"…la dottrina è infallibile, è a causa del fatto che essa è un’espressione della verità, la quale, in se stessa, è assolutamente indipendente dagli individui che la ricevono e che la comprendono. La garanzia della dottrina risiede in definitiva nel suo carattere «non-umano»". René Guénon, Considerazioni sull’iniziazione, cap. "Sull’infallibilità tradizionale"

sabato 21 febbraio 2015

René Guénon, Forme tradizionali e cicli cosmici - cap. La tomba di Ermete

René Guénon
Forme tradizionali e cicli cosmici
 

La tomba di Ermete[1]

Ciò che abbiamo detto riguardo a certe imprese «pseudo-iniziatiche» potrebbe facilmente far comprendere le ragioni per cui siamo pochissimo invogliati a trattare questioni che tocchino più o meno da vicino l’antica tradizione egizia.
Possiamo ancora aggiungere, a questo proposito, che il fatto stesso che gli Egiziani attuali non si preoccupino minimamente delle ricerche concernenti questa civiltà scomparsa, basterebbe a dimostrare che non è possibile trarre da essa, dal punto di vista che ci interessa, alcun beneficio effettivo; se così non fosse, è chiaro che essi non ne avrebbero lasciato, per così dire, il monopolio a degli stranieri, i quali, d’altronde, non vi hanno mai trovato che una fonte di semplice erudizione.
La verità è che fra l’Egitto antico e l’Egitto attuale non vi è che una coincidenza geografica, priva della minima continuità storica; così che la tradizione di cui si tratta è ancor più completamente estranea, nel paese in cui ebbe vita, di quanto sia attualmente il Druidismo per i popoli che abitano oggi gli antichi paesi celti; ed il fatto stesso che in Egitto vi siano monumenti assai più numerosi non cambia in niente questo stato di cose. Teniamo a precisare bene questo punto una volta per tutte proprio per tagliar corto alle illusioni che si fanno troppo facilmente a questo proposito coloro i quali non hanno mai avuto occasione di esaminare le cose da vicino; nello stesso tempo questa osservazione dovrebbe distruggere ancor più completamente le pretese di quegli «pseudo-iniziati» che, pur riferendosi all’antico Egitto, vorrebbero far credere di essere in contatto con qualcosa che sussisterebbe ancora nell’Egitto attuale. Sappiamo che questa non è affatto una supposizione puramente immaginaria e che alcuni, contando sull’ignoranza generale, e a questo riguardo sfortunatamente non si sbagliano, spingono le loro pretese fino a tal punto.
Nonostante tutto ciò ci troviamo quasi obbligati a fornire, nella misura del possibile, qualche spiegazione che in questi ultimi tempi ci è stata richiesta da diverse parti, in seguito all’incredibile moltiplicarsi di certe storie fantastiche, di cui ci siamo d’altronde già occupati esaminando alcuni libri pubblicati recentemente. Bisogna dire, del resto, che queste spiegazioni non faranno riferimento alla tradizione egizia in sé, bensì a quanto la riguarda nella tradizione araba; a questo proposito si trovano alcune indicazioni abbastanza curiose che sono forse suscettibili di chiarire malgrado tutto certi punti oscuri, anche se, da parte nostra, non intendiamo affatto esagerare l’importanza delle conclusioni che se ne possono trarre.
Abbiamo già fatto osservare altrove che, di fatto, non si sa realmente a cosa abbia potuto servire la Grande Piramide, e potremmo dire la stessa cosa delle Piramidi in generale; è vero che l’opinione più comunemente diffusa vuol vedervi delle tombe, e senza dubbio questa ipotesi non ha in sé nulla di impossibile; ma, d’altra parte, sappiamo anche che gli archeologi moderni, in virtù di certe idee preconcette, si sforzano volentieri di scoprire tombe dappertutto, anche dove non ve n’è la minima traccia, e questo non manca di destare in noi una certa diffidenza. In ogni caso non si è mai trovata fino ad ora alcuna tomba nella Grande Piramide; ma anche se ve ne fosse una, ciò non servirebbe a risolvere completamente l’enigma poiché, evidentemente, la cosa non escluderebbe affatto che essa abbia potuto avere nello stesso tempo altre funzioni, magari più importanti, quali possono averne avute anche altre Piramidi che certamente hanno servito da tomba. D’altronde è anche possibile che, come alcuni hanno pensato, l’utilizzazione funeraria di questi monumenti sia stata più o meno tardiva, e che non fosse questa la loro destinazione primitiva, al tempo della loro costruzione. All’obiezione che certi antichi documenti, di carattere più o meno tradizionale, sembrerebbero confermare che si tratta di una tomba, diremo questo, che può sembrare strano di primo acchito, ma che è proprio quello che tenderebbero a dimostrare le considerazioni che seguiranno: le tombe in questione non devono essere intese in senso puramente simbolico?
