Gaston Georgel
La definizione di "Ultimi Tempi" secondo la dottrina tradizionale dei cicli cosmici.[1]
La definizione di "Ultimi Tempi" secondo la dottrina tradizionale dei cicli cosmici.[1]
È prima di tutto necessario precisare
cosa debba qui intendersi per «Ultimi Tempi», e
situarli pertanto nello sviluppo provvidenziale della storia del Mondo.
In
realtà, gli «Ultimi Tempi» attuali devono chiudere il gran ciclo cosmico di
64.800 anni che gli Indù denominano Manvantara, o Era di Manu; più
esattamente, il Manvantara rappresenta il ciclo di un'umanità della quale il
Manu è il reggente. Inoltre si dice che il nostro Manvantara non è il primo, ma
il settimo del Kalpa, o ciclo di un
Mondo, e si dice che sarà seguito da sette futuri Manvantara. Conseguentemente,
la prossima «Fine» dei Tempi corrisponde esattamente, in ordine di tempo, alla
metà dell'intero Kalpa, dato che si situa, da un lato,
a 7x64.800 anni = 453.600 anni dalla sua origine, e, d'altra parte, a 7x64.800
anni dalla sua fine.
Da
ciò possiamo dedurre una prima conclusione: e cioè che la «Fine»
del Mondo vera e propria è ancora lontana! La seconda conclusione che ne
potremmo trarre sarebbe che l'espressione «Ultimi Tempi» indica
gli ultimi tempi del Manvantara, comprendendo che la durata di questi «Ultimi
Tempi» varia a seconda delle differenti tradizioni, come si vedrà in seguito.
Prima, bisogna però rispondere all'inevitabile obiezione che ci si presenta, dal momento che gli studiosi moderni attribuiscono al nostro
mondo un'età favolosa che essi calcolano in miliardi di anni, invece dei
453.600 anni che ci propone la dottrina dei cicli. Questa discordanza si spiega
tuttavia molto bene se, come ho mostrato in un altro studio, si tiene conto del
fatto che per gli Antichi il tempo era ciclico, o circolare, mentre, per gli
studiosi moderni il tempo sarebbe rettilineo. Partendo
da ciò si può stabilire una relazione matematica che permette di passare dalla
cronologia ciclica tradizionale alla cronologia
rettilinea moderna, e viceversa, in modo tale da confutare l’obiezione
suddetta. Ma per quanto riguarda la questione del
conoscere la durata del mondo, ci troviamo di fronte ad altre opinioni che è
necessario segnalare. Accade così, per esempio, che certi esegeti propongono
un'interpretazione letterale della Bibbia, che porta loro a credere in cose per
le quali è inevitabile non sorridere: “Secondo la
cronologia biblica, cronologia degna di fiducia, Adamo ed Eva furono creati
l'anno 4026 prima della nostra era!”[2].
Altri, viceversa, prendono molto sul serio le cifre fantasiose elaborate della
tradizione indù, a proposito delle quali René Guénon ha mostrato che gli
innumerevoli zeri che appaiono nei testi sacri di detta Tradizione non avevano
probabilmente altro fine che quello di far confondere i curiosi. In aggiunta,
non c'è, nel nostro mondo spazio-temporale, un ciclo che sia più grande del Kalpa, la cui durata globale, compresi i
sette Manvantara futuri, sarebbe in totale di 2 x 453.600 = 907.200 anni. Gli
altri periodi più vasti che sono considerati nella tradizione indù sono da
intendersi in un senso puramente simbolico, e non letterale.
Fatte
queste osservazioni, torniamo alla questione della durata degli «Ultimi Tempi» nelle differenti Tradizioni.
Secondo
la tradizione indù, il Manvantara, o
ciclo di un'umanità, si divide sia in cinque Grandi Anni di 12.960 anni
ciascuno, sia in quattro Età di durata decrescente che sono proporzionali ai
numeri 4, 3, 2 e 1 e il cui valore totale è 10, che
corrispondono alle quattro età tradizionali della tradizione romana: Età
dell'Oro, Età dell'Argento, Età del Bronzo ed Età del Ferro[3]. In
un certo senso, questa è dunque l'ultima età dell'umanità attuale, l'Età del
Ferro di cui parlavano Ovidio e Virgilio, e che gli Indù denominano Kali-Yuga o Età Oscura, che rappresenterebbe
l'insieme degli «Ultimi Tempi». Nella Bibbia, l'inizio
di questi tempi è da rintracciarsi nell'episodio della confusione delle lingue,
mentre il Diluvio corrisponde alla transizione cataclismica intercorsa tra il
quarto e il quinto (ed attuale) Grande Anno.
La
durata massima che si può prendere in considerazione a proposito degli «Ultimi
Tempi», ovvero l’Età Oscura, è quindi di 6.480 anni.
