I. M. Casanowicz*
Sciamanesimo dei nativi siberiani**
Sciamanesimo dei nativi siberiani**
Con
sciamasesimo s’intendono quelle credenze magico-religiose e pratiche ritrovate
generalmente nelle comunità primitive nelle quali il prete o il funzionario
religioso è uno sciamano.
Il termine non designa una religione in particolare, ma una certa attitudine religiosa basata su una visione animistica della natura, una visione secondo cui il mondo è pervaso da forze spirituali — dei e spiriti — che influiscono positivamente sulla vita umana e con cui alcune persone riescono ad entrare in stretto contatto e controllare, diventando così mediatori tra l’uomo e il mondo degli spiriti. In effetti, che gli uomini, o almeno alcuni uomini, possano entrare in contatto con le forze spirituali e usarle per fini benevoli o malefici è una credenza universale, il presupposto comune a magia e religione. Ma più precisamente il termine Sciamanesimo è oggi applicato a quei metodi semi-religiosi e semi-magici praticati dagli stregoni mistici delle tribù di nativi in Siberia.
Il termine non designa una religione in particolare, ma una certa attitudine religiosa basata su una visione animistica della natura, una visione secondo cui il mondo è pervaso da forze spirituali — dei e spiriti — che influiscono positivamente sulla vita umana e con cui alcune persone riescono ad entrare in stretto contatto e controllare, diventando così mediatori tra l’uomo e il mondo degli spiriti. In effetti, che gli uomini, o almeno alcuni uomini, possano entrare in contatto con le forze spirituali e usarle per fini benevoli o malefici è una credenza universale, il presupposto comune a magia e religione. Ma più precisamente il termine Sciamanesimo è oggi applicato a quei metodi semi-religiosi e semi-magici praticati dagli stregoni mistici delle tribù di nativi in Siberia.
Lo
Sciamanesimo di questi popolazioni — comunemente
chiamate tribù uralo-altaiche — può essere considerato come una forma
specializzata ed altamente elaborata della pratica universale.
È
associato a una religione piena e variegata, politeismo o polidemonismo,
generalmente con un dio supremo sopra ogni cosa, di cui è parte
essenziale e centrale e collegato a sacrifici, preghiere liturgiche,
canti e formule.
Area del culto sciamanico
Tutti
i popoli dell’Asia settentrionale, specialmente quelli della sua parte
orientale, gli ugro-finnici, i tungusi, i mongoli e le tribù turche, erano
inizialmente seguaci dello Sciamanesimo. Ma il Buddhismo, l’Islam e, dalla
conquista russa del diciassettesimo secolo, il Cristianesimo (nella sua
versione ortodossa), hanno largamente preso il
sopravvento su di esso, il quale si trova ora in una condizione moribonda e sta
rapidamente scomparendo. Al momento il miglior rappresentante è il popolo
tunguso che, ad eccezione dei manciù, è completamente
sciamanista. Lo stesso vale in parte anche per i Buriati che vivono ad ovest del lago Baikal (quelli che vivono a est e a sud
del lago hanno adottato il Buddhismo nella sua forma Lamaista), poche tribù
tartare che vivono tra i monti Sajany e i monti Altaj (le cosiddette montagne
Calmucche, la foresta nera tartara e Shori) e tra alcune tribù samoiedo.
D’altro canto, lo Sciamanesimo, a turno, ha reagito alle nuove fedi. L’Islam
dei tartari siberiani e il Lamaismo dei Buriati è
ampiamente mescolato con le pratiche sciamaniche, mentre l’ortodossia russa,
imposta agli Yakut e ad altre tribù native nord siberiane, forma soltanto un
involucro molto sottile ad uno Sciamanesimo puro. Infatti, i russi che
colonizzarono queste lontane regioni sono stati profondamente “sciamanizzati”[1].
Cosmogonia
e visione del mondo dello sciamanesimo[2]
Lo
Sciamanesimo ha le sue radici in una cosmogonia ed una
visione del mondo che è sostanzialmente comune a tutti gli sciamanisti. Secondo
loro il mondo è formato da tre reami spirituali – uno
superiore, uno inferione e uno mediano. Il mondo superiore è composto da diciassette strati o cieli e costituisce il reame della
luce, la dimora degli dei e degli spiriti benigni che proteggono e preservano
la debole razza umana; quello inferiore, composto da sette o nove strati o
inferni, è il reame dell’oscurità, la tana dei diavoli, dei demoni e dei
dannati. Tra il paradiso e l’inferno c’è la superficie terrestre, l’abitazione
della razza umana, cosicché questo reame di mezzo è sotto l’influenza di
entrambi i suddetti reami[3].
La causa di un tale ordine del mondo fu la caduta dell’uomo raccontata nelle
leggende della creazione: all’inizio tutto era acqua, né terra, né cielo, né
Sole né Luna esistevano. Poi Kaira Kan, il dio supremo, creò per primo un
essere che era come lui e lo chiamò “uomo” (kishi). Kaira Kan e l’uomo galleggiavano
tranquillamente sull’acqua come due oche nere. Ma
l’uomo non era appagato da questa condizione beata, egli voleva elevarsi più in
alto di Kaira Kan. A causa di questa presunzione l’uomo perse la sua natura
eterea ed affondò nelle acque senza fondo. Kaira Kan,
per compassione, lo fece uscire dalle profondità, comandandogli
contemporaneamente di portar fuori dall’oceano la terra e di trasformarla
nell’abitazione dell’uomo, divenuto incapace di volare. Ma
l’uomo, ancora ribelle, mentre portava fuori la terra, ne mise una parte in
bocca con lo scopo di creare segretamente un territorio per sé. Ma quando egli emerse, la terra nella sua bocca si espanse
talmente tanto che egli non poteva più respirare e sarebbe soffocato se non
l’avesse sputata al comando di Kaira Kan. Il territorio che Kaira Kan creò era
liscio e piatto, ma la terra che uscì fuori dalla
bocca dell’uomo si sparse in tutte le direzioni e coprì tutta la superficie di
colline paludose. Kaira Kan chiamò l’uomo Erlik e lo
relegò nell’oscurità, dove divenne signore (Kan) dell’inferno. Allora
Kaira Kan fece crescere dalla terra un albero con nove rami e sotto ogni ramo creò un uomo. Questi nove uomini divennero i
progenitori delle nove tribù dell’umanità che popolano la Terra.
Erlik
corruppe gli uomini e li ebbe in suo potere. Kaira Kan, arrabbiato per la perfidia
e la follia dell’umanità, si ritirò nel più elevato dei diciassette cieli e
bandì Erlik al terzo strato del reame sotterraneo dell’oscurità. Erlik,
persistendo nella sua empietà, costruì con gli spiriti maligni un paradiso per
loro stessi ad imitazione del paradiso di Kaira Kan. Ma Kaira Kan lo distrusse. I frammenti del paradiso di Erlik
caddero sulla Terra, che fino a quel momento era stata liscia e piatta, e
diedero origine alle alte montagne e alle profonde valli. Questa volta Erlik fu
cacciato per sempre e relegato nel più basso mondo dell’oscurità.
Kaira
Kan emanò gli altri dei superiori: Bai Ulgan, il più alto dopo Kaira, che vive
nel sedicesimo cielo, Ky Sagan, nel nono cielo, e
Mergen, nel settimo cielo, dove c’è anche madre Sole, mentre padre Luna vive
nel quinto cielo, dove si trova anche il demiurgo creatore. I due figli di Bai
Ulgan si trovano nel terzo cielo. Qui ci sono anche il “mare di latte”, o
sorgente di tutta la vita, le montagne degli dei, e il paradiso in cui vanno le
anime dei giusti e dei beati. Questi ultimi sono i mediatori tra gli dei del
paradiso e la loro progenie sulla Terra, aiutandoli quando soffrono.
