Gli insensati
diranno: «Che cosa li ha stornati dalla qibla
che avevano prima?» — Dì: «Ad Allah appartengono l’Oriente e l’Occidente! Egli
guida chi vuole in una via diritta». Così Noi abbiamo fatto di voi una
comunità mediatrice affinché siate testimoni di fronte agli uomini e l’Inviato
sia testimone davanti a voi. [2]
La scomparsa
dell’uomo permette di considerare l’insieme dell’opera da prospettive diverse
da quelle che si potevano avere quando era ancora in vita.
Mentre svolgeva la sua attività e dunque non si poteva fissare un termine alla sua funzione, né una forma definitiva al suo lavoro che, come si sa, non si limitava alla redazione di libri, ma si esprimeva pure attraverso la molteplice, regolare collaborazione a Études Traditionnelles (per non parlare delle riviste cui aveva collaborato anteriormente) come pure attraverso la sua abbondante corrispondenza di carattere tradizionale, la sua opera veniva ad essere fino ad un certo punto solidale con la sua incommensurabile presenza, discreta ed impersonale, ieratica e inaffettata, ma sensibile e attiva. Ora che si è fermato, tutto questo insieme può essere visto in certo qual modo simultaneamente: la frattura stessa che segna la fine sigilla la sua portata con un nuovo significato generale.
Mentre svolgeva la sua attività e dunque non si poteva fissare un termine alla sua funzione, né una forma definitiva al suo lavoro che, come si sa, non si limitava alla redazione di libri, ma si esprimeva pure attraverso la molteplice, regolare collaborazione a Études Traditionnelles (per non parlare delle riviste cui aveva collaborato anteriormente) come pure attraverso la sua abbondante corrispondenza di carattere tradizionale, la sua opera veniva ad essere fino ad un certo punto solidale con la sua incommensurabile presenza, discreta ed impersonale, ieratica e inaffettata, ma sensibile e attiva. Ora che si è fermato, tutto questo insieme può essere visto in certo qual modo simultaneamente: la frattura stessa che segna la fine sigilla la sua portata con un nuovo significato generale.
In effetti la
prospettiva così aperta ha già provocato il manifestarsi di reazioni che non si
erano prodotte fino ad oggi. Anche una nuova notorietà è venuta a segnare la
morte dell’uomo. Alcuni hanno creduto di vedere in alcuni casi la rottura di
una sorta di “congiura del silenzio” che, in alcuni ambienti, sembrava impedire
l’attualizzazione di virtualità reali di partecipazione allo spirito del suo
insegnamento. In ogni caso siamo costretti a constatare che, se ci si decide
così a prendere atto dell’importanza dell’opera di René Guénon, il modo in cui
lo si è fatto non ha rivelato quel miglioramento di comprensione che era
auspicabile. Sembra pure che, in questi casi, l’interesse nei suoi confronti
derivasse piuttosto da un desiderio di prevenire opportunamente uno sviluppo
reale di questa comprensione e di limitare le conseguenze che ne sarebbero
potute derivare. È per questo che tali reazioni sono ora importanti soprattutto
dal punto di vista ciclico. E, se non vogliamo qui rilevare errori nuovi o già
conosciuti, né inesattezze materiali patenti, siano esse dovute alla incapacità
dei loro autori o semplicemente alla loro malafede in un momento in cui,
tuttavia, l’opera di René Guénon è presente in tutta la sua ampiezza e fissata
nel modo più esplicito, ci sembra necessario precisare il significato che esse
acquistano in questo momento. Vi si può, in effetti, trovare l’indizio più
preciso che certi limiti sono stati raggiunti e che una sorta di “giudizio” vi
è implicito.
Tale è precisamente l’impressione che deriva della lettura degli articoli e degli studi comparsi quest’anno nelle pubblicazioni cattoliche e massoniche. Sappiamo tuttavia che, per fortuna, in questi due ambienti non mancano casi di una migliore ed anche di un’eccellente comprensione, ma una certa riserva, che definiremmo di tipo disciplinare, impedisce che queste eccezioni cambino, da parte cattolica soprattutto, il tono generale. Tuttavia questa sorta di censura potrebbe scoraggiare ulteriormente le ultime speranze di un allargamento dell’orizzonte spirituale di questi stessi ambienti; e i limiti che appaiono non sfuggono a coloro che sanno quali sono le condizioni per un ravvicinamento dell’intellettualità occidentale in genere e per una conclusione della profonda crisi del mondo moderno. Ma, per fortuna, ci sono ancora altri ambienti intellettuali in cui l’opera di René Guénon, in modo imprevisto, ora penetra, e questo apre anche nuove prospettive sull’estensione dell’influenza che essa può esercitare in futuro.
Tale è precisamente l’impressione che deriva della lettura degli articoli e degli studi comparsi quest’anno nelle pubblicazioni cattoliche e massoniche. Sappiamo tuttavia che, per fortuna, in questi due ambienti non mancano casi di una migliore ed anche di un’eccellente comprensione, ma una certa riserva, che definiremmo di tipo disciplinare, impedisce che queste eccezioni cambino, da parte cattolica soprattutto, il tono generale. Tuttavia questa sorta di censura potrebbe scoraggiare ulteriormente le ultime speranze di un allargamento dell’orizzonte spirituale di questi stessi ambienti; e i limiti che appaiono non sfuggono a coloro che sanno quali sono le condizioni per un ravvicinamento dell’intellettualità occidentale in genere e per una conclusione della profonda crisi del mondo moderno. Ma, per fortuna, ci sono ancora altri ambienti intellettuali in cui l’opera di René Guénon, in modo imprevisto, ora penetra, e questo apre anche nuove prospettive sull’estensione dell’influenza che essa può esercitare in futuro.
L’occasione
riassuntiva in cui facciamo queste constatazioni, ci permette di richiamare qui
le prospettive generali formulate da René Guénon dall’inizio della serie
coerente e graduata di espressioni dottrinali con cui egli aveva contrassegnato
la posizione dell’Occidente, le sue possibilità future e le successive
manifestazioni di fattori e di circostanze che aprivano possibilità positive o
le annullavano. Pur supponendo nei nostri lettori la conoscenza dell’insieme
delle idee che dominano la questione occidentale, ne ricorderemo qui, in pochi
cenni, i punti cardinali necessari ad orientare il nostro esame. La suprema
condizione dell’essere umano è la conoscenza metafisica, che è quella delle
verità eterne ed universali. Il valore di una civiltà sta nel grado di
integrazione di questa conoscenza e nelle conseguenze che essa ne trae per le
applicazioni relative ai differenti domini della sua struttura; una tale
integrazione ed irradiazione interiore è possibile solo nelle civiltà chiamate
tradizionali, che sono quelle derivanti da principi non umani e
sovrindividuali, e si fondano su forme di organizzazione che sono esse stesse
l’espressione delle verità cui debbono far partecipare. Il compito di ogni
forma tradizionale è in effetti di offrire alla umanità da essa ordinata
l’insegnamento e i mezzi che permettono di realizzare questa conoscenza o di
parteciparvi da vicino o da lontano, in conformità con le diverse possibilità
degli individui e delle nature specifiche. La misura in cui una forma
tradizionale, sia essa di tipo puramente intellettuale o di tipo religioso,
possiede questi elementi dottrinali e i metodi corrispondenti, è quindi il
criterio sufficiente e decisivo della sua verità attuale, così come la misura
in cui i suoi membri avranno realizzato le proprie possibilità in questo ordine
costituirà il solo titolo che la generazione spirituale di questa forma
tradizionale potrebbe presentare in un “giudizio” che considerasse quest’ultima
e l’insieme della sua umanità.
L’Occidente
moderno, con la sua civiltà individualista e materialista, è di per sé stesso
la negazione di ogni verità intellettuale propriamente detta, come di ogni
ordine tradizionale normale, ed in quanto tale presenta lo stato più potente di
ignoranza spirituale che l’umanità abbia mai raggiunto fino ad oggi, tanto nel
suo insieme quanto in una qualunque delle sue parti. Questa situazione si
spiega con l’abbandono dei principi non umani e universali sui quali si fonda
l’ordine umano e cosmico, ed è caratterizzato in modo speciale dalla rottura
dei rapporti normali con l’Oriente tradizionale e la sua inestinguibile
sapienza.
Il processo
secondo il quale si compie la decadenza dell’Occidente nell’epoca moderna deve
normalmente finire, in conformità sia della natura delle cose sia dei dati
tradizionali unanimi, con il raggiungimento di un certo limite, segnato
verosimilmente da una catastrofe di civiltà. A partire da questo momento un
cambiamento di direzione appare come inevitabile, e i dati tradizionali, tanto
d’Oriente quanto di Occidente, indicano che verrà allora a verificarsi una
restaurazione di tutte le possibilità tradizionali che l’attuale umanità ancora
comprende, il che coinciderà con una nuova manifestazione della spiritualità
primordiale e, nello stesso tempo, le possibilità antitradizionali e gli
elementi umani che le incarnano saranno respinti fuori da questo ordine e
definitivamente degradati. Ma se la forma generale di questi avvenimenti futuri
appare come certa, la sorte che verrebbe riservata al mondo occidentale in
questo “giudizio” e la parte che esso potrebbe avere nella restaurazione finale
dipenderanno dallo stato mentale che l’umanità occidentale avrà nel momento in
cui questo cambiamento si produrrà; ed è comprensibile che l’Occidente potrà avere
una sua parte in questa restaurazione solo nella misura in cui esso avrà
ripreso coscienza delle verità fondamentali comuni a ogni civiltà tradizionale.
La situazione
dell’umanità considerata nel suo insieme induce la convinzione che il risveglio
delle possibilità intellettuali dell’Occidente può solo realizzarsi sotto
l’influenza dell’insegnamento dell’Oriente tradizionale, il quale conserva,
sempre intatto, il deposito delle verità sacre. Questo insegnamento è stato
formulato, ai nostri giorni, per il vantaggio della coscienza occidentale,
mediante l’opera provvidenziale di René Guénon, che fu lo strumento eletto di
un appello supremo e di un sostegno estremo della spiritualità orientale.
Sembra così che sia in rapporto a questa presenza di verità che dovrà definirsi
la posizione esatta dell’Occidente in generale e del Cattolicesimo in
particolare, in quanto base tradizionale possibile per una intera civiltà. È
nella misura in cui tale testimonianza dell’Oriente sarà stata capita e
ritenuta per il beneficio proprio dell’Occidente, che quest’ultimo avrà
risposto a questa “convocazione”, la quale contiene ad un tempo una promessa ed
un avvertimento.
Conviene
precisare in tal caso che il privilegio speciale che ha quest’opera di svolgere
il ruolo di criterio di verità, di regolarità e di pienezza tradizionale
rispetto alla civiltà occidentale deriva dal carattere sacro e non individuale
che la funzione di René Guénon ha avuto. L’uomo che doveva adempiere a questa
funzione fu certamente preparato da lontano e non improvvisato. Le matrici
della Sapienza avevano predisposto e formato la sua entità secondo una precisa
economia, e la sua carriera si compì nel tempo con una correlazione costante
tra le sue possibilità e le condizioni cicliche esterne.
