Muhammad al-‘Arabî ad-Darqâwî
Lettere di un maestro Sufi*
Lettera 6
Lettere di un maestro Sufi*
Lettera 6
Quanto alla via shadhilita
d’elezione, che era quella del nostro maestro - si compiaccia Iddio di lui -,
poco importa chi vi abbia posto su di essa, poichè ora non ci siete più; camminate
in tutt’altra direzione. Se mi chiedete: come mai? risponderò che la sua via
scendeva verso il basso;la sua via era infatti esteriormente umile e
interiormente elevata, la vostra invece è esteriormente elevata e interiormente
umile. Potremmo anche dire che la sua via era rigore esteriore e clemenza
interiore, mentre la vostra è clemenza esteriore e rigore interiore, come
quella della maggior parte degli uomini, e Dio ci guardi dal confondere la via
degli eletti con quella degli uomini comuni! Lo scopo degli uomini d’intuizione
spirituale non è neppure quello di limitarsi alle litanie (awrad), ma voi vi
curate solo di ciò. Bisogna avere, infine, un unico maestro spirituale, mentre
voi ne avete molti. Ecco cosa ho potuto accertare del vostro stato, e ne ho
concluso che la vostra barca non avanza (…) settima lettera Sappiate - Iddio vi
sia misericordioso - che il faqir (il povero, sottinteso al-faqiru ila-llah:
“Il povero verso Dio”, secondo l’espressione coranica: “O uomini, voi siete i
poveri verso Dio, e Dio, Lui, è il Ricco, il Glorioso” n.d.r.), quando
sostituisce al ricordo di tutte le cose il ricordo (dhikr) di Dio, rende la sua servitù pura, e chi serve Dio in modo
puro e onesto, è santo, e la maledizione di Dio sia su chi mente. Ricordatevi
dunque unicamente di Dio, appartenete solo a Lui; difatti se tu appartieni a
Dio, Dio ti apparterrà, e beato chi appartiene a Dio, per cui Dio gli
appartiene! Basti, per dimostrare l’eccellenza del ricordo (dhikr) di Dio, citare la sua parola:
“Ricordatevi di Me e Io mi ricorderò di voi” (Cor., II, 152) e quella del
Profeta - lo benedica Iddio e gli doni la pace - riferita da parte del suo
Signore: (Parola divina (hadith qudsi) rivolta al Profeta al di fuori del
Corano e quindi non inclusa in questo; simili rivelazioni concernono più
particolarmente la vita contemplativa. n.d.r.) “Io sono il compagno di chi
m’invoca”. Il mio maestro - sia Dio pago di lui - mi diceva: “Sono lieto di
quel che sento dire contro di te”. Parimenti al-’Arabi ad-Darqawi è lieto di quel
che sente dire contro di voi, di quel che uccide il vostro egoismo e vivifica i
vostri cuori, non certo del contrario, giacchè soltanto il negligente,
l’ignorante, colui la cui intelligenza è offuscata e la cui coscienza è
ottenebrata s’occupa di quello che vivifica l’ego (nafs) (An-nafs è l’anima.
In contrapposizione al cuore (al-qalb), significa l’anima egocentrica e
passionale; unita a un pronome possessivo la medesima parola è tradotta: io
stesso, e così via. An-nafs come
anima passionale e sede dell’ego (in sanscrito ahankara) si contrappone al
cuore, in quanto questo è l’organo di ar-rûh,
lo Spirito. E’ possibile paragonare il cuore all’apertura più stretta d’una
clessidra o all’istmo (barzakh) tra due oceani, l’uno salato e l’altro dolce
(Cor., XXV, 53 e LV, 19-20) che raffigurano gli ambiti della esperienza
temporale e della pura contemplazione. Si dice anche che il cuore è l’oggetto
d’una lite tra suo padre, lo Spirito, e sua madre, l’anima passionale: se
prevale la madre, il cuore s’indurirà, e se predomina il padre, il cuore
diverrà luminoso come lui. n.d.r.) e uccide il cuore. L’uomo ha infatti un solo
cuore: non appena si volge da un lato, s’allontana dall’altro, poichè “Dio non
ha posto per due cuori nelle viscere dell’uomo” (Cor., XXXIII, 4), secondo la
sentenza di Dio - lode a Lui. Il venerabile maestro Ibn ‘Atai-Llah - Iddio sia
pago di lui - ha detto nello stesso senso: “Volgersi verso Dio, significa
allontanarsi dalla creatura, e volgersi verso la creatura, significa
allontanarsi da Dio”. Uno dei nostri fratelli mi disse: “Non sono nulla”; gli
risposi: “Non dire: “Non sono nulla”, e nemmeno “Sono qualcosa”. Non dire: “Ho
bisogno di questo”, e nemmeno: “Non ho bisogno di nulla”, ma dì: “Allâh!” e
vedrai meraviglie”. Un altro mi chiese: “Come posso guarire l’anima (an-nafs)?”. Risposi: “Dimenticala e non
pensarci; difatti non si ricorda di Dio chi non dimentica la sua anima (o chi
non dimentica se stesso)”. Voi non potete dunque credere che sia l’esistenza
del mondo a farci dimenticare il nostro Signore; è l’esistenza di noi stessi,
del nostro ego, a farcelo dimenticare. Niente altro ci vela Iddio eccetto il
fatto d’occuparci, non dell’esistenza in sè, ma dei nostri desideri. Se
potessimo scordare la nostra esistenza, troveremmo Colui che è all’origine di
ogni esistenza, e vedremmo in pari tempo che noi non esistiamo affatto. Come
potete credere che l’uomo possa perdere la coscienza del mondo senza perdere
quella dell’ego? Ciò non accadrà mai.
*Traduzione: Titus Burckhart, Lettere di un maestro sufi. (Il numero progressivo della Lettera corrisponde all'edizione di riferimento)
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