Sotto
questo reame c’è quello di Jersu, la Terra, concepita come comunità di
spiriti, come un tutto animato, nel cui ombelico vive Jo Kan, il cui potere è
quasi uguale a quello di Kaira Kan. Al suo fianco ci sono i signori (Kan)
superiori, diciassette, corrispondenti alle diciassette montagne e ai
diciassette mari. Dove i diciassette mari si uniscono
vive il Kan dell’Oceano. C’è anche un Kan dell’Altaj, il dio nazionale o della
gente. Tutti questi dei o semidei sono, come i signori del paradiso, potenze
creatrici ed aiutano gli uomini, ma solo i signori di
Jersu (la Terra), possono essere avvicinati direttamente dall’uomo comune, il
quali offre loro doni o li adora lanciando una pietra su un mucchio o canta
loro inni di lode.
All’opposto
di questi dei troviamo gli abitanti dei nove strati
dell’inferno, gli spiriti maligni e il loro re Erlik Kan, nemici dell’uomo che
cercano di danneggiare. Da Erlik provengono tutte le avversità, dalla povertà
alla morte. Inoltre seduce gli uomini e li porta al peccato. Dalla nascita di
un uomo alla sua morte gli spiriti benigni e quelli maligni lottano per
influenzarne la vita. Alla nascita di ogni essere umano, uno spirito benigno
mandato da Bay Ulgan gli porta la vita dal “mare di latte”, per poi rimanere
per sempre sulla sua spalla destra, guidandolo rettamente. Contemporaneamente
però, Erlik manda dal basso un diavolo che starà sulla spalla sinistra
dell’uomo e lo fuorvierà. Alla morte, l’anima va da Erlik per essere giudicata
ed entrambi gli spiriti forniscono una testimonianza delle sue azioni. Se le
buone azioni predominano, l’anima è condotta dallo spirito benigno dal reame
dell’oscurità al terzo cielo; se il male è maggiore del bene, l’anima viene trascinata all’inferno e gettata in un gigantesco
calderone riempito di catrame bollente. Ciò nonostante, Erlik è chiamato
“Padre” Erlik, poiché tutti gli uomini appartengono a lui, ed
alla fine egli prende la vita di tutti”[4].
Ora,
solo i signori della Terra possono essere avvicinati direttamente dell’uomo
comune senza un sacerdote intermediario. Il discorso è molto diverso per quanto
riguarda i signori supremi del mondo superiore e inferiore. Essi devono essere
avvicinati tramite la mediazione degli spiriti dei morti – in caso di dei del bene attraverso i Somo, i nove progenitori
guardiani dell’uomo. Il potere di controllare gli spiriti ancestrali
o altri è, però, innati solo in alcune famiglie. Questo potere si manifesta da
sé quando un membro di una di queste famiglie è colto dall’estasi e diviene
ispirato, fungendo da intermediario tra gli uomini e gli spiriti.
Per
riassumere il precedente delineamento della visione del mondo dello Sciamanesimo, si può dire che la sua filosofia è la
personificazione delle forze della natura, l’idea di un mondo pervaso da enti
spirituali. L’uomo si trova sotto l’influenza di due forze opposte, la forza della luce e la forza dell’oscurità. La prima,
ovviamente, vive nel paradiso, da dove arriva ogni bene; la seconda forza vive
nella fonte dell’oscurità, nel cuore della fredda, morta terra. In mezzo a
queste due grandi forze, è posta la superficie terrestre, cara all’uomo e
brulicante di vita da lui comprensibile, il Jersu con
le sue montagne e mari, che gli forniscono tutto il necessario per il
mantenimento della sua esistenza fisica. Ma la natura
della Terra è variabile e mutevole, non gli offre protezione da difficoltà,
perdite e dolori. L’uomo perciò, offre la sua più alta reverenza alle
sconosciute forze della luce e dell’oscurità, che controllano il suo destino
così come la Terra e i suoi fenomeni. Ma questi esseri sono così potenti e il
loro operato così incomprensibile che l’uomo cerca di
non entrare in rapporto diretto con loro. Per questo servono delle persone
particolarmente dotate che hanno un’intesa con le forze divine e l’autorità di
controllarle per garantire il bene ed allontanare dal
male.
Sebbene
si creda che gli spiriti della luce siano più potenti di quelli dell’oscurità,
i primi necessitano di poca attenzione in quanto sono
buoni e gentili, mentre gli spiriti maligni, se non venissero accontentati,
causerebbero costantemente dei danni. Inoltre fa parte della natura umana
accettare il bene senza troppa riflessione, mentre il male che l’uomo prova e
le sfortune che si abbattono su di lui si imprimono
con chiarezza nella sua coscienza. Di conseguenza, il culto sciamanico consiste
per la maggior parte nel placare e controllare gli spiriti maligni. Ma lo Sciamanesimo non deve per questo motivo essere
considerato una venerazione del diavolo, ma un culto degli spiriti, o una
venerazione di fantasmi. Lo sciamano non è posseduto dal diavolo, ma da uno
spirito ancestrale. Quando è posseduto in questa
maniera, egli ascende al paradiso o discende nell’inferno ed
influenza le forze attraverso lo spirito che è in lui.
Il nome “sciamano”
La
parola “sciamano” è da alcuni considerata una corruzione del sanscrito shramana,
del pali samana, un asceta, che, denotando un
discepolo di Buddha, tra i mongoli divenne sinonimo di mago. Ma
la spiegazione più accettabile della parola è quella derivata dal mancù saman,
pronunciato sciaman, il cui significato fondamentale è “uno che è
eccitato, commosso, elevato”, rispondendo così alle principali caratteristiche
dello sciamano. Il nome sciamano si trova tra i tungusi, i buriati e gli
jakuti, ma solamente per i tungusi è un termine nativo, in
quanto i buriati e i mongoli chiamano i loro sciamani bo o boe,
e sciamane donne odegon o utygan. Tra gli jakuti lo sciamano è
chiamato oyum, una sciamana udagan, tra gli ostyaki senin,
femminile senim. I samoiedi chiamano Il loro sciamano tadebei, e
gli altaj usano il termine kam, e chiamano il lavoro dello sciamano con
gli spiriti kamlanie, ossia kam-are.
L’incarico di sciamano
In
alcune tribù l’incarico di sciamano è erediario; in altre è sufficiente una
predisposizione naturale. Tra i tungusi della Transbaikalia un aspirante
sciamano dichiara che uno sciamano defunto gli è apparso in sogno e gli ha
ordinato di prendere il suo posto. Tra i buriati e i lapponi l’incarico è solitamente ereditario, anche se
chiunque può diventare sciamano o scelto dagli dei. Gli abitanti del distretto
dell’Altaj nell’Asia centro-settentrionale considerano che la vocazione di
sciamano è spontaneamente trasmessa per eredità dai
genitori ai figli, come una specie di incubazione. Tra gli ostyaki lo sciamano
sceglie uno dei suoi figli, in base alla sua adeguatezza, per essere il suo
successore. Gli jakuti credono che lo Sciamanesimo s’impossessi
involontariamente dell’individuo prescelto. “Generalmente non è un’avvenimento raro che un uomo colpito da un fulmine è
visto come scelto dagli dei ed è perciò ammesso agli onori sacerdotali. * * *
Tra i buriati, se qualcuno è ucciso da un fulmine, sta ad
indicare il volere degli dei, i quali in tal modo hanno conferito una certa
distinzione alla famiglia dell’uomo morto; egli è considerato uno sciamano, e
il suo parente più stretto godrà dei diritti dell’essere sciamano”[5]. I tungusi considerano
destinati dagli dei alla professione di sciamano i bambini che sanguinano dal
naso o dalla bocca.