In effetti, da taluni è detto che la Grande Piramide sarebbe la tomba di Seyidna Idris, ovverosia del Profeta Henoch, mentre la seconda Piramide sarebbe quella di un altro personaggio che di questi sarebbe stato il Maestro, e sul quale dovremo ritornare; ma, presentata in questo modo e presa in senso letterale, la cosa si presenterebbe manifestamente assurda, dal momento che Henoch non morì, ma fu trasportato vivo in Cielo; come dunque potrebbe avere una tomba? Ci parrebbe affrettato parlare in questo caso, alla maniera occidentale, di «leggende» prive di fondamento, poiché è questa la spiegazione che ne è data: non il corpo d’Idris fu sepolto nella Piramide, bensì la sua scienza; e da ciò alcuni deducono che si tratti dei suoi libri; ma quale verosimiglianza può avere il fatto che si siano sotterrati dei libri puramente e semplicemente, e quale interesse potrebbe avere una cosa simile, da un qualsiasi punto di vista?[2].
Certamente sarebbe stato molto più plausibile che il contenuto di questi libri fosse scolpito in caratteri geroglifici all’interno del monumento; ma, disgraziatamente per questa supposizione nella Grande Piramide non si trovano né iscrizioni né figurazioni simboliche di alcuna specie[3].
Non resta dunque che una sola ipotesi accettabile: ed è che la scienza di Idris sia davvero nascosta nella Grande Piramide, ma perché si trova inclusa nella sua stessa struttura, nella sua disposizione esterna e interna e nelle sue proporzioni; e tutto ciò che vi può essere di valido nelle «scoperte» che i moderni hanno fatto o creduto di fare a tale proposito non costituisce tutto sommato che qualche infimo frammento di questa antica scienza tradizionale.
In fondo, questa interpretazione si accorda abbastanza bene con un’altra versione araba sull’origine delle Piramidi, la quale ne attribuisce la costruzione al re pre-diluviano Surid: questi, avvertito in sogno dell’imminenza del Diluvio, le fece edificare secondo i disegni dei saggi, ed ordinò ai sacerdoti di depositarvi i segreti delle loro scienze ed i precetti della loro saggezza. Ora, si sa che Henoch (o Idris), anch’egli pre-diluviano, si identifica con Hermes (o Thoth), il quale rappresenta la fonte da cui traeva le proprie conoscenze il sacerdozio egizio, e, per estensione, questo stesso sacerdozio in quanto continuatore della medesima funzione di insegnamento tradizionale; si tratta perciò dunque sempre della stessa scienza sacra la quale, anche in questo caso, sarebbe stata deposta nelle Piramidi[4].
D’altra parte, questo monumento destinato ad assicurare la conservazione delle scienze tradizionali in previsione del cataclisma, ricorda anche un’altra storia abbastanza conosciuta: quella delle due colonne innalzate, secondo alcuni, proprio da Henoch, secondo altri da Seth, e sulle quali sarebbe stata scritta l’essenza di tutte le scienze; e la menzione che vien fatta di Seth ci riporta al personaggio di cui si dice che la seconda Piramide sia stata il sepolcro. In effetti, se questi fu il maestro di Seyidna Idris, egli non può essere stato che Seyidna Shîth, cioè Seth, figlio d’Adamo; è vero che autori arabi antichi lo designano coi nomi apparentemente strani di Aghatîmûn e di Adhîmûn, ma evidentemente tali nomi non sono altro che deformazioni del greco Agathodaimôn che, riferendosi al simbolismo del serpente considerato sotto il suo aspetto benefico, si applica perfettamente a Seth, come abbiamo già avuto modo di spiegare altrove[5].
La particolare connessione che viene così stabilita fra Seth e Henoch è degna di speciale nota, tanto più che entrambi sono inoltre messi in rapporto con certe tradizioni concernenti un ritorno al Paradiso terrestre, vale a dire allo «stato primordiale», e quindi con un simbolismo polare che non è privo di rapporti con l’orientamento delle Piramidi, ma questa è ancora un’altra questione: di sfuggita faremo soltanto osservare che tale fatto, implicando abbastanza chiaramente un riferimento ai «centri spirituali», tenderebbe a confermare l’ipotesi che vuole assimilare le Piramidi a un luogo di iniziazione, la qual cosa d’altra parte non sarebbe stata in fondo che il mezzo normale per mantenere «vive» le conoscenze che vi erano state incorporate, e ciò almeno per tutto il tempo durante il quale tale iniziazione si sarebbe mantenuta.
