"…la dottrina è infallibile, è a causa del fatto che essa è un’espressione della verità, la quale, in se stessa, è assolutamente indipendente dagli individui che la ricevono e che la comprendono. La garanzia della dottrina risiede in definitiva nel suo carattere «non-umano»". René Guénon, Considerazioni sull’iniziazione, cap. "Sull’infallibilità tradizionale"

lunedì 16 giugno 2014

Titus Burckhardt, Introduzione alle dottrine esoteriche dell’Islam - Prefazione


Titus Burckhardt

Introduzione alle dottrine esoteriche dell’Islam

Prefazione

Alla venerata memoria dello
Sheikh Mohammed Al-Tâdilî
e di
Mulay ‘Alî ben al-Tayyeb ad-Darqawî 

Quest'opera è una introduzione allo studio della dottrina sufica. È importante innanzitutto precisare da quale prospettiva affrontiarmo l'argomento: non è la prospettiva dell'erudizione pura e semplice, qualunque possa essere l'interesse scientifico dei compendi dottrinali che compaiono in questo studio; intendiamo soprattutto collaborare agli sforzi di coloro che, nel mondo moderno, cercano di comprendere le verità permanenti e universali di cui ogni dottrina sacra è un modo di espressione.

Diciamo subito che la scienza accademica è solo un aiuto del tutto secondario e molto indiretto per assimilare il contenuto intellettuale delle dottrine orientali, e d'altra parte non è questo lo scopo di un metodo scientifico, che affronta necessariamente le cose dall'esterno, quindi secondo il loro aspetto esclusivamente storico c contingente. Ci sono dottrine che si comprendono soltanto «dall'interno», grazie ad un'opera di assimilazione o di penetrazione le cui modalità, che sono essenzialmente intellettuali[1], oltrepassano proprio per questo il pensiero discorsivo, il quale diventa anzi un ostacolo nella misura in cui è contrassegnato da convenzioni mentali, senza parlare dei pregiudizi agnostici ed evoluzionistici che caratterizzano lo spirito della maggior parte degli Occidentali. Per tale motivo quasi tutti gli eruditi europei che hanno studiato il sufismo si ingannano sulla sua vera natura: l'uomo colto moderno, difatti, non è piu assuefatto a pensare per mezzo di simboli. Cosi, le indagini moderne non possono distinguere ciò che, in due espressioni tradizionali analoghe, dipende dalla forma esteriore e ciò che ne costituisce l'elemento essenziale; perciò gli studiosi sono indotti a vedere imprestiti da una forma tradizionale all'altra quando vi è soltanto una coincidenza di concezioni spirituali, e divergenze fondamentali laddove non vi è che una differenza di prospettive e di modalità di espressione[2]. Siffatte confusioni devono fatalmente accadere poiché la formazione universitaria ed il sapere libresco autorizzano da noi ad occuparsi di cose che, in Oriente, sono naturalmente riservate a coloro che sono dotati di intuizione spirituale e che si consacrano allo studio di queste cose in virru di un'affinità reale e sotto la guida degli eredi di una tradizione vivente.

Durante la trattazione ci sforzeremo di mostrare la prospettiva intellettuale del sufismo, di cui adotteremo a tal fine il modo proprio di esprimersi, fornendo per quanto è possibile le precisazioni necessarie al lettore europeo; nel contempo indicheremo le analogie tra certe nozioni sufiche e quelle di altre dottrine tradizionali; cosi facendo non smentiremo assolutamente il punto di vista proprio del sufismo, che ha sempre riconosciuto il principio secondo cui la Rivelazione divina, trasmessa dai grandi mediatori, assume forme diverse corrispondenti alle attitudini delle comunità umane chiamate a riceverla[3]. Sappiamo che i confronti tra diversi simbolismi tradizionali possono essere male interpretati; anche i maestri sufìci si sono per lo piu limitati ad indicare solo il principio dell'universalità tradizionale, senza mostrarne tutte le conseguenze nei confronti delle religioni diverse dalla loro, rispettando cosi la fede dei semplici, perché se la fede religiosa è virtualmente una conoscenza - altrimenti non sarebbe che un'opinione - la sua luce è nondimeno tutta avvolta nell'ambito emotivo che si preoccupa di offrire una determinata versione della Verità trascendente e tende perciò a negare tutto ciò che deriva da un aJtro modo ispirato d'espressione. Tuttavia, la prudenza verso la fede di una comunità è indispensabile soltanto finché la civiltà sacra che protegge questa comunità rappresenta un mondo quasi impermeabile; la situazione può murare quando avviene un incontro inevitabile tra due diverse civiltà sacre, come per esempio l'incontro dell'Islam con l'Induismo al tempo degli imperatori Moghul; essa muta a fortiori quando i contorni delle grandi civiltà tradizionali si sgretolano. Nel caos in cui viviamo, certi paragoni si impongono, almeno alle persone sensibili alle forme spirituali, ed oggi non è piu possibile eludere i problemi che ne derivano passandoli sotto silenzio.