Ma in ogni caso, diventato sciamani per eredità oppure
scelti dagli spiriti o da se stesso, il candidato solitamente mostra tratti da
psicopatico. È timido,
distratto e lunatico, cosa dovuta alle allucinazioni e all’andare in trance,
oppure è soffre di crisi epilettiche. Ama la solitudine e si ritira nei boschi,
salta nel fuoco o nell’acqua, si ferisce con le armi, e in generale mostra i
sintomi di una persona anormale. Tale anormalità, tuttavia, non è universale.
Una
volta chiamato al ruolo di sciamano, il candidato non può decidere se accettare
o meno l’incarico. “Deve necessariamente diventare
sciamano, poiché il potere degli antenati è passato attraverso di lui. Se si
oppone al volere dei suoi antenati, si espone a torture orribili, che lo
condurranno alla perdita di tutto il suo potere mentale, rendendolo un
imbecille, oppure ad una pazzia estrema che lo porterà
al suicidio o alla morte più dolorosa”[nota 6]. In generale,
“Essere sciamano comporta un grande pericolo. La minima mancanza di
armonia tra le azioni dello sciamano e le misteriose richieste dei suoi
‘spiriti’, mette fine alla sua vita. * * * Ciò avviene specialmente se lo
sciamano è lento a svolgere quei compiti che lo
porterebbero a distinguersi dalle altre persone. * * * Ci sono storie di
sciamani portati via ancora vivi dalla Terra al cielo, di altri uccisi dagli
spiriti o abbattuti al primo incontro con le forze che essi avevano osato
invocare”[6].
L’iniziazione dello sciamano
Di
norma, i candidati alla carica di sciamano devono sottoporsi a delle istruzioni
preparatorie impartite da qualche esperto professionista. Durante la
preparazione, il novizio deve superare allenamenti sia fisici che mentali. Di solito, viene
isolato e mandato in foreste e colline oppure rimane in una stanza nascosta per
tutto il tempo. La sua immaginazione è modellata dalla solitudine, dalla
contemplazione degli aspetti cupi della natura che lo circonda, fa lunghe
veglie e si nutre facendo uso di narcotici, fino a che
non si persuade che anche lui ha visto le apparizioni di cui ha sentito quando
era ragazzo. Lo spirito dello sciamano di solito appare sotto
forma di animale o di uccello. Gli spiriti guardiani più comuni sono il
lupo, l’orso, il corvo, il gabbiano e l’aquila.
Gli
yakuti credono che ognuno dei loro Oyum ha il
suo emekhet, o spirito guardiano, e la sua immagine bestiale, ie-kyle,
mandati giù dall’alto. L’emekhet, di solito uno sciamano morto, qualche
volta un dio secondario, sta sempre al fianco dell’uomo che protegge.
Il
novizio deve anche imparare a cantare, ballare, fare il ventriloquo e suonare
il tamburo. Ma non sempre un’istruzione preparatoria è
necessaria. Esistono sciamani che hanno ottenuto i poteri occorrenti e le
qualifiche direttamente dagli dei, senza essere stati addestrati precedentemente.
La consacrazione a sciamano
La
consacrazione di un canditato al suo incarico in alcune tribù è accompagnata da
delle cerimonie. In questa occasione, il candidato
prende i voti e diventa proprietà degli spiriti.
Tra
gli yakuti, un vecchio sciamano lo conduce su una collina o in uno spazio
aperto, lo veste con gli abiti da sciamano, lo fornisce di tamburello e
bacchetta e, posizionandolo in mezzo a nove casti
giovani alla sua destra e a nove caste vergini alla sua sinistra, gli fa
giurare che sarà sempre fedele allo spirito che esaudirà le sue preghiere. Poi
gli dice dove i vari spiriti dimorano, che malattie
causano, e in che modo possono essere soddisfatti. Infine il nuovo sciamano
uccide l’animale destinato al sacrificio; il suo vestito viene
schizzato di sangue e la carne è mangiata dagli spettatori[7].
Tra
i buriati la consacrazione di uno sciamano è assai elaborata e costosa, ci sono
purificazioni e abluzioni, il sacrificio di molti animali e numerosi assistenti
e partecipanti. In quest’occasione gli viene detto:
“Quando vieni richiesto da un uomo povero, chiedi poco come ricompensa al tuo
disturbo e accetto ciò che ti è dato. Prenditi cura dei poveri, aiutali e prega
gli dei affinché li difendano dagli spiriti maligni. Se vieni
richiesto da un uomo ricco, va’ da lui in sella ad un giovane toro e non
chiedere molto per il tuo disturbo. Se vieni richiesto
da un povero e da un ricco allo stesso tempo, va’ prima dal povero”. Il
candidato ripete questi precetti dopo il suo mentore e promette di osservarli[8].
Uomini e donne sciamani
Più
spesso lo sciamano è un uomo. I nativi delle montagne dell’Altaj nell’Asia
centro-settentrionale permettono solo agli uomini di prender parte alle loro
feste sacrificali, perciò solo l’uomo può essere sciamano. Donne sciamano si
trovano tra i tungusi, gli ostyaki, i buriati e gli yakuti, e, anche se sono
considerate inferiori ad uno sciamano maschio, sono
comunque preferite per la loro cura ai disturbi mentali. Anche i goldi, sul
fiume Amur, hanno sciamani donna, e tra i kamchadal, nella penisola del
Kamchatka, ogni donna anziana è vista come una strega e interprete di sogni[9].
Sciamani bianchi e neri
I
buriati distinguono tra sciamani bianchi, che servono gli spiriti benigni (tengris)
dell’ovest, e gli sciamani neri, che servono gli spiriti maligni dell’est. I
primi sono onorati come coloro che attraverso la loro influenza sulle forze del
bene aiutano e proteggono gli uomini; gli ultimi sono temuti in
quanto attraverso gli spiriti maligni spesso danneggiano l’uomo. Questo
perché uno che possieda un tale potere sugli spiriti da dirigerli fuori dai
corpi, deve essere altrettanto abile a mandarli dentro le persone per farle
ammalare o impazzire. Gli spiriti possono anche rubare l’anima alle loro
vittime. I buriati credono anche che gli sciamani bianchi e quelli neri
combattano tra di loro, scagliandosi contro delle asce
da centinaia di miglia di distanza. Certe volte gli sciamani neri vengono uccisi per i loro misfatti. Landtman[10] aggiunge: “I fatti provano, comunque, che la distinzione
tra le classi sacerdotali buone e cattive è spesso decisa arbitrariamente,
tenendo in poca o nessuna considerazione i mezzi, religiosi o magici, che essi
usano nella loro pratiche”.
Sciamani incarnati in animali
Abbiamo
detto precedentemente che gli yakuti credono che
ognuno dei loro sciamani (oyum) ha il suo emekhet, o spirito
guardiano, e la sua immagine ie-kyle, mandati giù dall’alto.
Quest’incarnazione dello sciamano sotto forma di bestia è tenuta segreta con
attenzione. Solo una volta all’anno, quando la neve si
scioglie e la terra diventa nera, gli ie-kyle appaiono nelle abitazioni
degli uomini. Le anime degli sciamani incarnate in forma animale sono visibili solo agli occhi degli sciamani, ma essi vagano
ovunque, non visti dagli altri. Spesso lottano, e lo sciamano il cui ie-kyle
è battuto, si ammala o muore. Gli sciamani più deboli e codardi sono quelli
di razza canina; gli stregoni più potenti quelli il cui ie-kyle è uno
stallone, un alce, un orso nero, un’aquila o un enorme cinghiale toro. I
samoiedi della regione del Turukhinsk sostengono che ogni sciamano ha uno
spirito familiare sotto forma di un cinghiale, che porta in giro grazie ad una
cintura magica. Alla morte del cinghiale, anche lo sciamano muore e vengono raccontate storie di battaglie tra stregoni che
hanno mandato i propri spiriti a combattere prima di incontrarsi di persona[11].