Aggiungeremo un’altra osservazione: è detto che Idris (o Henoch) scrisse numerosi libri ispirati, dopo quelli già scritti da Adamo stesso e da Seth[6]; questi libri furono il prototipo dei libri sacri degli Egizi, ed i «Libri ermetici» più recenti non ne rappresentano in certo modo che un «riadattamento», alla stessa stregua dei diversi «Libri di Henoch», i quali sono pervenuti fino a noi sotto questo nome.
D’altra parte i libri di Adamo, di Seth e di Henoch dovevano naturalmente esprimere, rispettivamente, aspetti differenti della conoscenza tradizionale, giacché implicavano una relazione più particolare con questa o quella scienza sacra, come sempre accade quando si tratta degli insegnamenti trasmessi dai diversi Profeti. Potrebbe essere interessante, a questo punto, chiedersi se non vi sia qualcosa che corrisponda in certo qual modo a tali differenze, per ciò che riguarda Henoch e Seth, nella struttura delle due Piramidi di cui abbiamo parlato, e magari, anche, se per caso la terza Piramide non abbia allora, secondo lo stesso ordine di idee, qualche rapporto con Adamo, dal momento che, pur non avendo noi trovato da nessuna parte allusioni esplicite a questo fatto, sarebbe tutto sommato abbastanza logico supporre che essa debba completare la terna dei grandi Profeti pre-diluviani[7].
Sia ben chiaro che noi non pensiamo affatto che questioni simili possano essere risolte attualmente; del resto, tutti i «ricercatori» moderni sono stati per così dire «ipnotizzati» quasi esclusivamente dalla Grande Piramide anche se, dopo tutto, essa non è poi tanto più grande delle altre due da potersi notare una gran differenza. Quando costoro assicurano, per giustificare l’importanza eccezionale che le attribuiscono, che essa è la sola ad essere esattamente orientata, forse hanno il torto di non riflettere sul fatto che certe variazioni nell’orientamento potrebbero anche non essere dovute a negligenza dei costruttori, ma essere invece proprio l’indizio di qualcosa che si riferisce a differenti «epoche» tradizionali; ma come ci si potrebbe aspettare che gli Occidentali moderni abbiano, per dirigersi nelle loro ricerche, delle nozioni sia pure in minima parte giuste e precise su cose di questo genere?[8]
Un’altra osservazione che ha pure la sua importanza è che il nome di Ermete è tutt’altro che sconosciuto alla tradizione araba[9]; e forse che è da vedere una semplice «coincidenza» nella somiglianza che esso presenta con la parola Haram (plurale Ahrâm), che in arabo designa la Piramide, da cui non differisce se non per la mancanza di una lettera finale che non fa parte della sua radice? Ermete è detto El-muthalleth bil-hikam, letteralmente «triplo nella saggezza»[10], che equivale all’epiteto greco Trismegisto, pur essendo più esplicito, poiché la «grandezza» che esprime quest’ultimo non è, in fondo, che la conseguenza della saggezza che è l’attributo proprio di Ermete[11].
Questa «triplicità» ha d’altronde ancora un altro significato, trovandosi talvolta sviluppata sotto la forma di tre Ermete distinti: il primo, chiamato «Ermete degli Ermete» (Hermes El-Harâmesah), e considerato come pre-diluviano, è quello che si identifica propriamente a Seyidna Idris; gli altri due, post-diluviani, sono l’«Ermete babilonese» (El-Bâbelî) e l’«Ermete egizio» (El-Miçrî). Ciò sembrerebbe indicare abbastanza nettamente che le due tradizioni caldea ed egizia deriverebbero direttamente da un’identica fonte principale, la quale, dato il carattere pre-diluviano che le è riconosciuto, non può che essere la tradizione atlantidea[12].
Qualunque cosa si possa pensare di queste considerazioni, che certamente sono altrettanto lontane dal punto di vista degli egittologi quanto da quello dei moderni investigatori del «segreto della Piramide», si può dire che quest’ultima rappresenti veramente «la tomba di Ermete», poiché i misteri della sua saggezza e della sua scienza vi sono stati nascosti in modo tale che certo è ben difficile scoprirveli[13].




