranno così, sia nell’ordine dottrinale che nell’ordine effettuale, e finché una speranza di restaurazione sussisterà, sarà legittimo accordare importanza alle condizioni generali intellettuali da cui dipende in qualche modo la realizzazione di questa restaurazione. Per contro, se questa speranza non esistesse più, o se venisse ad essere ridotta a poca cosa, e se le prospettive meno favorevoli della «seconda ipotesi» da noi esaminate precedentemente sembrano dover essere considerate come probabili per l’insieme occidentale, vi sarebbe, a maggior ragione, interesse a sottolineare il carattere rappresentativo generale di queste manifestazioni speciali dello spirito moderno e antitradizionale, affinché ne derivi una certa chiarezza. Una simile chiarezza produrrà verosimilmente una gran delusione da un lato, ma permetterà pure di semplificare gli sforzi e l’orientamento possibile. D’altra parte, non si domanderebbe tanto ai rappresentanti della Chiesa di pronunciarsi su questioni che sono al di fuori delle loro normali competenze; sarebbe già molto, nelle attuali condizioni, se esercitassero queste competenze nei confronti della mentalità modernista, i cui misfatti sono di ordine generale e vanno così contro gli interessi stessi di ordine puramente religioso della Chiesa. Se, a parte questo, fra i membri della gerarchia cattolica, se ne trovassero alcuni le cui capacità e convinzioni superassero l’ordine religioso, e non vediamo perché non potrebbe essere talvolta così, crediamo che saprebbero ben affermare la loro presenza e il loro punto di vista quanto all’orientamento spirituale necessario, dato che una riserva eccessiva da parte loro si rivolgerebbe contro il diritto ed anche il dovere che essi hanno di vivere in una comunità spirituale in cui la direzione appartenga non alla più desolante mentalità moderna né alle più grossolane superstizioni, ma allo Spirito di Verità e alla santità intellettuale. 
Ma René Guénon ha avvertito che, malgrado tutto, certi avvenimenti potrebbero ben presto condurre la Chiesa cattolica (e, aggiungiamo, pure le altre chiese) a considerare in modo molto speciale il problema della posizione tradizionale della Cristianità ed anche i rapporti con le forze spirituali dell’Oriente, nelle quali essa potrà anche vedere, ad un certo punto, l’ultimo sostegno per la sua esistenza messa in pericolo. È questo il punto particolare che avevano messo da parte precedentemente e che si capirà meglio ora dopo l’esame sommario che abbiamo fatto. Fu nel 1927, ne La Crise du Monde moderne, che esso venne formulato. Parlando dell’interesse che la Chiesa avrebbe a presiedere il movimento che normalmente dovrebbe concludersi nella ricostituzione di una élite intellettuale, «anziché lasciare che si compia senza di essa ed essere costretta a seguirlo tardivamente onde conservare un’influenza che minaccerebbe di sottrarlesi», René Guénon aggiungeva: «non è necessario porsi da un punto di vista molto alto e difficilmente accessibile per comprendere che in fin dei conti sarebbe essa [la Chiesa] a ricavare i maggiori vantaggi nell’assumere un atteggiamento che, d’altronde, lungi dall’esigere da parte sua il minimo compromesso d’ordine dottrinale, produrrebbe, al contrario, il risultato di liberarla da ogni infiltrazione dello spirito moderno, e per via del quale nulla sarebbe esteriormente modificato. Sarebbe piuttosto paradossale vedere il Cattolicesimo integrale realizzarsi senza il concorso della Chiesa cattolica, la quale allora si troverebbe forse nella singolare posizione di dover accettare di essere difesa, contro i più terribili attacchi da essa mai subiti, da persone che i suoi dirigenti, o almeno coloro che essi lasciano parlare in loro nome, in un primo tempo avrebbero cercato di squalificare facendoli oggetto delle accuse più infondate. Da parte nostra, ci dispiacerebbe se qualcosa di simile dovesse accadere: ma, se non si vuole che le cose giungano fino a tale punto, è tempo che coloro che, per la loro posizione, hanno le maggiori responsabilità, agiscano con piena conoscenza di causa e non permettano che tentativi, i quali possono avere conseguenze della massima importanza, ri-schino di essere frustrati dall’incomprensione o dalla malevolenza di qualche individualità più o meno subalterna, cosa che si è già verifìcata e che mostra ancora una volta fino a qual punto oggi il disordine regni dappertutto. Prevediamo che nessuno ci sarà grato di tali avvertimenti, da noi dati in piena indipendenza e in modo del tutto disinteressato […] Ciò che ora diciamo, è solo la sintesi delle conclusioni da noi tratte da certe “esperienze” assai recenti, fatte, è appena il caso di dirlo, su di un piano puramente intellettuale. Almeno per il momento, non è il caso di entrare, nel riguardo, in dettagli che del resto risulterebbero di per sé poco interessanti: ma possiamo affermare che,-in quanto precede, non vi è una sola parola scritta senza una preliminare approfondita riflessione»[28]. 