È così che, su
un essere di una statura e di una potenza intellettuale del tutto eccezionali,
attingente le sue certezze fondamentali direttamente dalla fonte principale,
dotato di una spiritualità prodigiosa che doveva servire per un compito di
riconoscimento e di identificazione universale della moltitudine dei simboli e
dei significati, caratterizzato da una forma di pensiero e una padronanza di
espressione che appaiono come la traduzione diretta, sul proprio piano, della
santità e dell’armonia delle verità universali realizzate in sé, su un tale
essere dunque, unico come lo è in un altro senso lo stesso mondo cui doveva
rivolgersi e il momento ciclico che gli corrispondeva, le funzioni dottrinali e
spirituali dell’Oriente tradizionale in qualche modo si concentrarono per una
suprema espressione. L’Induismo, il Taoismo e l’Islam, queste tre forme
principali del mondo tradizionale attuale, rappresentanti rispettivamente
l’Oriente Centrale, L’Estremo Oriente e il Vicino Oriente, che sono, nel loro
ordine e sotto un certo rapporto, come i riflessi dei tre aspetti di quel
misterioso Re del Mondo di cui René Guénon doveva, per primo, dare la
definizione rivelatrice, proiettarono i fuochi convergenti di una luce unica ed
indivisibile che mai opera di dotto riuscì a manifestare tanto integralmente e
ampiamente su un piano che domina l’insieme delle forme e delle idee
tradizionali. Al di là della sua veridicità intrinseca, la bellezza, la maestà
e la perfezione di questo monumento dell’Intelletto Universale che è la sua
opera attestano il dono più generoso nel suo ordine e costituiscono il miracolo
intellettuale più abbagliante prodotto di fronte alla coscienza moderna. La
testimonianza dell’Oriente ha così rivestito la forma più prestigiosa e nello
stesso tempo più adeguata, il che era d’altra parte la condizione della sua
maggiore efficacia. È considerando questa presenza trascendente e nello stesso
tempo vicina che deve riconoscersi lo spirito dell’uomo dell’Occidente, e
prendere coscienza delle sue possibilità di verità in rapporto ad un ordine
umano totale.
Le idee
fondamentali di questa testimonianza sono le seguenti: innanzitutto, nel campo
puramente intellettuale e spirituale, la supremazia della conoscenza metafisica
su tutti gli altri ordini di conoscenza, della contemplazione sull’azione,
della Liberazione sulla Salvezza; quindi, distinzione tra via iniziatica ed
intellettuale, da una parte, e via exoterica dall’altra, avendo questa il suo
corollario “mistico” nell’ultima fase tradizionale dell’Occidente. Sul piano
d’insieme del mondo tradizionale: l’identità essenziale di tutte le dottrine
sacre, l’universalità intelligibile del simbolismo iniziatico e religioso, e
l’unità fondamentale di tutte le forme tradizionali.
Questa
unanimità tradizionale non esclude l’esistenza di gradi differenti di
partecipazione allo spirito comune: questo è meglio rappresentato, ed anche
meglio conservato, dalle tradizioni in cui predomina il punto di vista
puramente intellettuale e metafisico: quindi, preminenza normale dell’Oriente
nel campo spirituale. Da questo punto di vista ci sono dunque normalmente,
sotto certi aspetti, una gerarchia e rapporti susseguenti tra le diverse
tradizioni, come tra le civiltà che loro corrispondono. Il mondo occidentale,
da tempi che risalgono ancora più lontano dell’inizio dell’epoca cosiddetta
storica, e quali che siano state le forme tradizionali che lo organizzavano,
generalmente aveva sempre avuto con l’Oriente rapporti normali, correttamente
tradizionali, fondati su un accordo fondamentale di principi di civiltà. Tale è
stato il caso della civiltà cristiana del Medio Evo. Questi rapporti sono stati
rotti dall’Occidente nell’epoca moderna, di cui René Guénon fa risalire
l’inizio molto prima di quanto non lo si faccia solitamente, e cioè nel XIV
secolo, quando, tra gli altri fatti caratteristici di questo cambiamento di
direzione, l’Ordine del Tempio, che era lo strumento principale di questo
contatto nel Medio Evo cristiano, fu distrutto: ed è interessante notare che
uno dei rimproveri che sono stati fatti a quest’Ordine era proprio di aver
avuto relazioni segrete con l’Islam, relazioni della cui natura ci si faceva
d’altra parte una idea inesatta, poiché erano essenzialmente iniziatiche ed
intellettuali. Questo stato di cose è andato sempre aggravandosi, man mano che
la civiltà occidentale prendeva i suoi caratteri tradizionali, fino a diventare
quella che è oggi: una civiltà completamente anormale in tutti i campi,
agnostica e materialista quanto ai principi, negatrice e distruttrice quanto
alle istituzioni tradizionali, anarchica e caotica quanto alla sua costituzione
propria, invadente e dissolvente quanto al suo ruolo nei confronti dell’insieme
dell’umanità: il mondo occidentale, dopo aver distrutto la propria civiltà
tradizionale, si è volto, «ora brutalmente ora insidiosamente»[3],
contro tutto l’ordine tradizionale esistente e in modo particolare contro le
civiltà orientali. È così che l’insegnamento puramente intellettuale esposto da
René Guénon si completa con una critica di tutti gli aspetti dell’attuale
Occidente. Non sarà qui necessario ricordare in che cosa consista questa
critica ad un tempo profonda ed estesa, poiché essa interessa meno il nostro
discorso, e d’altra parte questo aspetto dell’opera di René Guénon ha avuto
generalmente una accoglienza più facile, molti occidentali essendosi
disingannati da soli sul valore della civiltà moderna.
Vogliamo ora
precisare che, data la funzione ciclica di René Guénon, le diverse situazioni
da lui considerate per quanto riguarda l’Occidente nel momento in cui la sua
civiltà avrà raggiunto il punto di arresto, possono essere legittimamente
ricollegate alla reazione che l’intellettualità occidentale avrà davanti alla
sua opera. Era in effetti dal lato intellettuale che la correzione della
mentalità generale poteva realizzarsi, e l’opera di René Guénon si rivolge
esclusivamente a coloro che sono capaci innanzitutto di comprendere le verità
principiali, poi di trame le conseguenze che si impongono. L’intellettualità
occidentale contemporanea assume così in modo logico una dignità e una
responsabilità rappresentativa. A questo proposito bisogna ricordare che, fin
dal suo primo libro, pubblicato nel 1921, la Introduction générale à l’étude des doctrines hindoues
(Conclusione), René Guénon aveva formulato tre ipotesi principali per quanto
concerne la sorte dell’Occidente. La prima «la più sfavorevole, è quella in cui
nulla verrebbe a sostituire questa civiltà e, scomparendo questa, l’Occidente,
abbandonato a se stesso, verrebbe a trovarsi immerso nella peggiore barbarie»[4]. Dopo
averne sottolineata la possibilità, concludeva che «non è utile insistere su di
ciò più a lungo perché ci si renda conto quanto questa prima ipotesi sia
inquietante»[5]. La seconda sarebbe quella
in cui «i rappresentanti di altre civiltà, vale a dire i popoli orientali, per
salvare il mondo occidentale da questa irrimediabile decadenza, lo assimilino
con le buone o con le cattive, supponendo che la cosa fosse possibile e che
d’altra parte l’Oriente vi consentisse, nella sua totalità o in alcune delle
parti che lo compongono. Speriamo – diceva – che nessuno sia così accecato dai
pregiudizi occidentali da non riconoscere quanto questa ipotesi sarebbe
preferibile alla precedente: sicuramente vi sarebbe, in simili circostanze, un
periodo transitorio contrassegnato da rivoluzioni etniche molto dolorose, di
cui è difficile farsi un’idea, ma il risultato finale sarebbe tale da
compensare i danni fatalmente causati da una simile catastrofe; l’Occidente
dovrebbe però rinunciare alle proprie caratteristiche e verrebbe a trovarsi
puramente e semplicemente assorbito. È per questo, diceva poi René Guénon, che
conviene considerare un terzo caso come molto più favorevole dal punto di vista
occidentale, per quanto equivalente, a dire il vero, dal punto di vista dell’insieme
dell’umanità terrestre, poiché, se si realizzasse, l’effetto sarebbe la
scomparsa dell’anomalia occidentale, non per soppressione come nella prima
ipotesi, ma, come nella seconda, per ritorno alla intellettualità vera e
normale; ma questo ritorno, invece di essere imposto e forzato, o tutt’al più
accettato e subito dal di fuori, sarebbe effettuato allora volontariamente e
quasi spontaneamente»[6]. Nel
seguito della sua esposizione, René Guénon ritornava su queste tre ipotesi «per
sottolineare più precisamente le condizioni che determinerebbero la
realizzazione dell’una o dell’altra di esse. A questo proposito, precisava,
tutto dipende evidentemente dallo stato mentale in cui verrà a trovarsi il
mondo occidentale nel momento in cui raggiungerà il punto di arresto della sua
attuale civiltà. Se questo stato mentale fosse allora tale e quale quello di
oggi, sarebbe la prima ipotesi a doversi necessariamente realizzare, poiché
nulla potrebbe sostituire ciò a cui si rinuncerebbe, e, d’altronde,
l’assimilazione da parte di altre civiltà sarebbe impossibile, la differenza di
mentalità assumendo carattere di contrapposizione. Questa assimilazione, che
risponde alla nostra seconda ipotesi, supporrebbe, come condizione minima,
l’esistenza in Occidente di un nucleo intellettuale, formato anche solo da una
élite poco numerosa, ma costituita abbastanza fortemente per essere il tramite
indispensabile per ricondurre la mentalità generale verso le vere fonti
dell’intellettualità, imprimendole una direzione che d’altra parte non avrebbe
per nulla bisogno di essere cosciente a livello di massa. Dal momento che si
ritiene verosimile la supposizione di un arresto della civiltà, la costituzione
preliminare di questa élite appare dunque come la sola capace di salvare
l’Occidente, al momento voluto, dal caos e dalla dissoluzione; e, del resto,
per interessare alla sorte dell’Occidente i detentori delle tradizioni
orientali, sarebbe essenziale mostrare loro che, se gli apprezzamenti più
severi non sono ingiusti verso l’intellettualità occidentale presa nel suo
insieme, vi possono almeno essere onorevoli eccezioni, indicanti che la
decadenza di questa intellettualità non è assolutamente irrimediabile. Abbiamo
detto che la realizzazione di questa seconda ipotesi non sarebbe priva, transitoriamente
almeno, di certi aspetti spiacevoli, per cui il ruolo dell’elite si ridurrebbe
a servire da punto di appoggio ad una azione di cui l’Occidente non avrebbe
l’iniziativa, ma questo ruolo sarebbe completamente diverso se gli eventi le
lasciassero il tempo di esercitare una tale azione direttamente e da sola, il
che corrisponderebbe alla possibilità della terza ipotesi. Si può in effetti
concepire che l’élite intellettuale, una volta costituita, agisca in qualche
modo come un “fermento” nel mondo occidentale, per preparare la trasformazione
che, diventando effettiva, le permetterebbe di trattare, se non da pari a pari,
almeno come potenza autonoma, con i rappresentanti autorizzati delle civiltà
orientali»[7].
Quanto al modo
in cui si può intendere l’influenza esercitata dall’elite, Guénon dava più
tardi in Orient et Occident alcune
precisazioni che qui è bene ricordare al fine di impedire che ci si fermi a
rappresentazioni troppo grossolane. L’élite, pur lavorando per se stessa,
«lavorerà anche, necessariamente, per l’Occidente in generale, poiché è
impossibile che una elaborazione come quella di cui si tratta si effettui in un
ambiente qualsiasi senza produrvi prima o poi modificazioni considerevoli. Per
di più, le correnti mentali sono sottoposte a leggi perfettamente definite e la
conoscenza di queste leggi permette un’azione ben altrimenti efficace che non
l’uso di mezzi del tutto empirici; ma qui, per giungere all’applicazione e
realizzarla in tutta la sua ampiezza, bisogna potersi appoggiare a una organizzazione
saldamente costituita, il che non vuoi dire che dei risultati parziali, già
apprezzabili, non possano essere ottenuti prima che si sia arrivati a questo
punto. Per quanto difettosi ed incompleti siano i mezzi di cui si dispone,
bisogna tuttavia cominciare con il metterli in azione tali e quali, senza di
che non si giungerà mai ad acquisirne di più perfetti; e noi aggiungeremo che
la minima cosa compiuta in conformità armonica con l’ordine dei principi porta
virtualmente in sé possibilità la cui espressione è capace di determinare le
più prodigiose conseguenze, e questo in tutti i domini, a mano a mano che le
sue ripercussioni vi si estendono secondo la loro ripartizione gerarchica e per
via di una progressione indefinita»[8].