[1] Articolo pubblicato su Études Traditionelles, dicembre 1936. [N.d.C.]
[2] C’è appena bisogno di far notare che il caso di libri deposti ritualmente in una vera tomba è ben diverso da quello che stiamo esaminando.
[3] Su questo argomento si trovano a volte delle strane asserzioni, più o meno completamente fantastiche; così nell’Occult Magazine, organo della H.B. of L. [Hermetic Brotherhood of Luxor – N.d.R.], abbiamo rilevato un’allusione alle «78 carte del Libro di Ermete che giace sepolto in una delle Piramidi» (numero del dicembre 1885, p. 87); si tratta chiaramente dei Tarocchi, ma questi non hanno mai costituito un Libro di Ermete, di Thoth o di Henoch, se non in certe concezioni molto recenti; e non sono più «egizi» di quanto siano gli zingari ai quali pure è stato dato questo nome. A proposito della H.B. of L., si veda il nostro libro su Le Théosophisme (1921).
[4] Un’altra versione, non più araba ma copta, attribuisce la costruzione delle Piramidi a Shedîd e Sheddâd, figli di Ad; non sappiamo bene quali conseguenze se ne potrebbero trarre, e non ci pare il caso di attribuirvi grande importanza perché, a parte il fatto che si tratta qui di «giganti», non si vede a quale significato simbolico essa potrebbe dar luogo.
[5] Si veda il nostro studio su Seth che costituisce ora il cap. XX della raccolta Symboles fondamentaux de la Science sacrée. L’Agathodaimôn dei Greci è spesso identificato anche con Kneph, rappresentato pure dal serpente, ed in connessione con l’«Uovo del Mondo», ciò che si riferisce sempre allo stesso simbolismo. Quanto al Kakodaimôn, aspetto malefico del serpente, esso è evidentemente identico al Set-Typhon degli Egizi.
[6] Il numero di questi libri varia secondo le indicazioni, ed in molti casi si può trattare solo di numeri simbolici; questo punto non ha d’altronde che un’importanza piuttosto secondaria.
[7] Va da sé che ciò non vuol dire affatto che la costruzione delle Piramidi debba essere loro attribuita materialmente, ma solo che ha potuto costituire una «fissazione» delle scienze tradizionali ad essi rispettivamente attribuite.
[8] L’idea che la Grande Piramide differisca sostanzialmente dalle altre due sembra essere assai recente; si dice che il Califfo El-Mamûn, volendo rendersi conto di ciò che contenevano le Piramidi, decise di farne aprire una; per caso, fu scelta la Grande Piramide, ma non pare che egli abbia pensato che essa dovesse avere un carattere assolutamente speciale.
[9] Oltre alla forma corretta Hermes si trova anche, presso alcuni autori, la forma Armis, che evidentemente ne è una alterazione.
[10] Hikam è il plurale di hikmah, ma le due forme singolare e plurale sono ugualmente impiegate col significato di «saggezza».
[11] Può essere interessante rilevare che la parola muthalleth designa anche il triangolo, per cui si potrebbe, senza forzare troppo le cose, trovarvi qualche rapporto con la forma triangolare delle facce della Piramide la quale pure ha dovuto essere determinata dalla «saggezza» di coloro che ne tracciarono il progetto; senza contare che il triangolo si riferisce, sotto un altro aspetto, al simbolismo del «Polo» e, sotto questo punto di vista, la Piramide stessa non è altro, in fondo, che una delle immagini della «Montagna sacra».
[12] Non è difficile capire che tutto ciò è in ogni caso da situare già abbastanza lontano dalla tradizione primordiale; sarebbe d’altronde del tutto inutile designare quest’ultima come fonte comune di due tradizioni particolari, perché essa è necessariamente la fonte di tutte le forme tradizionali senza eccezione. Dall’ordine di enumerazione dei tre Ermete, in quanto esso sembra avere qualche significato cronologico, si potrebbe anche concludere per una certa anteriorità della tradizione caldea rispetto a quella egizia.