Sciamani morti
Generalmente
i primitivi credono che le anime dei defunti siano ostili e pericolose per i
viventi.
E
temono ancor di più i fantasmi degli stregoni che già in vita erano potenti.
Quindi “le tribù turaniche dell’Asia settentrionale temono i loro sciamani
soprattutto da morti, in quanto diventano della più
dannosa di tutte le classi di spiriti”[12].
Gli
yakuti credono che gli sciamani da morti si tramutino in spiriti maligni. Gli
sciamani morti vengono seppelliti con gran fretta di
notte o alla sera in una nicchia nascosta in un boschetto o nella radura di una
foresta, poi il posto è accuratamente evitato. D’altro canto, tra gli ostyaki
quando uno sciamano muore, l’uso comune di offrire onori divini al defunto si
trasforma per lui in una completa e decisa canonizzazione[13].
Tra i buriati poco dopo la morte di uno sciamano, uno dei suoi amici cade in
trance – colpito da un fulmine invisibile, lanciato dagli dei – e
quando si riprende annuncia che lo spirito dello
sciamano defunto gli ha confidato il punto in cui desidera riposare. Il corpo viene cremato e le ceneri messe in un buco creato in uno
degli alberi più larghi della parte indicata della foresta.
Il
luogo diventa così sacro[14].
La
tomba di uno sciamano nero solitamente viene nascosta
tra i pioppi e il corpo è legato alla terra tramite una radice presa da uno di
quegli alberi[15].
Aspetto e vestito dello sciamano
“In
generale,” dice Sieroshevski (l. c., p.102), “c’è
qualcosa di peculiare nell’aspetto di uno sciamano, che ha permesso all’autore,
dopo un po’ di pratica, di distinguerlo con certezza in mezzo a una folla di
persone. Si riconosce da una certa energia e mobilità dei muscoli facciali, che
di solito tra gli yakuti sono immobili. C’è anche, nei suoi
movimenti, una notevole vivacità”.
In
aggiunta a ciò, qualche volta lo sciamano è mentalmente anormale, epilettico o
afflitto da una qualche debole nevrosi, che viene
aggravata dalla pratica della sua vocazione e intensificata ulteriormente se,
come nel caso di alcune tribù, l’incarico è ereditario o genetico; inoltre,
qualunque primitivo crede che l’anormalità fisica e soprattutto quella mentale
siano dovute dalla possessione da parte di uno spirito.
Oltre
a questi peculiari tratti fisici e psicologici personali, lo sciamano, in quanto mediatore nei rapporti con il mondo degli spiriti,
durante le sue funzioni reca segni esteriori per infondere nelle persone sentimenti
di mistero e di stupore, e per
simboleggiare la sua distanza dal resto della popolazione. Perciò lo
sciamano durante le cerimonie indossa un vestito speciale – un cappotto (kaftan)
fatto di stoffa e pelli di orso, tappezzato di sonagli di ferro, anelli e
rappresentazioni di animali, o spirali di fazzoletti raffiguranti dei serpenti.
Tutto ciò ha un significato e uno scopo precisi e
spesso un carattere mistico. Gli sciamani yakuti adornano i loro cappotti con
rappresentazioni del Sole con dei buchi, e con una mezza Luna, che indica il
crepuscolo che regna nella terra degli spiriti.
Gli
animali mitici sul vestito simboleggiano i mostri presenti nel mondo degli
spiriti contro cui lo sciamano deve combattere, mentre
le placche di ferro devono proteggerlo dai colpi degli spiriti maligni. I
grandi sciamani si distinguono inoltre per l’amagyat presente sul loro
petto, una placca metallica, di solito rame, decorata con la figura di un uomo.
Rappresenta lo spirito protettore o lo spirito degli
antenati dello sciamano. È un particolare distintivo della vocazione di
sciamano donato da un vecchio sciamano a uno nuovo.
Il
più importante accessorio del vestito di uno sciamano è però il tamburello (tungur
o tur)
e le bacchette, senza di cui i suoi incantesimi non avrebbero forza e le sue
predizioni sarebbero inefficaci. Il potente suono del tamburo magico penetra
nel mondo degli spiriti, costringendoli a sottomettersi alla sua volontà. Oltre
al suo potere di richiamare e radunare gli spiriti, esso serve lo sciamano come
veicolo nei suoi voli in paradiso e nelle sue discese nell’oscuro reame di
Erlik.
La
forma del tamburello varia da tribù a tribù: presso alcune è circolare; presso
altre è ovale, e il suo più ampio diametro è di circa 60
centimetri. Dentro al tamburello, nel lato lungo del
cerchio, c’è un manico a forma di bastone. Questo manico di solito replica una
forma grezza di uomo, allargandosi nella parte superiore per rappresentare la
testa e biforcandosi nella parte inferiore per somigliare a delle gambe. Il manico
è chiamato l’“ospite” (tungur asi) del tamburo. Lungo le braccia
dell’”ospite” sono legati sonagli di ferro e campane, il cui numero è maggiore
o minore a seconda del rango dello sciamano e
corrisponde al numero di spiriti a lui soggetti.
La
pelle del tamburo è decorata con figure simboliche, intimamente collegate a
credenze e misteri sciamanici. Tra i buriati, al novizio non è permesso
prendere il tamburo fino a dopo il terzo anno dalla sua consacrazione.
Nell’equipaggiamento dello sciamano buriato ci sono anche due bastoni a forma
di cavallo, tagliati
da una betulla viva, in una maniera tale che l’albero non muoia.
Rappresentano i cavalli su cui lo sciamano vola in paradiso.
Le funzioni dello sciamano
Lo
sciamano ideale impersona i ruoli di sacerdote, curatore e profeta. Come
sacerdote, presiede ai sacrifici e alle cerimonie sia pubbliche che private. Le funzioni sacerdotali dello sciamano sono
però di secondaria importanza e scaturiscono dalle sue altre funzioni. Esistono
molti sacrifici e cerimonie per cui la sua partecipazione non è essenziale. Il
suo collegamento con il sacrificio è soprattutto il fatto che egli conosca il
volere degli dei o degli spiriti e che sappia quali sacrifici li
soddisferebbero nelle varie occasioni, essendo in grado di determinare la loro
natura e il metodo delle offerte da fare loro.
Secondo
le credenze non solo dei popoli primitivi, ma anche di alcune civiltà altamente avanzate, come quelle dei babilonesi e degli
assiri, la malattia è dovuta a uno spirito maligno entrato dentro un uomo e che
deve essere espulso. Solo lo sciamano però, che è egli stesso posseduto dagli
spiriti, può affrontare il demone di maniera tale da causare la guarigione del
paziente. Spesso questa procedura prende la forma di un duello tra lo sciamano,
o meglio tra lo spirito che ha evocato da se stesso, e lo spirito che si è
impadronito del paziente, il quale è stato sconfitto e cacciato. Probabilmente
questa è la forma più primitiva di esorcismo. L’espulsione dei demoni delle
malattie spesso è accompagnata dall’utilizzo di erbe, fumigazioni e
manipolazioni che alcune volte hanno effetti benefici, perciò lo sciamano è in
una certa misura come un precursore del medico.
Le
malattie possono essere causate anche dal fatto che l’anima di un uomo sia
stata terrorizzata da qualcosa e sia fuggita dal corpo. Lo sciamano la insegue
ovunque essa sia andata, anche nella prigione di Erlik, e la restituisce al suo
proprietario.