Siamo obbligati
a limitare all’essenziale le nostre citazioni e bisognerà riferirsi al testo
integrale dei capitoli qui ricordati, come, pure a La Crise du Monde moderne e al Règne
de la Quantité, per avere gli altri aspetti che la realizzazione dell’una o
dell’altra di queste tre ipotesi ancora comporta. Quel che dobbiamo fissare per
il nostro discorso è il fatto che è attorno all’idea di una élite intellettuale
che tutta la questione della sorte futura dell’Occidente viene ad essere
ricondotta. È ad una tale entità spirituale ed umana che spetta di realizzare
il ritorno dell’Occidente alla Tradizione in un modo o nell’altro e di
accordarsi sui principi con l’Oriente tradizionale. È proprio questo, diremo,
che collega le prospettive spirituali, e in genere tradizionali, dell’Occidente
all’insegnamento di René Guénon poiché è nella sua opera che si trova in
effetti il punto di partenza di un risveglio intellettuale e l’ispirazione di
tutto il lavoro da compiere in seguito. L’esposizione di certi concetti deve
permettere innanzitutto, ai possibili componenti della élite, di prendere
coscienza di se stessi e di ciò che è loro necessario. La formazione mentale
propriamente detta deve cominciare con l’acquisizione di una conoscenza teorica
dei principi metafisici: è lo studio di dottrine orientali che doveva
permettere questo e René Guénon, con tutta la serie delle sue esposizioni,
principalmente delle dottrine indù, aveva suscitato ed illuminato questo studio
da cui poteva derivare l’assimilazione, da parte dell’elite in formazione, dei
metodi essenziali del pensiero orientale. Ricorderemo anche che la élite
occidentale, per essere tale, doveva rimanere legata alle forme tradizionali
occidentali: è per questo che essa poteva solo fare ciò che egli chiamava «una
assimilazione al secondo livello» dell’insegnamento orientale[9]. È
così che si manifestava il primo modo dell’appoggio che l’Oriente offriva
all’Occidente; è il periodo che René Guénon designava come quello dell’“aiuto
indiretto” o delle “ispirazioni”: «queste ispirazioni, diceva, possono essere
trasmesse solo attraverso influenze individuali che servano da tramite, non
mediante una azione diretta di organizzazioni che, a meno di sconvolgenti
imprevisti, non impegneranno mai la loro responsabilità negli affari del mondo
occidentale»[10]. E aggiungeva questo, che
riguardava lui prima di ogni altro: «coloro che danno assimilato direttamente
l’intellettualità orientale possono solo pretendere di svolgere quel ruolo di
intermediari di cui parlavamo poco fa; essi sono, per il solo fatto di questa
assimilazione, troppo vicini all’Oriente per fare di più; possono suggerire
idee, esporre concetti, indicare cosa converrebbe fare, ma non prendere di per
se stessi l’iniziativa di una organizzazione che, provenendo da loro, non
sarebbe veramente occidentale»[11].
Sottolineeremo, approfittando dell’occasione, questo aspetto caratteristico
della funzione di René Guénon, dato che alcuni sarebbero tentati di vedere in
lui solo un semplice autore di libri teorici: innanzitutto, il fatto che i suoi
scritti corrispondano, ad un qualsiasi livello, a “ispirazioni” che provengono
da forze spirituali dell’Oriente e si esprimono, attraverso le sue possibilità
e la sua influenza personale, dimostra che questi hanno, non solo nella loro
sostanza dottrinale, ma pure nella loro intenzione primaria, un punto di
partenza che non si situa nella semplice comprensione intellettuale e nel
desiderio individuale di far partecipare gli altri a questa comprensione, né
nelle sole sollecitazioni dell’ambiente e nella pressione delle circostanze;
inoltre, il suo ruolo non era solamente di fare delle esposizioni dottrinali,
ma anche, come diceva lui stesso, «di suggerire delle idee» e «indicare cosa
converrebbe fare», e noi sappiamo molto bene che, in effetti, egli ha
esercitato in questo senso una attività molto estesa che è rivelata solo
indirettamente e parzialmente dai suoi libri quando vi annotava gli elementi
che potevano interessare i suoi lettori in generale.
Per ritornare a
quanto riguarda i rapporti dell’elite con l’Oriente, il secondo periodo
dell’appoggio che essa doveva ricevere è chiamato da René Guénon quello
dell’“appoggio diretto”: si suppone che l’elite si sia già costituita in una
organizzazione «capace di entrare in contatto con le organizzazioni orientali
che lavorano nel campo della pura intellettualità, e di ricevere da queste, per
la sua azione, l’aiuto che possono procurare forze accumulate da un tempo
immemorabile»[12]. «Quando un primo lavoro
di assimilazione sarà stato così compiuto, niente si opporrebbe a che l’elite
stessa (poiché è da essa che deve venire l’iniziativa) faccia appello, in modo
più immediato, ai rappresentanti delle tradizioni orientali; e questi,
interessandosi alla sorte dell’Occidente grazie alla presenza di questa élite,
non mancherebbero di rispondere a questo appello, poiché la sola condizione che
esigono è la comprensione... È nel secondo periodo che l’appoggio degli
Orientali potrebbe effettivamente manifestarsi»[13]. In
questo periodo, che è quello dell’«azione effettiva», l’elite deve realizzare
degli adattamenti alla condizione occidentale; non si tratta di considerare in
questo modo la sostituzione di una tradizione ad un’altra, e per ciò che
concerne la tradizione religiosa dell’Occidente si tratta solamente di
«aggiungere l’elemento interiore che le fa attualmente difetto, ma che può
benissimo sovrapporsi senza che nulla sia cambiato esteriormente»[14]. «È
solo nel caso in cui l’Occidente si mostrasse definitivamente incapace di
ritornare ad una civiltà normale, che una tradizione estranea potrebbe essergli
imposta; ma allora non si avrebbe fusione, poiché nulla di specificamente
occidentale sussisterebbe più; e non vi sarebbe neppure sostituzione, poiché,
per arrivare ad un tale estremo, bisognerebbe che l’Occidente avesse perduto
perfino la ultime vestigia dello spirito tradizionale, ad eccezione di una
piccola élite senza la quale, non potendo ricevere neppure questa tradizione
estranea, sprofonderebbe inevitabilmente nella peggiore barbarie»[15].
Riassumendo
così i rapporti possibili, nella migliore ipotesi, tra Oriente ed Occidente,
René Guénon precisava ancora: «Dunque non si tratta di imporre all’Occidente
una tradizione orientale, le cui forme non corrispondono alla sua mentalità, ma
di restaurare una tradizione occidentale con l’aiuto dell’Oriente, aiuto
indiretto in un primo momento, diretto poi, o, se si preferisce, ispirazione
nel primo periodo, appoggio effettivo nel secondo […] Quando l’Occidente sarà
di nuovo in possesso di una civiltà regolare e tradizionale, il ruolo
dell’elite dovrà proseguire: essa sarà allora il mezzo con cui la civiltà
occidentale comunicherà in modo permanente con le altre civiltà poiché una
simile comunicazione può stabilirsi e mantenersi solo con ciò che vi è di più
elevato in ognuna di esse […] In altre parole, bisognerebbe che l’Occidente
giungesse finalmente ad avere dei rappresentanti in quello che è chiamato
simbolicamente il “centro del mondo” o con una qualsiasi altra espressione
equivalente (il che non deve essere inteso letteralmente come espressione di un
luogo determinato, quale che esso sia); ma qui si tratta di cose troppo
lontane, troppo inaccessibili allo stato attuale e senza dubbio per molto tempo
ancora, perché possa essere veramente utile insistervi»[16].
Certamente
questa ipotesi, la più favorevole all’Occidente, quella di una restaurazione
integrale della civiltà occidentale su basi e in forme tradizionali proprie,
era la meno probabile, e René Guénon non si è mai fatto troppe illusioni a
questo proposito; se prendeva in considerazione una simile ipotesi, era in
qualche modo in via di principio, per non trascurare alcuna possibilità e per
non scoraggiare alcuna speranza, ogni sforzo in questo senso avendo comunque
risultati in un altro ordine, innanzitutto per l’elite stessa. Ma nella riedizione
del 1948 di Orient et Occident,
prendendo atto, in un Addendum,
dell’aggravarsi del disordine generale e dopo aver ripetuto che «il solo
rimedio consiste in una restaurazione”, constatava che “disgraziatamente, da
questo punto di vista, le possibilità di una reazione proveniente
dall’Occidente stesso sembrano diminuire ogni giorno di più, poiché quello che
sussiste come tradizione in Occidente è sempre più minato dalla mentalità
moderna, e, di conseguenza, è sempre meno capace di servire da base solida a
una simile restaurazione, sicché, senza scartare alcuna delle possibilità che
possono ancora esistere, sembra più verosimile che mai che l’Oriente debba
intervenire più o meno direttamente, nel modo che abbiamo spiegato, se questa
restaurazione dovrà pure realizzarsi un giorno […] Se l’Occidente possiede
ancora in sé stesso i mezzi per ritornare alla sua tradizione e restaurarla
pienamente, è ad esso che spetta provarlo. Nell’attesa, ci sentiamo
nell’obbligo di dichiarare che fino ad oggi non abbiamo visto il minimo indizio
che ci autorizzi a supporre che l’Occidente, abbandonato a se stesso, sia
realmente capace di adempiere a questo compito, qualunque sia la forza con cui
si imponga ad esso l’idea della sua necessità»[17].
Con queste
conclusioni enuncianti la probabilità che l’Oriente intervenga «più o meno
direttamente» nella restaurazione occidentale, Guénon evocava evidentemente la
seconda ipotesi da lui formulata, quella secondo cui «i popoli orientali per
salvare il mondo occidentale da questa decadenza irrimediabile, lo
assimilerebbero con le buone o con le cattive, supponendo che la cosa fosse
possibile, e che d’altra parte l’Oriente vi acconsenta nella sua totalità o in
alcune delle sue componenti»; e questo, ricordiamolo, implicava «la rinuncia
dell’Occidente ai pro-pri caratteri». La condizione minima per questa ipotesi
era tuttavia l’esistenza in Occidente di un nucleo intellettuale, anche solo
formato da una élite poco numerosa, ma abbastanza saldamente costituita da
formare il tramite indispensabile per guidare la mentalità generale. Ma in
questo caso «il ruolo dell’élite si ridurrebbe a servire da punto di sostegno
per una azione di cui l’Occidente non avrebbe l’iniziativa». A questo
proposito, potremmo far notare che numerose eventualità possono essere
considerate all’interno della seconda ipotesi in funzione dei fattori che
debbono intervenirvi: da un lato, l’importanza o l’efficacia dell’ élite
occidentale, dall’altro, i popoli orientali e le organizzazioni che potrebbero
trovare un interesse a una restaurazione occidentale. Queste eventualità sono
espresse, in un certo senso, dalle modalità di questa assimilazione, che
sarebbe fatta o “per amore”, il che implica un consenso occidentale, almeno nei
suoi elementi etnici più importanti, o “per forza”, il che suppone una
resistenza più o meno generalizzata. D’altra parte, e soprattutto in
quest’ultimo caso, vi è ancora da considerare la possibilità che
l’assimilazione avvenga sul complesso occidentale o solo su una parte, potendo
i popoli orientali in questione intraprenderla solo nella misura in cui
riterranno che ciò corrisponda al proprio interesse, per il resto
accontentandosi forse di prendere alcune misure per assicurare l’ordine
stabilito, la qual cosa vuole anche dire che, in questo caso, parti
dell’Occidente potrebbero cadere in una situazione corrispondente alla prima
ipotesi, quella che prefigurava uno stato di pura e semplice barbarie. Se
consideriamo queste differenti eventualità secondarie, è per far comprendere
che l’enunciazione di una probabilità della seconda ipotesi non implica per
forza di cose la realizzazione dei migliori aspetti di questa, e che anche essa
non esclude possibilità della prima, dipendendo il tutto in primo luogo dalla
capacità che avrebbe questa élite di servire da punto di sostegno dell’azione
orientale.
