René Guénon
Forme tradizionali e cicli cosmici
Forme tradizionali e cicli cosmici
Ciò che abbiamo detto riguardo a certe imprese
«pseudo-iniziatiche» potrebbe facilmente far comprendere le ragioni per cui
siamo pochissimo invogliati a trattare questioni che tocchino più o meno da vicino l’antica tradizione egizia.
Possiamo ancora aggiungere, a questo proposito, che il fatto stesso che gli Egiziani attuali non si preoccupino minimamente delle ricerche concernenti questa civiltà scomparsa, basterebbe a dimostrare che non è possibile trarre da essa, dal punto di vista che ci interessa, alcun beneficio effettivo; se così non fosse, è chiaro che essi non ne avrebbero lasciato, per così dire, il monopolio a degli stranieri, i quali, d’altronde, non vi hanno mai trovato che una fonte di semplice erudizione.
La verità è che fra l’Egitto
antico e l’Egitto attuale non vi è che una coincidenza geografica, priva della
minima continuità storica; così che la tradizione di
cui si tratta è ancor più completamente estranea, nel paese in cui ebbe vita,
di quanto sia attualmente il Druidismo per i popoli che abitano oggi gli
antichi paesi celti; ed il fatto stesso che in Egitto vi siano monumenti assai
più numerosi non cambia in niente questo stato di cose. Teniamo a precisare
bene questo punto una volta per tutte proprio per
tagliar corto alle illusioni che si fanno troppo facilmente a questo proposito
coloro i quali non hanno mai avuto occasione di esaminare le cose da vicino;
nello stesso tempo questa osservazione dovrebbe distruggere ancor più
completamente le pretese di quegli «pseudo-iniziati» che, pur riferendosi
all’antico Egitto, vorrebbero far credere di essere in contatto con qualcosa che
sussisterebbe ancora nell’Egitto attuale. Sappiamo che questa non è affatto una supposizione puramente immaginaria e che
alcuni, contando sull’ignoranza generale, e a questo riguardo sfortunatamente
non si sbagliano, spingono le loro pretese fino a tal punto.Possiamo ancora aggiungere, a questo proposito, che il fatto stesso che gli Egiziani attuali non si preoccupino minimamente delle ricerche concernenti questa civiltà scomparsa, basterebbe a dimostrare che non è possibile trarre da essa, dal punto di vista che ci interessa, alcun beneficio effettivo; se così non fosse, è chiaro che essi non ne avrebbero lasciato, per così dire, il monopolio a degli stranieri, i quali, d’altronde, non vi hanno mai trovato che una fonte di semplice erudizione.
Nonostante tutto ciò ci troviamo quasi obbligati a fornire,
nella misura del possibile, qualche spiegazione che in questi ultimi tempi ci è
stata richiesta da diverse parti, in seguito all’incredibile moltiplicarsi di
certe storie fantastiche, di cui ci siamo d’altronde già occupati
esaminando alcuni libri pubblicati recentemente. Bisogna dire, del
resto, che queste spiegazioni non faranno riferimento alla tradizione egizia in
sé, bensì a quanto la riguarda nella tradizione araba; a questo proposito si
trovano alcune indicazioni abbastanza curiose che sono forse suscettibili di
chiarire malgrado tutto certi punti oscuri, anche se,
da parte nostra, non intendiamo affatto esagerare l’importanza delle
conclusioni che se ne possono trarre.