Ma ciò che rende lo sciamano
potente, è il dono della profezia, l’arte della divinazione, la quale è la base
delle sue altre funzioni. Egli possiede un contatto diretto con gli spiriti e
accede veramente al mondo degli spiriti, ottenendo così una conoscenza
superiore a quella dell’uomo comune. In virtù du questa conoscenza può dare
istruzioni durante le preghiere e i sacrifici e sconfiggere e scacciare gli
spiriti ostili. Può predire il futuro, scoprire cosa sta succedendo in luoghi
lontani, rivelare segreti, individuare ladri e rispondere a tutte quelle
domande per cui gli uomini fanno ricorso a un indovino o a un profeta.
Lo
sciamano deve eseguire la divinazione dalla scapola di una pecora[16] o
dal volo delle frecce. Il metodo caratteristico delle divinazioni sciamaniche
però è la seduta spiritica, ciò che localmente è conosciuta come kamlanie.
In quest’occasione, lo sciamano fuma, fa uso di narcotici, canta, urla, danza,
suona il tamburello e così via, fino a cadere in uno stato di trance o di
alterazione della personalità. Mentre è in questo stato, gli spiriti prendono
possesso di lui e gli rivelano il loro volere o gli danno
le informazioni desiderate[17].
Lo sciamano siberiano a confronto con l’uomo di
medicina americano
Gli
aspetti principali della procedura dello sciamano siberiano, come l’idea della
possessione da parte degli spiriti, sembra che siano
quasi universalmente presenti quando si parla di guarigione, di interpretare il
volere degli spiriti o degli dei, o di predizione. Uno di questi aspetti può
avvenire senza gli altri, ma tutti fanno parte della pratica di un mago o di un
taumaturgo.
A
propria volta, i metodi di un uomo di medicina possono essere ritrovati ovunque
e fanno ampiamente parte delle pratiche dello sciamano. Ma
mentre i metodi dello sciamano fanno riferimento al culto degli spiriti e non
sono principalmente magici, ma piuttosto mistici e primitivi, e cercano
un’intima comunione con il mondo degli spiriti, quelli dell’uomo di medicina
sono in parte magici, in parte empirici e fanno uso di metodi naturalisti di
guarigione e non sono necessariamente connessi con il mondo degli spiriti. La
procedura dello sciamano è principalmente basata sul fatto di essere in
relazione con gli spiriti e di poterli controllare, mentre l’uomo di medicina
solitamente agisce con metodi per cui l’aiuto degli spiriti non è essenziale[18].
Lo sciamanesimo a confronto con il feticismo
Il
feticismo, la credenza che gli oggetti materiali possano diventare, con riti e
incantesimi appropriati, l’abitazione di forze misteriose o magiche, ha una
qualche affinità con lo sciamanesimo. Inoltre anch’esso nasce dall’animismo,
esprimendo la nozione che il mondo è pervaso da misteriose forze spirituali. Ma
mentre nel feticismo si crede che la forza magica risieda nello strumento o in
sostanze particolari, o che il feticcio stesso sia qualcosa di soprannaturale,
una forza o potenza quasi personificata con una sua volontà, nello
sciamanesimo, lo sciamano persuade i fantasmi, gli spiriti o gli dei ad eseguire il suo volere grazie alla forza della sua
volontà. Nel feticismo, l’enfasi è data all’oggetto, sebbene per
creare il feticcio possano essere eseguiti riti e incantesimi; nello
sciamanesimo, i fattori primari sono la personalità e la volontà dello
sciamano, anche se possono essere utilizzati come mezzi.
Lo sciamano in azione[19]
L’attività
dello sciamano come sacerdote o sacrificatore, come stregone degli spiriti o
come profeta è
mostrata in maniera straordinaria dalle cerimonie svolte durante i sacrifici a
Bai Ulgan, che dimora nel sedicesimo cielo ed è secondo solo a Kaira Kan, il
dio supremo. È una specie di gioco misterioso o di dramma religioso in cui lo
sciamano in quanto stregone degli spiriti è l’attore.
La procedura di questo sacrificio e delle cerimonie, stregonerie e incantesimi
che lo accompagnano sono elaboratissime e si svolgono in tre sere.
La
prima sera, lo sciamano sceglie un punto in un boschetto di betulle e ci
colloca una yurta (tenda). Nella
yurta viene collocata una betulla giovane i cui rami inferiori sono
stati tagliati e su uno dei rami superiori viene appesa una bandiera. Ai piedi
dell’albero con un’ascia vengono incisi nove gradini (tapty).
Attorno alla yurta viene creata una piccola colonna.
Di fronte alla porta della yurta c’è l’entrata del
cortile e vicino a questa c’è un palo di legno di betulla a cui è appeso un
cappio fatto di crine di cavallo. Quindi viene scelto
un cavallo adeguato alla divinità e viene affidato a una persona scelta tra i
presenti che viene chiamata “colui che tiene la testa” (bashi-tukan kiski). Lo
sciamano sventola un ramoscello di betulla sopra la schiena del cavallo di modo
da guidare la sua anima verso Ulgan, accompagnata dall’anima
del bashi-tukan kiski, mentre chiama gli spiriti ad aiutarlo durante il
sacrificio. L’adunanza degli spiriti all’interno del tamburello avviene con grande
solennità. Lo sciamano convoca separatamente ogni spirito, il quale risponde:
“Eccomi Kam”, e nello stesso tempo muove il tamburello come se lo spirito
stesse entrandoci. Dopo aver radunato questi spiriti aiutanti, lo sciamano esce
dalla yurta, si siede su uno spaventapasseri fatto con
un’oca riempita di fieno e coperta di vestiti e, muovendo rapidamente entrambe
le braccia come fossero ali, canta ad alta voce:
Sotto
il cielo bianco,
Sopra le nuvole bianche,
Sotto il cielo blu,
Sopra le nuvole blu –
Cavalca un uccello verso il cielo!
L’oca replica: “Ungai gak gak, ungai gak, kaigai gak, kaigai
gak”. Lo sciamano stesso, ovviamente, imita
il verso dell’oca, come se lo spirito rispondesse anche attraverso di lui.
Al
galoppo di questo destriero piumato lo sciamano segue l’anima (pura) del
cavallo, imitandone il nitrito. Finalmente, con l’aiuto degli spettatori,
conduce il cavallo al palo di betulla col cappio, il quale rappresenta il
guardiano dell’anima della bestia. Dopo molte spinte e
molti strattonamenti, a rappresentazione della fuga e della cattura della pura,
lo sciamano profuma l’animale di ginepro, lo benedice e, aiutato da qualche
astante, lo uccide in maniera barbara e crudele. L’animale morto è spellato e
tagliato così elaboratamente che le ossa non vengano
rotte o danneggiate in alcun modo. La carne viene
cotta in calderoni e poi stesa su dei rami di betulla. Lo sciamano poi ne mette
una parte in un piatto di legno e la offre agli spiriti ancestrali
e guardiani della yurta. Un po’ di
quest’offerta, viene distribuita anche alla famiglia
dello sciamano e ai suoi parenti. La parte migliore è riservata allo sciamano;
ciò che rimane è donato agli ospiti. Le ossa sono conservate e consacrate agli
dei.