Fino ad ora ci
siamo tenuti sulle generali parlando delle possibilità di restaurazione
tradizionale dell’Occidente. Bisogna ora considerare queste possibilità secondo
i punti di sostegno che gli elementi occidentali che dovrebbero compiere questo
lavoro di restaurazione con l’aiuto della conoscenza delle dottrine orientali
potrebbero trovare nello stesso mondo occidentale.
Bisogna
innanzitutto dire che se in Occidente ci fosse stato almeno un punto in cui si
fosse conservato integralmente lo spirito tradizionale, si sarebbe potuto
vedere in questo un motivo per sperare che l’Occidente riuscisse a ritornare
allo stato tradizionale «per una sorta di risveglio spontaneo di possibilità
latenti»[18]; il fatto è che una
simile persistenza, a dispetto di certe pretese, gli sembrava «estremamente
dubbia», il che autorizzava René Guénon a considerare un nuovo modo per la
costituzione di una élite intellettuale, e in effetti fino ad oggi nulla ha
invalidato la sua supposizione iniziale. Per costituirsi, Vélite in formazione
aveva tutto l’interesse ad appoggiarsi ad una organizzazione avente una
esistenza effettiva. Per quanto concerne le organizzazioni a carattere
tradizionale, tutto quello che l’Occidente conserva ancora sono, nell’ordine
religioso, la Chiesa cattolica, e nell’ordine iniziatico alcune organizzazioni
in avanzato stato di decadenza. Tuttavia sotto l’aspetto dottrinale, solo la
prima poteva essere considerata come una base possibile per un complessivo
raddrizzamento del mondo occidentale, e Guénon diceva dunque ne La Crise du Monde moderne: «sembra che
in Occidente vi sia solo una organizzazione in possesso di un carattere
tradizionale e che conservi una dottrina capace di fornire al compito in
questione una base appropriata: si tratta della Chiesa cattolica. Basterebbe
restituire alla dottrina di questa, senza cambiare niente nella forma religiosa
sotto cui si presenta all’esterno, il senso profondo che essa ha realmente in
se stessa, senso di cui i suoi rappresentanti attuali sembrano però non avere
più coscienza, come sembrano non avere più coscienza della sua unità essenziale
con le altre forme tradizionali; le due cose d’altra parte sono inseparabili
l’una dall’altra. Sarebbe la realizzazione del Cattolicesimo nel vero senso
della parola, che, etimologicamente esprime l’idea di “universalità”, cosa che
dimenticano un po’ troppo quelli che vorrebbero farne solo la denominazione
esclusiva di una forma speciale puramente occidentale, senza alcun legame
effettivo con le altre tradizioni»[19].
Quanto a questa
questione dottrinale, che è evidentemente fondamentale, dato che il richiesto
accordo sui principi con l’Oriente la antepone a ogni altra, egli diceva già in
Orient et Occident: «L’accordo,
fondato essenzialmente sui principi, può essere veramente cosciente solo per le
dottrine che racchiudono almeno una parte di metafisica o di intellettualità
pura; non è la stessa cosa per quelle che sono strettamente limitate ad una
forma particolare, per esempio alla forma religiosa. Tuttavia questo accordo
esiste nondimeno realmente in un simile caso, nel senso che le verità
teologiche possono essere viste come una traduzione, da un punto di vista
speciale, di certe verità metafisiche; ma per far apparire questo accordo,
bisogna effettuare la trasposizione che restituisce a queste verità il loro
senso profondo, e solo il metafisico può farlo, poiché si pone al di là di
tutte le forme particolari e di tutti i punti di vista speciali. Metafisica e
religione non sono e non saranno mai sullo stesso piano; ne deriva, d’altronde,
che una dottrina puramente metafisica e una dottrina religiosa non possono né
farsi concorrenza né entrare in conflitto, dato che i rispettivi domini sono
nettamente differenti. Ma, d’altronde, ne deriva anche che l’esistenza di una
dottrina unicamente religiosa è insufficiente per permettere di stabilire
un’intesa profonda come quella che abbiamo in vista quando parliamo del
riavvicinamento intellettuale dell’Oriente e dell’Occidente; è per questo che
abbiamo insistito sulla necessità di compiere in primo luogo un lavoro di tipo
metafisico, ed è solo in seguito che la tradizione religiosa dell’Occidente,
rivivificata e restaurata nella sua pienezza, potrebbe diventare utilizzabile a
questo fine, grazie all’aggiunga dell’elemento interiore che attualmente le
manca, ma che può benissimo venirvisi a sovrapporre senza che nulla sia
cambiato esteriormente»[20].
Qui si impone
una osservazione. Guénon considerava nei suoi scritti soprattutto le
possibilità tradizionali del mondo che un tempo era stato coperto dalla forma
cattolica del Cristianesimo, o, in ogni caso, di quello in cui esso esiste
attualmente, vale a dire le possibilità di un Occidente in senso ristretto.
Egli considerava meno il mondo ortodosso e, generalmente, tutto quello che
rimaneva fuori dall’ambito della chiesa latina; e noi sappiamo personalmente
che a questo riguardo egli aveva impressioni sensibilmente diverse da quelle
che nutriva per il Cattolicesimo. È così d’altronde che nel suo articolo Christianisme et Initiation[21], prendendo atto
del sostituirsi, nell’Occidente moderno, del “misticismo” alla iniziazione,
affermava in una nota: «Non vogliamo dire che certe forme di iniziazione
cristiana non siano continuate più tardi, dato che abbiamo anche ragione di pensare
che ne rimanga attualmente ancora qualche cosa, ma questo in ambienti talmente
ristretti che, in effetti, li si può considerare praticamente inaccessibili,
oppure, come diremo, in rami del Cristianesimo diversi dalla Chiesa latina»[22]. Poi
affermava effettivamente nel corso dell’articolo a proposito della sostituzione
in questione: «Quello che diciamo qui si applica d’altra parte solo alla Chiesa
latina e, cosa notevolissima, è un fatto che nelle Chiese d’Oriente non vi è
mai stato misticismo nel senso in cui lo si intende nel Cristianesimo
occidentale dal XVI secolo in poi; questo fatto può far pensare che una certa
iniziazione del tipo di quelle cui alludevamo si è mantenuta in queste chiese,
e, infatti, è quanto vi si trova con l’esicasmo, il cui carattere realmente
iniziatico non sembra dubitabile, anche se, qui come in molti altri casi, si è
più o meno impoverito nel corso dei tempi moderni, per un effetto delle
condizioni generali di quest’epoca, cui possono sfuggire solo le iniziazioni
che sono diffuse pochissimo, sia che lo siano sempre state, sia che abbiano
deciso volontariamente di “chiudersi” più che mai per evitare ogni
degenerazione»[23]
Di fatto, tutta
la questione del mondo ortodosso è ben differente da quella del mondo
cattolico. Fatta eccezione per la Russia, che aveva subito da parte sua, a
partire dal XVII secolo, le deleterie conseguenze dei suoi contatti con
l’Occidente propriamente detto, il modernismo ha intaccato solo da un secolo la
mentalità e le istituzioni ortodosse; questo fatto è stato d’altra parte la
conseguenza immediata della dissoluzione dell’antico impero turco, al cui
riparo si trovavano alla fin fine, con la sola eccezione russa, tutte le Chiese
d’Oriente. Il formarsi in queste regioni di Stati nazionali sul modello democratico
occidentale fu ben presto seguito dal costituirsi delle Chiese autocefale
nazionali che spezzarono l’unità ortodossa e consegnarono le sue diverse
frazioni indebolite all’influenza moderna. Si può notare che la situazione di
questa cristianità orientale assomiglia molto a quella dell’Islam nelle stesse
regioni. Il quadro della loro storia e della loro civiltà era rimasto
sensibilmente lo stesso dal Medio Evo fino al XIX secolo: era dall’Occidente
propriamente detto che doveva venire lo spirito antitradizionale per
sconvolgere ed infine sommergere un mondo di civiltà tradizionale mista,
islamica e cristiana, che aveva anche costituito, fino allora, uno barriera
protettiva per tutto l’Oriente. Per tutte queste ragioni, d’altronde, malgrado
l’estensione del disordine moderno in tutto il mondo ortodosso e cristiano
orientale in generale, le condizioni del clima spirituale e della mentalità
sono tuttavia rimaste un poco particolari, e ciò permette di pensare che, da
questo lato, le modalità di una restaurazione futura saranno in una certa
misura differenti, quale che sia d’altra parte la portata qualitativa che si
potrebbe attribuire a questa differenza.
Per ritornare
al lato propriamente occidentale, nell’ipotesi che la base considerata non
potesse realizzarsi nella Chiesa cattolica, Guénon diceva che «l’élite, per
costituirsi, dovrebbe contare solo sullo sforzo di coloro che sarebbero
qualificati, con la loro capacità intellettuale fuori da ogni ambito definito,
e anche, ben inteso, sull’appoggio dell’Oriente; il suo lavoro verrebbe ad
essere reso più difficile e la sua azione potrebbe esercitarsi solo a più lunga
scadenza, poiché dovrebbe creare da se stessa tutti gli strumenti invece di
trovarli del tutto pronti come nell’altro caso; ma non pensiamo assolutamente
che queste difficoltà, per quanto grandi possano essere, siano tali da impedire
ciò che deve essere compiuto in un modo o nell’altro»[24]. Ed
egli riteneva opportuno dichiarare in quel momento, nel 1927, quanto segue: «vi
sono fin da ora, nel mondo occidentale, indizi sicuri di un movimento ancora
impreciso, ma che può e deve anzi normalmente concludersi nella ricostituzione
di una élite intellettuale, a meno che un cataclisma non sopravvenga troppo
rapidamente per permettergli di svilupparsi fino in fondo. Vi è appena bisogno
di dire che la Chiesa avrebbe tutto l’interesse, quanto al suo ruolo futuro, ad
anticipare in qualche modo un simile movimento piuttosto che lasciarlo compiere
senza di essa ed essere costretta a seguirlo tardivamente per mantenere una
influenza che minaccerebbe di sfuggirle…»[25].
Prima di
segnalare un punto particolare che riguarda certe necessità in cui potrebbe
trovarsi ben presto la Chiesa Cattolica, e che René Guénon ha formulato in un
modo tutto particolare, ci si può domandare quale sia stato l’effetto fino ad
oggi del suo insegnamento e della conoscenza delle dottrine orientali sulla
intellettualità cattolica. Non potremo fare qui un vero e proprio esame della
questione, poiché vogliamo solo fissare alcune constatazioni che hanno un certo
interesse in questo momento.
