René Guénon
Forme tradizionali e cicli cosmici
Forme tradizionali e cicli cosmici
L’autore, partito dall’esame di alcune pitture della
cappella di San Sebastiano di Lans-le-Villard, nella
Savoia, ha messo insieme tutti i documenti similari che ha potuto scoprire, e
ne ha fatto uno studio particolareggiato, corredato da numerose riproduzioni.
Si tratta di raffigurazioni dello scorpione, sia sullo stendardo portato dalla
Sinagoga personificata, sia, più frequentemente, nella rappresentazione di
alcune scene della Passione; in quest’ultimo caso, lo stendardo con lo
scorpione è generalmente associato a stendardi con altri emblemi e soprattutto
con le lettere S P Q R, evidentemente per indicare la contemporanea
partecipazione dei Giudei e quella dei Romani. Particolare curioso, che sembra
essere sfuggito all’autore: le medesime lettere disposte in un diverso ordine
(S Q R P) evocano foneticamente lo stesso nome dello
scorpione. Quanto all’interpretazione di questo simbolo, l’autore, basandosi in
parte sui Bestiari e in parte sulla
poesia drammatica del Basso Medioevo, mostra che esso significa soprattutto
falsità e perfidia; d’altronde mette giustamente in rilievo
che, all’epoca in questione, il simbolismo, «dogmatico» in precedenza, era
diventato principalmente «morale», il che vuol dire, in definitiva, che stava
per degenerare in semplice «allegoria», conseguenza diretta e inevitabile
dell’affievolirsi dello spirito tradizionale.
Comunque sia, è nostra opinione che, almeno originariamente,
dietro questa simbologia dovesse esserci dell’altro, forse un’allusione al
segno zodiacale dello Scorpione, al quale si collega l’idea della morte;
d’altra parte, si rilevi che a questo proposito, senza tale allusione, lo
stesso brano del Vangelo in cui lo
scorpione viene contrapposto all’uovo (Luca, XI, 11-12) resterebbe del tutto
incomprensibile. Un altro punto interessante ed enigmatico consiste
nell’attribuzione di simboli comuni, precisamente lo scorpione e il basilisco,
alla Sinagoga e alla Dialettica; al riguardo, ci sembrano davvero insufficienti
a render conto di tale accostamento, alcune spiegazioni che si sono volute
fornire, come quella della fama di abili dialettici, propria dei Giudei. Noi
non possiamo fare a meno di pensare ad una tradizione
secondo la quale le opere di Aristotele, considerato il Maestro della
Dialettica, racchiuderebbero un significato nascosto, che potrà essere
penetrato ed applicato soltanto dall’Anticristo, il quale, d’altra parte, si
dice che debba essere di stirpe giudea; non sarebbe dunque il caso di volgere
le ricerche in questa direzione?
Sir Charles Marston: La Bible a dit vrai, Librairie Plon, Parigi.[2]
Questo libro contiene innanzitutto, se è lecito esprimersi
così, un’eccellente critica della «critica» biblica,
mettendo perfettamente in risalto quanto c’è di parziale nei suoi metodi e di
erroneo nelle sue conclusioni. D’altronde, sembra che la posizione di questa
«critica», che si sentiva così sicura di se stessa, sia oggi seriamente
compromessa agli occhi di molti, poiché tutte le scoperte archeologiche recenti
non fanno che smentirla, ed è forse la prima volta che tali scoperte servono
finalmente a qualcosa la cui portata superi quella della semplice erudizione…
D’altro canto, va da sé che coloro i quali sanno
veramente che cosa è la tradizione non hanno mai avuto bisogno di un tal genere
di prove; ma si deve riconoscere che, basandosi su fatti in certo modo
«materiali» e tangibili, esse sono particolarmente idonee a toccare lo spirito
moderno, sensibile soltanto alle sollecitazioni di quest’ordine. In
particolare, faremo notare che i risultati acquisiti si oppongono chiaramente a
tutte le teorie «evoluzionistiche», dimostrando l’esistenza del «monoteismo»
anche in origine, e non facendone soltanto il punto terminale di una lunga
elaborazione, a partire da uno pseudo «animismo»
primitivo.