Il
momento più importante della cerimonia si svolge nella seconda sera, quando viene rappresentato il viaggio dello sciamano verso il
paradiso di Bai Ulgan. Lo sciamano invoca con canti ritmici i vari spiriti, i
signori del tamburello, la madre del fuoco, i diciassette signori di jersu e
Merkyut, l’uccello del paradiso, e offre loro una libagione. Poi profuma di
ginepro nove indumenti appesi su una corda e, cantando, li offre a Bai Ulgan a nome del capo della casa. Quando gli spiriti sono
radunati, lo sciamano suona il tamburello ancora più forte e gira varie volte
attorno all’albero di betulla che si trova dentro la yurta,
quindi si inginocchia davanti alla porta e chiede allo spirito di questa di
garantirgli una guida. Toccando i membri della famiglia sul petto col tamburo e
sulla schiena – la sede dell’anima – con la bacchetta, li purifica
e li libera da ogni male e, mettendo il tamburello vicino alle loro orecchie e
colpendolo, trasferisce in loro gli spiriti e i poteri dei loro antenati
guardiani. Infine, comincia la sua ascesa al paradiso. Saltando, urlando, con
movimenti simbolici e sfrenati, lo sciamano va in estasi. Poi, improvvisamente,
sale sul primo gradino inciso nel tronco dell’albero di betulla, alza il
tamburello e lo batte con tutta la sua forza. Egli si sta elevando al paradiso.
Passa di cielo in cielo, a cavallo dell’oca, accompagnando l’ascesa con canzoni
e incantesimi e battendo il tamburo con tempi e scale diversi,
modulando e cambiando la sua voce in imitazione degli ipotetici interlocutori. Ad ogni fase, racconta al pubblico ciò che ha visto e
sentito. Poi, finalmente, avendo raggiunto il nono o addirittura il dodicesimo
cielo, rivolge a Bai Ulgan un’umile preghiera e apprende se il sacrificio è
stato accettato o meno, riceve informazioni a
proposito delle condizioni metereologiche future, del raccolto, delle malattie
o di altre sfortune, e anche dei sacrifici che saranno richiesti in futuro.
Dopo questo incontro con Ulgan, l’estasi o delirio dello sciamano raggiunge il
suo climax ed egli collassa, rimandendo immobile. Dopo un po’, lentamente si
rialza, si stropiccia gli occhi e saluta i presenti
come dopo una lunga assenza.
La
terza notte è spesa tra libagioni e banchetti, durante i quali sono consumate
enormi quantità di kumis e altri alcolici.
Purificazione della yurta[20]
La
maggiore abilità dello sciamano è rappresentata dalla cosiddetta purificazione della yurta, che avviene dopo quattordici giorni dalla morte
di un membro della famiglia. Solo pochi sciamani possono eseguire con successo
questo incantesimo; i ricchi, perciò, chiamano uno sciamano molto famoso per
compierlo, e lo ricompensano generosamente. Di solito, la purificazione viene eseguita con l’aiuto di Yaryik Kan, la cui assistenza
è ripagata con un sacrificio. Secondo le credenze degli altaici (condivise da
molti altri popoli), l’anima del defunto rimane per un
po’ di tempo nella yurta e rifiuta di partire per il reame dei morti senza la
compagnia di altri membri della famiglia, o almeno di un po’ di bestiame.
Yaryik, il principe dei mari di Jersu, è il più abile, usando dei getti
d’acqua, a costringere le anime rapite a ritornare e a guidare le anime dei
defunti verso l’oltretomba.
La
credenza che l’influenza delle anime dei morti sia nociva ha le sue fondamenta
nelle intime relazioni familiari tra i morti e i vivi, cosa che può essere
considerata come la base della teoria e della pratica dello sciamanesimo.
Un’altra causa di questa credenza sono le frequenti epidemie, che, con la
mancanza di precauzioni igieniche e di assistenza medica tra i popoli altaici,
spesso sono terribilmente devastanti e la cui fonte viene
trovata nell’ostilità dei fantasmi.
Il
dottor Radloff ebbe l’opportunità di assistere a una di queste purificazioni
nel luglio 1860, vicino al lago Kengi. Al tramonto, nella yurta
c’erano venti persone circa, parenti e vicini di casa. Era la purificazione per
la morte della casalinga. Gli ospiti presenti erano abbastanza disinteressati,
parlavano e fumavano. Al calare del sole, si sentì in lontananza il rumore
sordo del tamburo dello sciamano. Poco dopo, lo stregone entrò nella yurta e il suo canto e il suo battere scemarono
gradualmente, diventando una specie di lamento e di sussurro. Egli tenne un
dialogo con l’anima della defunta, la quale lo implorò
pateticamente di lasciarla rimanere nella yurta coi suoi bambini. Ma lo
sciamano, non lasciandosi impietosire, spinse l’anima con la forza del tamburo,
riempito di spiriti potenti, fino ad stringerla tra il
tamburo e la bacchetta e la buttò a terra. Il cambiamento dell’intonazione
della sua canzone e dell’intensità dei battiti sul tamburo indicarono
che l’anima era stata cacciata nell’oltretomba. Quindi iniziò un dialogo con i
parenti già morti a cui l’anima della donna defunta
era stata condotta. Non la volevano. Lo sciamano offrì loro della vodka per
farli divertire. Cantarono allegramente e così lo sciamano riuscì a far
accettare la nuova anima.
Quando
lo sciamano chiama in aiuto Yaryik, la precedente allegria nell’oltretomba viene interrotta da un’inondazione. Le anime chiedono aiuto,
piangono e si lamentano e il bestiame e le anime dei parenti sono ricondotti
alle loro dimore. Lo sciamano imita il rumore delle onde e il ruggito
dell’acqua che sommerge tutto. Qualche volta lo sciamano non riesce a far
accettare la nuova anima, oppure questa fugge e ritorna alla yurta.
In questo caso la scena si ripete da capo.
Ritornando
da Sheol, lo sciamano era in preda a una frenesia, cantava e danzava
selvaggiamente finché non collassò.
Radloff descrive l’impressione di potenza che questa scena
selvaggia provocò in lui e negli altri ospiti, i quali
erano tutti ammutoliti e scossi.
Radloff aggiunge: “L’offerta del sacrificio e la
purificazione della yurta sono le vere e proprie
funzioni sacerdotali dello sciamano. In esse egli concentra tutta la sua
abilità. Un bravo sciamano sa in che modo stimolare la paura e la fiducia del
suo pubblico, in maniera da fargli credere che le sue predizioni sono corrette
e che egli è l’oracolo tramite cui gli dei tentano di
illuminare gli uomini. Lo sciamano svolge altre mansioni di poca importanza.
Ringraziare gli dei e dare benedizioni sono cose che anche gli altri mortali
possono fare, così come donare libagioni a jersu. Fare previsioni del
tempo e divinazioni allo stesso modo non sono prerogativa esclusiva degli
sciamani, i quali non prendono neppure parte alle cerimonie di nascita,
matrimonio e ai funerali, a meno che questi non siano
accompagnate da cattivi presagi. In questo caso, viene
chiamato uno sciamano per eseguire incantesimi di protezione ed esorcismi”.
L’influsso dello sciamano
Lo
sciamano in quanto mediatore tra uomini e spiriti,
svolgendo tutte le funzioni descritte sopra, gode di grande rispetto tra la
gente. Egli però è più temuto che amato. Il suo abito particolare, le sue
buffonate selvagge e convulsive, il suono del tamburello – tutte queste
cose turbano profondamente i nervi di un popolo così poco sofisticato
e incutono terrore nei cuori di queste persone. L’uomo brama il mistero e
l’assistenza spirituale nelle avversità e nelle sfortune della vita, cosa che
lo sciamano è ritenuto capace di soddisfare. Ci vuole talento nella pratica
sciamanica. “È stata notata una giustificata divisione degli sciamani in ‘superiori’, ‘mediani’ e ‘inferiori’. Alcuni di questi
controllano la luce e l’oscurità in maniera magistrale, così come il silenzio e
gli incantesimi; la modulazione della voce è talmente flessibile, i gesti così
particolari ed espressivi, i battiti del tamburo e il suono di questi si
confanno così bene al momento e tutto si intreccia con
delle parole così originali ed inaspettate, con acute osservazioni, metafore
artistiche e spesso eleganti, che involontariamente ti abbandoni al fascino di
questa libera e selvaggia evocazione di uno spirito libero e selvaggio”[21].