Innanzitutto,
se molti cattolici che hanno conosciuto gli scritti di Guénon hanno così
acquisito una vera comprensione di che cosa sia lo spirito orientale e in
generale tradizionale, non sembra davvero che vi sia un cambiamento qualsiasi
dal lato “rappresentativo” della Chiesa stessa. Da questo lato, e più
precisamente in certi ambienti che esercitano una influenza intellettuale
notevole sui dirigenti, si è vista costituirsi molto presto, e abbastanza
solidamente, una posizione dottrinale nettamente “antiorientale” che non ha
neppure i naturali caratteri della abituale incomprensione exoterista, dato che
essa si fa nel contempo notare per le caratteristiche di un modernismo
accentuato. Sono gli ambienti in cui la speculazione filosofica sostituisce
l’intellettualità propriamente detta, in cui la scienza profana e i suoi metodi
esercitano una autorità incontestata, e per i quali la Chiesa deve integrare
tutti gli aspetti della civiltà moderna: così, tra l’altro, ci si sforza di
annettersi il prestigio di ogni nuova concezione, dalle teorie filosofiche come
l’intuizionismo bergsoniano, o come un certo “esistenzialismo” che viene
presentato come una risorsa dottrinale cristiana, fino ai metodi più sovversivi
e propriamente infernali come la psicanalisi. Questo lavoro di assimilazione di
tutti i prodotti dell’individualismo moderno è visto persino come derivante
dall’autorità permanente e dall’universalità della Chiesa, mentre al contrario
si spiega proprio con l’oblio di ciò da cui questi caratteri realmente
procedono, poiché l’attualità permanente, che è atemporalità e attività
immutabile della verità nei confronti dell’evoluzionismo e del relativismo del
pensiero moderno, sia esso razionalista, intuizionista o altro, e l’universalità,
che è illimitazione e sintesi spirituale, non ha nulla in comune con
l’empirismo e il materialismo della scienza non tradizionale, né con una
indifferenza nei confronti di tutto quello che divide il sacro dal profano. Per
contro, l’opera tradizionale e antimoderna di René Guénon ricevette
un’accoglienza contrassegnata prima dal sospetto poi dall’ostilità; si cercò
pure l’alleanza, del tutto naturale d’altronde in queste condizioni, degli
orientalisti, la cui competenza doveva avere il compito di contestare ogni
carattere non umano alle dottrine spirituali dell’Oriente e ogni concordanza
reale tra le dottrine tradizionali in genere. Si riconoscerà nella differenza
di reazione di fronte alle teorie moderne da un lato, e all’insegnamento
tradizionale di Guénon dall’altro, l’esatto senso di questa posizione
intellettuale che si vuoi definire come “cattolica”. La sintesi spirituale
formulata da Guénon fu così tacciata di “sincretismo” e il senso universale
della sua intellettualità definito incompatibile con l’insegnamento cristiano.
Ma con lo svilupparsi implacabile della funzione del testimone dell’Oriente,
l’autorità dei suoi scritti, come delle idee che egli rappresentava, si impose,
lentamente ma con fermezza: divenne dunque evidente che era più prudente
ignorarlo. Ed ora che, malgrado tutto, un buon numero di Cattolici e di
Occidentali in genere debbono l’attuale qualità della loro coscienza
tradizionale allo studio dei suoi libri e il suo prestigio sembra veramente
innegabile, se ci si decide a prendere atto di questa presenza intellettuale,
non è alla verità delle idee che egli ha insegnate né allo spirito che egli
illustrava che si vuoi rendere omaggio, ma, tutt’al più, e anche questo è stato
in fondo abbastanza raro, al caso individuale di uno scrittore molto
“originale”, che impressiona pure per la stabilità e la coerenza insolite della
sua ideologia; tuttavia la sua originalità è prima di tutto lo strano effetto
che la verità provoca in mezzo alla ignoranza e, per quanto concerne la stabilità
delle sue idee, essa è la conseguenza della loro ispirazione non umana e
sopraindividuale.
Se ora si
considera più da vicino la comprensione che si ha, sullo stesso versante, per
le dottrine spirituali dell’Oriente, ci si trova in presenza di una “contro-dottrina”
la cui funzione è di sconvolgere ogni studio intelligente e di scoraggiare ogni
speranza di un riavvicinamento reale tra la Chiesa Cattolica e le tradizioni
orientali. Così, se in modo generale si attribuisce una certa importanza al
lato dottrinale delle altre civiltà, ciò viene concepito in un senso che mirerà
sempre alla negazione di ogni similitudine o identità essenziale con le
dottrine cristiane, e dunque di ogni unità tra le diverse forme tradizionali:
le concordanze dottrinali e le analogie simboliche, quando si è costretti a
riconoscerle, vengono semplicemente attribuite ad una certa unità naturale del
pensiero umano; anche il carattere intellettuale incontestabile delle dottrine
non cristiane, più in particolare quelle dell’Induismo e dell’Islam, sono
l’espressione di una “mistica naturale” cui si contrappone una “mistica
soprannaturale” del Cristianesimo, essa stessa concepita d’altra parte in un
senso individualista e sentimentale; la realizzazione metafisica, che non si
arriva neppure a vedere nell’aspetto più alto del Cristianesimo stesso, è
tacciata di “panteismo”, e, nello stesso tempo, i dati puramente intellettuali
che possono essere un poco simili nelle loro espressioni ai concetti del
misticismo moderno, sono ridotti alle categorie speciali di questo, con una
sorta di procedimento che Guénon ha qualificato giustamente come
“annessionismo” e che deve permettere di subordinare e sminuire il prestigio di
tutto ciò che è non cristiano.
Inoltre per
quanto concerne la tradizione cattolica stessa, davvero non si può dire che si
sia riusciti a comprendere che l’ordine religioso esistente è puramente
exoterico e come tale insufficiente per una tradizione completa e normale.
Quando si tratta del dominio iniziatico e metafisico, non si concepisce altro
che il “misticismo”, e quando non si può più continuare a negare, contro ogni
evidenza, che vi è stato un esoterismo cristiano, lo si considera o come
relativo a realtà che non hanno nulla di profondo, o come un semplice
prolungamento delle possibilità normali dell’ordine religioso comune, vale a
dire dell’exoterismo[26]. Ma
è quando si tratta di interpretare dottrine e metodi esicasti che
l’incomprensione e l’ostilità raggiungono le forme più inattese, confinanti
addirittura con l’empietà; questo certamente avviene, tra l’altro, perché si
tratta di qualcosa che riguarda l’Ortodossia e di cui il Cattolicesimo ha perso
da molto tempo l’equivalente. Tuttavia, trattandosi di sviluppo intellettuale,
si sarebbe potuto credere che la comprensione deve essere più facile per cose
che non mettono per nulla in causa i dogmi religiosi. Che si può sperare, in
queste condizioni, quanto alla trasposizione intellettuale e metafisica dei
dogmi e dell’insegnamento teologico in vista del raggiungimento
dell’universalità del punto di vista dottrinale e della conclusione di un
accordo sui principi con l’Oriente?
Ma potrebbero
qui esserci fatte alcune obiezioni di metodo che, d’altra parte,
riguarderebbero la tesi di Guénon stesso. Così si obietterà che non è alle
autorità religiose, exoteriche per definizione, né ai teologi o ad altri
intellettuali ordinari che spetta di realizzare questa comprensione dottrinale
e l’accordo sui principi di cui si tratta, e che, del resto, nei momenti
migliori del Medio Evo, quando questo accordo esisteva, non erano né l’autorità
religiosa né i teologi ordinari a parteciparvi direttamente e a doverlo
professare apertamente. Queste osservazioni sono giuste, ma non corrispondono
alla situazione che consideriamo, e ciò per diverse ragioni. Innanzitutto la
posizione dottrinale modernista ed antio-rientale di cui parliamo opera pure,
in una certa misura, sul piano contingente degli studi teorici, in cui appare
in primo piano l’opera stessa di Guénon, e perciò questa posizione influisce
sulla mentalità cattolica in generale; molti di quelli che sarebbero disposti
in altro modo ad affrontare un insegnamento tradizionale di ispirazione
orientale, vengono a trovarsi confusi e sviati. D’altra parte, quando si vede
con quale fretta e facilità vengono accolti, come dicevamo, tutti i generi di
concezioni moderne che nulla giustifica, né dal punto di vista intellettuale,
né da un punto di vista “cattolico” anche ristretto, e che per questo,
evidentemente, neppure si può invocare l’argomento dell’analogia con quello che
succedeva all’epoca delle migliori condizioni tradizionali, si è abbastanza
giustificati nel registrare certe reazioni a titolo di tendenza significativa
d’ordine generale, tanto più che le manifestazioni cattoliche di senso
contrario sono pressoché inesistenti. Infine, non è difficile ammettere che le
condizioni in cui sono poste attualmente certe questioni, non hanno nulla in
comune con una situazione normale, e che non è possibile non tenerne conto in
una certa misura; ai nostri giorni si discute di tutto e da ogni punto di
vista; l’indifferenza pressoché generale quanto al fondo delle questioni e la
corrente libertà di opinione, che vediamo d’altronde esercitarsi nel modernismo
cattolico stesso, fanno sì che problemi i quali normalmente potevano essere
affrontati solo in condizioni strettamente determinate e solo da quanti
avessero le qualità richieste per farlo, siano in effetti oggetto di
discussione da parte degli ambienti e delle categorie più diverse: è così che
nozioni che erano ricollegate un tempo, nel Cristianesimo pre-moderno, ad un
insegnamento segreto di carattere strettamente iniziatico, come quelle per
esempio che riguardano la realizzazione suprema e l’Unità fondamentale delle
forme tradizionali, sono anch’esse in circolazione sotto forme spesso scorrette
(dato che non sono sempre state enunciate da persone realmente competenti),
accanto a tutte le aberrazioni intellettuali del mondo contemporaneo; d’altra
parte sono questa confusione e questa indifferenza reale della mentalità generale
a permettere e giustificare la divulgazione, ai nostri giorni, delle stesse
dottrine vere, dato che non vi sarebbe forse alcun’altra possibilità di
raggiungere quelli che hanno reali possibilità spirituali, ma mancano
dell’orientamento necessario. Del resto, riconosceremo volentieri che non
bisogna accordare un’importanza esagerata alle reazioni di coloro che, in ogni
caso, sarebbero in grado di rappresentare solo il punto di vista più esteriore
e le possibilità intellettuali più comuni, e che è all’atteggiamento degli
elementi d’elite che bisogna attribuire un’importanza reale. Ma questi hanno
veramente una sufficiente realtà perché ci si disinteressi completamente di ciò
che succede sul piano generale? Pensiamo che sotto questo aspetto vi debbano essere,
per il momento, solo virtualità e speranze, poiché una costituzione effettiva
di una élite intellettuale si tradurrebbe necessariamente, all’esterno, in una
certa misura in tendenze diverse da quelle della mentalità generale, e non ne
vediamo assolutamente fino ad ora. Basta guardare il campo degli studi
tradizionali del Cristianesimo per vedere quanto le manifestazioni di una
comprensione reale delle verità metafisiche ed iniziatiche siano rare e molto
discrete. D’altra parte vi sarebbero pure da fare alcune constatazioni di un
tipo più particolare che non sono maggiormente incoraggianti. Alcune latenti
possibilità iniziatiche del Cattolicesimo di cui si poteva sperare il risveglio
non hanno avuto seguito: si tratta di ciò che Guénon, che ne aveva conoscenza
da molto tempo, indicava più tardi nei suoi Aperçus
sur l’Initiation con l’espressione «sopravvivenza possibile di alcuni
gruppi di ermetismo cristiano del Medio Evo»[27].
