"…la dottrina è infallibile, è a causa del fatto che essa è un’espressione della verità, la quale, in se stessa, è assolutamente indipendente dagli individui che la ricevono e che la comprendono. La garanzia della dottrina risiede in definitiva nel suo carattere «non-umano»". René Guénon, Considerazioni sull’iniziazione, cap. "Sull’infallibilità tradizionale"

lunedì 9 febbraio 2015

Gaston Georgel, La definizione di "Ultimi Tempi" secondo la dottrina tradizionale dei cicli cosmici

Gaston Georgel
La definizione di "Ultimi Tempi" secondo la dottrina tradizionale dei cicli cosmici.[1]

È prima di tutto necessario precisare cosa debba qui intendersi per «Ultimi Tempi», e situarli pertanto nello sviluppo provvidenziale della storia del Mondo. 
In realtà, gli «Ultimi Tempi» attuali devono chiudere il gran ciclo cosmico di 64.800 anni che gli Indù denominano Manvantara, o Era di Manu; più esattamente, il Manvantara rappresenta il ciclo di un'umanità della quale il Manu è il reggente. Inoltre si dice che il nostro Manvantara non è il primo, ma il settimo del Kalpa, o ciclo di un Mondo, e si dice che sarà seguito da sette futuri Manvantara. Conseguentemente, la prossima «Fine» dei Tempi corrisponde esattamente, in ordine di tempo, alla metà dell'intero Kalpa, dato che si situa, da un lato, a 7x64.800 anni = 453.600 anni dalla sua origine, e, d'altra parte, a 7x64.800 anni dalla sua fine.
Da ciò possiamo dedurre una prima conclusione: e cioè che la «Fine» del Mondo vera e propria è ancora lontana! La seconda conclusione che ne potremmo trarre sarebbe che l'espressione «Ultimi Tempi» indica gli ultimi tempi del Manvantara, comprendendo che la durata di questi «Ultimi Tempi» varia a seconda delle differenti tradizioni, come si vedrà in seguito. Prima, bisogna però rispondere all'inevitabile obiezione che ci si presenta, dal momento che gli studiosi moderni attribuiscono al nostro mondo un'età favolosa che essi calcolano in miliardi di anni, invece dei 453.600 anni che ci propone la dottrina dei cicli. Questa discordanza si spiega tuttavia molto bene se, come ho mostrato in un altro studio, si tiene conto del fatto che per gli Antichi il tempo era ciclico, o circolare, mentre, per gli studiosi moderni il tempo sarebbe rettilineo. Partendo da ciò si può stabilire una relazione matematica che permette di passare dalla cronologia ciclica tradizionale alla cronologia rettilinea moderna, e viceversa, in modo tale da confutare l’obiezione suddetta. Ma per quanto riguarda la questione del conoscere la durata del mondo, ci troviamo di fronte ad altre opinioni che è necessario segnalare. Accade così, per esempio, che certi esegeti propongono un'interpretazione letterale della Bibbia, che porta loro a credere in cose per le quali è inevitabile non sorridere: “Secondo la cronologia biblica, cronologia degna di fiducia, Adamo ed Eva furono creati l'anno 4026 prima della nostra era!”[2]. Altri, viceversa, prendono molto sul serio le cifre fantasiose elaborate della tradizione indù, a proposito delle quali René Guénon ha mostrato che gli innumerevoli zeri che appaiono nei testi sacri di detta Tradizione non avevano probabilmente altro fine che quello di far confondere i curiosi. In aggiunta, non c'è, nel nostro mondo spazio-temporale, un ciclo che sia più grande del Kalpa, la cui durata globale, compresi i sette Manvantara futuri, sarebbe in totale di 2 x 453.600 = 907.200 anni. Gli altri periodi più vasti che sono considerati nella tradizione indù sono da intendersi in un senso puramente simbolico, e non letterale.
Fatte queste osservazioni, torniamo alla questione della durata degli «Ultimi Tempi» nelle differenti Tradizioni.
Secondo la tradizione indù, il Manvantara, o ciclo di un'umanità, si divide sia in cinque Grandi Anni di 12.960 anni ciascuno, sia in quattro Età di durata decrescente che sono proporzionali ai numeri 4, 3, 2 e 1 e il cui valore totale è 10, che corrispondono alle quattro età tradizionali della tradizione romana: Età dell'Oro, Età dell'Argento, Età del Bronzo ed Età del Ferro[3]. In un certo senso, questa è dunque l'ultima età dell'umanità attuale, l'Età del Ferro di cui parlavano Ovidio e Virgilio, e che gli Indù denominano Kali-Yuga o Età Oscura, che rappresenterebbe l'insieme degli «Ultimi Tempi». Nella Bibbia, l'inizio di questi tempi è da rintracciarsi nell'episodio della confusione delle lingue, mentre il Diluvio corrisponde alla transizione cataclismica intercorsa tra il quarto e il quinto (ed attuale) Grande Anno.
