René Guénon
Forme tradizionali e cicli cosmici
Forme tradizionali e cicli cosmici
Alcune
considerazioni sul nome Adamo[1]
Nel nostro studio sulla «situazione della tradizione atlantidea nel Manvantara»,
abbiamo detto che il nome Adam
significa letteralmente «rosso», e che questo è uno degli indizi del
collegamento della tradizione ebraica con quella atlantidea, che fu quella
della razza rossa.
D’altra parte, il nostro confratello Argos, nella sua interessante storia del «sangue e alcuni suoi misteri», crede di individuare per questo stesso nome un’origine a prima vista differente: dopo aver ricordato la consueta interpretazione, secondo cui esso significherebbe «tratto dalla terra» (adamah), si chiede se piuttosto questo nome non derivi dalla parola dam «sangue»; ma la differenza è soltanto apparente, perché tutti questi termini, in realtà, hanno una radice unica.
D’altra parte, il nostro confratello Argos, nella sua interessante storia del «sangue e alcuni suoi misteri», crede di individuare per questo stesso nome un’origine a prima vista differente: dopo aver ricordato la consueta interpretazione, secondo cui esso significherebbe «tratto dalla terra» (adamah), si chiede se piuttosto questo nome non derivi dalla parola dam «sangue»; ma la differenza è soltanto apparente, perché tutti questi termini, in realtà, hanno una radice unica.
Innanzitutto, si noti che, dal punto di vista linguistico, non
è ammissibile l’etimologia volgare, la quale giunge a far derivare Adam da adamah, che viene tradotto con «terra»;
l’ipotesi inversa sarebbe più plausibile; ma, in effetti, i due sostantivi
provengono entrambi da una medesima radice verbale adam, che significa «essere rosso». Adamah, originariamente almeno, non è la terra in generale (erets), né l’elemento terra (iabashah, parola il cui senso primitivo
sta ad indicare l’«aridità» come qualità
caratteristica di questo elemento); è propriamente l’argilla rossa che, per le
sue proprietà plastiche, è particolarmente adatta a rappresentare una certa
potenzialità, una capacità di ricevere delle forme; e il lavoro del vasaio è
stato spesso preso a simbolo della produzione degli esseri manifestati dalla
sostanza primordiale indifferenziata. Per la stessa ragione, la «terra rossa»
sembra avere una speciale importanza nel simbolismo ermetico, in cui essa può
essere vista come una delle raffigurazioni della «materia prima», sebbene,
qualora la si intenda nel senso letterale, solo
relativamente possa rappresentarla, essendo già dotata di proprietà definite.
Si aggiunga che la parentela fra una delle designazioni della terra e il nome Adam, preso come tipo dell’umanità, si
ritrova, sotto un’altra forma, nella lingua latina, in cui la parola humus, «terra», è
vicina in maniera altrettanto singolare ai termini homo e humanus. D’altro
canto, se si riferisce specificamente il nome Adam alla tradizione della razza rossa, questa corrisponde alla
terra, fra gli elementi, così come, fra i punti cardinali, è in correlazione
con l’Occidente, e quest’ultima concordanza dà un’ulteriore
giustificazione a ciò che avevamo detto in precedenza.
Quanto alla parola dam, «sangue» (che è comune all’ebraico e all’arabo),
anch’essa deriva dalla stessa radice adam[2]: il sangue è
propriamente il liquido rosso, ed è questa la sua caratteristica più
immediatamente evidente. La parentela fra tale designazione del sangue e il
nome Adam è dunque incontestabile e
si spiega da sola con la derivazione da una radice comune; ma questa
derivazione appare diretta sia per l’uno che per
l’altro, e non è possibile, partendo dalla radice verbale adam, passare per il tramite dam,
per arrivare al nome Adam. Vi
sarebbe, per la verità, un altro modo di considerare le cose, meno strettamente
linguistico, e dire che l’uomo è detto «rosso» a causa del suo sangue; ma una
spiegazione siffatta sarebbe poco soddisfacente, poiché il fatto di avere del
sangue non è una caratteristica esclusiva dell’uomo, che, al contrario, l’ha in
comune con le specie animali, sicché essa non può servire a caratterizzarlo
realmente. In effetti, nel simbolismo ermetico, il colore rosso è quello del
regno animale, così come il verde è il colore del regno vegetale e il bianco
del regno minerale[3]; quanto appena detto a proposito del colore rosso, si può
riferire precisamente al sangue, considerato come la sede o, meglio, il
supporto della vitalità animale propriamente detta. D’altra
parte, tornando alla relazione più particolare del nome Adam con la razza rossa. questa,
malgrado il suo colore, non sembra poter essere messa in rapporto con una
prevalenza del sangue nella costituzione organica, poiché il temperamento
sanguigno, fra gli elementi, corrisponde al fuoco, non alla terra, ed è la
razza nera che viene messa in relazione con l’elemento fuoco, così come, fra i
punti cardinali, essa corrisponde al Sud.