Un altro punto interessante si riferisce alla prova
dell’esistenza della scrittura alfabetica all’epoca di Mosè ed anche prima:
alcuni testi pressoché contemporanei di quest’ultimo descrivono riti simili a
quelli del Pentateuco, riti che
secondo i «critici» sarebbero di istituzione
«tardiva»; infine, parecchi fatti storici riferiti nella Bibbia, dei quali si contestava l’autenticità, da ora si trovano ad
essere interamente confermati. Beninteso, accanto a questi, restano ancora
molti punti più o meno dubbi. Il fatto è che, a parer
nostro, ci si deve guardare dall’andar troppo oltre nel senso di un «letteralismo» stretto ed esclusivo, il quale, checché se ne
dica, non ha assolutamente niente di tradizionale, nel vero senso della parola.
È contestabile che si possa parlare di «cronologia
biblica» quando si risale oltre Mosè; l’epoca di Abramo potrebbe essere più
remota di quanto non si pensi; e, per quanto concerne il Diluvio, la data che
gli si vuole assegnare indurrebbe a ridurne l’importanza a quella di una
catastrofe locale e del tutto secondaria, paragonabile ai diluvi di Deucalione
e di Ogigia. Quando poi si tratta delle origini dell’umanità, bisognerebbe
guardarsi dall’ossessione del Caucaso e della Mesopotamia, che non ha nulla di
tradizionale, e che è nata unicamente da interpretazioni formulate quando certe
cose non erano ormai più comprese nel loro significato originario. Non possiamo
certo soffermarci su alcuni argomenti particolari, tuttavia possiamo segnalare
questo: una volta riconosciuto che «Melchisedek è ritenuto un personaggio
misterioso» in tutta la tradizione, come si può sforzarsi di farne
semplicemente il re di una qualsiasi cittadina, che d’altronde non si chiamava Salem, ma Jebus? E, ancora, se si vuol situare il paese di
Madian. al di là del golfo di Akabah, come si
considera la tradizione secondo la quale il luogo del Rovo ardente si trova
nella cripta del monastero di Santa Caterina, proprio alle pendici del Sinai?
Ma, beninteso, tutto questo non sminuisce
affatto il valore delle scoperte davvero importanti, che senza dubbio
andranno moltiplicandosi, tanto più che il loro inizio risale a non più di una
diecina d’anni[3]; da parte nostra, non
possiamo che consigliare la lettura di questo libro chiaro e coscienzioso a
tutti coloro che sono in cerca di argomenti contro la «critica» distruttiva e
antitradizionale. Per finire, ci sentiamo soltanto in dovere di «mettere in
guardia» i lettori, da un altro punto di vista: l’autore sembra fare
affidamento sulla «metapsichica» moderna per spiegare o almeno far accettare i
miracoli, il dono della profezia e, in generale, i rapporti con quella
dimensione che malauguratamente chiama l’«Invisibile»
(parola di cui gli occultisti di tutte le categorie hanno fatto eccessivo uso e
abuso). D’altronde, egli non è il solo: noi stessi abbiamo rilevato di recente
altri esempi di una simile tendenza, che racchiude una incresciosa
illusione ed anche un pericolo, tanto più grande quanto meno se ne ha la
consapevolezza; non si dovrebbe dimenticare che le «astuzie diaboliche»
assumono tutte le forme, adattandosi , alle circostanze, palesando così risorse
pressoché inesauribili!
[1] Recensione pubblicata su Études Traditionnelles, luglio 1936.
[2] Recensione pubblicata su Études Traditionnelles.
dicembre 1936.
[3] [In rapporto a quando fu
scritto il presente articolo, quindi negli Anni Venti – NA.R.]
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