La durata massima che si può prendere in considerazione a proposito degli «Ultimi Tempi», ovvero l’Età Oscura, è quindi di 6.480 anni. Ma la tradizione ellenica, della quale ci informa Esiodo ne “Le Opere e i Giorni”, suddivide ulteriormente quest’ultima Età in due «Razze»: in primo luogo, la «Razza degli Eroi» che perì sulle mura di Troia, seguita dalla «Razza di Ferro» che sarebbe iniziata verso l'anno 1100 prima della nostra era.
Si tratta forse della tradizione ebraica? Se è così, allora è il profeta Daniele che bisogna consultare: egli ci ha dato, in effetti, una buona descrizione degli «Ultimi Tempi» - evidentemente simbolica - quando ha parlato della statua dai piedi di argilla vista in sogno dal re Nabucodonosor. In questo testo riappare la successione delle quattro Età degli Antichi, e nel mio libro L’Era futura e Il movimento della Storia ho dimostrato che le proporzioni della loro durata è la medesima, ma in senso inverso, di quelle delle quattro parti della statua. Per quanto riguarda la durata globale di questa datazione degli «Ultimi Tempi» insita nei dati tradizionali ebraici, che Daniele non ci fornisce, essa è teoricamente di 2.592 anni, cioè, arrotondando, 26 secoli. Si tenga conto che si tratta della totalità del periodo fino alla «fine dei Giorni», e non solamente della durata dei quattro «Regni», che sono: Caldeo (un secolo), Persiano (due secoli), Greco (tre secoli), e Romano (quattro secoli), e il cui insieme rappresenta il «Millennio pagano» al quale succederà, con un'intersezione di circa un secolo, il «Millennio cristiano» dell'Apocalisse. Il principio del «Ciclo di Daniele», o periodo degli Ultimi Tempi nella Tradizione ebraica, si situa agli inizi del VI secolo a.C.; coincide così col principio della Storia classica, ed è quindi più recente di quello della «Razza di Ferro» di Esiodo. Non ci rimane, infine, che parlare della tradizione cristiana: qui non abbiamo nessuna difficoltà, dato che, secondo il Vangelo, gli Ultimi Tempi sono iniziati con l'Ascensione (cioè quando Cristo è salito al Cielo) e dureranno fino alla sua Parusia (ritorno), ovvero la «Fine dei Tempi». I primi cristiani hanno creduto, per molto tempo, che questo ritorno del Cristo glorioso fosse imminente. Per contro, certi eruditi, e perfino teologi, hanno oggi confinato questo evento ultimo della vita della Chiesa in un futuro lontano, se non indefinibile. La verità, che può dedursi dai testi sacri (e specialmente dalla profezia evangelica relativa alla distruzione di Gerusalemme[4]) come dall'Apocalisse di San Giovanni Evangelista, è molto semplice: la durata teorica degli «Ultimi Tempi» sarebbe, per i cristiani, di 2000 anni, cioè, approssimativamente, dal 30 d.C. al 2030 d.C.. Questi 2000 anni rappresentano dunque la fine dell'Età Oscura indù (o Età del Ferro dei Latini), e conseguentemente dell'intero Manvantara.
In sintesi, la prossima «Fine dei Tempi» verrà a chiudere, verso l'anno 2030 della nostra era, non solamente i 2000 anni di storia della Chiesa, ma anche i 65 secoli dell'Età del Ferro e contemporaneamente, arrotondando, i 65 millenni della presente Umanità; ma questa non sarà la «Fine del Mondo»! (*) D'altra parte, bisogna sapere che i periodi sempre più brevi che rappresentano gli «Ultimi Tempi» possono suddividersi a loro volta in fasi secondarie, in modo che, a poco a poco, quelli che possono ancora chiamarsi «Ultimi Tempi» rimangono limitati fino a diminuirsi ad alcune decine di anni.
La «Fine dei Tempi» si situerebbe così, come ho appena detto, intorno all'anno 2030 della nostra era, e quindi in un futuro relativamente prossimo: non si smetterà senza dubbio di obiettare, a questo riguardo, o che questa data è puramente immaginaria, oppure, al contrario, che si tratta di un «segreto» che non avrebbe dovuto essere svelato.
Quello che può rispondersi al riguardo, è che questa data non è affatto segreta, e ciò da molto tempo. Senza risalire fino ai Padri della Chiesa, che già attribuivano 2000 anni di vita alla Chiesa, farò notare che la «Fine dei Tempi» è stata annunciata molto chiaramente ed esplicitamente nella «Profezia del Re del Mondo», pubblicata dallo scrittore Ferdinand Ossendowski nel suo libro Betes, Hommes, et Dieux[5]. Questa profezia, di origine mongola, diceva in effetti quanto segue: “nell'anno quinquagesimo, (dopo il 1891), faranno la loro scomparsa tre soli grandi regni, che dureranno per settantuno anni felici. Vi saranno quindi altri diciotto anni di guerra e distruzione. Poi le genti di Agharti lasceranno le caverne sotterranee ed appariranno sulla superficie della terra”. Poiché l'ultima fase designa la «Fine dei Tempi», la data di questi sarebbe:

1891+50+71+18=2030.