Abbiamo già fatto osservare altrove che, di fatto, non si sa
realmente a cosa abbia potuto servire la Grande Piramide, e potremmo dire la
stessa cosa delle Piramidi in generale; è vero che
l’opinione più comunemente diffusa vuol vedervi delle tombe, e senza dubbio
questa ipotesi non ha in sé nulla di impossibile; ma, d’altra parte, sappiamo
anche che gli archeologi moderni, in virtù di certe idee preconcette, si
sforzano volentieri di scoprire tombe dappertutto, anche dove non ve n’è la
minima traccia, e questo non manca di destare in noi una certa diffidenza. In
ogni caso non si è mai trovata fino ad ora alcuna tomba nella Grande Piramide;
ma anche se ve ne fosse una, ciò non servirebbe a
risolvere completamente l’enigma poiché, evidentemente, la cosa non
escluderebbe affatto che essa abbia potuto avere nello stesso tempo altre
funzioni, magari più importanti, quali possono averne avute anche altre
Piramidi che certamente hanno servito da tomba. D’altronde è anche possibile
che, come alcuni hanno pensato, l’utilizzazione funeraria di questi monumenti
sia stata più o meno tardiva, e che non fosse questa
la loro destinazione primitiva, al tempo della loro costruzione. All’obiezione
che certi antichi documenti, di carattere più o meno
tradizionale, sembrerebbero confermare che si tratta di una tomba, diremo
questo, che può sembrare strano di primo acchito, ma che è proprio quello che
tenderebbero a dimostrare le considerazioni che seguiranno: le tombe in
questione non devono essere intese in senso puramente simbolico?
In effetti, da taluni è detto che la Grande Piramide sarebbe
la tomba di Seyidna Idris, ovverosia del Profeta Henoch, mentre la seconda
Piramide sarebbe quella di un altro personaggio che di
questi sarebbe stato il Maestro, e sul quale dovremo ritornare; ma, presentata
in questo modo e presa in senso letterale, la cosa si presenterebbe
manifestamente assurda, dal momento che Henoch non morì, ma fu trasportato vivo
in Cielo; come dunque potrebbe avere una tomba? Ci parrebbe affrettato parlare
in questo caso, alla maniera occidentale, di «leggende» prive di fondamento,
poiché è questa la spiegazione che ne è data: non il corpo d’Idris fu sepolto
nella Piramide, bensì la sua scienza; e da ciò alcuni deducono che si tratti
dei suoi libri; ma quale verosimiglianza può avere il fatto
che si siano sotterrati dei libri puramente e semplicemente, e quale
interesse potrebbe avere una cosa simile, da un qualsiasi punto di vista?[2].
Certamente sarebbe stato molto più plausibile che il contenuto di questi libri fosse scolpito in caratteri
geroglifici all’interno del monumento; ma, disgraziatamente per questa
supposizione nella Grande Piramide non si trovano né iscrizioni né figurazioni
simboliche di alcuna specie[3].
Non resta dunque che una sola ipotesi accettabile: ed è che
la scienza di Idris sia davvero nascosta nella Grande Piramide, ma perché si
trova inclusa nella sua stessa struttura, nella sua disposizione esterna e
interna e nelle sue proporzioni; e tutto ciò che vi
può essere di valido nelle «scoperte» che i moderni hanno fatto o creduto di
fare a tale proposito non costituisce tutto sommato che qualche infimo
frammento di questa antica scienza tradizionale.
In fondo, questa interpretazione si accorda abbastanza bene
con un’altra versione araba sull’origine delle Piramidi, la quale ne
attribuisce la costruzione al re pre-diluviano Surid: questi, avvertito in
sogno dell’imminenza del Diluvio, le fece edificare
secondo i disegni dei saggi, ed ordinò ai sacerdoti di depositarvi i segreti
delle loro scienze ed i precetti della loro saggezza. Ora, si sa che Henoch (o
Idris), anch’egli pre-diluviano, si identifica con
Hermes (o Thoth), il quale rappresenta la fonte da cui traeva le proprie
conoscenze il sacerdozio egizio, e, per estensione, questo stesso sacerdozio in
quanto continuatore della medesima funzione di insegnamento tradizionale; si
tratta perciò dunque sempre della stessa scienza sacra la quale, anche in
questo caso, sarebbe stata deposta nelle Piramidi[4].