Finché le cose resteranno così, sia nell’ordine dottrinale che nell’ordine
effettuale, e finché una speranza di restaurazione sussisterà, sarà legittimo
accordare importanza alle condizioni generali intellettuali da cui dipende in
qualche modo la realizzazione di questa restaurazione. Per contro, se questa
speranza non esistesse più, o se venisse ad essere ridotta a poca cosa, e se le
prospettive meno favorevoli della «seconda ipotesi» da noi esaminate
precedentemente sembrano dover essere considerate come probabili per l’insieme
occidentale, vi sarebbe, a maggior ragione, interesse a sottolineare il
carattere rappresentativo generale di queste manifestazioni speciali dello
spirito moderno e antitradizionale, affinché ne derivi una certa chiarezza. Una
simile chiarezza produrrà verosimilmente una gran delusione da un lato, ma
permetterà pure di semplificare gli sforzi e l’orientamento possibile. D’altra
parte, non si domanderebbe tanto ai rappresentanti della Chiesa di pronunciarsi
su questioni che sono al di fuori delle loro normali competenze; sarebbe già
molto, nelle attuali condizioni, se esercitassero queste competenze nei
confronti della mentalità modernista, i cui misfatti sono di ordine generale e
vanno così contro gli interessi stessi di ordine puramente religioso della
Chiesa. Se, a parte questo, fra i membri della gerarchia cattolica, se ne
trovassero alcuni le cui capacità e convinzioni superassero l’ordine religioso,
e non vediamo perché non potrebbe essere talvolta così, crediamo che saprebbero
ben affermare la loro presenza e il loro punto di vista quanto all’orientamento
spirituale necessario, dato che una riserva eccessiva da parte loro si
rivolgerebbe contro il diritto ed anche il dovere che essi hanno di vivere in
una comunità spirituale in cui la direzione appartenga non alla più desolante
mentalità moderna né alle più grossolane superstizioni, ma allo Spirito di
Verità e alla santità intellettuale.
Ma René Guénon
ha avvertito che, malgrado tutto, certi avvenimenti potrebbero ben presto
condurre la Chiesa cattolica (e, aggiungiamo, pure le altre chiese) a
considerare in modo molto speciale il problema della posizione tradizionale
della Cristianità ed anche i rapporti con le forze spirituali dell’Oriente,
nelle quali essa potrà anche vedere, ad un certo punto, l’ultimo sostegno per
la sua esistenza messa in pericolo. È questo il punto particolare che avevano
messo da parte precedentemente e che si capirà meglio ora dopo l’esame sommario
che abbiamo fatto. Fu nel 1927, ne La
Crise du Monde moderne, che esso venne formulato. Parlando dell’interesse
che la Chiesa avrebbe a presiedere il movimento che normalmente dovrebbe
concludersi nella ricostituzione di una élite intellettuale, «anziché lasciare
che si compia senza di essa ed essere costretta a seguirlo tardivamente onde
conservare un’influenza che minaccerebbe di sottrarlesi», René Guénon
aggiungeva: «non è necessario porsi da un punto di vista molto alto e
difficilmente accessibile per comprendere che in fin dei conti sarebbe essa [la
Chiesa] a ricavare i maggiori vantaggi nell’assumere un atteggiamento che,
d’altronde, lungi dall’esigere da parte sua il minimo compromesso d’ordine
dottrinale, produrrebbe, al contrario, il risultato di liberarla da ogni
infiltrazione dello spirito moderno, e per via del quale nulla sarebbe
esteriormente modificato. Sarebbe piuttosto paradossale vedere il Cattolicesimo
integrale realizzarsi senza il concorso della Chiesa cattolica, la quale allora
si troverebbe forse nella singolare posizione di dover accettare di essere
difesa, contro i più terribili attacchi da essa mai subiti, da persone che i
suoi dirigenti, o almeno coloro che essi lasciano parlare in loro nome, in un
primo tempo avrebbero cercato di squalificare facendoli oggetto delle accuse
più infondate. Da parte nostra, ci dispiacerebbe se qualcosa di simile dovesse
accadere: ma, se non si vuole che le cose giungano fino a tale punto, è tempo
che coloro che, per la loro posizione, hanno le maggiori responsabilità,
agiscano con piena conoscenza di causa e non permettano che tentativi, i quali
possono avere conseguenze della massima importanza, ri-schino di essere
frustrati dall’incomprensione o dalla malevolenza di qualche individualità più
o meno subalterna, cosa che si è già verifìcata e che mostra ancora una volta
fino a qual punto oggi il disordine regni dappertutto. Prevediamo che nessuno
ci sarà grato di tali avvertimenti, da noi dati in piena indipendenza e in modo
del tutto disinteressato […] Ciò che ora diciamo, è solo la sintesi delle
conclusioni da noi tratte da certe “esperienze” assai recenti, fatte, è appena
il caso di dirlo, su di un piano puramente intellettuale. Almeno per il
momento, non è il caso di entrare, nel riguardo, in dettagli che del resto
risulterebbero di per sé poco interessanti: ma possiamo affermare che,-in
quanto precede, non vi è una sola parola scritta senza una preliminare
approfondita riflessione»[28].
Ora appare
evidente come questi avvertimenti non siano serviti a nulla, dato che le cose
sono procedute nello stesso spirito, e d’altra parte è soprattutto dopo questa
data che si è consolidata e si è ampliata la posizione “antiorientale” e molto
modernista di cui parlavano. Lo sviluppo delle cose occidentali ha
ulteriormente aggravato la posizione della Chiesa; l’inquietudine per i
prossimi pericoli aumenta. In via di principio, le era offerto il sostegno di una
solidarietà spirituale con tutto ciò che è tradizionale nel mondo, con il vero
Oriente, dato che la presente minaccia grava su tutto ciò che resta collegato
alle sacrosante Verità e ad un ordine normale, per quanto essa gravi più in
particolare su ciò che ancora sussiste della forma tradizionale dell’Occidente.
La Chiesa
avrebbe potuto avere tra sé e l’Oriente il tramite costituito da questa élite
intellettuale propria, di cui avrebbe dovuto favorire la formazione se i suoi
dirigenti avessero ben compreso quale fosse il vero interesse della Chiesa.
Essa non ha, tra sé e l’Oriente, se non quella barriera di incomprensione e di
ostilità, ora aperta ora dissimulata, costituita da quella posizione
antiorientale che la lascia sola con i suoi propri pericoli, e che è l’opera di
una sorta di “contro-élite”. Essa si sarebbe potuta avvalere, per farsi
comprendere, del linguaggio appropriato di un tramite intellettuale consacrato,
in cui le vere élites tradizionali e le forze spirituali si sarebbero
riconosciute senza contraddizione e si sarebbero conciliate senza abdicazione,
dato che l’insegnamento espresso da René Guénon è nel contempo luce
intellettuale e forza coordinatrice. Essa ha ora solo interpreti ignoranti e
incerti, nella cui parola i veri Orientali non avranno alcuna fiducia e che non
saprebbero esprimere alcuna verità riconoscibile: in ogni modo, costoro non
raggiungeranno mai i veri rappresentanti dell’Oriente tradizionale, i quali
resteranno fuori dal loro cammino; tali interpreti potrebbero intendersi più
facilmente con quelli che somigliano loro nel mondo orientale attuale, vale a
dire con gli Orientali occidentalizzati e modernisti, che sono, contro la
propria civiltà, alleati dell’Occidente moderno; ma questi ultimi non avranno
alcuna autorità per intervenire nell’ordine profondo delle cose che qui ci
interessa, poiché saranno essi stessi esclusi da ogni ruolo rappresentativo,
anche nella parte più esteriore, quando le civiltà orientali stesse si
ristabiliranno sulle loro proprie basi tradizionali. E quando così ci si
accorgerà dell’inanità della politica seguita fino allora, sarà forse troppo
tardi per «giungere a ciò da cui si sarebbe dovuto normalmente cominciare, vale
a dire a considerare l’accordo sui principi»[29].
Questo accordo potrebbe avvenire, dal lato occidentale, per mezzo di una élite
che si sarà dovuta costituire fuori dall’ambito della Chiesa.
In effetti,
René Guénon ha considerato fin dall’inizio, come ricordavamo più sopra,
l’eventualità che tutto ciò si costituisse al di fuori di ogni supporto offerto
da una organizzazione esistente, e al di fuori di ogni ambiente definito. Prima
di esaminare questo punto, è necessario considerare, per metodicità, benché a
titolo secondario, un’altra possibilità, che è quella offerta dalle
organizzazioni iniziatiche occidentali esistenti fuori della forma cattolica.
In questo ordine, non sussiste a dire il vero che ben poca cosa, malgrado
l’attuale pullulare di ogni tipo di organizzazioni dalle pretese iniziatiche. A
questo proposito citiamo ancora le autorevoli precisazioni di René Guénon, che
si riferisce in questo modo all’insieme delle vestigia iniziatiche
dell’Occidente: «Certe indagini che noi abbiamo dovuto fare su questo argomento
in un tempo ormai lontano ci hanno condotto ad una conclusione formale e
indubitabile che dobbiamo esprimere qui in maniera netta, senza preoccuparci
dei furori che può rischiare di suscitare in diversi ambienti; se si eccettua
il caso della possibile sopravvivenza di alcuni gruppi di ermetismo cristiano
del Medio Evo, del resto estremamente ristretti in ogni modo, è un fatto che di
tutte le organizzazioni a pretese iniziatiche che attualmente sono sparse nel
mondo occidentale non ve ne sono che due le quali, per quanto siano decadute
entrambe in seguito all’ignoranza dei loro membri, possono rivendicare
un’origine tradizionale autentica e una trasmissione iniziatica reale; queste
due organizzazioni, che d’altra parte, a dire il vero, non furono
originariamente che una sola, benché con ramificazioni multiple, sono il Compagnonaggio
e la Massoneria. Tutto il resto non è che fantasia e ciarlatanismo, quando non
serva a dissimulare qualcosa di peggio…»[30]. Ma
per quanto concerne queste due organizzazioni le possibilità di fissare una
base per una vera restaurazione intellettuale appaiono molto limitate. Oltre il
fatto stesso che la massoneria, più in particolare, è infestata dalla mentalità
moderna più deprecabile e da ogni sorta di preoccupazioni politiche e sociali
che l’hanno troppo spesso spinta a svolgere, soprattutto nei suoi rami latini,
un ruolo nettamente antitradizionale negli avvenimenti delle epoche cosiddette
“moderna” e “contemporanea”, queste due organizzazioni costituiscono
normalmente iniziazioni di mestiere (del resto esclusivamente maschili) e come
tali esse hanno un carattere essenzialmente cosmologico; di conseguenza, esse
non potrebbero offrire una base appropriata per un lavoro intellettuale che
dovrebbe essere prima di tutto metafisico per corrispondere all’obiettivo di
una restaurazione attraverso i principi più universali. È questa d’altra parte
la ragione per cui René Guénon poteva considerare in Occidente, come
organizzazione capace di offrire il punto di partenza voluto, solo la Chiesa
cattolica, dato che la dottrina teologica nella sua forma scolastica ha in sé,
almeno parzialmente, un punto di vista metafisico che, pur non essendo il più
elevato possibile, è tuttavia un punto di vista metafisico. Si potrebbe
nondimeno dire che, come la cosmologia può avere in ultima istanza un punto di
contatto con il campo metafisico, non sarebbe impossibile che in un ambiente
massonico costituito su basi strettamente intellettuali venisse ad aggiungersi
un punto di vista metafisico; ma se una tale aggiunta fosse possibile, ciò
costituirebbe, a dire il vero, una sovrapposizione in rapporto a ciò che
costituisce propriamente il punto di vista massonico e non uno sviluppo normale
delle possibilità di questo. A parte questo, un’altra difficoltà sta nel fatto
che dalla sua modernizzazione, che coincide con la sua “uscita” sul piano
visibile della storia, vale a dire dal XVIII secolo in poi, la Massoneria ha
perso il suo carattere “operativo”, connesso all’esercizio effettivo del
mestiere, per aver solo un punto di vista “speculativo”: così tutto quello che
riguarda la dottrina e i mezzi di realizzazione iniziatica è da ritrovare o da
ricostituire, ed è questa una difficoltà di prim’ordine; ma almeno la
preoccupazione di questa ricostituzione è sottintesa nell’idea di un risveglio
intellettuale, di modo che il punto d’appoggio massonico, con le segnalate
restrizioni e senza essere sufficiente per il tutto, potrebbe essere uno dei
fattori della restaurazione tradizionale. In effetti, in questi ultimi anni vi
è stato su questo versante un inizio in questo senso, con la costituzione di un
ambito ristretto basato sull’insegnamento di René Guénon. Si potrebbe dunque
vedere in questo un certo sviluppo, se si giungesse anche ad isolare da ogni
commistione ed influenza dell’ambiente generale il lavoro iniziato, dato che
nell’insieme la situazione della Massoneria è peggiore che mai, la mancanza di
coscienza tradizionale ed iniziatica, o piuttosto lo spirito profano, superando
di gran lunga quello che si vede sul versante della Chiesa cattolica stessa[31].