Occorre irmanzitutto comprendere che il riconoscimento, da parte degli esoterici, dell'unità essenziale di tutte le forme tradizionali, non li induce né a cancellarne i contorni, né a disconoscere la necessità, nel suo ordine, di questa o quella Legge sacra, al contrario; poiché la diversità delle forme tradizionali non palesa soltanto l'insufficienza di ogni espressione formale di fronte alla Verità totale, ma rivela anche indirettamente l'originalità spirituale di ogni forma, cioè quello che ciascuna di esse comporta di inimitabile, nella qual cosa si manifesta l'unicità del loro principio comune: il mozzo di una ruota che unisce i raggi, è al tempo stesso ciò che ne fissa le direzioni divergenti.

La nosrra introduzione allo studio della dottrina sufica sarà molto incompleta; forse avremo in futuro l'occasione di apportarvi alcuni ampliamenti. Parleremo soprattutto della metafisica, che è il fondamento di tutto; si tratterà succintamente del metodo e si farà menzione soltanto di sfuggita della cosmologia.

Per quanto riguarda alcuni aspetti della dottrina che compendieremo, faremo riferimento soprattutto all'opera del «Grandissimo Maestro» Muhyi-d-din ibn 'Arabi[4] la cui funzione nel sufismo è paragonabile a quella di Shrî Shankarâcharya nel Vedantismo. Rispetto alla prima edizione, pubblicata nel 1953, il testo è stato completato sotto molti aspetti; abbiamo aggiunto, particolarmente, alcune considerazioni sulla realizzazione spirituale.

Giacché il sufismo è una tradizione, cioè la trasmissione di una Saggezza di origine divina, è al tempo stesso perpetuazione nel tempo e rinnovamento continuo grazie al contatto con la sua sorgente atemporale. Ogni dottrina tradizionale è, per definizione, immutabile nell'essenza, ma la sua formulazione può rinnovarsi entro la cornice di un determinato «stile concettuale» - quindi sul fondamento delle costanti della tradizione - in funzione dei diversi modi possibili dell'intuizione e secondo le circostanze umane.




[1] Con «intelletto» non intendiamo la ragione o il pensiero discorsivo, bensl l'organo della conoscenza immediata, della certezza, vale a dire l'intelligenza pura, che oltrepassa la semplice ragione. Questo organo, nella teologia ortodossa, soprattutto in Massimo il Confessore, è chiamato νους.

[2] Cfr. Frithjof Schuon: De l'Unité transcendante des Religions (Gallimard, Paris 1948). Il libro, ripubblicato in edizione riveduta (Ed. du Seuil, Paris 1979), è stato tradotto in italiano col titolo «Dell'Unità trascendente delle Religioni», Laterza, Bari 1949 (n.d.t.).

[3] Questa legge universale della Rivelazione è espressa nel Corano, benché soltanto in modo implicito e nel linguaggio proprio del monoteismo: «Il Profeta crede in ciò che il Signore gli ha inviato. I fedeli credono in Dio, ai Suoi angeli, ai Suoi libri (rivelati) ed ai Suoi messaggeri. Essi dicono; Non facciamo differenze tra i messaggeri di Dio» (II, 284). «Abbiamo stabilito per ogni nazione riti che essa osserva» (XXII, 66).

[4] Visse tra il 1165 ed il 1240 dell’era cristiana. La sua opera fondamentale è stata parzialmente tradotta da Titus Burckhardt, col titolo: La Sagesse des Prophètes, Paris· 1955 e 1974.