Segnaliamo ancora, fra i derivati della radice adam, la parola edom, che significa «rosso di
capelli» e che d’altronde differisce dal nome Adam soltanto per le vocali; nella Bibbia, «Edom» è un soprannome di Esaù, da cui il nome di Edomiti,
dato ai suoi discendenti, e quello di Idumea dato alla loro terra (e che in
ebraico suona ancora Edom, ma al
femminile). Tutto questo ci ricorda i «sette re di Edom» di cui si parla nello Zohar, e la stretta rassomiglianza di Edom con Adam può essere una delle ragioni per cui questo nome viene scelto qui per designare le umanità scomparse, cioè
quelle dei precedenti Manvantara[4]. In tal modo, ci si può rendere conto del rapporto esistente fra la
questione appena accennata e quella dei cosiddetti «preadamiti»: se si
considera Adam come l’origine della
razza rossa e della sua particolare tradizione, può trattarsi semplicemente
delle altre razze che hanno preceduto quest’ultima nel corso dell’attuale ciclo
umano; se lo si considera, in un significato più ampio, come il prototipo di
tutta la presente umanità, si tratterà di quelle umanità anteriori alle quali,
precisamente, alludono i «sette re di Edom». In ogni caso, le discussioni sorte
intorno a tale questione sono piuttosto prive di senso, in
quanto la cosa non dovrebbe presentare alcuna difficoltà; infatti non ve
n’è alcuna, almeno per la tradizione islamica, nella quale esiste un hadîth (parola del Profeta) che dice:
«Prima dell’Adamo che conosciamo, Dio creò centomila Adamo» (vale a dire un
numero indeterminato), ed è questa l’affermazione più netta possibile della
molteplicità dei periodi ciclici e delle umanità corrispondenti.
Poiché abbiamo fatto allusione al sangue come supporto della
vitalità, ricorderemo che, come abbiamo già avuto occasione di spiegare in una
delle nostre opere[5], il sangue costituisce effettivamente uno dei legami
dell’organismo corporeo con lo stato sottile dell’essere vivente, che è
propriamente l’«anima» (nephesh haiah
della Genesi), vale a dire, nel
significato etimologico (anima), il
principio animatore o vivificatore dell’essere. Lo stato sottile, nella
tradizione indù, è denominato Taijasa,
per analogia con têjas che è
l’elemento igneo; e come il fuoco, quanto alle sue qualità peculiari, è
polarizzato in luce e calore, così lo stato sottile è vincolato allo stato corporeo in due modi diversi e complementari: per
mezzo del sangue, quanto alla qualità calorica, del sistema nervoso, quanto alla
qualità luminosa. Infatti, anche dal semplice punto di vista fisiologico, il
sangue è il veicolo del calore portatore di vita, e questo spiega la
corrispondenza, da noi testé indicata, del
temperamento sanguigno con l’elemento fuoco. D’altra parte, si può dire che,
nel fuoco, la luce rappresenta l’aspetto superiore, e il calore
l’aspetto inferiore: la tradizione islamica insegna che gli angeli
furono creati dal «fuoco divino» (o dalla «luce divina»), e che coloro i quali
si ribellarono con Iblis[6]
perdettero la luminosità della loro natura, per conservarne soltanto un oscuro
calore[7]. Per
conseguenza, si può dire che il sangue è in rapporto diretto con l’aspetto
inferiore dello stato sottile; da ciò deriva il divieto di cibarsi del sangue,
la sua assimilazione con quanto vi è di più spesso nella vitalità animale e
che, mescolandosi intimamente agli elementi psichici dell’uomo, può
effettivamente dar luogo a gravissime conseguenze. Di là anche l’uso frequente
del sangue nelle pratiche di magia e anche di stregoneria (in
quanto capace di attrarre le entità «infernali», per conformità di
natura): D’altra parte, però, tutto questo, in determinate condizioni, è
suscettibile di una trasposizione in un ordine superiore, da cui i riti, sia
religiosi, sia anche iniziatici (come il mitriaco «sacrificio del toro»)
implicanti sacrifici animali; poiché, a questo proposito, si è fatta allusione
al sacrificio di Abele in contrapposizione a quello incruento di Caino, può
darsi che, in una prossima occasione, torneremo sull’argomento.
[1] Articolo pubblicato su Le Voile d’Isis, dicembre 1931. [N.d.C.]
[2] L’aleph
iniziale, esistente nella radice, scompare nel derivato, il che non è certo un. fatto eccezionale; questo aleph non è affatto un prefisso con un significato indipendente,
come vorrebbe Latouche, le cui concezioni linguistiche troppo spesso sono
fantasiose.
[3] Per quanto riguarda il simbolismo di questi tre
colori, rinviamo al nostro studio su L’Ésotérisme
de Dante (1925) [tr. it.: L’esoterismo di Dante, Atanòr, Roma 1972 ‑ N.d.R.].
[4] Si veda Le Roi du
Monde, cap. VI, in fine.
[5] L’Homme et son devenir
selon le Vêdânta, 1925, cap. XIV [tr. it.: L’uomo e il suo
divenire secondo il Vêdânta, Edizioni Studi Tradizionali, Torino 1965 ‑
N.d.R.]. Cfr. anche L’Erreur Spirite,
1923, pp. 116-119.
[6] [L’angelo ribelle,
corrispondente a Lucifero delle religioni giudaico-cristiane – N.d.R.]
[7] Un’ulteriore indicazione in
questo senso è data dal rapporto che esiste in arabo fra le parole nûr, «luce», e nâr, «fuoco» (nel senso di calore).
Nessun commento:
Posta un commento