"…la dottrina è infallibile, è a causa del fatto che essa è un’espressione della verità, la quale, in se stessa, è assolutamente indipendente dagli individui che la ricevono e che la comprendono. La garanzia della dottrina risiede in definitiva nel suo carattere «non-umano»". René Guénon, Considerazioni sull’iniziazione, cap. "Sull’infallibilità tradizionale"

martedì 3 giugno 2014

René Guénon, L'esoterismo di Dante. IX - Errori delle interpretazioni sistematiche

René Guénon
L'esoterismo di Dante

IX - Errori delle interpretazioni sistematiche

Forse qualcuno penserà che questo studio ponga più problemi di quanti ne risolva, e in verità non possiamo protestare contro una simile critica; ma essa non può venire se non da coloro che ignorano quanto la conoscenza iniziatica differisca da ogni sapere profano.
Per questo motivo fin dall’inizio ci siamo preoccupati di avvertire che non intendevamo affatto offrire un’esposi­zione completa, giacché la natura stessa dell’argomento ci vietava una simile pretesa; d’altronde, in questo campo tutto è a tal punto interconnesso che ci vorrebbero senza dubbio diversi volumi per sviluppare come meriterebbero le molteplici questioni alle quali abbiamo fatto allusione nel corso del nostro studio, senza parlare di tutte quelle che non abbiamo avuto occasione di toccare ma che una tale trattazione, qualora volessimo intraprenderla, inevitabilmente introdurrebbe.
Per concludere diremo soltanto, affinché nessuno possa fraintendere le nostre intenzioni, che i punti di vista da noi indicati non sono affatto esclusivi, e che ve ne sono indubbiamente molti altri che si potrebbero adottare e dai quali si trarrebbero conclusioni non meno importanti, in quanto tutti questi punti di vista si completano in perfetta concordanza nell’unità della sintesi totale. Appartiene all’essenza stessa del simbolismo iniziatico l’impossibilità di ridurlo a formule più o meno rigorosamente sistematiche, come quelle di cui si compiace la filosofia profana; il ruolo dei simboli è di sostegno a concezioni le cui possibilità di estensione sono illimitate, e ogni espressione è anch’essa un simbolo; si deve dunque sempre lasciar spazio all’inesprimibile, che nell’ordine della metafisica pura è anzi ciò che conta di più.
Con queste premesse, non è difficile comprendere che l’unica nostra pretesa è stata di fornire un punto di partenza alla riflessione di quanti, veramente interessati a questi studi, sono capaci di capirne la portata reale, e di indicare loro la strada verso ricerche da cui ci sembra si possa trarre un profitto tutto particolare. Se questo nostro lavoro avesse l’effetto di suscitarne altri che abbiano la stessa direzione, sarebbe un risultato tutt’altro che trascurabile, tanto più che qui non si tratta, secondo noi, di erudizione più o meno vana, ma di autentica comprensione; solo con tali mezzi sarà possibile un giorno far sentire ai nostri contemporanei la natura angusta e l’insufficienza delle loro concezioni abituali. Il fine che ci proponiamo è forse molto lontano, ma non possiamo impedirci di pensarvi e di tendervi, contribuendo, sia pure in maniera limitata, a far luce su un aspetto troppo poco noto dell’opera di Dante.

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