"…la dottrina è infallibile, è a causa del fatto che essa è un’espressione della verità, la quale, in se stessa, è assolutamente indipendente dagli individui che la ricevono e che la comprendono. La garanzia della dottrina risiede in definitiva nel suo carattere «non-umano»". René Guénon, Considerazioni sull’iniziazione, cap. "Sull’infallibilità tradizionale"

giovedì 16 ottobre 2014

A.K.Coomaraswamy, L'incontro delle civiltà

A.K.Coomaraswamy
L'incontro delle civiltà*

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Sia coloro che sono addolorati per l'Europa nell'attuale periodo di guerra civile sia coloro che intendono offrire un contributo al sacrario di William Shakespeare riterranno opportuno e significativo pubblicare testimonianze della fratellanza artistica dell'umanità.
È probabile, infatti, che in questo conflitto fra imperialismi rivali il prestigio dell'Impero vada completamente in frantumi: d'ora in avanti esercitare il dominio politico su uomini di un'altra razza potrà apparire un motivo di vergogna. Dove sino a ieri è stata consuetudine del conquistatore proclamare i suoi propositi di civilizzazione, una civiltà mondiale comune ci chiederà comprensione reciproca, da protrarre almeno fino al punto in cui riusciremo a sostituire al tentativo di fare il "bene" altrui uno sforzo fondato su bisogni comuni e fini umani, concepito in spirito di fratellanza intellettuale. Nessuno si è distinto più di William Shakespeare per il profondo talento nel riconoscere l'umanità che accomuna una varietà infinita di individui.
D'ora in avanti la civiltà dovrà essere umana anziché locale o nazionale, altrimenti non potrà esistere. In un mondo di comunicazioni rapide la civiltà dovrà fondarsi sui propositi e sulle intuizioni dell'umanità intera, poiché, in assenza di motivazioni comuni, non potrà esservi una collaborazione in vista di fini concordati. In verità nei decenni appena trascorsi - in termini di «reale durata», ma oggi così lontani da noi - è andato di moda insistere su di una pretesa divergenza essenziale fra il carattere europeo e il carattere asiatico. Ma le premesse erano false: le divergenze di carattere sono superficiali e, quanto più penetriamo in profondità, tanto più scopriamo un'identità nella vita interiore dell'Europa e dell'Asia. Possiamo, di fatto, indicare una esperienza elementare o una meta suprema che non siano nel contempo europee e asiatiche? Non si vede che esse sono le medesime per tutte le epoche e i continenti? Chi ha respirato l'aria limpida di montagna delle Upanisad, di Gautama, Sankara, Kabir, Rumi, Lao Tze e Gesù - cito fin qui soltanto profeti asiatici -, può essere estraneo a coloro che si sono seduti ai piedi di Platone, Kant, Tauler, Boehme, Ruysbroeck, Withman, Nietzsche e Blake? Quest'ultimo può essere giustamente considerato il massimo profeta di un'età post-industriale; è significativo che non si potrebbe trovare in un testo asiatico un proposito più caratteristicamente asiatico della volontà appassionata di Blake di essere liberato dalla schiavitù della dualità: «Mi umilierò fino all'autoannullamento e alla morte eterna, / perché il Giudizio Finale non arrivi senza trovarmi annichilito / ed io non sia afferrato e consegnato nelle mani del mio egoismo». L’Europa e l'Asia non sono unite, però, soltanto nella filosofia e nella religione - nella verità e nell'amore -, ma anche nell'arte: da questa triplice somiglianza possiamo a buon diritto dedurre che tutti gli uomini sono ugualmente divini. Qui va rilevato soltanto il singolare accordo delle teorie orientali e occidentali sul teatro e la poesia, le quali illustrano quanto si è detto con particolare riferimento all' eroe che stiamo celebrando: l'opera di Shakespeare, infatti, si trova in stretta sintonia con i canoni indiani dell'arte drammatica. Brahma dice: «Ho creato il teatro in accordo con il movimento del mondo, che esso lavori o giochi, che sia in pace o rida, che combatta, goda o faccia stragi, portando il frutto della rettitudine ai seguaci della legge morale e i piaceri ai seguaci del piacere - permeato dei vari umori dell' anima -, seguendo l'ordine del mondo, ogni sua fortuna e sventura. Nel teatro c'è il mestiere, la sapienza, l'arte, l'Unità. Il teatro sarà ciò che nel mondo offre un luogo di intrattenimento e di ascolto dei Veda, della filosofia e del racconto di ciò che accade». La poesia è giustificata per l'uomo in quanto produce i quattro frutti della vita: virtù, piacere, prosperità e libertà spirituale. Il lettore occidentale chiederà forse: «In che senso "libertà spirituale"?»; la risposta va trovata nella contemplazione estetica disinteressata, in cui lo spirito è momentaneamente liberato dal groviglio del bene e del male. Ad esempio, nel canone drammaturgico di Dhanamjaya leggiamo: «Non esiste tema, piacevole o disgustoso, crudele o gentile, alto o basso, oscuro o semplice, reale o fantastico, che non possa essere adoperato con successo per comunicare l'emozione estetica». Possiamo anche prestare attenzione alle parole di Chuang Tzu: «Quando la mente del sapiente è in riposo, essa diventa lo specchio dell'universo» e confrontarle con quelle di Whitman, che riconosce di non essere soltanto il poeta della bontà ma anche il poeta della malvagità. A volte si teme che il distacco proprio della visione asiatica tenda all'inazione. Se oggi questo è vero in parte, dipende dalla pienezza dell'esperienza asiatica, che contrasta così nettamente con la gioventù dell'Europa. Se l'eterno conflitto fra ordine e caos è attualmente una prerogativa dell'Europa, ciò accade perché le guerre spirituali, non meno di quelle materiali, vanno affrontate da coloro che hanno l'età per combattere. Ma l'impeto della gioventù non può del tutto compensare il discernimento dovuto all’età; a una razza a venire dobbiamo chiedere che gli uomini agiscano con energia europea e pensino con calma asiatica, l'antico ideale insegnato da Krsna sul campo di battaglia: «Indifferente al piacere e al dolore, all'acquisizione e alla perdita, alla conquista e alla sconfitta, prepàrati così alla battaglia... Come gli stolti, attaccati alle opere, così dovrebbero agire i sapienti, ma senza attaccamento, cercando di stabilire l'ordine nel mondo». Il progresso europeo è rimasto a lungo un'incognita, in quanto privo di orientamento. È significativo che la scoperta dell'Asia coincida con questa ora decisiva: infatti il pensiero asiatico riafferma l'unità e l'interdipendenza di tutta la vita nel momento in cui l'Europa comincia a comprendere che in una società fondata sulla divisione il frutto dell'esistenza non si ottiene facilmente. Onorando il genio di Shakespeare, allora, non offriamo solamente un omaggio alla memoria di un individuo, ma siamo testimoni della fratellanza intellettuale dell'umanità. È questa fratellanza ad assicurarci la possibilità della collaborazione in vista di un'impresa comune: la creazione di un ordine sociale fondato sull'Unità.
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* in
: La danza di Siva, trad. it. Luni 1997.