D'altra parte, la Profezia dei Papi, chiamata anche "Profezia di San Malachia", la cui chiave numerica, basata sul numero 111, è stata trovata da Raoul Auclair, darebbe 1143+8x111=2031.[6]

Traduzione dallo spagnolo a cura di Talib

[1] Per quanto riguarda le opere di Gaston Georgel, vedasi anche le recensioni scritte da Guénon e pubblicate nella raccolta postuma “Forme Tradizionali e Cicli Cosmici” (edizioni Mediterranee). NdT
[2] In: Svegliatevi, 8-4-1969
[3] Si confronti anche la quadripartizione delle età nelle tradizioni greca, indù, nordica (nella quale l’età ultima viene detta “Età del Lupo”), et cetera. Presso i Lakota delle Pianure dell'America Settentrionale, il Bisonte Sacro camminava, nei tempi antichi, su tutte e quattro le zampe, ed ora, nei tempi attuali, su di una sola; questo corrisponde esattamente alla dottrina tradizionale delle quattro età (cfr. Arthur Versluis, “Gli Indiani d'America”. Xenia edizioni). D'altra parte, tutte le dottrine tradizionali (compreso il Cristianesimo medioevale) concepiscono il tempo come un movimento ciclico da una età dorata ad una oscura, e non riconoscono l'idea moderna di "progresso storico lineare", dal chiaro sapore evoluzionista. NdT
[4] L’autore precisa questa interpretazione nel suo studio intitolato “Dottrina dei cicli e movimento della Storia” (anch’esso da noi tradotto in italiano), nel quale scrive: “Ho precedentemente affermato che la durata del Ciclo Cristico sarebbe di 2000 anni. Si può arrivare a questa data, già proposta da alcuni Padri della Chiesa e confermata dalla Profezia dei Papi (come da quella del Re del Mondo), mediante un semplice ragionamento basato sulla Profezia evangelica relativa alla Fine dei Tempi. Tale Profezia si realizzò già per la prima volta dopo 40 anni, e 40 è il numero che indica la perfezione della penitenza; la realizzazione finale, che sarà una nuova Pentecoste, dovrà allora avvenire 2000 anni (50 x 40 = 2000) dopo l'Ascensione, poiché 50, perfezione della ricompensa, è anche il numero della Pentecoste.” NdT
[5] Ed. Plon, Parigi, 1923(*) Per una corretta definizione di «Fine del Mondo» v.: René Guénon, Il Regno della Quantità e i Segni dei Tempi - cap. 40. "La fine di un mondo" - http://scienzasacra.blogspot.it/2015/01/rene-guenon-il-regno-della-quantita-e-i_26.html
[6] L'opera di Ossendowski è stata pubblicata in Italia dalle edizioni Mediterranee (col titolo “Bestie, Uomini, Dei”). Qui, a dire il vero, la data di partenza non è il 1891 ma il 1890, il che darebbe la data della Fine per il 2029. Stando alla "Profezia del Re del Mondo" (e prendendo come data di partenza il 1891 segnato nell'edizione francese del libro di Ossendowski), l'anno nel quale dovrebbero iniziare i 18 anni di guerra e di distruzione che precederanno l'apparizione delle genti di Agharttha sulla superficie della terra sarebbe il 2012, e a tal proposito è interessante notare due cose alquanto sconcertanti: la prima si riferisce al fatto che, secondo l’antico calendario sacro Maya, l’anno equivalente al 2012 della nostra era sarebbe latore di avvenimenti di enorme importanza (anche se non la “fine del mondo”, come alcuni hanno superficialmente interpretato, e come ha dimostrato Pietro Bandini nel suo “Profezie e Cosmologia dei Maya attraverso il Sacro Calendario”. Newton & Compton); il secondo è relativo alla possibilità che nel 2028 un grosso asteroide del diametro di circa un km. e mezzo (nominato dagli astronomi 1997XF11) potrebbe colpire il pianeta, scatenando un’energia pari all’esplosione di tutto l’arsenale atomico mondiale, e provocando una catastrofe planetaria di dimensioni inimmaginabili (vedasi: Nanni Riccobono, 2028. Il pericolo viene dal cielo. Piemme).

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