Ora appare evidente come questi avvertimenti non siano serviti a nulla, dato che le cose sono procedute nello stesso spirito, e d’altra parte è soprattutto dopo questa data che si è consolidata e si è ampliata la posizione “antiorientale” e molto modernista di cui parlavano. Lo sviluppo delle cose occidentali ha ulteriormente aggravato la posizione della Chiesa; l’inquietudine per i prossimi pericoli aumenta. In via di principio, le era offerto il sostegno di una solidarietà spirituale con tutto ciò che è tradizionale nel mondo, con il vero Oriente, dato che la presente minaccia grava su tutto ciò che resta collegato alle sacrosante Verità e ad un ordine normale, per quanto essa gravi più in particolare su ciò che ancora sussiste della forma tradizionale dell’Occidente. 
La Chiesa avrebbe potuto avere tra sé e l’Oriente il tramite costituito da questa élite intellettuale propria, di cui avrebbe dovuto favorire la formazione se i suoi dirigenti avessero ben compreso quale fosse il vero interesse della Chiesa. Essa non ha, tra sé e l’Oriente, se non quella barriera di incomprensione e di ostilità, ora aperta ora dissimulata, costituita da quella posizione antiorientale che la lascia sola con i suoi propri pericoli, e che è l’opera di una sorta di “contro-élite”. Essa si sarebbe potuta avvalere, per farsi comprendere, del linguaggio appropriato di un tramite intellettuale consacrato, in cui le vere élites tradizionali e le forze spirituali si sarebbero riconosciute senza contraddizione e si sarebbero conciliate senza abdicazione, dato che l’insegnamento espresso da René Guénon è nel contempo luce intellettuale e forza coordinatrice. Essa ha ora solo interpreti ignoranti e incerti, nella cui parola i veri Orientali non avranno alcuna fiducia e che non saprebbero esprimere alcuna verità riconoscibile: in ogni modo, costoro non raggiungeranno mai i veri rappresentanti dell’Oriente tradizionale, i quali resteranno fuori dal loro cammino; tali interpreti potrebbero intendersi più facilmente con quelli che somigliano loro nel mondo orientale attuale, vale a dire con gli Orientali occidentalizzati e modernisti, che sono, contro la propria civiltà, alleati dell’Occidente moderno; ma questi ultimi non avranno alcuna autorità per intervenire nell’ordine profondo delle cose che qui ci interessa, poiché saranno essi stessi esclusi da ogni ruolo rappresentativo, anche nella parte più esteriore, quando le civiltà orientali stesse si ristabiliranno sulle loro proprie basi tradizionali. E quando così ci si accorgerà dell’inanità della politica seguita fino allora, sarà forse troppo tardi per «giungere a ciò da cui si sarebbe dovuto normalmente cominciare, vale a dire a considerare l’accordo sui principi»[29]. Questo accordo potrebbe avvenire, dal lato occidentale, per mezzo di una élite che si sarà dovuta costituire fuori dall’ambito della Chiesa. 
In effetti, René Guénon ha considerato fin dall’inizio, come ricordavamo più sopra, l’eventualità che tutto ciò si costituisse al di fuori di ogni supporto offerto da una organizzazione esistente, e al di fuori di ogni ambiente definito. Prima di esaminare questo punto, è necessario considerare, per metodicità, benché a titolo secondario, un’altra possibilità, che è quella offerta dalle organizzazioni iniziatiche occidentali esistenti fuori della forma cattolica. In questo ordine, non sussiste a dire il vero che ben poca cosa, malgrado l’attuale pullulare di ogni tipo di organizzazioni dalle pretese iniziatiche. A questo proposito citiamo ancora le autorevoli precisazioni di René Guénon, che si riferisce in questo modo all’insieme delle vestigia iniziatiche dell’Occidente: «Certe indagini che noi abbiamo dovuto fare su questo argomento in un tempo ormai lontano ci hanno condotto ad una conclusione formale e indubitabile che dobbiamo esprimere qui in maniera netta, senza preoccuparci dei furori che può rischiare di