D’altra parte, questo monumento destinato ad assicurare la
conservazione delle scienze tradizionali in previsione del cataclisma, ricorda
anche un’altra storia abbastanza conosciuta: quella delle due colonne
innalzate, secondo alcuni, proprio da Henoch, secondo altri da Seth, e sulle
quali sarebbe stata scritta l’essenza di tutte le scienze; e la menzione che vien fatta di Seth ci riporta al personaggio di cui si dice
che la seconda Piramide sia stata il sepolcro. In effetti, se questi fu il
maestro di Seyidna Idris, egli non può essere stato che Seyidna Shîth, cioè
Seth, figlio d’Adamo; è vero che autori arabi antichi lo designano coi nomi apparentemente strani di Aghatîmûn e di Adhîmûn,
ma evidentemente tali nomi non sono altro che deformazioni del greco Agathodaimôn che, riferendosi al
simbolismo del serpente considerato sotto il suo aspetto benefico, si applica
perfettamente a Seth, come abbiamo già avuto modo di spiegare altrove[5].
La particolare connessione che viene così
stabilita fra Seth e Henoch è degna di speciale nota, tanto più che
entrambi sono inoltre messi in rapporto con certe tradizioni concernenti un
ritorno al Paradiso terrestre, vale a dire allo «stato primordiale», e quindi
con un simbolismo polare che non è privo di rapporti con l’orientamento delle
Piramidi, ma questa è ancora un’altra questione: di sfuggita faremo soltanto
osservare che tale fatto, implicando abbastanza chiaramente un riferimento ai
«centri spirituali», tenderebbe a confermare l’ipotesi che vuole assimilare le
Piramidi a un luogo di iniziazione, la qual cosa d’altra parte non sarebbe stata
in fondo che il mezzo normale per mantenere «vive» le conoscenze che vi erano
state incorporate, e ciò almeno per tutto il tempo durante il quale tale
iniziazione si sarebbe mantenuta.
Aggiungeremo un’altra osservazione: è detto che Idris (o
Henoch) scrisse numerosi libri ispirati, dopo quelli
già scritti da Adamo stesso e da Seth[6];
questi libri furono il prototipo dei libri sacri degli Egizi, ed i «Libri
ermetici» più recenti non ne rappresentano in certo modo che un
«riadattamento», alla stessa stregua dei diversi «Libri di Henoch», i quali
sono pervenuti fino a noi sotto questo nome.
D’altra parte i libri di Adamo, di Seth e di Henoch dovevano
naturalmente esprimere, rispettivamente, aspetti differenti della conoscenza
tradizionale, giacché implicavano una relazione più particolare con questa o
quella scienza sacra, come sempre accade quando si tratta degli insegnamenti
trasmessi dai diversi Profeti. Potrebbe essere interessante, a questo punto,
chiedersi se non vi sia qualcosa che corrisponda in certo qual modo a tali
differenze, per ciò che riguarda Henoch e Seth, nella struttura delle due
Piramidi di cui abbiamo parlato, e magari, anche, se per caso la terza Piramide
non abbia allora, secondo lo stesso ordine di idee,
qualche rapporto con Adamo, dal momento che, pur non avendo noi trovato da
nessuna parte allusioni esplicite a questo fatto, sarebbe tutto sommato
abbastanza logico supporre che essa debba completare la terna dei grandi
Profeti pre-diluviani[7].
Sia ben chiaro che noi non pensiamo
affatto che questioni simili possano essere risolte attualmente; del
resto, tutti i «ricercatori» moderni sono stati per così dire «ipnotizzati» quasi
esclusivamente dalla Grande Piramide anche se, dopo tutto, essa non è poi tanto
più grande delle altre due da potersi notare una gran differenza. Quando
costoro assicurano, per giustificare l’importanza eccezionale che le
attribuiscono, che essa è la sola ad essere
esattamente orientata, forse hanno il torto di non riflettere sul fatto che
certe variazioni nell’orientamento potrebbero anche non essere dovute a
negligenza dei costruttori, ma essere invece proprio l’indizio di qualcosa che
si riferisce a differenti «epoche» tradizionali; ma come ci si potrebbe
aspettare che gli Occidentali moderni abbiano, per dirigersi nelle loro
ricerche, delle nozioni sia pure in minima parte giuste e precise su cose di
questo genere?[8]
Un’altra osservazione che ha pure la sua importanza è che il
nome di Ermete è tutt’altro che sconosciuto alla tradizione araba[9];
e forse che è da vedere una semplice «coincidenza» nella somiglianza che esso
presenta con la parola Haram (plurale
Ahrâm), che in arabo designa la
Piramide, da cui non differisce se non per la mancanza di una lettera finale
che non fa parte della sua radice? Ermete è detto El-muthalleth bil-hikam, letteralmente «triplo nella saggezza»[10], che equivale all’epiteto greco Trismegisto, pur essendo più esplicito, poiché la «grandezza» che
esprime quest’ultimo non è, in fondo, che la conseguenza della saggezza che è
l’attributo proprio di Ermete[11].