Ma la tradizione ellenica, della quale ci informa Esiodo ne
“Le Opere e i Giorni”, suddivide
ulteriormente quest’ultima Età in due «Razze»: in primo luogo, la «Razza degli
Eroi» che perì sulle mura di Troia, seguita dalla «Razza di Ferro» che sarebbe
iniziata verso l'anno 1100 prima della nostra era.
Si
tratta forse della tradizione ebraica? Se è così, allora è il profeta Daniele
che bisogna consultare: egli ci ha dato, in effetti, una buona descrizione
degli «Ultimi Tempi» - evidentemente simbolica -
quando ha parlato della statua dai piedi di argilla vista in sogno dal re
Nabucodonosor. In questo testo riappare la successione delle quattro Età degli
Antichi, e nel mio libro L’Era futura
e Il movimento della Storia ho
dimostrato che le proporzioni della loro durata è la
medesima, ma in senso inverso, di quelle delle quattro parti della statua. Per
quanto riguarda la durata globale di questa datazione degli «Ultimi
Tempi» insita nei dati tradizionali ebraici, che Daniele non ci
fornisce, essa è teoricamente di 2.592 anni, cioè, arrotondando, 26 secoli. Si
tenga conto che si tratta della totalità del periodo fino alla «fine dei Giorni»,
e non solamente della durata dei quattro «Regni», che sono: Caldeo (un secolo),
Persiano (due secoli), Greco (tre secoli), e Romano
(quattro secoli), e il cui insieme rappresenta il «Millennio pagano» al quale
succederà, con un'intersezione di circa un secolo, il «Millennio cristiano»
dell'Apocalisse. Il principio del «Ciclo di Daniele», o periodo degli Ultimi
Tempi nella Tradizione ebraica, si situa agli inizi del VI secolo a.C.;
coincide così col principio della Storia classica, ed è quindi più recente di
quello della «Razza di Ferro» di Esiodo. Non ci
rimane, infine, che parlare della tradizione cristiana: qui non abbiamo nessuna
difficoltà, dato che, secondo il Vangelo, gli Ultimi
Tempi sono iniziati con l'Ascensione (cioè quando Cristo è salito al Cielo) e
dureranno fino alla sua Parusia (ritorno), ovvero la «Fine dei Tempi». I primi
cristiani hanno creduto, per molto tempo, che questo ritorno del Cristo
glorioso fosse imminente. Per contro, certi eruditi, e perfino teologi, hanno
oggi confinato questo evento ultimo della vita della Chiesa in un futuro
lontano, se non indefinibile. La verità, che può dedursi dai testi sacri (e
specialmente dalla profezia evangelica relativa alla distruzione di Gerusalemme[4]) come dall'Apocalisse di San Giovanni Evangelista, è molto
semplice: la durata teorica degli «Ultimi Tempi» sarebbe, per i cristiani, di
2000 anni, cioè, approssimativamente, dal 30 d.C. al 2030 d.C.. Questi 2000
anni rappresentano dunque la fine dell'Età Oscura indù (o Età del Ferro dei
Latini), e conseguentemente dell'intero Manvantara.
In
sintesi, la prossima «Fine dei Tempi» verrà a chiudere, verso l'anno 2030 della
nostra era, non solamente i 2000 anni di storia della Chiesa, ma anche i 65 secoli dell'Età del Ferro e contemporaneamente,
arrotondando, i 65 millenni della presente Umanità; ma questa non sarà la «Fine
del Mondo»! (*) D'altra parte, bisogna sapere che i periodi sempre più brevi che
rappresentano gli «Ultimi Tempi» possono suddividersi
a loro volta in fasi secondarie, in modo che, a poco a poco, quelli che possono
ancora chiamarsi «Ultimi Tempi» rimangono limitati fino a diminuirsi ad alcune
decine di anni.
La
«Fine dei Tempi» si situerebbe così, come ho appena detto, intorno all'anno
2030 della nostra era, e quindi in un futuro relativamente prossimo: non si
smetterà senza dubbio di obiettare, a questo riguardo, o che questa data è
puramente immaginaria, oppure, al contrario, che si tratta di un «segreto» che
non avrebbe dovuto essere svelato.