[13] Dal momento che trattiamo questo argomento, segnaleremo ancora un’altra fantasticheria moderna: abbiamo constatato che certuni attribuiscono una considerevole importanza al fatto che la Grande Piramide non sarebbe mai stata terminata; in effetti il vertice è mancante, ma tutto quel che si può dire a questo riguardo, è che i più antichi autori di cui si ha testimonianza, i quali sono ancora relativamente recenti, l’hanno sempre vista tronca come essa è oggi. Da qui a pretendere che il vertice mancante corrisponda alla «pietra angolare» di cui si parla in diversi passaggi della Bibbia e del Vangelo, ci corre parecchio; tanto più che, secondo dati molto più autenticamente tradizionali, la pietra in questione sarebbe, non un pyramidion, ma piuttosto una «chiave di volta» (keystone), e se essa fu «scartata dai costruttori» ciò si deve al fatto che questi, non essendo iniziati che alla Square Masonry, ignoravano i segreti dell’Arch Masonry.

Cosa abbastanza curiosa, nel sigillo degli Stati Uniti si ritrova la Piramide tronca, sulla quale è un triangolo raggiante che, pur essendone separato e addirittura isolato da essa dal cerchio di nuvole che la circonda, sembra in qualche modo sostituirne la cima; ma in questo sigillo, da cui certe organizzazioni «pseudo-iniziatiche» cercano d’altronde di trarre partito in modo alquanto sospetto, vi sono ancora altri dettagli che sono perlomeno strani: per esempio il numero degli strati della Piramide, che sono tredici, è detto corrispondere a quello delle tribù d’Israele (contando separatamente le due mezze tribù dei figli di Giuseppe), e non è detto che tutto ciò non abbia rapporti con le origini reali di certe divagazioni contemporanee sulla Grande Piramide, tendenti, come abbiamo detto, a fare di essa, per fini piuttosto oscuri, una sorta di monumento «giudaico-cristiano».

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