Questa «triplicità» ha d’altronde ancora un altro
significato, trovandosi talvolta sviluppata sotto la forma di tre Ermete
distinti: il primo, chiamato «Ermete degli Ermete» (Hermes El-Harâmesah), e considerato come pre-diluviano, è quello
che si identifica propriamente a Seyidna Idris; gli
altri due, post-diluviani, sono l’«Ermete babilonese» (El-Bâbelî) e l’«Ermete egizio» (El-Miçrî).
Ciò sembrerebbe indicare abbastanza nettamente che le due tradizioni caldea ed
egizia deriverebbero direttamente da un’identica fonte principale, la quale,
dato il carattere pre-diluviano che le è riconosciuto, non può che essere la
tradizione atlantidea[12].
Qualunque cosa si possa pensare di queste considerazioni,
che certamente sono altrettanto lontane dal punto di vista degli egittologi
quanto da quello dei moderni investigatori del «segreto della Piramide», si può
dire che quest’ultima rappresenti veramente «la tomba di Ermete», poiché i
misteri della sua saggezza e della sua scienza vi sono stati nascosti in modo tale
che certo è ben difficile scoprirveli[13].
[1] Articolo pubblicato su Études Traditionelles, dicembre 1936. [N.d.C.]
[2] C’è appena bisogno di far notare che il caso di libri
deposti ritualmente in una vera tomba è ben diverso da quello che stiamo
esaminando.
[3] Su questo argomento si
trovano a volte delle strane asserzioni, più o meno completamente fantastiche;
così nell’Occult Magazine, organo
della H.B. of L. [Hermetic Brotherhood of Luxor –
N.d.R.], abbiamo rilevato un’allusione alle «78 carte del Libro di Ermete che
giace sepolto in una delle Piramidi» (numero del dicembre 1885, p. 87); si
tratta chiaramente dei Tarocchi, ma questi non hanno mai costituito un Libro di
Ermete, di Thoth o di Henoch, se non in certe concezioni molto recenti; e non
sono più «egizi» di quanto siano gli zingari ai quali pure è stato dato questo
nome. A proposito della H.B. of L., si veda il nostro libro su Le Théosophisme (1921).
[4] Un’altra versione, non più araba ma copta,
attribuisce la costruzione delle Piramidi a Shedîd e Sheddâd, figli di Ad; non
sappiamo bene quali conseguenze se ne potrebbero trarre, e non ci pare il caso
di attribuirvi grande importanza perché, a parte il fatto che si tratta qui di «giganti», non si vede a quale significato simbolico essa
potrebbe dar luogo.
[5] Si veda il nostro studio su Seth che costituisce ora il cap. XX della raccolta Symboles fondamentaux de la Science sacrée.
L’Agathodaimôn
dei Greci è spesso identificato anche con Kneph,
rappresentato pure dal serpente, ed in connessione con
l’«Uovo del Mondo», ciò che si riferisce sempre allo stesso simbolismo. Quanto
al Kakodaimôn, aspetto malefico del
serpente, esso è evidentemente identico al Set-Typhon
degli Egizi.
[6] Il numero di questi libri varia secondo le
indicazioni, ed in molti casi si può trattare solo di
numeri simbolici; questo punto non ha d’altronde che un’importanza piuttosto
secondaria.