suscitare in diversi ambienti; se si eccettua il caso della possibile sopravvivenza di alcuni gruppi di ermetismo cristiano del Medio Evo, del resto estremamente ristretti in ogni modo, è un fatto che di tutte le organizzazioni a pretese iniziatiche che attualmente sono sparse nel mondo occidentale non ve ne sono che due le quali, per quanto siano decadute entrambe in seguito all’ignoranza dei loro membri, possono rivendicare un’origine tradizionale autentica e una trasmissione iniziatica reale; queste due organizzazioni, che d’altra parte, a dire il vero, non furono originariamente che una sola, benché con ramificazioni multiple, sono il Compagnonaggio e la Massoneria. Tutto il resto non è che fantasia e ciarlatanismo, quando non serva a dissimulare qualcosa di peggio…»[30]. Ma per quanto concerne queste due organizzazioni le possibilità di fissare una base per una vera restaurazione intellettuale appaiono molto limitate. Oltre il fatto stesso che la massoneria, più in particolare, è infestata dalla mentalità moderna più deprecabile e da ogni sorta di preoccupazioni politiche e sociali che l’hanno troppo spesso spinta a svolgere, soprattutto nei suoi rami latini, un ruolo nettamente antitradizionale negli avvenimenti delle epoche cosiddette “moderna” e “contemporanea”, queste due organizzazioni costituiscono normalmente iniziazioni di mestiere (del resto esclusivamente maschili) e come tali esse hanno un carattere essenzialmente cosmologico; di conseguenza, esse non potrebbero offrire una base appropriata per un lavoro intellettuale che dovrebbe essere prima di tutto metafisico per corrispondere all’obiettivo di una restaurazione attraverso i principi più universali. È questa d’altra parte la ragione per cui René Guénon poteva considerare in Occidente, come organizzazione capace di offrire il punto di partenza voluto, solo la Chiesa cattolica, dato che la dottrina teologica nella sua forma scolastica ha in sé, almeno parzialmente, un punto di vista metafisico che, pur non essendo il più elevato possibile, è tuttavia un punto di vista metafisico. Si potrebbe nondimeno dire che, come la cosmologia può avere in ultima istanza un punto di contatto con il campo metafisico, non sarebbe impossibile che in un ambiente massonico costituito su basi strettamente intellettuali venisse ad aggiungersi un punto di vista metafisico; ma se una tale aggiunta fosse possibile, ciò costituirebbe, a dire il vero, una sovrapposizione in rapporto a ciò che costituisce propriamente il punto di vista massonico e non uno sviluppo normale delle possibilità di questo. A parte questo, un’altra difficoltà sta nel fatto che dalla sua modernizzazione, che coincide con la sua “uscita” sul piano visibile della storia, vale a dire dal XVIII secolo in poi, la Massoneria ha perso il suo carattere “operativo”, connesso all’esercizio effettivo del mestiere, per aver solo un punto di vista “speculativo”: così tutto quello che riguarda la dottrina e i mezzi di realizzazione iniziatica è da ritrovare o da ricostituire, ed è questa una difficoltà di prim’ordine; ma almeno la preoccupazione di questa ricostituzione è sottintesa nell’idea di un risveglio intellettuale, di modo che il punto d’appoggio massonico, con le segnalate restrizioni e senza essere sufficiente per il tutto, potrebbe essere uno dei fattori della restaurazione tradizionale. In effetti, in questi ultimi anni vi è stato su questo versante un inizio in questo senso, con la costituzione di un ambito ristretto basato sull’insegnamento di René Guénon. Si potrebbe dunque vedere in questo un certo sviluppo, se si giungesse anche ad isolare da ogni commistione ed influenza dell’ambiente generale il lavoro iniziato, dato che nell’insieme la situazione della Massoneria è peggiore che mai, la mancanza di coscienza tradizionale ed iniziatica, o piuttosto lo spirito profano, superando di gran lunga quello che si vede sul versante della Chiesa cattolica stessa[31]. 