Ma infine, per
una élite nel pieno senso della parola, René Guénon aveva considerato come
possibile, mancando la base cattolica, il costituirsi al di fuori di ogni
ambito definito, poiché diceva che il punto d’appoggio in una organizzazione
esistente non era una necessità assoluta. In questo caso però, dovendo contare
l’elite solo «sugli sforzi di coloro che sarebbero qualificati in virtù della
loro capacità intellettuale, e anche, beninteso, sull’appoggio dell’Oriente, la
sua opera ne verrebbe resa più difficile e la sua azione potrebbe esercitarsi
solo a più lunga scadenza, poiché essa dovrebbe creare da sola tutti gli
strumenti»[32]. Sul modo in cui poteva
verificarsi una simile costituzione, Guénon non ha mai dato molte precisazioni.
Per comprendere il suo atteggiamento e il suo metodo in questo ordine di cose,
bisogna ricordare quello che diceva già in Orient
et Occident, dunque prima ancora di considerare in modo particolare la
possibilità cattolica: «se troppi punti restano imprecisi, gli è che non ci è
possibile far diversamente, e soltanto le circostanze permetteranno di
chiarirli in seguito, a poco a poco. Le contingenze intervengono
necessariamente in tutto ciò che non è puramente e rigorosamente dottrinale, ed
è da esse che possono derivare i mezzi secondari di ogni attualizzazione che presupponga
un preventivo adattamento […] Se, parlando di questioni di tal natura, abbiamo
cura di non dire né troppo né poco, ciò è dovuto al fatto che, da un lato,
vogliamo farci intendere nel modo più chiaro possibile, e dall’altro, dobbiamo
tuttavia sempre riservare le possibilità, attualmente impreviste, che le
circostanze possono far emergere più tardi»[33]. In
effetti, da quando la parte principale dell’opera dottrinale di René Guénon è
stata pubblicata, numerosi orientamenti si sono precisati successivamente, ma
anche parallelamente, fra coloro che hanno compreso il suo insegnamento e hanno
cercato di applicarlo.
Questi diversi
orientamenti sono stati incoraggiati ed aiutati da Guénon nella misura in cui
gli interessati si sono rivolti a lui, e, nello stesso tempo, egli coglieva
l’occasione per dare un insegnamento specificamente iniziatico, per quanto di
tipo ancora generale, in una importante serie di articoli su Le Volle d’Isis, diventato più tardi Études Traditionnelles. Bisogna
sottolineare quest’altro aspetto del suo insegnamento, dato che anch’esso esce
dal quadro degli studi semplicemente teorici, ed entra appunto quello
intitolato Aperçus sur l’Initiation,
che è appunto la sintesi della prima serie di questi articoli di carattere
tecnico; la seconda serie andrà a costituire un volume postumo. Faremo anche
notare che un simile lavoro non ha equivalente in nessun altro scritto
tradizionale, di nessuna tradizione.
Senza poter
entrare nei particolari, diremo che fra questi orientamenti uno si ricollegava
alla speranza di un ravvivamento dell’esoterismo cattolico, un altro alla
ricostituzione massonica di cui abbiamo parlato. Altri elementi hanno deciso di
cercare una iniziazione orientale, il che si risolveva nel costituirsi di
«prolungamenti delle élites orientali» in Occidente, non nella formazione di
una élite occidentale propriamente detta.
Ma il concetto
di costituzione di una élite occidentale al di fuori di ogni punto d’appoggio e
di ogni ambito definito implica la possibilità che una élite si costituisca con
elementi che non hanno alcun collegamento con una qualunque organizzazione.
Sotto questo rapporto, sembra che il problema della costituzione di una élite
occidentale sia rimasto finora senza soluzione. Ma, ci si può domandare, che
cosa può significare una simile costituzione? Questa domanda presenta però una
certa difficoltà: dato che, da una parte, secondo le precisazioni di Guénon,
con «costituzione dell’elite» bisogna intendere non una semplice formazione
dottrinale, ma una realizzazione effettiva nell’ordine della conoscenza
iniziatica e metafisica, e dato che, d’altra parte, ogni realizzazione di
questo tipo implica una iniziazione e la pratica di certi mezzi che debbono
avere una origine tradizionale, come si può concepire che una élite si costituisca
effettivamente, sotto tutti gli aspetti, senza che essa si basi su una
organizzazione esistente? Per rispondere a questa domanda diremo, innanzitutto,
che per noi, indubbiamente, tutto il lavoro effettivo doveva cominciare con una
iniziazione e con dei mezzi appropriati. Ma vi è veramente qualche altra
possibilità iniziatica al di fuori delle due precedentemente citate?
Risponderemo: sì. Rimane ancora la possibilità che una iniziazione propriamente
occidentale, ma non più esistente in Occidente, si riattualizzi in un ambiente
intellettuale propizio, con mezzi appropriati. Quale potrebbe essere questa
iniziazione e dove si potrebbe trovare? Potrebbe essere solo l’antica
iniziazione, regolare ed effettiva, dell’Occidente tradizionale, ritiratasi da molto
tempo là dove si ritira ogni iniziazione che non ha più la possibilità di
mantenersi nel suo ambiente normale, quando le condizioni cicliche le sono
sfavorevoli. Aggiungiamo ancora, per meglio render chiaro lo stato particolare
dell’Occidente, che un simile occultamento, quando riguarda la forma iniziatica
fondamentale di una tradizione, coincide con l’occultamento del centro
spirituale di questa tradizione, e si effettua verso il punto di origine del
centro di ogni tradizione particolare, vale a dire, verso il centro spirituale
supremo, in cui essa rimane allo stato latente e da cui può rimanifestarsi
talvolta quando le condizioni cicliche glielo permettano. Queste
rimanifestazioni sono facilitate, in una certa misura, dalla presenza,
nell’ambito tradizionale abbandonato, di organizzazioni iniziatiche di
importanza secondaria che hanno soprattutto il ruolo di mantenere una
continuità della trasmissione iniziatica, e di collegare da lontano i loro
membri, anche senza che questi ne abbiano coscienza, all’influenza del centro
nascosto. È per questo d’altra parte, che il primo metodo da considerare per la
costituzione dell’elite occidentale, è quello che ha per base d’appoggio una
organizzazione esistente. Ma allorché, per diverse ragioni, una riattualizzazione
non è più possibile nel quadro delle organizzazioni esistenti, allorché
condizioni essenziali si trovano soddisfatte in un ambito non definito, una
rimanifestazione può prodursi, nei confronti di quest’ultimo o di certe
individualità “qualificate”, e allora l’iniziazione necessaria e i mezzi
corrispondenti possono ricomparire. Tuttavia, in questo caso, l’iniziazione e i
mezzi del lavoro di realizzazione presenterebbero modalità relativamente nuove,
legate più in particolare alle qualificazioni dell’ambiente di
riattualizzazione; è d’altra parte attraverso queste qualificazioni ed a loro
misura che sarebbero elaborati gli strumenti di lavoro che così successivamente
verrebbero ad apparire, come una sorta di creazione dovuta all’elite stessa,
secondo le opportunità dello sviluppo effettivo di questa. Questa possibilità,
tanto difficilmente realizzabile, ci sembra dover essere inclusa in ciò che
Guénon aveva in vista con l’idea della costituzione dell’elite occidentale al
di fuori di una base d’appoggio in una organizzazione esistente e di ogni
ambiente definito. Abbiamo d’altronde certe ragioni di pensare che Guénon per
esperienza propria sapesse qualcosa su possibilità di questo tipo, poiché agli
inizi della sua attività si produssero alcuni tentativi, a partire da
interventi dell’antico centro nascosto della tradizione occidentale (4).
Nonostante gli avvenimenti qui considerati abbiano toccato Guénon stesso,
aggiungeremo che questo non contraddice assolutamente la «generazione
orientale» personale di Guénon, poiché è possibile una coordinazione di
influenze con l’azione di centri tradizionali non cristiani, per il
raggiungimento di obiettivi di carattere più genere. A questo proposito
ricorderemo che, «dopo la distruzione dell’Ordine del Tempio, gli iniziati
all’esoterismo cristiano si riorganizzarono, d’accordo con gli iniziati
all’esoterismo islamico, per mantenere, nella misura del possibile, il legame
che era stato apparentemente infranto da questa distruzione» e che questa
collaborazione tra iniziati ai due esoterismi menzionati «dovette continuare
pure in seguito, dato che si trattava appunto di mantenere il legame tra le
iniziazioni di Oriente ed Occidente»[34]. Il
risveglio dell’iniziazione occidentale poteva dunque in via di principio essere
tentato da una tale congiunzione di influenze ed interventi, avendo potuto le
sole difficoltà ulteriori determinare in un senso più “orientale” l’appoggio
che poteva ancora essere offerto all’Occidente. Non vogliamo qui insistere
ulteriormente su questo punto, ma diremo che ciò deve essere messo in relazione
con gli orientamenti spirituali più adeguati alle prospettive della «seconda
ipotesi» per quanto concerne la sorte dell’Occidente.
Bisogna pure
dire che vi sono state talvolta soluzioni aventi un carattere meno regolare, il
che si spiega con il fatto che esse non derivavano da indicazioni dottrinali od
altre, date dall’insegnamento di Guénon. Tale è il caso di coloro che, talvolta
pure senza alcuna conoscenza di questo insegnamento, si sono ricollegati ad
organizzazioni aventi la loro base di partenza nell’Oriente, ma che René Guénon
dichiarava prive delle condizioni di regolarità tradizionale, e che si
mostravano, del resto, macchiate di modernismo. Non faremo il processo a queste
organizzazioni, ma faremo solo alcune osservazioni complessive che superano
d’altra parte questo caso speciale, dato che esse corrispondono a constatazioni
che pure si sono potute fare in certi casi in cui non c’era alcuna difficoltà
sotto l’aspetto della regolarità essenziale del collegamento. Due tipi di
deviazioni di prospettiva tradizionale si notano generalmente in coloro che non
hanno conosciuto o non hanno sufficientemente assimilato l’insegnamento di René
Guénon, e non hanno compreso di conseguenza in quali condizioni una vera realizzazione
poteva essere intrapresa da Occidentali, si tratti di coloro che si sono
ricollegati, in modo illusorio o regolare, a organizzazioni orientali, oppure
di coloro che sono rimasti senza alcun collegamento: le chiameremo la
deviazione “assolutista” e la deviazione “universalista”.