Spesso
lo sciamano è un individuo con un’intelligenza e delle risorse mentali
straordinarie; ha una conoscenza profonda della vita frugale dei suoi vicini e
acquisisce gradualmente l’abilità di chiarire le loro perplessità con una
logica del tutto particolare, anche se in molti casi il risultato del rito
eseguito è quello di portare alla luce qualcosa che, come la pioggia o il sereno,
prima o poi accadrà comunque. Lo sciamano riesce così
ad affermare e mantenere la sua influenza nella tribù. Ovviamente, molte delle
divinazioni e predizioni dello sciamano vengono
contraddette dai risultati, ma per quelle persone estremamente ingenue un solo
caso di previsione riuscita è sufficiente a far loro ignorare o dimenticare
tutti i fallimenti e gli inganni precedenti.
Tuttavia,
nessuno sciamano può, per tutto il tempo, mantenere la sua posizione di
superiorità senza convincere le persone con un “miracolo” - cioè portando a
termine un’impresa che ai profani risulti impossibile
da eseguire o da capire – delle sue capacità soprannaturali. In effetti,
secondo le testimonianze di viaggiatori ed esploratori, alcuni sciamani sono
maestri dell’arte del ventriloquio e dei giochi di prestigio. Borgoras racconta: “Gli sciamani potrebbero competere con i
migliori praticanti occidentali di queste arti. Sanno imitare svariati
suoni con la voce; umani, sovraumani, animali, addirittura di tempesta e di
vento, o di un’eco, e riescono a far credere che provengano da ogni parte della
stanza, dal nulla, dall’alto e da sotto terra. L’intera natura talvolta può
essere riprodotta in una piccola abitazione dei Chukchee”[22].
“Gli
sciamani degli Ostiaks,” riporta Landtman, “non
di rado rafforzano la loro reputazione attraverso dimostrazioni illusorie della
loro invulnerabilità, ferendosi con coltelli in diverse parti del corpo. Per lo
stesso motivo gli sciamani di certe tribù tartare si lanciano nel fuoco e
raccolgono pezzi di carbone ardente con le mani”[23]. “ In altre occasioni,
“riferisce Jochelson, “lo sciamano prende il suo
coltello, affilato e simile a uno
stiletto, e se lo conficca nel petto fino all’impugnatura, emettendo un rantolo
dalla gola. Ho notato, tuttavia, che dopo aver tagliato la giacca, ha puntato
il coltello verso il basso. Ha sfilato l’arma sempre con lo stesso rantolo
della gola ed è tornato a suonare il tamburo * * * ha poi mostrato, attraverso
il buco del suo cappotto, il sangue sul suo corpo. Ovviamente, queste macchie
erano state fatte precedentemente”. Jochelson
aggiunge: “In ogni caso, ciò non può essere visto come un mero inganno. Le cose visibile e le immaginarie sono confuse a tal punto
nelle coscienze primitive che lo stesso sciamano potrebbe aver pensato che ci
fosse davvero, invisibile agli altri, un profondo taglio nel suo corpo così
com’era stato richiesto dagli spiriti”[24]. Czaplicka sottolinea: “La pratica di ferirsi lo stomaco con dei
coltelli è universalmente presente nelle esibizioni degli sciamani * * *.
Sarebbe arduo descrivere tutto ciò che esegue uno sciamano: ingoia del carbone
ardente, si libera da una corda alla quale è legato, ecc.”
Non c’è nulla di nuovo a proposito degli scherzi da parte
degli spiriti durante una seduta spiritica: “Alcune volte gli spiriti sono
irrequieti. Nelle tende mobili del popolo delle renne, qualche volta una
mano invisibile ribalta tutto sottosopra e tira in giro diverse cose, come
neve, pezzi di ghiaccio * * *. Al pubblico è severamente vietato provare in
alcun modo a toccare gli ‘spiriti’”[25].
L’atteggiamento mentale dello sciamano
La
domanda è: lo sciamano è convinto egli stesso del potere dei suoi incantesimi o
è un attore che recita una commedia per il popolo superstizioso? In generale e
a priori, bisogna dire che lo sviluppo di un fenomeno così complesso come lo
sciamanesimo non può essere spiegato come mero illusionismo e inganno. Solo una
ferma credenza nella sua vocazione può convincere le persone dei poteri
miracolosi degli sciamani e conferirgli l’enorme influsso di cui godono tra le
tribù siberiane. “Non potete ingannare tutti per sempre”, può essere applicato
anche in questo caso. Il fatto che lo sciamano impieghi strumenti e stratagemmi
esterni per impressionare o addirittura ingannare gli spettatori non esclude la
possibilità che egli creda veramente di comunicare con gli spiriti, di esserne
ispirato e posseduto. È opinione unanime di investigatori
e osservatori delle pratiche e della psicologia degli stregoni di tutto il
mondo che verità e finzione siano strettamente connessi e fusi inseparabilmente
in un unico fenomeno. Solo la ferma convinzione che gli spiriti parlano e
lavorano attraverso di lui possono spingere lo
stregone all’uso di accessori esterni e di cambiare in buona fede il tono della
sua voce in modo da aiutare il lavoro dello spirito e di adattarne il discorso.
“Nulla è più superficiale,” afferma Reville,
“dell’opinione di coloro che vedono nel mago dei popoli non-civilizzati un mero
ciarlatano o un giocoliere. Senza dubbio c’è una tendenza alla ciarlataneria
che può diventare in qualche maniera fatale. Ma in realtà, lo sciamano non fa
credere solo a quelli attorno a lui di possedere poteri soprannaturali, ma egli
stesso ne è convinto, poiché le allucinazioni, l’estasi e la sovreccitazione
mentale, che non sono simulate, hanno per loro come unica spiegazione l’intimo
rapporto tra stregone e spirito invisibile”[26].
“Tra
gli yakuti” dice Sieroshevski, “alcuni sciamani sono devoti alla loro vocazione
tanto quanto un alcolizzato all’alcol. Uno di loro è stato condannato numerose
volte (dalle autorità russe) a una punizione, il suo tamburo e il suo vestito
sono stati bruciati, i suoi capelli tagliati ed è stato costretto a fare
svariati inchini e a digiunare. Ha commentato: ‘Non
svolgiamo il nostro ruolo senza pagare per esso. I nostri maestri (gli spiriti)
vegliano zelanti su di noi e ci accadono dei dispiaceri se non
li soddisfiamo; ma noi non possiamo smettere, non possiamo cessare di
praticare i riti sciamanici. Non facciamo del male’”[27].
Nel
complesso, possiamo dire che lo sciamanesimo include dei veri elementi
religiosi in quanto conferma la credenza che l’uomo
dipende da forze spirituali e si può essere d’accordo con Radloff quando dice
che esso “certamente promuove e sostiene alcuni comportamenti etici”. E se
anche non fu “il culto comune a tutti i popoli turanici” o addirittura la
“religione più antica del mondo” come alcuni sono inclini a pensare, sembra che
sia un fenomeno di estrema antichità e di relativa primitività.
Figura 1
Sciamano della Kamchatka
Figura 2
Sciamana mongola
*Assistente Curatore, Divisione Archeologia del Mondo Antico, Museo Nazionale degli Stati Uniti
** Testo segnalato da René Guénon nell'articolo: A proposito di “animismo” e di “sciamanismo”
Traduzione dall'inglese a cura di Elia Cavuoti
[1] “Lo Sciamanesimo sembra
essere un prodotto naturale del clima continentale e dei suoi estremi di freddo
e caldo, dei violenti Burga e Buran (tempeste di neve e vento) e della fame e
della paura che si accompagnano ai lunghi inverni. Perciò non solo le
popolazioni paleo-siberiane e addirittura quelle più colte dei neo-siberiani cadono sotto l'influenza di certe superstizioni sciamaniche,
ma anche gli europei che, come nel caso dei contadini e degli ufficiali russi,
si stabiliscono in Siberia o assieme ai creoli russi”. M. A. Czaplicka,
Aboriginal Siberia. A study in social anthropology. Oxford, 1914, p. 168.