Ma infine, per una élite nel pieno senso della parola, René Guénon aveva considerato come possibile, mancando la base cattolica, il costituirsi al di fuori di ogni ambito definito, poiché diceva che il punto d’appoggio in una organizzazione esistente non era una necessità assoluta. In questo caso però, dovendo contare l’elite solo «sugli sforzi di coloro che sarebbero qualificati in virtù della loro capacità intellettuale, e anche, beninteso, sull’appoggio dell’Oriente, la sua opera ne verrebbe resa più difficile e la sua azione potrebbe esercitarsi solo a più lunga scadenza, poiché essa dovrebbe creare da sola tutti gli strumenti»[32]. Sul modo in cui poteva verificarsi una simile costituzione, Guénon non ha mai dato molte precisazioni. Per comprendere il suo atteggiamento e il suo metodo in questo ordine di cose, bisogna ricordare quello che diceva già in Orient et Occident, dunque prima ancora di considerare in modo particolare la possibilità cattolica: «se troppi punti restano imprecisi, gli è che non ci è possibile far diversamente, e soltanto le circostanze permetteranno di chiarirli in seguito, a poco a poco. Le contingenze intervengono necessariamente in tutto ciò che non è puramente e rigorosamente dottrinale, ed è da esse che possono derivare i mezzi secondari di ogni attualizzazione che presupponga un preventivo adattamento […] Se, parlando di questioni di tal natura, abbiamo cura di non dire né troppo né poco, ciò è dovuto al fatto che, da un lato, vogliamo farci intendere nel modo più chiaro possibile, e dall’altro, dobbiamo tuttavia sempre riservare le possibilità, attualmente impreviste, che le circostanze possono far emergere più tardi»[33]. In effetti, da quando la parte principale dell’opera dottrinale di René Guénon è stata pubblicata, numerosi orientamenti si sono precisati successivamente, ma anche parallelamente, fra coloro che hanno compreso il suo insegnamento e hanno cercato di applicarlo. 
Questi diversi orientamenti sono stati incoraggiati ed aiutati da Guénon nella misura in cui gli interessati si sono rivolti a lui, e, nello stesso tempo, egli coglieva l’occasione per dare un insegnamento specificamente iniziatico, per quanto di tipo ancora generale, in una importante serie di articoli su Le Volle d’Isis, diventato più tardi Études Traditionnelles. Bisogna sottolineare quest’altro aspetto del suo insegnamento, dato che anch’esso esce dal quadro degli studi semplicemente teorici, ed entra appunto quello intitolato Aperçus sur l’Initiation, che è appunto la sintesi della prima serie di questi articoli di carattere tecnico; la seconda serie andrà a costituire un volume postumo. Faremo anche notare che un simile lavoro non ha equivalente in nessun altro scritto tradizionale, di nessuna tradizione. 
Senza poter entrare nei particolari, diremo che fra questi orientamenti uno si ricollegava alla speranza di un ravvivamento dell’esoterismo cattolico, un altro alla ricostituzione massonica di cui abbiamo parlato. Altri elementi hanno deciso di cercare una iniziazione orientale, il che si risolveva nel costituirsi di «prolungamenti delle élites orientali» in Occidente, non nella formazione di una élite occidentale propriamente detta. 
Ma il concetto di costituzione di una élite occidentale al di fuori di ogni punto d’appoggio e di ogni ambito definito implica la possibilità che una élite si costituisca con elementi che non hanno alcun collegamento con una qualunque organizzazione. Sotto questo rapporto, sembra che il problema della costituzione di una élite occidentale sia rimasto finora senza soluzione. Ma, ci si può domandare, che cosa può significare una simile costituzione? Questa domanda presenta però una certa difficoltà: dato che, da una parte, secondo le precisazioni di Guénon, con «costituzione dell’elite» bisogna intendere non una semplice formazione dottrinale, ma una realizzazione effettiva nell’ordine della conoscenza iniziatica e metafisica, e dato che, d’altra parte, ogni realizzazione di questo tipo implica una iniziazione e la pratica di certi mezzi che debbono avere una origine tradizionale, come si può concepire che una élite si costituisca effettivamente, sotto tutti gli aspetti, senza che essa si basi su una organizzazione esistente? Per rispondere a questa domanda diremo, innanzitutto, che per noi, indubbiamente, tutto il lavoro effettivo doveva cominciare con una iniziazione e con dei mezzi appropriati. Ma vi è veramente qualche altra possibilità iniziatica al di fuori delle due precedentemente citate? Risponderemo: sì. Rimane ancora la possibilità che una iniziazione propriamente occidentale, ma non più esistente in Occidente, si riattualizzi in un ambiente intellettuale propizio, con mezzi appropriati. Quale potrebbe essere questa iniziazione e dove si potrebbe trovare? Potrebbe essere solo l’antica iniziazione, regolare ed effettiva, dell’Occidente tradizionale, ritiratasi da molto tempo là dove si ritira