La prima è
definita dalla volontà di giungere a una realizzazione, ed anche alla
Conoscenza Suprema, fuori dalle condizioni normali di un metodo e di una forma
tradizionale, mediante una semplice partecipazione alla tecnica strettamente
intellettuale della rispettiva via. La seconda viene definita dalla trascuranza
della regola di omogeneità spirituale tra la modalità iniziatica di insieme cui
si vuoi partecipare e la forma tradizionale praticata, o, ancora,
dall’illusione di un metodo unico applicabile indifferentemente a forme
tradizionali diverse, ed anche al di fuori dell’esistenza di un collegamento
iniziatico. Le diverse forme di queste deviazioni, che talvolta si combinano
tra loro in modo strano, derivano tutte dalla mancanza di conoscenza della
relazione che deve esistere tra la natura delle influenze spirituali che
agiscono nella iniziazione, i mezzi di realizzazione corrispondenti e le
qualificazioni degli esseri umani. Questa ignoranza è quasi sempre unita
all’orgoglio e alla sufficienza caratteristica dell’individualismo moderno, ed
anche alla pretesa di adattare l’insegnamento e la tecnica tradizionale alle
esigenze dei nuovi tempi! Per gli intellettuali afflitti da questi difetti
spirituali, l’insegnamento e la disciplina iniziatiche di una forma
tradizionale son cose inattuali, sia perché le trovano ingombranti per la vita
di tutti i giorni, sia perché, semplicemente, le ignorano. Costoro dunque
tacceranno volentieri di “ritualismo” la pratica d’insieme dei mezzi sacri, sia
affermando che essa non è necessaria nel loro caso personale (ed allora ci si
stupisce nel vedere quanti credano di trovarsi in questa stessa condizione) sia
preferendo in questo campo combinazioni artificiali di loro propria iniziativa,
che denotano “sincretismo” o «mescolanza di forme tradizionali». Riprendendo in
un senso più generale certi giudizi di Guénon, diremo dunque che queste cose,
che si possono notare da diverse parti, sono più gravi quando si producono in
organizzazioni iniziatiche regolari che non quando avvengono nel caso di
persone, le quali in definitiva agiscono per conto proprio e non hanno nulla di
autentico da trasmettere. Infine un tratto carat-teristico e significativo di
queste scuole è la loro avversione, a volte dichiarata a volte dissimulata, per
la funzione e l’insegnamento di Guénon. Ora è da temere che, con la sua
scomparsa, queste diverse irregolarità si accentuino ancora, dato che la sua
presenza esercitava un certo effetto censorio anche in coloro che non erano d’accordo
con il suo insegnamento.
Ciò ci conduce
a dire una parola sul significato generale che la cessazione della sua funzione
personale può avere. Qui si ricorderà che, parlando della speranza di una
intesa tra Oriente ed Occidente e del ruolo degli “intermediari”, egli diceva
riguardo a questi ultimi che «la loro presenza prova che ogni speranza di
intesa non è irrimediabilmente persa»[35]. La
sua improvvisa scomparsa sarebbe da interpretare come la perdita o la
diminuzione di questa speranza di intesa? Non c’è dubbio che sotto questo
rapporto vi sia, in questo avvenimento inatteso, un certo senso negativo, e le
differenti difficoltà o limitazioni di possibilità che la sua funzione aveva
incontrate, e di cui abbiamo fatto cenno, non farebbero d’altronde che appoggiare
questo significato. Ma noi dobbiamo determinare i limiti entro i quali una
simile interpreta-zione è possibile. Innanzitutto, la sua funzione doveva avere
ad un certo momento, con l’età, un limite naturale. D’altra parte, anche se
nulla fa per il momento pensare ad una fine, la sua attività si è comunque
estesa per una apprezzabile durata: una trentina d’anni separa la sua morte
dalla pubblicazione del suo primo libro; la sua produzione intellettuale fu
eccezionalmente ricca: 17 libri, più il materiale degli articoli da
ripubblicare in volumi, per un totale di almeno 8 opere; l’influenza di
quest’opera dovrà svilupparsi ancora di più in avvenire. Data l’importanza che
noi stessi abbiamo attribuita alla funzione di Guénon, la sua opera non potrebbe
restare senza qualche conseguenza positiva per ciò che concerne i rapporti con
l’Oriente. D’altra parte, la fine della sua attività non è una ragione
sufficiente per credere che sia cessato pure l’appoggio dell’Oriente, dato che
Guénon stesso non ha mai legato questo appoggio alla sua sola presenza e ha
sempre testualmente parlato al plurale di “intermediari”, il che può benissimo
non essere una semplice formula di stile impersonale, tanto più che egli non
poteva pregiudicare quello che sarebbe successo dopo di lui. La cosa certa è
che la risorsa intellettuale utilizzata dall’Oriente attraverso lui è finita,
poiché essa era legata a qualità personali provvidenzialmente disposte. Cosa
certa è anche che, la parte dottrinale generale del suo messaggio apparendo in
larga misura realizzata per rendere possibile H risveglio intellettuale voluto
in Occidente, non è nello stesso ordine che si potrebbe considerare come
probabile una continuazione dell’appoggio offerto dall’Oriente. Piuttosto, è
riguardo a forme dottrinali più circostanziate e ad applicazioni contingenti di
ogni tipo, che il bisogno di una continuazione di questo appoggio si fa
sentire. Ciò d’altra parte può essere collegato in modo speciale a nuove
necessità cicliche dell’orientamento tradizionale e, sotto questo rapporto, si
potrebbe appunto pensare ad uno sviluppo più particolare in relazione con le
circostanze e le modalità proprie alla «seconda ipotesi», il che d’altronde ci
sembra esigere sia un aspetto dottrinale sia un aspetto di orientamento pratico,
più determinati nella loro forma. Alle nostre riflessioni verrà rimproverato un
carattere troppo ipotetico ed astratto, cosa che riconosceremo volentieri, ma
non ci è possibile evitarlo, tanto più che qui noi cerchiamo solo di
circoscrivere in modo molto generale il significato che la fine della funzione
personale di René Guénon può avere in questo momento.
Ma l’opera
intellettuale lasciata da Guénon manterrà la sua presenza così come tutto
quello che è stato concepito per sua ispirazione svilupperà l’orientamento
iniziale dato da lui. La sua opera comincia pure ad essere conosciuta e
compresa in certi ambienti orientali, là dove gli intellettuali che hanno
sperimentato l’attuale civiltà occidentale e le dottrine profane e ne hanno
provato tutte le conseguenze, in loro stessi e attorno a loro stessi, non hanno
altro mezzo per riprendere contatto con lo spirito tradizionale se non
ricorrere ad un insegnamento che costituisce ad un tempo una critica efficace
dello spirito moderno ed una formulazione intelligibile delle verità immutabili
della tradizione. D’altronde, coloro che in Occidente costituiscono, con il
loro collegamento orientale, ciò che Guénon chiamava «un prolungamento delle
élites orientali che potrebbe diventare un tramite fra queste e Yélite
occidentale il giorno in cui quest’ultima arriverà a costituirsi»[36],
sono naturalmente una ragione per non abbandonare la speranza di un’intesa tra
l’Occidente e le forze salutari dell’Oriente tradizionale. Ma nelle condizioni
d’esistenza di un’epoca piena di ogni tipo di illusioni e di pericoli, questa
speranza rimane fondata sulla fedeltà perfetta sotto tutti gli aspetti
all’insegnamento di colui che fu e sarà la “Bussola infallibile” e la “Corazza
impenetrabile”. Tutti coloro che sono partecipi della sapienza tradizionale e
dello spirito di vera riconciliazione divina del mondo troveranno certamente la
stessa incomprensione del loro grande predecessore, e saranno anche loro
oggetto della stessa ostilità, o di una ostilità ancora più grande di quella
provata dal Testimone della Verità Unica ed Universale, ma è a loro che,
nell’ordine delle implicazioni umane, si ricorrerà alla fine per trovare
un’intercessione che, al di là degli errori e delle iniquità di un mondo che si
inabissa nel proprio caos, deve aprire le porte della Luce e della Pace.
* Tradotto in italiano in:
La funzione di René Guénon, Edizioni all'Insegna del Veltro, Parma, 1985.
Rivista Oriente e Occidente n° 1, Aprile 2010, "Associazione Oriente e Occidente", Milano.
[1] Pubblicato nel numero speciale degli Études Traditionnelles del 1951
consacrato a René Guénon.
[2] Corano,
II, 142-143.
[3] Orient et
Occident, p. 122. [Oriente e Occidente, Luni, Milano. N.d.r]
[4] Op. cit., pp. 307-308.
[5] Ibid., p. 308.
[6] Ibid.,
pp. 308-309.
[7] Ibid.,
pp. 310-311.
[8] Orient et
Occident, pp. 184-185.
[9] Coloro tra gli Occidentali che avranno aderito
direttamente a forme tradizionali dell’Oriente, non entrano dunque in questa
nozione “di élite occidentale”, anche se vivono in Occidente; costoro, per via
del loro ricollegamento tradizionale, devono essere direttamente assimilati
all’Oriente sotto il rapporto intellettuale, per cui operano propriamente una
“assimilazione al primo grado” di questo insegnamento. Più oltre dovremo
tornare sul ruolo che essi possono svolgere nello sviluppo delle relazioni fra
l’elite occidentale e le élites orientali.
[10] Ibid.,
p. 179.
[11] Ibid.,
pp. 179-180.
[12] Ibid.,
p. 201.
[13] Ibid.,
pp. 200-201.
[14] Ibid.,
p. 195.
[15] Ibid.,
p. 199.
[16] Ibid.,
pp. 201-202.
[17] Ibid.,
pp. 229-230.
[18] La Crise
du Monde moderne, p. 128.
[19] Ibid.,
pp. 128-129.
[20] Op. cit.,
pp. 194-195.
[21] Etudes
traditionnelles, setembre-dicembre 1949.
[22] Art. cit., p. 346.
[23] Ibid., pp. 346-347.
[24] La Crise
du Monde moderne, pp. 130-131. [La crisi del mondo moderno, Edizioni Mediterranee, Roma. N.d.r]
[25] Ibid.,
p. 131.
[26] A questo proposito, una delle incomprensioni
più significative, ma che a dire il vero non è tipica di questa
“contro-dottrina”, dato che la si ritrova presso alcuni che ammettono peraltro
il concetto di iniziazione vista come preliminare ad una via di realizzazione,
è quella riguardante la natura e i mezzi dell’iniziazione cristiana. Si
considera così che questa viene ad essere conferita dai sacramenti ordinari
della Chiesa, per un privilegio speciale che il Cristianesimo avrebbe, vale a
dire, di essere una “iniziazione offerta a tutti”! Ciò viene affermato per
alleggerire una certa difficoltà incontrata nel dimostrare l’esistenza di altri
riti puramente esoterici per l’iniziazione cristiana. Non potremmo trattare qui
di tale questione, ma poiché molti di quelli che professano questa opinione
sono d’accordo, d’altra parte, sul fatto che l’esicasmo è una via iniziatica,
sappiano che questo ha, anche ai nostri giorni, come mezzo di ricollegamento,
un rito speciale e riservato, analogo a quanto si sa del rito di ricollegamento
nelle iniziazioni islamiche; ma per sapere come stiano le cose esattamente, non
è ai teologi o ai preti, e neppure ad un monaco, che lo si potrebbe domandare;
in questo campo bisogna d’altra parte sapere che la risposta dipenderà
principalmente dalla retta intenzione del cercatore e dalla sua buona volontà.
[27] Op. cit.,
p. 41, note 1.
[28] Op. cit.,
pp. 131-132.
[29] Ibid.,
p. 130.
[30] Aperçus
sur l’Initiation, p. 41, note 1. [Considerazioni sull'iniziazione, Luni, Milano. N.d.r]
[31] Una difficoltà di tipo particolare sussiste in
una certa misura nel fatto che i Massoni, per avere una condizione
integralmente tradizionale, dovrebbero partecipare ad un ordine exoterico che,
per l’Occidente, sarebbe normalmente quello del Cattolicesimo; ora, se dal lato
massonico la questione dell’appartenenza e della pratica religiosa potrebbe
essere un affare individuale, non è la stessa cosa per quanto riguarda la loro
ammissione ai sacramenti cattolici, di modo che, finché i rapporti tra Roma e
la Massoneria saranno quelli che sono, i massoni d’Occidente non avranno altra
risorsa se non quella di un collegamento alla Ortodossia o all’Islam; se non
altro, in questo non vi è una difficoltà insormontabile.
[32] La Crise
du Monde moderne, pp. 130-131.
[33] Op. cit.,
p. 181.
[34] Aperçus
sur l’Initiation, pp. 243 et 246.
[35] Orient et
Occident, p. 181.