[7] Va da sé che ciò non vuol dire
affatto che la costruzione delle Piramidi debba essere loro attribuita
materialmente, ma solo che ha potuto costituire una «fissazione» delle scienze
tradizionali ad essi rispettivamente attribuite.
[8] L’idea che la Grande Piramide differisca
sostanzialmente dalle altre due sembra essere assai recente; si dice che il
Califfo El-Mamûn, volendo rendersi conto di ciò che contenevano le Piramidi,
decise di farne aprire una; per caso, fu scelta la Grande Piramide, ma non pare
che egli abbia pensato che essa dovesse avere un carattere assolutamente
speciale.
[9] Oltre alla forma corretta Hermes si trova anche, presso
alcuni autori, la forma Armis, che
evidentemente ne è una alterazione.
[10] Hikam è il
plurale di hikmah, ma le due forme singolare e plurale sono ugualmente impiegate
col significato di «saggezza».
[11] Può essere interessante rilevare che la parola muthalleth designa
anche il triangolo, per cui si potrebbe, senza forzare troppo le cose, trovarvi
qualche rapporto con la forma triangolare delle facce della Piramide la quale
pure ha dovuto essere determinata dalla «saggezza» di coloro che ne tracciarono
il progetto; senza contare che il triangolo si riferisce, sotto un altro
aspetto, al simbolismo del «Polo» e, sotto questo punto di vista, la Piramide
stessa non è altro, in fondo, che una delle immagini della «Montagna sacra».
[12] Non è difficile capire che tutto ciò è in ogni caso
da situare già abbastanza lontano dalla tradizione primordiale; sarebbe
d’altronde del tutto inutile designare quest’ultima come fonte comune di due
tradizioni particolari, perché essa è necessariamente la fonte di tutte le
forme tradizionali senza eccezione. Dall’ordine di enumerazione dei tre Ermete,
in quanto esso sembra avere qualche significato
cronologico, si potrebbe anche concludere per una certa anteriorità della
tradizione caldea rispetto a quella egizia.
[13] Dal momento che trattiamo questo argomento, segnaleremo
ancora un’altra fantasticheria moderna: abbiamo constatato che certuni
attribuiscono una considerevole importanza al fatto che la Grande Piramide non
sarebbe mai stata terminata; in effetti il vertice è mancante, ma tutto quel
che si può dire a questo riguardo, è che i più antichi autori di cui si ha
testimonianza, i quali sono ancora relativamente recenti, l’hanno sempre vista
tronca come essa è oggi. Da qui a pretendere che il vertice mancante
corrisponda alla «pietra angolare» di cui si parla in diversi passaggi della Bibbia e del Vangelo, ci corre parecchio; tanto più che, secondo dati molto più
autenticamente tradizionali, la pietra in questione sarebbe, non un pyramidion, ma piuttosto una «chiave di
volta» (keystone), e se essa fu «scartata dai costruttori» ciò si deve al fatto che questi,
non essendo iniziati che alla Square
Masonry, ignoravano i segreti dell’Arch
Masonry.
Cosa abbastanza curiosa,
nel sigillo degli Stati Uniti si ritrova la Piramide tronca, sulla quale è un
triangolo raggiante che, pur essendone separato e addirittura isolato da essa
dal cerchio di nuvole che la circonda, sembra in qualche modo sostituirne la
cima; ma in questo sigillo, da cui certe organizzazioni «pseudo-iniziatiche»
cercano d’altronde di trarre partito in modo alquanto sospetto, vi sono ancora
altri dettagli che sono perlomeno strani: per esempio il numero degli strati
della Piramide, che sono tredici, è detto corrispondere a quello delle tribù
d’Israele (contando separatamente le due mezze tribù dei figli di Giuseppe), e
non è detto che tutto ciò non abbia rapporti con le origini reali di certe
divagazioni contemporanee sulla Grande Piramide, tendenti, come abbiamo detto,
a fare di essa, per fini piuttosto oscuri, una sorta di monumento «giudaico-cristiano».
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