ogni iniziazione che non ha più la possibilità di mantenersi nel suo ambiente normale, quando le condizioni cicliche le sono sfavorevoli. Aggiungiamo ancora, per meglio render chiaro lo stato particolare dell’Occidente, che un simile occultamento, quando riguarda la forma iniziatica fondamentale di una tradizione, coincide con l’occultamento del centro spirituale di questa tradizione, e si effettua verso il punto di origine del centro di ogni tradizione particolare, vale a dire, verso il centro spirituale supremo, in cui essa rimane allo stato latente e da cui può rimanifestarsi talvolta quando le condizioni cicliche glielo permettano. Queste rimanifestazioni sono facilitate, in una certa misura, dalla presenza, nell’ambito tradizionale abbandonato, di organizzazioni iniziatiche di importanza secondaria che hanno soprattutto il ruolo di mantenere una continuità della trasmissione iniziatica, e di collegare da lontano i loro membri, anche senza che questi ne abbiano coscienza, all’influenza del centro nascosto. È per questo d’altra parte, che il primo metodo da considerare per la costituzione dell’elite occidentale, è quello che ha per base d’appoggio una organizzazione esistente. Ma allorché, per diverse ragioni, una riattualizzazione non è più possibile nel quadro delle organizzazioni esistenti, allorché condizioni essenziali si trovano soddisfatte in un ambito non definito, una rimanifestazione può prodursi, nei confronti di quest’ultimo o di certe individualità “qualificate”, e allora l’iniziazione necessaria e i mezzi corrispondenti possono ricomparire. Tuttavia, in questo caso, l’iniziazione e i mezzi del lavoro di realizzazione presenterebbero modalità relativamente nuove, legate più in particolare alle qualificazioni dell’ambiente di riattualizzazione; è d’altra parte attraverso queste qualificazioni ed a loro misura che sarebbero elaborati gli strumenti di lavoro che così successivamente verrebbero ad apparire, come una sorta di creazione dovuta all’elite stessa, secondo le opportunità dello sviluppo effettivo di questa. Questa possibilità, tanto difficilmente realizzabile, ci sembra dover essere inclusa in ciò che Guénon aveva in vista con l’idea della costituzione dell’elite occidentale al di fuori di una base d’appoggio in una organizzazione esistente e di ogni ambiente definito. Abbiamo d’altronde certe ragioni di pensare che Guénon per esperienza propria sapesse qualcosa su possibilità di questo tipo, poiché agli inizi della sua attività si produssero alcuni tentativi, a partire da interventi dell’antico centro nascosto della tradizione occidentale (4). Nonostante gli avvenimenti qui considerati abbiano toccato Guénon stesso, aggiungeremo che questo non contraddice assolutamente la «generazione orientale» personale di Guénon, poiché è possibile una coordinazione di influenze con l’azione di centri tradizionali non cristiani, per il raggiungimento di obiettivi di carattere più genere. A questo proposito ricorderemo che, «dopo la distruzione dell’Ordine del Tempio, gli iniziati all’esoterismo cristiano si riorganizzarono, d’accordo con gli iniziati all’esoterismo islamico, per mantenere, nella misura del possibile, il legame che era stato apparentemente infranto da questa distruzione» e che questa collaborazione tra iniziati ai due esoterismi menzionati «dovette continuare pure in seguito, dato che si trattava appunto di mantenere il legame tra le iniziazioni di Oriente ed Occidente»[34]. Il risveglio dell’iniziazione occidentale poteva dunque in via di principio essere tentato da una tale congiunzione di influenze ed interventi, avendo potuto le sole difficoltà ulteriori determinare in un senso più “orientale” l’appoggio che poteva ancora essere offerto all’Occidente. Non vogliamo qui insistere ulteriormente su questo punto, ma diremo che ciò deve essere messo in relazione con gli orientamenti spirituali più adeguati alle prospettive della «seconda ipotesi» per quanto concerne la sorte dell’Occidente. 