[2] Estratto in gran
parte da Wilhelm Radloff, Aus Sibirien, Leipzig, 1884, Vol. II, pp. 1 ff.
[3] Radloff, op. cit., p. 3, la concezione di un
mondo composto da strati deriverebbe dalla
stratificazione delle montagne, notati dagli abitanti delle regioni montuose.
Ma questa, come d'altronde tutta la raffinata ed elaborata cosmogonia dei
popoli siberiani, potrebbe essere dovuta in parte
all'influenza dell'Islam, il quale prevede sette cieli e sette inferni (confr.
Holmes anniversary volume, Washington, 1916, p. 49), e
del Buddhismo con i suoi ancora più numerosi cieli e inferni.
[4] Erlik nella mitologia sciamanica è per molti
aspetti una controparte di Ahriman (Angromainyus) nella teologia zoroastriana.
La concezione di due spiriti, uno buono e uno cattivo, che accompagnano
l'uomo durante la sua vita e dopo la morte fanno da testimoni delle sue azioni,
presenta delle analogie con il credo ebraico e quello musulmano. “Due angeli
– uno buono e uno cattivo – accompagnano l'uomo al ritorno dalla
sinagoga a casa durante lo Shabbath” Talmud, Shabbath, 119. “I due angeli che
accompagnano l'uomo sono testimoni del suo comportamento” Talmud, Hagigah 16. Anche nell'Islam ad ogni
persona sono assegnati due angeli che la accompagneranno per tutta la vita,
quello alla sua destra terrà nota delle sue buone azioni, quello alla sua
sinistra delle sue malefatte. Dal Corano, Sura XIII, 12:
“ Ci sono angeli davanti e dietro ogni uomo e
vegliano su di lui, per ordine di Allah”; e Sura L, 16: “Quando i due angeli
che registrano seduti alla sua destra e alla sua sinistra, raccoglieranno il
suo dire, l'uomo non pronuncerà nessuna parola”; perciò, nell'ora della morte i
due angeli annotano le azioni dell'uomo, quello sulla destra le buone, quello
sulla sinistra le cattive, ed egli non può giustificarsi per queste ultime.
[5] Gunnar Landtman,
The Origin of Priesthood, Ekernaes, Finland, 1905, p. 98. Confronta con John R. Swanton in Handbook of
the American Indians, II, p. 522.
[6] Radloff, op. Cit., p. 16 f. A riguardo degli sciamani o degli uomini di medicina tra gli
indiani d'America, confr. A. J. Dixon, “ Some aspects of the American shaman,” American
Journal of Folklore, vol. XXI, No. LXXX, p. 2. Altrettanto obbligatoria è la
risposta alla chiamata all'incarico di Mutang tra i coreani, confr. I.
M. Casanowicz, Paraphernalia of a Korean sorceress in the U.
S. National Museum, Proc. vol. 51, 1916, p. 593.
[7] Comp. V. M. Mikhailovski, Oliver Wardrop, “ Shamanism in Siberia and European Russia,” Journal of the Anthropological Institute of Great Britain
and Ireland, vol. XXIV (1895), p. 86.
[8] Czaplicka, op. cit., p. 187.
[9] Landtman, op. cit., p. 194, ff. In America,
secondo Dixon (l. c., p. 2) gli sciamani sono prevalentemente maschi, ma le
donne non sono affatto completamente escluse. “Nelle
tribù della Patagonia c'era un curioso costume che prescriveva l'utilizzo di
vestiti femminili da parte degli sciamani maschi”. Un costume analogo si
ritrova, secondo l'opera di Sieroshevski-Sumner, “The Yakuts” del Journal of the Anthropological Institute of Great
Britain and Ireland, vol. 31 (1901), p. 103 f., tra gli yakuti del distretto di
Kolmyck, dove gli sciamani “quando vogliono un vestito speciale, ne indossano
uno da donna. Tengono i capelli lunghi e li pettinano come fanno le donne.
Secondo una credenza popolare, uno sciamano dai poteri straordinari può
partorire dei bambini come le donne. Essi partoriscono anche
numerosi animali e uccelli”.
[10] Op. cit., p. 179.
[11] Mikhailovskii, l.
c., p. 133 f. Tra gli sciamani americani, secondo Swanton , op. cit., p. 522, “due sciamani
appartenenti a popoli ostili tra di loro combattono nell'aria sotto forma di
spiriti”.
[12] Rafael Karsten,
The Origin of Worship. A Study of Primitive Religion. Washington, 1905, p. 110.
[13] Landtman, op.
cit., p. 46.
[14] Bassett Digby, “ Forefathers of the Red
Indian,” Nineteenth Century and After, February, 1923, p. 251.
[15] Czaplicka, op.
cit., p. 201. For the description of the elaborate funeral of a Buryat shaman,
see Mikhailovskii, l. c., p. 134 f.
[16] Mikhailovskii, l. c., p.
99, cita la seguente tradizione dei buriati a proposito di quest'osso: “Una
legge scritta fu data da Dio al capo tribù antenato dei buriati. Sulla
strada di casa verso il suo popolo egli si addormentò all'ombra di un pagliaio.
Arrivò una pecora nei pressi del mucchio di paglia e mangiò la legge assieme al
fieno, ma la legge rimase incisa nella scapola della
pecora”.
[17] “Le risposte dello sciamano, o meglio dello
spirito che evoca in se stesso, alle domande su ogni sorta di cose di cui non è
naturale conoscere il significato, è forse la più
antica forma di divinazione naturale e l'origine dell'idea di rivelazione”. George Foot Moore, The Birth and Growth of Religion, 1923,
p. 88.
[18] Cfr. also Dixon, l. c., p. 12: “Rispetto ai
loro rappresentanti in altre parti del mondo, gli sciamani in America sembrano
mostrare, sia nel loro fare e in tutto il loro carattere, meno affidamento ai
morti, agli spiriti ancestrali, rispetto a ciò che
fanno quelli di altre regioni * * * derivando il suo (loro) potere da animali e
fenomeni naturali”.
[19] Estratto in gran parte da
Radloff, op. cit., p. 51 f., and Mikhailovskii, l. c., pp. 74-78.
[20] Radloff, op. cit., pp. 52
ff.
[21] Sieroshevski, l. c. p., 105.
[22] Citato in Czaplicka, op. cit., p. 231;
confr. anche W. Jochelson, The Koryak, p. 49, e J. Stadling, “ Shamanism ” in The Contemporary Review, January, 1901,
p. 96, per descrizioni grafiche del talento mimico degli sciamani e della loro
abilità nel ventriloquio.
[23] Landtman, op.
cit., p. 141 f.
[24] W. Jochelson,
The Koryak, p. 52, quoted by Czaplicka, p. 229 f.
[25] W. Bogoras, The
Chuckchee, p. 438, quoted by Czaplicka, p. 232.
[26] A. Reville,
Histoire des Religions, II, 238.
Un blog stupendo! Grazie di cuore per l'ottimo lavoro.
RispondiEliminaComplimenti al nobile gestore del blog, ed un ben tornato all'altrettanto nobile Talib.
RispondiEliminaMolto interessante. Solo non capisco come mai alla fine si dice che la struttura a sette strati e altre analogie con religioni come quella ebraica e islamica sarebbe stata da esse ispirata. Semmai dovrebbe essere il contrario, visto che ebraismo e soprattutto islam sono più recenti dello sciamanesimo...
RispondiEliminaSaluti.