"…la dottrina è infallibile, è a causa del fatto che essa è un’espressione della verità, la quale, in se stessa, è assolutamente indipendente dagli individui che la ricevono e che la comprendono. La garanzia della dottrina risiede in definitiva nel suo carattere «non-umano»". René Guénon, Considerazioni sull’iniziazione, cap. "Sull’infallibilità tradizionale"

lunedì 30 giugno 2014

Muhyiddin Ibn ‘Arabî, 3 - Forma spirituale del digiuno

Muhyiddin Ibn ‘Arabî

3 - Forma spirituale del digiuno[1]


Il digiuno appartiene (al servitore) come statuto non come essenza. Allâh Se l’è attribuito e ne ha spogliato il digiunatore, anche se Egli gli ha ordinato di digiunare. È necessario quindi che il digiunatore osservi al suo Signore per tutta la durata del digiuno, alfine di realizzare la pienezza di questa qualificazione e non venirne sviato. Dio Si attribuisce il digiuno quando è autentico; lo è nella forma che Allâh ha prescritto al digiunatore di realizzare.
Se quest’ultimo non digiuna nei modi che sono definiti dalla Legge, egli non è digiunatore, in questo caso, non esiste digiuno che Allâh gli possa “rendere”. Può accadere che il digiunatore immagini essere tale, qualora compia durante il tempo del digiuno delle azioni che lo squalifichino, come la calunnia: in questo caso, egli rompe il digiuno, anche se si astiene dal mangiare; affinchè ritrovi la qualità di digiunatore, è necessario che compia un’espiazione. Che il digiunatore faccia attenzione a questo aspetto, se afferma di preferire Dio a se stesso. Sarà ricompensato nella misura di Colui che avrà preferito, cioè Allâh l’Altissimo[2]. Colui che presta attenzione al Signore, Allâh l’Altissimo presterà attenzione ad egli nella misura in cui non c’è altra ricompensa che Lui: «Colui nella cui borsa Lo troverete (il Vaso d’Oro), sarà egli stesso il suo Riscatto!»[3]. Ora, (il Vaso d’oro del Re) si trova effettivamente nella borsa: da un lato, Dio si trova nel “cuore” del Suo servo credente che resta con Lui; dall’altro, il digiuno si trova presso Allâh siccome è a Lui che appartiene quando è valido. Il digiunatore cerca nella borsa e dice: “È Allâh che l’ha preso!”.
Allâh diventa così Egli stesso il Riscatto (di quest’altro furto) in conformità alla Sua Parola: «Il digiuno spetta a Me, e sono Io che ne pago il Riscatto!»[4].

Da: Charles-André Gilis,  Ibn 'Arabi, Textes sur le jeûne, Al-Bouraq , 1996


[1]Al-Futûhât al-Mekkiyah, cap. 71, vol. 9, pagg 378-389 dell’ed. O. Yahya) - [Tradotto dall’arabo da Abd ar-Razzâq Yahyâ (Charles-André Gilis) in Textes sur le jeûne - ndr]. 
[2]  Il digiuno appartiene nella sua essenza all’ordine principiale; per questo la sua ricompensa è incommensurabile. 
[3]Corano, XII, 75. 
[4]  Il pasaggio coranico qui ripotato, fa allusione ad un episodio della storia di Giuseppe. I suoi ratelli, accusati di aver rubato il Vaso d’oro del Re e costretti a definire loro stessi la punizione del ladro risposero per mezzo di queste parole. Il digiuno, “praticato” dal servo quando “appartiene a Dio”, si presta perfettamente al simbolismo del “furto” evocato dall’interpretazione che lo Sheikh al-Akbar dà a questo passaggio.
Questa interpretazione ha dato luogo all’ammirabile commentario di Michel Valsan, che riproduciamo integralmente:
“Va sottolineato che nell’applicazione che l’autore fa del simbolismo coranico qui evocato, il “riscatto” è pagato da Allâh per appropriarsi della “borsa” (rahl); nel passagio coranico il rahl non è che il contenitore dell’ “oggetto” nascosto e ricercato. Si potrà comprendere che secondo l’intenzione del nostro autore tale situazione è più complessa e comporta inoltre l’applicazione dello stesso simblismo a due gradi differenti:
1° L’adoratore mette “Dio” nel suo cuore, condizione di validità del digiuno secondo la spiegazione dello Sheikh al-Akbar. Quindi, il versetto dicendo: “Colui nella cui borsa “lo” troverete, sarà egli stesso il suo riscatto!”, può rapportarsi ugualmente a tale aspetto e di conseguenza il “cuore” nel quale (come nella “borsa” di Beniamino) si sarà stabilto Allâh diventarà il “riscatto” di questa presenza. Il cuore qui corrisponde alla “borsa” e Allâh, la cui trascendenza e incomparibilità devono essere salvagualdate, corrisponde al Vaso d’Oro.
Questo simbolismo che l’autore non osa esprimere direttamene potrà essere compreso con un’analogia. Secondo alcuni commentari coranici, la Sakinah, la Presenza divina, che si trova nel Tabut o l’Arca dell’Alleanza (Corano, II, 248) avrebbe avuto la forma di un Vaso in oro proveniente dal Paradiso e ne quale furono lavati i cuori dei Profeti. Si può riallacciare a questo dato tradizionale il fatto accaduto nell’infanzia del Profeta*.
Un giorno che era a guardia delle pecore giunsero due uomini vestiti di banco, gli aprirono il petto, ne trassero il cuore, l’aprirono e ne estrassero un grumo nero; dopo gli lavarono e purificarono il cuore in un Vaso d’oro pieno di neve, ecc. Altro fatto analogo è la puruficazione del cuore che precedette l’Ascensione notturna: gli angeli Gabriele e Michele lavarono il cuore del Profeta* con l’acqua di zemzem e lo riempirono di Fede e di Saggezza che avevano portato in un Vaso d’Oro. Questa presenza di Dio nel cuore sarebbe, nel caso presente per il compimento del digiuno, esiste inoltre conicidenza tra Digiuno e Dio, e i dati sacri stabiliscono da sempre a questo proposito un’ “analogia basata sulla Dissimilitudine”: “Il digiuni non ha di uguali tra le opere di adorazione” (hadîth), e “Allâh non ha di uguali” (Corano), in maniera assoluta.
2° Dio prendendo il Digiuno del suo adoratore come una cosa per Sé, Egli la prende con il suo contenente, il cuore del servo, (e Egli non lo prende che nel suo contenente così che la definizione esige un supporto sacrificale): è il Digiuno il Vaso d’Oro del Re ed è il cuore la Borsa. L’adoratore cerca, tuttavia, la sua Borsa e gli si risponde che è Allâh che l’ha presa. Per quest’altra “appropriazione” Dio stesso diviene il Riscatto. Il servo quindi riprende il tutto, ma la verità è che egli ha perso la sua qualità di schiavo e che ha effetuato un’interscambio di attributi; altro non è che un modo di esprimere le trasformazioni ineffabili delle relazioni di dualità in ragione della loro integrazione finale nell’Identità pura”. (nota 2 de L’Insegnamento sul senso del digiuno, IIIa parte di Un’istruzione sui riti fondamentali dell’Islam, in Etudes Traditionelles, 1962, p. 35-37).
N.B.: È utile sottolineare che l’espressione “supporto sacrificale” deve essere qui inteso nel senso di: supporto reso sacro dalla forma spirituale del digiuno.

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