Bisogna pure dire che vi sono state talvolta soluzioni aventi un carattere meno regolare, il che si spiega con il fatto che esse non derivavano da indicazioni dottrinali od altre, date dall’insegnamento di Guénon. Tale è il caso di coloro che, talvolta pure senza alcuna conoscenza di questo insegnamento, si sono ricollegati ad organizzazioni aventi la loro base di partenza nell’Oriente, ma che René Guénon dichiarava prive delle condizioni di regolarità tradizionale, e che si mostravano, del resto, macchiate di modernismo. Non faremo il processo a queste organizzazioni, ma faremo solo alcune osservazioni complessive che superano d’altra parte questo caso speciale, dato che esse corrispondono a constatazioni che pure si sono potute fare in certi casi in cui non c’era alcuna difficoltà sotto l’aspetto della regolarità essenziale del collegamento. Due tipi di deviazioni di prospettiva tradizionale si notano generalmente in coloro che non hanno conosciuto o non hanno sufficientemente assimilato l’insegnamento di René Guénon, e non hanno compreso di conseguenza in quali condizioni una vera realizzazione poteva essere intrapresa da Occidentali, si tratti di coloro che si sono ricollegati, in modo illusorio o regolare, a organizzazioni orientali, oppure di coloro che sono rimasti senza alcun collegamento: le chiameremo la deviazione “assolutista” e la deviazione “universalista”. 
La prima è definita dalla volontà di giungere a una realizzazione, ed anche alla Conoscenza Suprema, fuori dalle condizioni normali di un metodo e di una forma tradizionale, mediante una semplice partecipazione alla tecnica strettamente intellettuale della rispettiva via. La seconda viene definita dalla trascuranza della regola di omogeneità spirituale tra la modalità iniziatica di insieme cui si vuoi partecipare e la forma tradizionale praticata, o, ancora, dall’illusione di un metodo unico applicabile indifferentemente a forme tradizionali diverse, ed anche al di fuori dell’esistenza di un collegamento iniziatico. Le diverse forme di queste deviazioni, che talvolta si combinano tra loro in modo strano, derivano tutte dalla mancanza di conoscenza della relazione che deve esistere tra la natura delle influenze spirituali che agiscono nella iniziazione, i mezzi di realizzazione corrispondenti e le qualificazioni degli esseri umani. Questa ignoranza è quasi sempre unita all’orgoglio e alla sufficienza caratteristica dell’individualismo moderno, ed anche alla pretesa di adattare l’insegnamento e la tecnica tradizionale alle esigenze dei nuovi tempi! Per gli intellettuali afflitti da questi difetti spirituali, l’insegnamento e la disciplina iniziatiche di una forma tradizionale son cose inattuali, sia perché le trovano ingombranti per la vita di tutti i giorni, sia perché, semplicemente, le ignorano. Costoro dunque tacceranno volentieri di “ritualismo” la pratica d’insieme dei mezzi sacri, sia affermando che essa non è necessaria nel loro caso personale (ed allora ci si stupisce nel vedere quanti credano di trovarsi in questa stessa condizione) sia preferendo in questo campo combinazioni artificiali di loro propria iniziativa, che denotano “sincretismo” o «mescolanza di forme tradizionali». Riprendendo in un senso più generale certi giudizi di Guénon, diremo dunque che queste cose, che si possono notare da diverse parti, sono più gravi quando si producono in organizzazioni iniziatiche regolari che non quando avvengono nel caso di persone, le quali in definitiva agiscono per conto proprio e non hanno nulla di autentico da trasmettere. Infine un tratto carat-teristico e significativo di queste scuole è la loro avversione, a volte dichiarata a volte dissimulata, per la funzione e l’insegnamento di Guénon. Ora è da temere che, con la sua scomparsa, queste diverse irregolarità si accentuino ancora, dato che la sua presenza esercitava un certo effetto censorio anche in coloro che non erano d’accordo con il suo insegnamento. 
Ciò ci conduce a dire una parola sul significato generale che la cessazione della sua funzione personale può avere. Qui si ricorderà che, parlando della speranza di una intesa tra Oriente ed Occidente e del ruolo degli “intermediari”, egli diceva riguardo a questi ultimi che «la loro presenza prova che ogni speranza di intesa non è irrimediabilmente persa»[35]. La sua improvvisa scomparsa sarebbe da interpretare come la perdita o la diminuzione di questa speranza di intesa? Non c’è dubbio che sotto questo rapporto vi sia, in questo avvenimento inatteso, un certo senso negativo, e le differenti difficoltà o limitazioni di possibilità che la sua funzione aveva incontrate, e di cui abbiamo fatto cenno, non farebbero d’altronde che appoggiare questo significato. Ma noi dobbiamo determinare i limiti entro i quali una simile interpreta-zione è possibile. Innanzitutto, la sua funzione doveva avere ad un certo momento, con l’età, un limite