Quello
che può rispondersi al riguardo, è che questa data non è
affatto segreta, e ciò da molto tempo. Senza risalire fino ai Padri
della Chiesa, che già attribuivano 2000 anni di vita alla Chiesa, farò notare
che la «Fine dei Tempi» è stata annunciata molto chiaramente ed esplicitamente
nella «Profezia del Re del Mondo», pubblicata dallo scrittore Ferdinand
Ossendowski nel suo libro Betes, Hommes,
et Dieux[5]. Questa profezia, di origine mongola, diceva in effetti quanto segue: “nell'anno quinquagesimo, (dopo il
1891), faranno la loro scomparsa tre soli grandi regni, che dureranno per
settantuno anni felici. Vi saranno quindi altri diciotto anni di guerra e
distruzione. Poi le genti di Agharti lasceranno le caverne sotterranee ed appariranno sulla superficie della terra”. Poiché
l'ultima fase designa la «Fine dei Tempi», la data di
questi sarebbe:
1891+50+71+18=2030.
D'altra
parte, la Profezia dei Papi, chiamata anche "Profezia di San
Malachia", la cui chiave numerica, basata sul numero 111, è stata trovata
da Raoul Auclair, darebbe 1143+8x111=2031.[6]
Traduzione dallo spagnolo a cura di Talib
[1] Per quanto riguarda le opere di Gaston Georgel, vedasi anche
le recensioni scritte da Guénon e pubblicate nella raccolta postuma “Forme
Tradizionali e Cicli Cosmici” (edizioni Mediterranee). NdT
[3] Si confronti anche la quadripartizione delle età nelle tradizioni greca, indù, nordica (nella quale l’età
ultima viene detta “Età del Lupo”), et cetera. Presso i Lakota delle Pianure
dell'America Settentrionale, il Bisonte Sacro camminava, nei tempi antichi, su
tutte e quattro le zampe, ed ora, nei tempi attuali,
su di una sola; questo corrisponde esattamente alla dottrina tradizionale delle
quattro età (cfr. Arthur Versluis, “Gli
Indiani d'America”. Xenia edizioni). D'altra
parte, tutte le dottrine tradizionali (compreso il Cristianesimo medioevale)
concepiscono il tempo come un movimento ciclico da una età
dorata ad una oscura, e non riconoscono l'idea moderna di "progresso
storico lineare", dal chiaro sapore evoluzionista. NdT
[4] L’autore precisa questa interpretazione nel suo studio
intitolato “Dottrina dei cicli e movimento della Storia” (anch’esso da noi
tradotto in italiano), nel quale scrive: “Ho
precedentemente affermato che la durata del Ciclo Cristico sarebbe di 2000
anni. Si può arrivare a questa data, già proposta da alcuni Padri della Chiesa
e confermata dalla Profezia dei Papi (come da quella del Re del Mondo),
mediante un semplice ragionamento basato sulla Profezia evangelica relativa
alla Fine dei Tempi. Tale Profezia si realizzò già per la prima volta dopo 40 anni, e 40 è il numero che indica la perfezione della
penitenza; la realizzazione finale, che sarà una nuova Pentecoste, dovrà allora
avvenire 2000 anni (50 x 40 = 2000) dopo l'Ascensione, poiché 50, perfezione
della ricompensa, è anche il numero della Pentecoste.” NdT
[5] Ed. Plon, Parigi,
1923(*) Per una corretta definizione di «Fine del Mondo» v.: René Guénon, Il Regno della Quantità e i Segni dei Tempi - cap. 40. "La fine di un mondo" - http://scienzasacra.blogspot.it/2015/01/rene-guenon-il-regno-della-quantita-e-i_26.html
[6] L'opera di Ossendowski è stata pubblicata in Italia dalle
edizioni Mediterranee (col titolo “Bestie, Uomini, Dei”). Qui, a dire il vero,
la data di partenza non è il 1891 ma il 1890, il che darebbe la data della Fine
per il 2029. Stando alla "Profezia del Re del Mondo" (e prendendo
come data di partenza il 1891 segnato nell'edizione francese del libro di
Ossendowski), l'anno nel quale dovrebbero iniziare i 18
anni di guerra e di distruzione che precederanno l'apparizione delle genti di
Agharttha sulla superficie della terra sarebbe il 2012, e a tal proposito è
interessante notare due cose alquanto sconcertanti: la prima si riferisce al
fatto che, secondo l’antico calendario sacro Maya, l’anno equivalente al 2012
della nostra era sarebbe latore di avvenimenti di enorme importanza (anche se
non la “fine del mondo”, come alcuni hanno superficialmente interpretato, e
come ha dimostrato Pietro Bandini nel suo “Profezie e Cosmologia dei Maya
attraverso il Sacro Calendario”. Newton & Compton); il secondo è relativo alla possibilità che nel 2028 un grosso asteroide
del diametro di circa un km. e mezzo (nominato dagli astronomi 1997XF11)
potrebbe colpire il pianeta, scatenando un’energia pari all’esplosione di tutto
l’arsenale atomico mondiale, e provocando una catastrofe planetaria di
dimensioni inimmaginabili (vedasi: Nanni Riccobono, 2028. Il pericolo viene dal
cielo. Piemme).
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