naturale. D’altra parte, anche se nulla fa per il momento pensare ad una fine, la sua attività si è comunque estesa per una apprezzabile durata: una trentina d’anni separa la sua morte dalla pubblicazione del suo primo libro; la sua produzione intellettuale fu eccezionalmente ricca: 17 libri, più il materiale degli articoli da ripubblicare in volumi, per un totale di almeno 8 opere; l’influenza di quest’opera dovrà svilupparsi ancora di più in avvenire. Data l’importanza che noi stessi abbiamo attribuita alla funzione di Guénon, la sua opera non potrebbe restare senza qualche conseguenza positiva per ciò che concerne i rapporti con l’Oriente. D’altra parte, la fine della sua attività non è una ragione sufficiente per credere che sia cessato pure l’appoggio dell’Oriente, dato che Guénon stesso non ha mai legato questo appoggio alla sua sola presenza e ha sempre testualmente parlato al plurale di “intermediari”, il che può benissimo non essere una semplice formula di stile impersonale, tanto più che egli non poteva pregiudicare quello che sarebbe successo dopo di lui. La cosa certa è che la risorsa intellettuale utilizzata dall’Oriente attraverso lui è finita, poiché essa era legata a qualità personali provvidenzialmente disposte. Cosa certa è anche che, la parte dottrinale generale del suo messaggio apparendo in larga misura realizzata per rendere possibile H risveglio intellettuale voluto in Occidente, non è nello stesso ordine che si potrebbe considerare come probabile una continuazione dell’appoggio offerto dall’Oriente. Piuttosto, è riguardo a forme dottrinali più circostanziate e ad applicazioni contingenti di ogni tipo, che il bisogno di una continuazione di questo appoggio si fa sentire. Ciò d’altra parte può essere collegato in modo speciale a nuove necessità cicliche dell’orientamento tradizionale e, sotto questo rapporto, si potrebbe appunto pensare ad uno sviluppo più particolare in relazione con le circostanze e le modalità proprie alla «seconda ipotesi», il che d’altronde ci sembra esigere sia un aspetto dottrinale sia un aspetto di orientamento pratico, più determinati nella loro forma. Alle nostre riflessioni verrà rimproverato un carattere troppo ipotetico ed astratto, cosa che riconosceremo volentieri, ma non ci è possibile evitarlo, tanto più che qui noi cerchiamo solo di circoscrivere in modo molto generale il significato che la fine della funzione personale di René Guénon può avere in questo momento. 
Ma l’opera intellettuale lasciata da Guénon manterrà la sua presenza così come tutto quello che è stato concepito per sua ispirazione svilupperà l’orientamento iniziale dato da lui. La sua opera comincia pure ad essere conosciuta e compresa in certi ambienti orientali, là dove gli intellettuali che hanno sperimentato l’attuale civiltà occidentale e le dottrine profane e ne hanno provato tutte le conseguenze, in loro stessi e attorno a loro stessi, non hanno altro mezzo per riprendere contatto con lo spirito tradizionale se non ricorrere ad un insegnamento che costituisce ad un tempo una critica efficace dello spirito moderno ed una formulazione intelligibile delle verità immutabili della tradizione. D’altronde, coloro che in Occidente costituiscono, con il loro collegamento orientale, ciò che Guénon chiamava «un prolungamento delle élites orientali che potrebbe diventare un tramite fra queste e Yélite occidentale il giorno in cui quest’ultima arriverà a costituirsi»[36], sono naturalmente una ragione per non abbandonare la speranza di un’intesa tra l’Occidente e le forze salutari dell’Oriente tradizionale. Ma nelle condizioni d’esistenza di un’epoca piena di ogni tipo di illusioni e di pericoli, questa speranza rimane fondata sulla fedeltà perfetta sotto tutti gli aspetti all’insegnamento di colui che fu e sarà la “Bussola infallibile” e la “Corazza impenetrabile”. Tutti coloro che sono partecipi della sapienza tradizionale e dello spirito di vera riconciliazione divina del mondo troveranno certamente la stessa incomprensione del loro grande predecessore, e saranno anche loro oggetto della stessa ostilità, o di una ostilità ancora più grande di quella provata dal Testimone della Verità Unica ed Universale, ma è a loro che, nell’ordine delle implicazioni umane, si ricorrerà alla fine per trovare un’intercessione che, al di là degli errori e delle iniquità di un mondo che si inabissa nel proprio caos, deve aprire le porte della Luce e della Pace.

* Tradotto in italiano in:
La funzione di René Guénon, Edizioni all'Insegna del Veltro, Parma, 1985.
Rivista Oriente e Occidente n° 1, Aprile 2010, "Associazione Oriente e Occidente", Milano.

[1] Pubblicato nel numero speciale degli Études Traditionnelles del 1951 consacrato a René Guénon.

[2] Corano, II, 142-143.

[3] Orient et Occident, p. 122. [Oriente e Occidente, Luni, Milano. N.d.r]

[4] Op. cit., pp. 307-308.

[5] Ibid., p. 308.

[6] Ibid., pp. 308-309.

[7] Ibid., pp. 310-311.

[8] Orient et Occident, pp. 184-185.

[9] Coloro tra gli Occidentali che avranno aderito direttamente a forme tradizionali dell’Oriente, non entrano dunque in questa nozione “di élite occidentale”, anche se vivono in Occidente; costoro, per via del loro ricollegamento tradizionale, devono essere direttamente assimilati all’Oriente sotto il rapporto intellettuale, per cui operano propriamente una “assimilazione al primo grado” di questo insegnamento. Più oltre dovremo tornare sul ruolo che essi possono svolgere nello sviluppo delle relazioni fra l’elite occidentale e le élites orientali.

[10] Ibid., p. 179.

[11] Ibid., pp. 179-180.

[12] Ibid., p. 201.

[13] Ibid., pp. 200-201.

[14] Ibid., p. 195.

[15] Ibid., p. 199.

[16] Ibid., pp. 201-202.

[17] Ibid., pp. 229-230.

[18] La Crise du Monde moderne, p. 128.

[19] Ibid., pp. 128-129.

[20] Op. cit., pp. 194-195.

[21] Etudes traditionnelles, setembre-dicembre 1949.

[22] Art. cit., p. 346.

[23] Ibid., pp. 346-347.

[24] La Crise du Monde moderne, pp. 130-131. [La crisi del mondo moderno, Edizioni Mediterranee, Roma. N.d.r]

[25] Ibid., p. 131.

[26] A questo proposito, una delle incomprensioni più significative, ma che a dire il vero non è tipica di questa “contro-dottrina”, dato che la si ritrova presso alcuni che ammettono peraltro il concetto di iniziazione vista come preliminare ad una via di realizzazione, è quella riguardante la natura e i mezzi dell’iniziazione cristiana. Si considera così che questa viene ad essere conferita dai sacramenti ordinari della Chiesa, per un privilegio speciale che il Cristianesimo avrebbe, vale a dire, di essere una “iniziazione offerta a tutti”! Ciò viene affermato per alleggerire una certa difficoltà incontrata nel dimostrare l’esistenza di altri riti puramente esoterici per l’iniziazione cristiana. Non potremmo trattare qui di tale questione, ma poiché molti di quelli che professano questa opinione sono d’accordo, d’altra parte, sul fatto che l’esicasmo è una via iniziatica, sappiano che questo ha, anche ai nostri giorni, come mezzo di ricollegamento, un rito speciale e riservato, analogo a quanto si sa del rito di ricollegamento nelle iniziazioni islamiche; ma per sapere come stiano le cose esattamente, non è ai teologi o ai preti, e neppure ad un monaco, che lo si potrebbe domandare; in questo campo bisogna d’altra parte sapere che la risposta dipenderà principalmente dalla retta intenzione del cercatore e dalla sua buona volontà.

[27] Op. cit., p. 41, note 1.

[28] Op. cit., pp. 131-132.

[29] Ibid., p. 130.

[30] Aperçus sur l’Initiation, p. 41, note 1. [Considerazioni sull'iniziazione, Luni, Milano. N.d.r]

[31] Una difficoltà di tipo particolare sussiste in una certa misura nel fatto che i Massoni, per avere una condizione integralmente tradizionale, dovrebbero partecipare ad un ordine exoterico che, per l’Occidente, sarebbe normalmente quello del Cattolicesimo; ora, se dal lato massonico la questione dell’appartenenza e della pratica religiosa potrebbe essere un affare individuale, non è la stessa cosa per quanto riguarda la loro ammissione ai sacramenti cattolici, di modo che, finché i rapporti tra Roma e la Massoneria saranno quelli che sono, i massoni d’Occidente non avranno altra risorsa se non quella di un collegamento alla Ortodossia o all’Islam; se non altro, in questo non vi è una difficoltà insormontabile.

[32] La Crise du Monde moderne, pp. 130-131.

[33] Op. cit., p. 181.

[34] Aperçus sur l’Initiation, pp. 243 et 246.

[35] Orient et Occident, p. 181.


[36] La Crise du Monde moderne, p. 128.